Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
Sezione II
Sentenza 24 novembre 2017, n. 859

Presidente: Pupilella - Estensore: Morbelli

FATTO

Con ricorso notificato il 2 febbraio 2016 all'Università di Genova e al controinteressato e depositato il successivo 12 febbraio 2016 il sig. Antonio C. ha impugnato, chiedendone l'annullamento, previa sospensione dell'esecuzione, i provvedimenti di cui alle lett. a), b) e c) dell'epigrafe.

Il ricorrente ha esposto nella narrativa in fatto di avere partecipato alla procedura comparativa per il conferimento di n. 1 incarico di esperto qualificato ed esperto in fisica medica per il servizio di radioprotezione presso l'Università degli studi di Genova, ai sensi del d.lgs. 230/1995 e s.m.i. e del d.lgs. 187/2000 e s.m.i, e di essersi classificato al terzo posto della graduatoria di merito, non essendo stati valutati in suo favore i titoli consistenti negli assegni di ricerca di durata biennale, il primo dal gennaio 2000 al dicembre 2001, il secondo dal giugno 2002 al luglio 2004, erogati dall'Università di Pavia, titoli che erano stati valutati in precedenti procedure comparative indette dalla stessa Università di Genova.

Avverso i provvedimenti impugnati il ricorrente ha dedotto i seguenti motivi:

violazione degli artt. 6 e 7 del disciplinare della "procedura comparativa per il conferimento di n. 1 incarico di esperto qualificato ed esperto in fisica medica per il servizio di radioprotezione presso l'Università degli studi di Genova, ai sensi del d.lgs. 230/1995 e s.m.i. e del d.lgs. 187/2000 e s.m.i.";

violazione del d.lgs. 230/1995 e del d.lgs. 187/2000;

violazione del d.lgs. 165/2001;

violazione del d.r. 16 agosto 2008, n. 248 modificato dal d.r. 28 ottobre 2009, n. 571;

violazione dell'art. 3 l. 241/1990 difetto di motivazione e di istruttoria;

violazione dei principi generali in materia di partecipazione alle selezioni pubbliche per quanto riguarda la selezione e la valutazione dei titoli;

violazione dei principi di buon andamento, imparzialità e trasparenza della p.a.;

eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti.

In particolare il ricorrente ha evidenziato come la mancata valutazione confliggesse con gli artt. 6 e 7 della lex specialis che contemplava tra i titoli oggetto di valutazione i "titoli universitari, post-universitari formativi professionali inerenti l'incarico", il tutto senza alcuna motivazione ed in contrasto con la precedente valutazione operata dalla stessa Università di Genova in relazione ad un[a] precedente procedura per lo stesso profilo.

Il ricorrente concludeva per l'accoglimento del ricorso e l'annullamento, previa sospensiva, del provvedimento impugnato con vittoria delle spese di giudizio.

Veniva formulata, altresì, domanda risarcitoria.

Si costituiva in giudizio l'amministrazione intimata.

Con motivi aggiunti depositati in data 23 marzo 2016 il ricorrente ha impugnato il provvedimento di cui alla lett. d) dell'epigrafe.

Con ordinanza 22 aprile 2016, n. 86 è stata respinta l'istanza incidentale di sospensione dell'esecuzione dei provvedimenti impugnati.

All'udienza pubblica del 27 ottobre 2017 il ricorso è passato in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è rivolto avverso la valutazione dei titoli e il conseguente esito sfavorevole di una procedura selettiva per il conferimento dell'incarico di esperto qualificato ed esperto in fisica medica per il servizio di radioprotezione presso l'Università degli studi di Genova.

Il ricorso non è fondato.

La materia del contendere è costituita dalla riconducibilità degli assegni di ricerca alla categoria dei titoli valutabili nella procedura selettiva de qua.

A tal riguardo è indispensabile analizzare la lex specialis di gara.

L'art. 6 dell'avviso ha previsto, tra l'altro, che siano valutabili: "titoli universitari, post-universitari formativi professionali inerenti l'incarico di cui al presente avviso pubblico".

Il successivo art. 7 ha, altresì, previsto che tali titoli fossero valutati con l'attribuzione di un punto per ogni titolo fino ad un massimo di due.

Il ricorrente che è stato titolare di assegno biennale di ricerca in due occasioni conferito dall'Università di Pavia lamenta che tali titoli non siano stati valutati.

La pretesa del ricorrente non è fondata.

In generale per titolo deve intendersi un documento che consacra un percorso formativo o professionale strutturato ed organizzato ad esito del quale il partecipante consegue un bagaglio di nozioni teoriche o pratiche compiuto ed esaustivo.

In questo senso devono essere ricompresi in tale nozione titoli Universitari di Laurea ovvero di dottorato in ricerca ovvero ancora di specializzazione.

Non così gli assegni di ricerca.

La disciplina degli assegni di ricerca è stabilita dall'art. 22 l. 240/2010 che, rubricato assegni di ricerca, recita: "1. Le università, le istituzioni e gli enti pubblici di ricerca e sperimentazione, l'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA) e l'Agenzia spaziale italiana (ASI), nonché le istituzioni il cui diploma di perfezionamento scientifico è stato riconosciuto equipollente al titolo di dottore di ricerca ai sensi dell'articolo 74, quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, nell'ambito delle relative disponibilità di bilancio, possono conferire assegni per lo svolgimento di attività di ricerca. I bandi, resi pubblici anche per via telematica sui siti dell'ateneo, ente o istituzione, del Ministero e dell'Unione europea, contengono informazioni dettagliate sulle specifiche funzioni, sui diritti e i doveri relativi alla posizione e sul trattamento economico e previdenziale spettante. 2. Possono essere destinatari degli assegni studiosi in possesso di curriculum scientifico professionale idoneo allo svolgimento di attività di ricerca, con esclusione del personale di ruolo dei soggetti di cui al comma 1. I medesimi soggetti possono stabilire che il dottorato di ricerca o titolo equivalente conseguito all'estero ovvero, per i settori interessati, il titolo di specializzazione di area medica corredato di una adeguata produzione scientifica, costituiscono requisito obbligatorio per l'ammissione al bando; in assenza di tale disposizione, i suddetti titoli costituiscono titolo preferenziale ai fini dell'attribuzione degli assegni. 3. Gli assegni possono avere una durata compresa tra uno e tre anni, sono rinnovabili e non cumulabili con borse di studio a qualsiasi titolo conferite, ad eccezione di quelle concesse da istituzioni nazionali o straniere utili ad integrare, con soggiorni all'estero, l'attività di ricerca dei titolari. La durata complessiva dei rapporti instaurati ai sensi del presente articolo, compresi gli eventuali rinnovi, non può comunque essere superiore a quattro anni, ad esclusione del periodo in cui l'assegno è stato fruito in coincidenza con il dottorato di ricerca, nel limite massimo della durata legale del relativo corso. La titolarità dell'assegno non è compatibile con la partecipazione a corsi di laurea, laurea specialistica o magistrale, dottorato di ricerca con borsa o specializzazione medica, in Italia o all'estero, e comporta il collocamento in aspettativa senza assegni per il dipendente in servizio presso amministrazioni pubbliche. 4. I soggetti di cui al comma 1 disciplinano le modalità di conferimento degli assegni con apposito regolamento, prevedendo la possibilità di attribuire gli stessi mediante le seguenti procedure:

a) pubblicazione di un unico bando relativo alle aree scientifiche di interesse del soggetto che intende conferire assegni per attività di ricerca, seguito dalla presentazione direttamente dai candidati dei progetti di ricerca, corredati dei titoli e delle pubblicazioni e valutati da parte di un'unica commissione, che può avvalersi, senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica, di esperti revisori di elevata qualificazione italiani o stranieri esterni al soggetto medesimo e che formula, sulla base dei punteggi attribuiti, una graduatoria per ciascuna delle aree interessate;

b) pubblicazione di bandi relativi a specifici programmi di ricerca dotati di propri finanziamenti, secondo procedure stabilite dal soggetto che intende conferire assegni per attività di ricerca.

5. I soggetti di cui al comma 1, con proprio regolamento, possono riservare una quota di assegni di ricerca a studiosi italiani o stranieri che hanno conseguito il dottorato di ricerca, o titolo equivalente, all'estero ovvero a studiosi stranieri che hanno conseguito il dottorato di ricerca in Italia. 6. A decorrere dall'anno 2011, agli assegni di cui al presente articolo si applicano, in materia fiscale, le disposizioni di cui all'articolo 4 della legge 13 agosto 1984, n. 476, nonché, in materia previdenziale, quelle di cui all'articolo 2, commi 26 e seguenti, della legge 8 agosto 1995, n. 335, e successive modificazioni, in materia di astensione obbligatoria per maternità, le disposizioni di cui al decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 12 luglio 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 247 del 23 ottobre 2007, e, in materia di congedo per malattia, l'articolo 1, comma 788, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni. Nel periodo di astensione obbligatoria per maternità, l'indennità corrisposta dall'INPS ai sensi dell'articolo 5 del citato decreto 12 luglio 2007 è integrata dall'università fino a concorrenza dell'intero importo dell'assegno di ricerca. 7. L'importo degli assegni di cui al presente articolo è determinato dal soggetto che intende conferire gli assegni medesimi, sulla base di un importo minimo stabilito con decreto del Ministro. 8. Gli assegni non danno luogo a diritti in ordine all'accesso ai ruoli dei soggetti di cui al comma 1. 9. La durata complessiva dei rapporti instaurati con i titolari degli assegni di cui al presente articolo e dei contratti di cui all'articolo 24, intercorsi anche con atenei diversi, statali, non statali o telematici, nonché con gli enti di cui al comma 1 del presente articolo, con il medesimo soggetto, non può in ogni caso superare i dodici anni, anche non continuativi. Ai fini della durata dei predetti rapporti non rilevano i periodi trascorsi in aspettativa per maternità o per motivi di salute secondo la normativa vigente".

La norma trascritta è chiara nel distinguere il rapporto che dà luogo alla concessione dell'assegno di ricerca dai titoli accademici e la norma è altrettanto chiara nell'escludere che i titolari degli assegni di ricerca possano vantare diritti per l'accesso ai ruoli dell'Università e degli altri soggetti conferenti gli assegni di ricerca.

A tal riguardo la giurisprudenza ha escluso che gli assegni di ricerca possono essere considerati alla stregua di titoli accademici o universitari.

È stato così affermato che l'assegno di ricerca non può essere considerato titolo di specializzazione o di perfezionamento, sia perché fondato su normative, procedure per la sua individuazione ed attribuzione e modalità di svolgimento diverse da quelle di cui al d.P.R. 10 marzo 1982, n. 162, recante Riordinamento delle scuole dirette a fini speciali, delle scuole di specializzazione e dei corsi di perfezionamento, sia perché si tratta di istituto autonomamente regolato (in origine dall'art. 51, comma 6, della l. 27 dicembre 1997, n. 449, ed oggi dall'art. 22 della l. 30 dicembre 2010, n. 240), e finalizzato allo svolgimento di attività di ricerca, e non al miglioramento del livello di studio o professionale dei partecipanti ai corsi (ratio traibile dall'art. 1, comma 2, del citato d.P.R. 162/1982) (TAR Sicilia, Catania, II, 6 novembre 2013, n. 2650).

Né a smentire tale orientamento giurisprudenziale vale il precedente invocato dal ricorrente (TAR Lazio, Roma, III-bis, 11 dicembre 2015, n. 13889) atteso che, nel caso deciso dalla sentenza del TAR Lazio, l'attività di ricerca sulla base degli assegni di cui all'art. 22 l. 240/2010 era espressamente contemplata tra i titoli valutabili. Alla differenza della lex specialis consegue la non immediata trasponibilità del precedente alla odierna fattispecie.

Da altro punto di vista la circostanza che l'attività di ricerca fosse stata valutata in precedenti occasioni non è sufficiente per predicare l'illegittimità dell'operato della commissione attesa le autonomia delle diverse procedure comparative.

L'operato dell'amministrazione si appalesa, pertanto, immune dalle censure dedotte.

Le spese possono essere compensate stante la particolarità della fattispecie, caratterizzata per il mutamento di avviso dell'amministrazione.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.