Corte dei conti
Sezione giurisdizionale d'appello per la Sicilia
Sentenza 29 dicembre 2017, n. 199

Presidente: Coppola - Estensore: Brancato

FATTO

A seguito degli accertamenti espletati dai militari del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza su delega della Procura della Repubblica di Palermo, la Procura regionale della Corte dei conti, con atto depositato il 12 ottobre 2015, conveniva in giudizio l'onorevole A. Giulia, nella qualità di Presidente pro tempore del Gruppo parlamentare denominato "UDC - Verso il Partito della Nazione", chiedendone la condanna al risarcimento del danno erariale di euro 244.097,64, oltre rivalutazione ed interessi, cagionato all'Assemblea Regionale Siciliana (di seguito A.R.S.) mediante il presunto indebito utilizzo di parte dei contributi erogati nel corso della XV Legislatura, relativamente al periodo compreso tra il 3 novembre 2010 e il 24 agosto 2012.

In particolare, il P.M. contabile contestava all'onorevole A. il danno erariale in relazione alle spese di seguito elencate e distinte per annualità.

Anno 2010, complessivi euro 16.398,70 per spese ritenute non pertinenti rispetto alle finalità istituzionali del Gruppo:

1. spese per la Segreteria regionale UDC per complessivi euro 10.323,70, riferite all'acquisto di cinque climatizzatori (euro 4.000,00), di sei tende verticali (euro 1.450,00), di tre fotocopiatrici e di un apparecchio fax (euro 3.113,70). Ad avviso della Procura, le spese in questione non potevano imputarsi ai contributi erogati dall'A.R.S., trattandosi di acquisti di beni destinati a soggetto diverso dal Gruppo parlamentare;

2. contributi per attività politica per complessivi euro 4.000,00, erogati a quattro deputati, nella misura di euro 1.000,00 ciascuno;

3. rimborso per euro 1.250,00, disposto a favore di un dipendente non stabilizzato (M. Marco);

4. pagamento della "fattura Hassio Servizi" per euro 825,00, riferito a pasti serviti il 25 novembre 2010 presso l'Assemblea, ritenuto dalla Procura non inerente alle esigenze di rappresentanza del Gruppo.

Anno 2011, complessivi euro 111.611,80 per spese ritenute non inerenti alle finalità istituzionali del Gruppo:

1. contributi al partito per complessivi euro 27.500,00, erogati "all'UDC verso il Partito della Nazione" attraverso quindici disposizioni di pagamento;

2. spese varie, disposte mediante bonifici, per complessivi euro 17.367,50, riferiti ad acquisti di cravatte e carré di seta (euro 1.320,00), di servizi alberghieri (euro 2.500,00), consumazioni presso "il bar-bouvette dell'A.R.S." (euro 7.559,50), contributi per l'attività politica erogati a due deputati per euro 1.400,00 ciascuno e contributo di euro 2.100,00 a favore di un collaboratore del Gruppo;

3. spese varie mediante assegni per complessivi euro 34.543,90, così suddivise: euro 5.970,00 per l'acquisto di otto iPad e di un sistema audio per iPod; euro 2.000,00 a titolo di liberalità-donazione a favore di un dipendente; erogazione di euro 11.500,00, a mezzo di sette assegni in favore di un deputato; euro 880,00 per un pranzo; euro 1.770,00 per acquisti di tre computer; euro 2.400,00 per rimborsi a tale P. Patrizia; euro 146,70 per rimborsi a tale A. Vita; euro 4.000,00 per spese economali; euro 1.150,00 per un pagamento a favore di tale C. Nello; euro 600,00 per l'affitto di una sala in occasione di un'iniziativa dell'UDC Bagheria; euro 1.500,00 a favore della società di Mutuo Soccorso "Cesare Pozzo" per attività sociali ed euro 2.000,00 per un servizio catering presso l'A.R.S.;

4. spese varie, disposte per contanti per complessivi euro 32.200,00, così distinte: euro 17.400,00 a favore di sei deputati; euro 4.443,50 per alberghi e ristoranti; euro 1.473,00 per carburanti; euro 525,00 per materiale di cancelleria; euro 145,00 per acquisti presso un negozio di generi di pelletteria ed euro 42,34 per caffè e zucchero destinati alla sede dell'UDC.

Anno 2012, complessivi euro 116.087,14 per spese ritenute dalla Procura non pertinenti rispetto alle finalità istituzionali:

1. contributi al Partito per complessivi euro 52.100,00, erogati "all'UDC - Verso il Partito della Nazione";

2. spese varie disposte mediante bonifici per complessivi euro 25.816,98, così distinte: euro 17.500,00 riferite ad erogazioni a favore del Partito; euro 2.800,00 al deputato N. per attività politica; euro 2.800,00 per erogazioni ai deputati R. e T. sempre per attività politica; euro 1.500,00 in favore del deputato G. per consumazioni presso il bar bouvette, per servizi giornalistici e per rimborso di spese relative da un'iniziativa tenutasi a Catania il 17 marzo 2012;

3. altre spese mediante assegni per complessivi euro 20.290,10, così distinte: euro 3.327,50 per campagna pubblicitaria a favore dell'UDC; euro 3.000,00 per spot pubblicitari su un'emittente televisiva; euro 2.280,00 per manifesti per la campagna elettorale delle elezioni amministrative 2011; euro 7.865,00 per affitto di una sala per cinque manifestazioni politiche; euro 3.025,00 per l'organizzazione di un convegno; euro 512,60 per materiale di cancelleria;

4. spese effettuate in contanti per complessivi euro 17.880,06, così distinte: euro 2.800,00 per contributo alle spese sostenute in occasione della campagna elettorale per il rinnovo dell'Amministrazione comunale di Corleone nel maggio 2012; euro 1.500,00 a favore del Presidente della Confraternita di San Giuseppe di Montelepre; euro 4.800,00 per spese di attività di volantinaggio e attacchinaggio per il congresso provinciale dell'UDC del mese di gennaio 2012 e per elezioni amministrative dei Comuni in provincia di Palermo; euro 6.963,40 per alberghi e ristoranti, euro 3.405,00 per acquisto di carburante; euro 1.190,00 per "diaria-rimborso forfettario" a favore di un dipendente.

Con sent. n. 947/2016, la Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana, accogliendo parzialmente la domanda della Procura regionale, ha pronunciato la condanna dell'onorevole A. al risarcimento per il danno erariale rideterminato in complessivi euro 157.011,06.

Il Giudice di primo grado, prima di procedere all'esame delle singole contestazioni formulate dalla Procura regionale, ha rilevato la discrasia tra l'importo risultante da ciascuna categoria di spesa indicata nell'atto di citazione (euro 211.929,84) e l'importo della richiesta complessiva di risarcimento, quantificata dal P.M. (euro 244.097,64), verosimilmente sulla base dei dati riportati nella relazione della Guardia di Finanza.

Pertanto, ai fini dell'addebito di responsabilità, ha tenuto conto delle sole voci di spesa riportate espressamente nell'atto introduttivo ed effettivamente contestate.

Fatta questa premessa, la Sezione di prime cure ha escluso l'addebito per le seguenti spese riferite all'anno 2010:

acquisto di cinque condizionatori per l'importo di euro 4.000,00, rilevando che non sussistevano elementi per poter ritenere, con ragionevole certezza, che il relativo esborso fosse stato posto a carico delle risorse del Gruppo parlamentare.

Infatti, il primo Giudice ha ritenuto, che il solo riferimento della spesa in questione al rendiconto dell'anno 2010 non fosse sufficiente a provare la contestazione di responsabilità nei confronti dell'onorevole A., atteso che la relativa fattura risultava intestata a soggetto diverso dal medesimo Gruppo;

acquisto di una fotocopiatrice e di un fax per euro 3.113,70, ritenendo tale spesa rientrante tra quelle di funzionamento;

rimborso di euro 1.250,00 favore del dipendente M. Marco, trattandosi di remunerazione di attività lavorativa, come tale ritenuta dal primo Giudice legittimamente sostenuta con le risorse del contributo unificato.

Pertanto, per l'anno 2010, a fronte della contestazione di responsabilità per l'importo di euro 16.398,70, il relativo danno veniva rideterminato dal primo Giudice in euro 8.035,00.

Per l'anno 2011, dopo aver esaminato le singole voci di spesa contestate nell'atto di citazione, la Sezione di primo grado ha ridotto ad euro 73.491,00 l'addebito, originariamente formulato dalla Procura regionale per euro 111.611,80.

In particolare, ha affermato l'inesistenza del danno erariale per i seguenti importi:

euro 2.100,00 erogato al dipendente R. Davide a titolo di emolumenti;

euro 11.500,00 corrisposto a favore del deputato L. mediante assegni, da utilizzare dallo stesso per pagamenti in contanti di altre spese. Su questa specifica voce di spesa, ha affermato che l'eventuale sussistenza del danno avrebbe dovuto accertarsi, "nei limiti della domanda, in sede di esame delle spese disposte in contanti", circostanza questa che il P.M. avrebbe omesso di valutare.

Per l'anno 2012, la Sezione di primo grado ha ridotto il danno ad euro 75.485,06, a fronte di quello contestato dal P.M. in euro 116.087,14.

In particolare, ha escluso i pagamenti, avvenuti in data 6 e 24 settembre 2012, riferibili al periodo successivo alle dimissioni dell'onorevole A.

Inoltre, ha ritenuto legittimi, in quanto pertinenti con le finalità istituzionali, i seguenti pagamenti:

euro 1.400,00 a favore del dipendente R. Davide e quello di euro 4.840,00, relativo all'affitto di una sala, in occasione di quattro eventi concernenti manifestazioni politiche.

In conclusione, la Sezione giurisdizionale di primo grado determinava in euro 157.011,06 l'importo totale del danno da risarcire, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali.

Avverso tale sentenza l'onorevole A. ha proposto appello, deducendo l'erroneità della decisione sulla base dei seguenti motivi.

Preliminarmente, la difesa dell'appellante ha rilevato che, con sent. n. 3960/2016, il G.I.P. del Tribunale di Palermo aveva dichiarato il non luogo a procedere nei confronti dell'onorevole A. in ordine ai reati contestati dalla Procura della Repubblica.

Richiamava il contenuto della menzionata sentenza che, dopo aver ricostruito il quadro normativo, aveva affermato che:

- al tempo dei fatti contestati non era previsto alcun obbligo di rendicontazione delle somme erogate mensilmente ai Gruppi parlamentari a titolo di contributo unificato, dovendosi escludere qualsiasi efficacia retroattiva alla disciplina introdotta dal d.l. n. 174 del 2012;

- non vi era alcun obbligo di conservazione dei giustificativi di spesa;

- non vi era nessun obbligo di restituzione al termine della legislatura degli eventuali avanzi di gestione;

- le superiori circostanze risultavano confermate dal parere rilasciato in data 25 febbraio 2013 dall'Avvocatura dello Stato.

Sempre in via preliminare, la difesa dell'appellante reiterava l'eccezione di difetto di giurisdizione del Giudice contabile, essendo l'attività di gestione contestata espressione dell'autonomia organizzativa dei Gruppi parlamentari ovvero, comunque, mancando il vincolo di destinazione pubblicistica delle risorse assegnate.

Sotto altro profilo, sosteneva il difetto di giurisdizione per la mancanza di una norma istitutiva del dovere di dare conto dell'uso dei finanziamenti in questione.

In particolare, ad avviso dell'appellante, per le spese e per i rimborsi contestati dal P.M., in quanto disposti per la gestione strettamente connessa al funzionamento dell'Organo parlamentare, vigeva la speciale guarentigia prevista dagli artt. 4 e 6 dello Statuto della Regione siciliana.

Con il secondo motivo, la difesa dell'onorevole A. ha lamentato la violazione degli artt. 38 e 1957 c.c. per intervenuta decadenza del diritto di far valere l'asserito danno erariale nei confronti dell'appellante.

Infatti, a parere dell'appellante, in assenza di specifici obblighi normativi che, al tempo dei fatti di causa, imponevano ai Capi dei Gruppi parlamentari di dare conto della gestione amministrativa-contabile delle somme assegnate dall'A.R.S. e di vigilare sul rispetto dell'asserito vincolo di destinazione, la persona fisica del Capo Gruppo avrebbe potuto essere chiamata a rispondere solo a titolo di responsabilità ai sensi dell'art. 38 c.c. per aver agito in nome e per conto del Gruppo.

Essendo le associazioni non riconosciute configurate dall'ordinamento quali autonomi soggetti di diritto, così come pacificamente affermato dalla Suprema Corte, ad avviso della difesa, la responsabilità di coloro i quali agivano in nome e per conto dell'associazione era qualificabile come responsabilità per debito altrui, da ricondursi allo schema della fideiussione.

In particolare, sempre secondo la prospettazione della difesa dell'appellante, in queste ipotesi avrebbe trovato applicazione l'art. 1957 c.c., a norma del quale il fideiussore rimane obbligato anche dopo la scadenza dell'obbligazione principale, purché il creditore entro sei mesi abbia proposto le sue istanze contro il debitore e le abbia con diligenza continuate.

Nel caso di specie, la Procura contabile, la quale dichiarava di agire per il reintegro del patrimonio dell'A.R.S., asseritamente leso dalla condotta illecita dell'onorevole A., avrebbe potuto far valere il proprio diritto entro il termine di sei mesi dal verificarsi dell'asserito danno erariale.

La difesa dell'onorevole A. ha concluso per il rigetto delle domande attoree o per il difetto assoluto di giurisdizione (nel caso in cui le spese e i rimborsi dovessero essere considerati effettuati nell'esercizio della funzione parlamentare e nell'ambito dell'autodichia del Gruppo parlamentare) ovvero per intervenuta decadenza, ex art. 1927 c.c., della domanda restitutoria (ove si volesse ritenere che le spese ed i rimborsi fossero stati effettuati nell'esercizio di attività non immediatamente ricollegabili alle funzioni parlamentari).

Con il terzo motivo, l'appellante ha eccepito la nullità dell'invito a dedurre per indeterminatezza dell'oggetto in relazione all'art. 163 c.p.c. e la conseguente inammissibilità derivata dell'atto di citazione in giudizio per violazione del diritto al contraddittorio in relazione all'art. 5, comma 1, del d.l. n. 453 del 1993.

Con il quarto motivo, ha dedotto la violazione e falsa applicazione del d.P.A. n. 654 del 26 novembre 2003 e del d.P.A. n. 82 del 23 ottobre 2006.

Al riguardo, la difesa ha osservato che le funzioni dei Gruppi parlamentari non potevano considerarsi meramente collegate all'esercizio dell'attività legislativa, poiché i medesimi Gruppi costituivano la proiezione dei partiti all'interno dell'Assemblea e perseguivano, tramite i deputati che ne facevano parte, le stesse finalità politiche dei partiti ai quali erano collegati; finalità determinate nell'esercizio della loro autonomia, il cui riconoscimento doveva ritenersi necessario per consentire il funzionamento della stessa democrazia parlamentare.

Ha dedotto, inoltre, la violazione e falsa applicazione della delibera del Consiglio di Presidenza dell'A.R.S. n. 31 del 16 ottobre 1984 e del relativo promemoria esplicativo, nonché la violazione dell'art. 2697 c.c. in materia di onere della prova.

Pertanto, riproponendo i rilievi mossi in primo grado, l'onorevole A. ha insistito sulla insussistenza del danno erariale, sostenendo che tutte le spese sostenute nel periodo erano state finalizzate al funzionamento del Gruppo e al perseguimento dei relativi scopi politici e istituzionali.

In subordine, l'appellante ha chiesto la nomina di un consulente tecnico-contabile per l'acquisizione e l'esame in contraddittorio della contabilità del Gruppo.

Con il quinto motivo, ha sostenuto la violazione e falsa applicazione, sotto altro profilo, dell'art. 3 del d.P.A. del 26 novembre 2003 e dell'art. 4 del d.P.A. del 23 ottobre 2006.

Sul punto, la difesa ha osservato che il primo dei menzionati decreti stabiliva due regole:

1) sul presupposto che le Presidenze dei singoli Gruppi avessero esigenze diverse ed ulteriori rispetto a quelle dei singoli deputati appartenenti al Gruppo, riservava, ex ante, il 10 per cento del contributo unificato alla persona del Presidente;

2) le spese sostenute dal Capo Gruppo nell'ambito del 10 per cento del contributo unificato costituivano esercizio di una funzione parlamentare espressamente prevista in atti regolamentari e, per tale motivo, le medesime erano insindacabili in forza del principio della autodichia.

Con il sesto motivo la parte appellante ha lamentato il difetto di imputazione causale del danno, riferibile, ad avviso della difesa, al funzionario amministrativo del Gruppo, ovvero, al deputato tesoriere che aveva materialmente disposto la spesa.

Sotto altro profilo, ha sostenuto che non potevano essere imputate al Capo Gruppo le spese disposte da altri deputati.

Ha invocato, inoltre, l'applicazione della discriminante politica prevista dall'art. 1, comma 1, del d.l. n. 20 del 1994.

Infine, in via subordinata, ha insistito sull'applicazione del potere riduttivo di cui all'art. 52, comma 2, del r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, e all'art. 83, del r.d. 18 novembre 1923, n. 2440.

La Procura Generale ha proposto appello incidentale, sostenendo che, contrariamente a quanto affermato dal primo Giudice, l'atto introduttivo non presentava errori materiali o discrasie tra l'importo delle categorie di spesa analiticamente indicate e la maggiore somma complessivamente contestata.

Ha evidenziato, sul punto, che la richiesta risarcitoria era stata formulata per la somma complessivamente indicata nella citazione, richiamando "soltanto a fine esemplificativo, alcune voci di danno nell'ambito di ogni categoria".

Ha osservato che la controparte, nel costituirsi nel giudizio di primo grado, si era limitata a contestare esclusivamente il profilo probatorio dell'addebito di responsabilità.

Pertanto, il P.M. ha dedotto, in questa sede, l'asserita erronea rideterminazione della domanda attorea da parte della Sezione di primo grado, la quale avrebbe disatteso, in tal modo, il principio di non contestazione, di cui all'art. 115 c.p.c.

Fatta questa premessa, ha sostenuto che nessuna incertezza poteva essere ipotizzata in ordine all'oggetto dell'atto di citazione e dell'invito a dedurre.

Il P.M. ha fatto presente di non condividere il percorso argomentativo del primo Giudice nel punto in cui ha affermato che "il rendiconto, singolarmente considerato, non può costituire prova delle spese indicate, potendo tale atto valere soltanto quale elemento di riscontro rispetto a eventuali altri documenti".

La responsabilità, ad avviso della Procura Generale, basata su puntuali e specifici elementi, sarebbe stata contestata alla controparte dopo aver esaminato tutti gli atti acquisiti in istruttoria, tra cui anche i rendiconti degli anni in questione.

In ordine alle singole contestazioni, per le quali la Sezione di primo grado aveva ritenuto di non dover accogliere la richiesta di condanna, il P.M. ha chiesto la riforma della sentenza impugnata nel capo in cui il Giudice di prime cure non aveva ravvisato la sussistenza dell'elemento del danno erariale per le seguenti spese:

1. euro 4.000,00 per l'acquisto dei climatizzatori, stante che gli elementi probatori prodotti in giudizio dimostravano la non pertinenza della spesa in questione con le esigenze di funzionamento del Gruppo parlamentare;

2. euro 3.113,70 per l'acquisto di una fotocopiatrice e di un apparecchio fax, per le considerazioni esposte al precedente punto;

3. euro 11.500,00, importo erogato mediante assegni a favore del deputato L.;

4. euro 4.840,00, in relazione alla spesa sostenuta per l'affitto della sala Imperia per lo svolgimento di quattro eventi di natura politica.

Ha impugnato, inoltre, il capo della sentenza in relazione all'esclusione del danno erariale per i rimborsi a favore di alcuni dipendenti, motivata in sentenza dalla presunta mancata contestazione, da parte del P.M., di quanto asserito dalla difesa privata, secondo la quale gli esborsi in questione sarebbero consistiti in remunerazioni per attività lavorativa.

Infine, ad avviso della Procura, la sentenza impugnata sarebbe addivenuta a conclusioni in contrasto con le regole relative al riparto dell'onere probatorio, nel punto in cui aveva ritenuto di dover escludere il danno di euro 3.327,50 per le spese sostenute per la campagna pubblicitaria dell'anno 2012 e di euro 3.000,00 per gli spot pubblicitari del medesimo anno.

In conclusione, il P.M. ha chiesto la condanna dell'onorevole A. per l'importo complessivo di euro 222.597,64, escludendo soltanto l'addebito delle spese di euro 4.000,00, riferite al periodo successivo alle dimissioni dell'onorevole A. e di euro 17.500,00, riferite all'annualità 2012, trattandosi di duplicazione.

In data 26 aprile 2017, la Procura Generale ha depositato le proprie conclusioni in ordine all'appello principale dell'onorevole A., sostenendo l'infondatezza di tutti i motivi prospettati dalla controparte.

In data 6 ottobre 2017, la difesa dell'onorevole A. ha prodotto una memoria difensiva, con la quale ha insistito sulle argomentazioni prospettate nell'atto di appello, richiamando, in primo luogo, la dichiarazione di non luogo a procedere perché il fatto non sussiste contenuta nella sent. n. 3960/2016 del GIP del Tribunale di Palermo, confermata dalla Corte di cassazione con sent. n. 35683/2017.

Per il resto, ha riproposto le eccezioni di difetto assoluto di giurisdizione, sotto i diversi profili evidenziati con l'atto di appello, e le censure sulle singole contestazioni del danno, evidenziando l'asserita errata ricostruzione del quadro normativo e la presunta illegittima inversione, da parte del P.M., dell'onere probatorio. A tal proposito ha precisato, ancora una volta, che "il rischio della mancata dimostrazione dell'effettiva destinazione ultima dei rimborsi non poteva gravare sul Capogruppo".

Ha sostenuto, quindi, l'infondatezza dell'imputazione di responsabilità, formulata dal primo Giudice, in ordine alle spese e rimborsi di seguito elencati:

- acquisto di sei tende verticali per la segreteria regionale dell'UDC (euro 1.450,00).

Al riguardo, ha sostenuto che l'allestimento della segreteria presso il capoluogo di Regione era ascrivibile al novero delle funzioni proprie dei Gruppi parlamentari costituiti in seno all'A.R.S., "in quanto la Segreteria regionale consente di assolvere non soltanto ad esigenze di rappresentanza, ma si presta altresì a fungere da riferimento per il corpo elettorale che in quella sede può verosimilmente intrattenere un confronto con i rappresentanti che ha delegato esprimendo il proprio voto";

- acquisto di tre computer destinati alla segreteria regionale dell'UDC (euro 1.760,00).

In relazione a questa tipologia di spesa, ha richiamato le argomentazioni relative al precedente punto;

- contributi per attività politica corrisposti ai deputati F., P., R. e L. (euro 4.000,00).

Ha fatto presente che tali somme risultavano corrisposte per lo svolgimento di attività politica relativa all'espletamento del mandato parlamentare.

Al riguardo, in assenza di specifici elementi accusatori, non poteva presumersi la mala fede dei percettori di queste erogazioni, fermo restando l'eventuale responsabilità dei destinatari circa l'effettivo utilizzo di tali somme;

- pagamento fattura per acquisto servizi riferita ad un lunch servito in data 25 novembre 2010 presso l'A.R.S. (euro 825,00).

Ha sostenuto l'inerenza della spesa, trattandosi di iniziativa assunta in occasione della presentazione, alla stampa ed alla cittadinanza, della costituzione del Gruppo e, quindi, da considerarsi spesa inerente alle finalità istituzionali;

- contributi al partito (euro 27.50,00).

Ha sostenuto che tale voce di spesa, riferita a 15 bonifici disposti nell'anno 2011, con beneficiario "l'UDC - Verso il Partito Nazionale", non essendovi alcuna prova sull'effettivo disponente, non poteva essere addebitata all'onorevole A. sulla presunzione della "mera titolarità della rappresentanza del gruppo parlamentare";

- acquisto di cravatte e carré di seta (euro 1.320,00).

Ha sostenuto che tale importo, indicato soltanto nel rendiconto, ma non accompagnato da alcuna distinta di pagamento, non poteva essere ricondotto all'onorevole A.

In ogni caso, la spesa doveva considerarsi legittima, ai sensi della delibera n. 31 del 16 ottobre 1984, essendo stata sostenuta per "attività di pubbliche relazioni" e/o "per esigenze di rappresentanza";

- acquisto di servizi alberghieri e fruizione di sala riunioni (euro 2.500,00).

Ha dedotto il difetto di imputazione causale del danno, non essendovi prova agli atti di causa che la spesa fosse stata autorizzata dall'onorevole A.

Ha osservato, comunque, che la spesa in questione doveva considerarsi inerente alle attività istituzionali;

- spese per consumazioni presso il bar-bouvette dell'A.R.S. (euro 7.559,00).

Anche per questa tipologia di spese ha sostenuto il difetto di imputazione, non risultando alcuna autorizzazione o disposizioni da parte del Capo Gruppo.

In ogni caso, ha fatto presente che si trattava di spese inerenti alle finalità istituzionali;

- contributi per attività politica corrisposti ai deputati G. e N. (euro 1.800,00).

Analoghe considerazioni venivano svolte su questa voce di spesa, per escludere il difetto di imputazione e la non inerenza con l'attività parlamentare;

- acquisto di otto iPad e di un sistema iPod (euro 5.970,00).

Il relativo preventivo di spesa, essendo stato rilasciato all'onorevole L., che ne avrebbe effettuato il conseguente pagamento, non poteva formare oggetto di contestazione nei confronti del Capo Gruppo, rimasto estraneo all'acquisto.

In ogni caso, gli acquisti in questione potevano ritenersi inerenti all'attività istituzionale, trattandosi di moderne tecnologie di comunicazione e di informazione, da considerare indispensabili;

- somme erogate a titolo di liberalità-donazione obnuziale in favore di un dipendente (euro 2.000,00).

Per questa voce di spesa, ha rilevato il difetto di imputazione causale dell'asserito danno, in quanto il relativo assegno era stato sottoscritto dall'onorevole L.;

- contributi per attività politica corrisposti ai deputati G., N., L., P., R. e F. (euro 17.400,00).

Ha richiamato le deduzioni già formulate per questa tipologia di spesa;

- spese per alberghi e ristoranti (euro 4.443,50).

Anche per questa tipologia di spese ha sostenuto il difetto di imputazione, non risultando alcuna autorizzazione o disposizioni da parte del Capo Gruppo. In ogni caso, ha respinto l'addebito per l'asserita stretta inerenza alle attività del Gruppo;

- spese per acquisto di carburante (euro 1.473,00).

Ha precisato che, così come accertato dalla Guardia di Finanza, la provvista di contanti, per questa voce di spesa, risultava alimentata da assegni che l'onorevole L. provvedeva ad intestare a sé stesso.

Ha invocato la compensatio lucri cum damno, tenuto conto che il Gruppo, pur potendo, non aveva usufruito di un'autovettura di servizio e, pertanto, l'acquisto di carburante doveva considerarsi inerente alle esigenze operative del Gruppo, che aveva preferito l'utilizzo di un mezzo privato;

- acquisto di materiale di cancelleria destinato alla Segreteria regionale e provinciale dell'UDC (euro 525,00).

La spesa sarebbe stata riconducibile all'esercizio delle funzioni politico-istituzionali del Gruppo parlamentare;

- contributi al Partito (euro 48.100,00).

Anche in questo caso, ha richiamato le argomentazioni già formulate per questa tipologia di spesa;

- contributo per attività politica corrisposto al deputato N. (euro 2.800,00).

Ha formulato giustificazioni, richiamando le argomentazioni già formulate per questa tipologia di spesa;

- somme corrisposte in favore del signor T. Giovanni (euro 1.400,00).

Ha sostenuto l'assenza di elementi per l'imputazione della spesa, non risultando la prova che il pagamento fosse stato autorizzato o disposto dal Capo Gruppo. Comunque, ha precisato che la spesa doveva ritenersi legittima in quanto relativa ad attività lavorativa svolta in favore del medesimo Gruppo;

- spesa per n. 3.000 manifesti per la campagna elettorale in occasione delle elezioni amministrative 2011 (euro 2.280,00).

Ha dedotto il difetto di imputazione, in assenza di autorizzazione, da parte dell'onorevole A., ad effettuare i relativi esborsi;

- spesa per l'affitto della sala Imperia, più spot elettorali e volantinaggio del 4 maggio 2012 (euro 3.025,00).

Ha osservato che il corrispondente assegno era stato sottoscritto dall'onorevole L., non risultando alcuna autorizzazione dell'onorevole A.;

- contributo per attività politica corrisposto al deputato G. (euro 2.800,00).

Ha richiamato le deduzioni analoghe già formulate per questa tipologia;

- contributo per attività politica corrisposto in favore di C. Giuseppe.

Ha sostenuto l'inerenza della spesa allo svolgimento di attività politica e, comunque, il difetto di imputazione, in assenza di autorizzazione rilasciata dal Capo Gruppo;

- contributo per i festeggiamenti del 19 marzo 2012 (euro 1.500,00).

Anche in questo caso, ha dedotto il difetto di imputazione causale, in assenza della prova dell'autorizzazione ad effettuare la spesa;

- spesa per attività di volantinaggio e attacchinaggio (euro 4.800,00).

Ha dedotto il difetto di imputazione, in assenza di autorizzazione alla spesa in questione;

- spesa per acquisto di carburante (euro 3.405,00).

Ha richiamato le argomentazioni già esposte per tale voce di spesa.

La Procura Generale, in data 11 ottobre 2017, ha depositato una memoria, con la quale ha confutato le argomentazioni di controparte, concludendo per il rigetto dell'appello principale e l'accoglimento di quello incidentale proposto dal P.M.

All'odierna pubblica udienza, la difesa dell'onorevole A. e il P.M. hanno illustrato i contenuti degli atti scritti, confermando le rispettive domande.

DIRITTO

Preliminarmente il Collegio dispone, ai sensi dell'art. 184 del d.lgs. 26 agosto 2016, n. 174, la riunione degli appelli, principale ed incidentale, proposti avverso la medesima sentenza.

Ciò premesso, nel presente giudizio di appello, il Collegio giudicante è chiamato a pronunciarsi sulla prospettata responsabilità amministrativa dell'onorevole A., nella qualità di Presidente pro tempore del Gruppo parlamentare denominato "UDC - Verso il Partito Nazionale", per il danno derivato all'A.R.S. per il presunto indebito utilizzo dei contributi erogati nel corso della XV Legislatura.

In primo luogo, vanno esaminate tutte le questioni pregiudiziali e preliminari nell'ordine con cui le stesse sono state esposte nell'atto di appello principale.

Come primo motivo di impugnativa, la difesa ha rilevato che, con sent. n. 3690/2016, il G.I.P. del Tribunale di Palermo ha pronunciato l'assoluzione dell'onorevole A., dichiarando, in ordine ai reati contestati dalla Procura della Repubblica, il non luogo a procedere perché il fatto non sussiste.

Con la memoria depositata in data 6 ottobre 2017, la difesa dell'appellante principale, nel richiamare integralmente la motivazione della menzionata sentenza penale, ha chiesto l'applicazione degli artt. 652 o 654 c.p.p., in considerazione dell'avvenuta conferma, con sent. n. 35683/2017 della Suprema Corte di cassazione, pubblicata il 19 luglio 2017, della decisione di assoluzione pronunciata dal G.I.P., già passata in giudicato.

Al riguardo, il Collegio ritiene che nessun rilievo determinante, ai fini del presente giudizio, possa essere attributo alla sent. n. 3960/2016 del G.I.P. del Tribunale di Palermo di assoluzione dell'A. ed alla successiva sent. n. 35683/2017 della Corte di cassazione, in ordine all'affermazione, da parte del Giudice penale, dell'assenza di responsabilità (penale) per l'asserita mancata previsione, all'epoca dei fatti, dell'obbligo di rendicontazione delle somme erogate mensilmente ai Gruppi parlamentari, nonché in considerazione dell'inesistenza dell'obbligo di conservazione dei giustificativi di spesa e di restituzione dei finanziamenti a fine legislatura.

Anche nel caso in cui il procedimento contabile ha come oggetto gli stessi fatti esaminati dal Giudice penale, va rilevato che l'istituto della responsabilità amministrativa trova fondamento normativo e parametri di valutazione delle condotte dei soggetti sottoposti alla giurisdizione contabile sostanzialmente differenti da quelli utilizzati in sede penale e, per tale ragione, può addivenire a conclusioni diverse in ordine ai medesimi fatti accertati in sede di giudizio penale.

Lo sviamento delle risorse pubbliche, unitamente alla responsabilità dei soggetti cui tale sviamento sia imputabile, qualifica in termini di danno erariale il pregiudizio conseguente alla mancata dimostrazione della corrispondenza e coerenza dell'utilizzo di esse alle finalità istituzionali prestabilite e, di conseguenza, ricade nell'ambito di cognizione della Corte dei conti, quale Giudice naturale costituzionalmente deputato alla tutela del pubblico erario.

Nell'ambito del procedimento penale, risulta essere stato contestato il reato di peculato, fattispecie che non può ritenersi sovrapponibile alla contestazione di responsabilità amministrativa in esame, rispetto alla quale, in termini di valutazione dell'elemento soggettivo, è sufficiente per la configurazione dell'illecito contabile, la semplice colpa grave, a prescindere dalla condotta dolosa richiesta per il reato di peculato.

Va ulteriormente rilevato che la richiesta risarcitoria - nel caso di specie e in termini diversi dalla fattispecie esaminata nel procedimento penale - è stata formulata sul presupposto dell'utilizzo di finanziamenti pubblici in contrasto a fondamentali principi contabili di corretta gestione contabile, e non su quello dell'omessa rendicontazione, il cui obbligo è stato introdotto, successivamente ai fatti contestati dal P.M., a seguito dell'entrata in vigore del d.l. n. 174 del 2012 e delle successive disposizioni applicative.

L'appellante principale ha reiterato, in questo grado di giudizio, l'eccezione di difetto di giurisdizione, richiamando, tra l'altro, la sent. n. 337/2009, con cui la Corte costituzionale ha affermato - in occasione di un ricorso per conflitto di attribuzioni tra Assemblea regionale siciliana e lo Stato - che il Procuratore regionale non può ordinare ai rappresentanti legali dei Gruppi parlamentari di esibire in forma integrale la documentazione e gli atti contabili pertinenti le contribuzioni e i finanziamenti liquidati dall'A.R.S., non potendosi riconoscere al P.M. contabile "un generale e diffuso potere di controllo interno a ciascuno e a tutti i gruppi".

Al riguardo, il Collegio ritiene infondato l'eccepito difetto assoluto di giurisdizione, considerato che, nella fattispecie, il procedimento ha avuto l'avvio a seguito di fatti circostanziati, oggetto di una indagine penale, nell'ambito della quale la Guardia di Finanza è stata delegata ad effettuare specifici e mirati accertamenti.

In tal senso, può escludersi quanto asserito dalla difesa dell'appellante in ordine all'esercizio dell'attività istruttoria del P.M. con modalità incompatibili con le particolari "attribuzioni politico-parlamentari dell'Assemblea Regionale".

Peraltro, la legittimazione del P.M. contabile a svolgere in questo specifico ambito istituzionale, attività istruttoria, diretta all'accertamento di eventuali responsabilità amministrative ha trovato conferma nei principi sanciti dalla stessa Corte costituzionale (sentt. n. 107/2015 e n. 235/2005) e dalle Sezioni unite della Cassazione (tra le più recenti: ord. n. 6026/2016, sent. n. 6895/2016, ordd. nn. 6894/2016 e 8622/2015).

Le pronunce sopra richiamate hanno affermato con chiarezza la giurisdizione del Giudice contabile nei giudizi proposti per far valer le domande risarcitorie in ordine alla gestione dei contributi erogati dalle Assemblee legislative, evidenziando, ai fini dell'individuazione dello specifico "rapporto di servizio", la natura pubblicistica delle risorse utilizzate dai Gruppi parlamentari e la contestuale predeterminazione dello scopo attraverso di esse perseguito.

La difesa dell'onorevole A. ha, poi, affermato che soltanto con le modifiche al regolamento interno dell'A.R.S., approvate in data 6 febbraio 2014, di attuazione delle norme introdotte con il d.l. n. 174 del 2012, è stato introdotto uno specifico vincolo di destinazione pubblicistica delle risorse assegnate ai Gruppi parlamentari, aggiungendo, inoltre, che le Sezioni unite della Cassazione, con sent. n. 10094/2015, dopo aver precisato che per le somme erogate ai partiti politici a titolo di rimborso delle spese elettorali (secondo la disciplina anteriore alla l. n. 96/2012) non è previsto un vincolo di destinazione pubblicistica, ha escluso che la condotta appropriativa possa dare luogo a responsabilità contabile, stante la sussistenza della giurisdizione ordinaria.

In realtà, la fattispecie presa in esame dalla menzionata sentenza della Suprema Corte è riferita ai rimborsi delle spese elettorali, ambito diverso dai finanziamenti erogati ai Gruppi parlamentari, rispetto ai quali la normativa prevede la specifica finalità di destinazione delle risorse pubbliche.

Al riguardo, vale il richiamo alla giurisprudenza delle Sezioni unite della Cassazione (sent. n. 2357 del 2014, e nn. 8077, 8570, 8622 e 10094 del 2015) le quali - muovendo dal presupposto che, da un lato, i Gruppi parlamentari hanno natura pubblicistica e che, dall'altro, i contributi pubblici sono attribuiti agli stessi con gli "... specifici vincoli ad essi impressi dalla legge...", vincoli "dettagliatamente predefiniti con esplicito esclusivo asservimento a finalità istituzionali del Consiglio Regionale e non a quelle delle Associazioni partitiche o, tanto meno, alle esigenze personali di ciascun componente..." - hanno affermato il principio secondo cui l'art. 122, comma 4, Cost. non può essere invocato per escludere la giurisdizione del Giudice contabile sugli atti adottati dai Consiglieri regionali (ma l'argomento è applicabile anche ai Parlamentari dell'A.R.S.) "poiché l'evocata prerogativa della insindacabilità, testualmente riferita alle opinioni espresse ed ai voti dati nell'esercizio delle funzioni di rappresentanza politica del Consiglio Regionale", non può estendersi "alla gestione dei contributi erogati ai Gruppi presso i Consigli Regionali, che a quel novero ristretto di più elevate funzioni certamente non appartiene...".

E, in questo senso, non può configurarsi alcun travalicamento dei limiti assegnati alla giurisdizione contabile in sede di accertamento dei fatti oggetto del presente giudizio, dovendosi riconoscere il potere del Giudice contabile alla puntuale verifica, con riferimento al quadro normativo di riferimento e ai principi generali dell'ordinamento giuridico, in ordine alla legittimità delle singole voci di spesa riportate nei rendiconti, in funzione dei criteri oggettivi di compatibilità e di collegamento teleologico con le finalità di preminente interesse pubblico assegnate dalla legge a ciascun Gruppo parlamentare, beneficiario dei contributi per il perseguimento delle attività istituzionali intestate al medesimo in seno all'Assemblea regionale.

Peraltro, le Sezioni riunite della Corte dei conti in sede giurisdizionale, con la sent. n. 30/QM/2014, nel rilevare che "nessuna disposizione normativa, statale o regionale, prevede l'attribuzione della qualifica di agente contabile ai Presidenti dei Gruppi consiliari" ha affermato il principio secondo cui "i Presidenti e i Consiglieri componenti dei Gruppi consiliari regionali sono, comunque, soggetti alla responsabilità amministrativa e contabile per il danno cagionato alle finanze regionali per l'illecita utilizzazione dei fondi destinati al Gruppo".

E, successivamente, analogo principio è stato espressamente formulato dalla Corte costituzionale con la sent. n. 107 del 2015.

Per le considerazioni che precedono, non può accogliersi l'eccezione di difetto di giurisdizione del Giudice contabile.

Con altro motivo di appello, l'onorevole A. ha dedotto la violazione degli artt. 38 e 1957 c.c. asserendo l'intervenuta decadenza dal diritto di far valere il presunto credito erariale.

Anche questo argomento, ad avviso del Collegio giudicante, non merita accoglimento.

Infatti, la decadenza è un istituto giuridico che determina l'estinzione di un diritto per il mancato esercizio dello stesso da parte del titolare entro un termine predeterminato dal legislatore o dalla volontà delle parti; il diritto, pertanto, si estingue automaticamente senza tener conto delle condizioni soggettive della titolare.

L'istituto della decadenza, quindi, è caratterizzato dagli effetti eccezionalmente e fortemente limitativi del diritto soggettivo che, in quanto tale, dovrebbe essere liberamente esercitato dal titolare.

In considerazione della natura eccezionale riconosciuta alle norme che disciplinano le ipotesi di decadenza nell'ambito di rapporti di natura privatistica, va esclusa la possibilità di applicazione dell'istituto al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge (Cass., sent. n. 20519/2014).

Con riferimento, in particolare, alla natura delle obbligazioni assunte dal rappresentante delle associazioni non riconosciute, la Suprema Corte ha definito la stessa come accessoria e "lato sensu fidejussoria" (Cass., sent. n. 455/2005).

Nessuna norma, quindi, definisce espressamente la posizione del legale rappresentante dell'associazione non riconosciuta come quella di un fideiussore e la stessa Corte di cassazione, usando l'espressione lato sensu, evidenzia l'intenzione di voler prospettare solamente una vaga similitudine, escludendo, in questi termini, la possibilità di applicare la norma eccezionale in via analogica.

Va esclusa, pertanto, applicabilità della normativa che regola la responsabilità del rappresentante delle associazioni non riconosciute, in considerazione della particolare natura dei Gruppi parlamentari, quali "... organi del consiglio e proiezioni dei partiti politici in assemblea regionale..." (Corte cost., sent. n. 187 del 1990), ovvero rappresentano "... uffici comunque necessari e strumentali alla formazione degli organi interni del consiglio" (Corte cost., sent. n. 1130 del 1988).

La medesima Corte costituzionale ha riconosciuto un ruolo peculiare ai Presidenti dei Gruppi parlamentari e, in considerazione di tale collocazione istituzionale, ha affermato la possibilità di configurare la relativa responsabilità amministrativa e contabile (nonché, eventualmente, anche quella penale) nelle ipotesi di accertata illecita utilizzazione delle risorse pubbliche attribuite per il loro funzionamento (Corte cost., sentt. n. 107/2015 e n. 235/2015).

Tra l'altro, va evidenziato il fatto che la figura del Presidente del Gruppo, così come delineata dalle disposizioni dei regolamenti approvati nel tempo dall'A.R.S., è stata, da sempre, caratterizzata per il forte rilievo politico e per l'importanza delle funzioni di rappresentanza, oltre a quelle di direzione organizzativa e di autonoma iniziativa gestionale all'interno del medesimo Gruppo.

Al Presidente del Gruppo, secondo quanto previsto dalle disposizioni interne dell'A.R.S. e dalle precisazioni che emergono dalla giurisprudenza sopra menzionata, compete, quindi, una specifica funzione politica e gestionale, anche per la parte relativa all'utilizzo delle risorse assegnate, con la correlata conseguenziale responsabilità, secondo principi generali di contabilità e norme che disciplinano l'erogazione di finanziamenti provenienti dal pubblico erario.

Al riguardo, va precisato che la connotazione pubblicistica di tali risorse non muta, dopo l'assegnazione alla materiale disponibilità dei Gruppi parlamentari, permanendo in ogni caso il vincolo di destinazione delle stesse alle finalità previste dalle norme.

Sul punto, è sufficiente richiamare il contenuto della sentenza della Corte costituzionale n. 39/2014 a proposito dell'obbligo di restituzione delle somme ricevute dai Gruppi parlamentari nei casi di accertate irregolarità in sede di verifica sui rendiconti effettuata dalle competenti Sezioni di controllo della Corte dei conti ai sensi dell'art. 1, comma 11, del d.l. n. 174/2012.

Con la menzionata sentenza la Consulta ha affermato che l'obbligo di restituzione "costituisce un principio generale di contabilità pubblica, strettamente correlato al dovere di dar conto delle modalità di impiego del denaro pubblico in conformità alle regole di gestione dei fondi ed alla loro attinenza alle funzioni istituzionali svolte dai Gruppi parlamentari".

Ciò posto, nella fattispecie, contrariamente a quanto asserito nell'atto di appello principale, l'esercizio del diritto a far valere il danno erariale non può considerarsi soggetto alla disciplina del codice civile per i rappresentanti delle associazioni non riconosciute, ma alle norme di legge in materia di responsabilità contabile.

Con ulteriore motivo, l'onorevole A. ha dedotto la nullità dell'invito a dedurre per l'indeterminatezza dell'oggetto e conseguente inammissibilità derivata dell'atto introduttivo del giudizio di primo grado in relazione all'art. 5, comma 1, del d.l. n. 453 del 1993, nonché la nullità della citazione per indeterminatezza dell'oggetto, in relazione all'art. 163 c.p.c., e per violazione del diritto al contraddittorio.

Circa il profilo concernente la nullità dell'invito a dedurre per l'asserita violazione dell'art. 5, comma 1, del menzionato d.l. n. 453 del 1993, convertito in l. 14 gennaio 1994, n. 19, si fa presente che la norma in questione testualmente recita: "prima di emettere l'atto di citazione in giudizio, il procuratore regionale invita il presunto responsabile del danno a depositare, entro un termine non inferiore a trenta giorni dalla notifica della comunicazione dell'invito, le proprie deduzioni ed eventuali documenti. Nello stesso termine il presunto responsabile può chiedere di essere sentito personalmente. Il procuratore regionale emette l'atto di citazione in giudizio entro centoventi giorni dalla scadenza del termine per la presentazione delle deduzioni da parte del presunto responsabile del danno...".

La norma non indica, espressamente, i requisiti essenziali minimi dell'invito a dedurre e neppure si sofferma sulle conseguenze di eventuali divergenze che possano sussistere tra detto invito ed il successivo atto di citazione (a seguito delle deduzioni difensive del convenuto).

In conseguenza, le Sezioni riunite di questa Corte dei conti, in più occasioni, hanno avuto modo di chiarire che "l'invito è un atto procedimentale pre-processuale che assolve alla duplice funzione di consentire all'invitato di svolgere le proprie argomentazioni al fine di evitare la citazione in giudizio e di garantire nel contempo la massima possibile completezza dell'istruttoria..." (sent. n. 7/QM del 16 febbraio 1998).

In ordine all'eventuale divergenza tra invito a dedurre e successiva citazione in giudizio, le medesime Sezioni riunite di questa Corte, nella stessa sent. n. 7/QM/1998, hanno anche affermato che "... le controdeduzioni dell'invitato e la produzione di documenti, oltre a consentire la difesa del medesimo, permettono nel contempo al P.M. di acquisire ulteriori elementi istruttori che possano contribuire ad una più completa ricostruzione della fattispecie, sia sotto il profilo del fatto che di quello di diritto".

In linea a quanto affermato dal Giudice di primo grado nella sentenza gravata di appello, si osserva che l'esame valutativo delle deduzioni dell'invitato può essere espresso dal P.M. anche in modo sintetico o perfino implicito nel fatto stesso che viene emanato l'atto di citazione, senza che ciò possa comportare pregiudizio alla posizione del convenuto, il quale, non avendo ottenuto l'archiviazione del procedimento, può presentare al giudice, quali eccezioni e deduzioni, le stesse argomentazioni difensive già proposte in quella fase preprocessuale.

Fatta questa premessa, si osserva che, nella fattispecie, il contenuto sintetico dell'invito a dedurre contiene elementi sufficienti a consentire alla destinataria la piena conoscenza delle contestazioni formulate dal P.M., ma anche l'esercizio del proprio diritto di difesa.

In merito all'eccepita nullità della citazione, il primo Giudice ha escluso la violazione dell'art. 3 del r.d. n. 1038/1933 (come integrato dall'art. 164, comma 4, c.p.c., in relazione all'art. 163, comma 3, dello stesso c.p.c.), sostenendo che non poteva ipotizzarsi alcuna incertezza sull'oggetto della domanda risarcitoria formulata dal P.M.

In effetti, le cause di nullità della citazione in giudizio, per consolidata giurisprudenza, si realizzano solo in caso di omissione o di assoluta incertezza del petitum e della causa petendi.

Il Collegio ritiene infondata la doglianza di nullità dell'atto introduttivo, considerato che, come rilevato nella sentenza impugnata, la citazione in giudizio non presenta, comunque, carenze di contenuto in grado di compromettere l'instaurazione del pieno contraddittorio in ordine ai fatti contestati, alla condotta censurata (spese non pertinenti con le finalità istituzionali del Gruppo parlamentare), alla lesione patrimoniale ed all'elemento soggettivo.

L'asserita prospettazione della genericità della citazione non può, pertanto, essere condivisa in presenza di una compiuta ed esauriente rappresentazione di tutti gli elementi di fatto e delle ragioni di diritto su cui la contestazione di responsabilità erariale ha trovato fondamento.

D'altra parte, le analitiche e articolate argomentazioni sul merito di ciascun addebito, esposte nelle memorie scritte e nell'esposizione orale del difensore dell'onorevole A. nel corso dell'udienza pubblica, dimostrano che il contenuto dell'atto introduttivo del giudizio, in particolare con i suoi riferimenti agli esiti dell'indagine della Guardia di Finanza, poteva considerarsi sufficiente a garantire il rispetto del principio del contraddittorio e l'esercizio del relativo diritto di difesa.

L'onorevole A. ha sostenuto la violazione e falsa applicazione del d.P.A. n. 654 del 26 novembre 2003, del d.P.A. n. 82 del 23 ottobre 2006, della delibera del Consiglio di Presidenza dell'A.R.S. n. 31 del 16 ottobre 1984, nonché la violazione dell'art. 2697 c.c. sull'onere della prova.

Secondo la tesi difensiva, al tempo dei fatti di causa, le norme, a cui era demandata la disciplina ai sensi dell'art. 4 dello Statuto regionale dei contributi previsti per i Gruppi parlamentari, nulla prevedevano riguardo all'obbligo di rendicontazione delle spese sostenute dai medesimi.

La prospettazione difensiva non può essere condivisa, in quanto l'obbligo di rendere il conto, nel senso di dimostrare la coerenza tra ogni spesa imputata a somme provenienti dal pubblico erario e le finalità istituzionali, deve considerarsi principio fondamentale di qualunque gestione di risorse pubbliche a prescindere da una esplicita previsione normativa.

In merito a quanto rappresentato dalla difesa circa il difetto di prova dei fatti contestati dalla Procura contabile, si osserva che l'attività istruttoria, delegata ai militari della Guardia di Finanza, ha esaminato tutta la documentazione riferita ai pagamenti di spese e di rimborsi effettuati dal Gruppo parlamentare nel periodo compreso tra il 3 novembre 2010 ed il 24 agosto 2012, acquisendo i necessari riscontri per la successiva imputazione di responsabilità amministrativa, formulata dal P.M. contabile sulla base degli esiti della complessa attività di indagine.

L'onorevole A. ha dedotto, sotto altro profilo, la violazione e falsa applicazione dell'art. 3 del d.P.A. n. 654 del 26 novembre 2003 e dell'art. 4 del d.P.A. n. 82 del 23 ottobre 2006.

Precisamente, nell'atto di appello, viene affermato che il presunto danno erariale dovrebbe, in ogni caso, essere ridotto in via forfettaria del 10 per cento dell'importo del contributo unificato destinato, ai sensi dell'art. 4 del d.P.A. n. 82 del 2006, alle esigenze delle Presidenze dei singoli Gruppi parlamentari, in ragione della insindacabilità delle modalità di utilizzo delle risorse in questione.

La doglianza non appare fondata.

Il Collegio ritiene che nessuna diversità di disciplina appare configurabile tra il contributo unificato e la quota del 10 per cento dello stesso riservata alle "esigenze delle Presidenze dei Gruppi", in quanto, in entrambe i casi, non sussistono dubbi sul fatto che, trattandosi di risorse pubbliche, l'utilizzo deve essere giustificato innanzi alla collettività e deve restare entro l'alveo della stretta corrispondenza con le finalità istituzionali, rispondendo ai criteri generali e fondamentali della contabilità pubblica.

In altri termini, la previsione della quota del 10 per cento, contenuta nelle disposizioni normative invocate dall'appellante, costituisce una specifica assegnazione di risorse a beneficio del Presidente di ciascun Gruppo parlamentare, ma per il resto, permanendo la connotazione pubblicistica del finanziamento, non sembra che questa particolare riserva possa essere sottratta alle regole generali vigenti in materia di gestione di fondi pubblici e ai relativi principi di responsabilità amministrativa.

In altri termini, anche per la riserva del 10 per cento del contributo unificato, trattandosi indubbiamente di denaro pubblico e pur destinato a specifiche esigenze istituzionali, vale il principio generale dell'obbligo di giustificazione dell'utilizzo.

Del resto, appare indubbio che il contributo in questione non può considerarsi un'indennità specificatamente riconosciuta al Capo Gruppo - altrimenti rientrante tra le componenti reddituali del beneficiario - utilizzabile senza alcun vincolo di destinazione e senza adeguata giustificazione.

L'appellante principale ha sostenuto il difetto di imputazione causale del danno, invocando, tra l'altro, l'applicazione della discriminante politica ed il difetto di colpevolezza.

Al riguardo, in linea con l'indirizzo giurisprudenziale affermato da questa Sezione d'Appello in occasione di numerose pronunce su identiche fattispecie, si rileva che l'imputazione causale del danno erariale nei confronti del Presidente di ciascun Gruppo parlamentare trova fondamento in ragione della particolare posizione rivestita all'interno del medesimo Gruppo e dello specifico obbligo, scaturente dalla peculiare collocazione verticistica, di garantire la correttezza della gestione delle risorse pubbliche assegnate e l'utilizzo delle stesse, pur nell'ampio margine discrezionale che va in ogni caso riconosciuto in funzione del ruolo rivestito, per finalità strettamente istituzionali.

Inoltre, nel giudizio in esame, può ragionevolmente escludersi qualsiasi violazione principio del principio della così detta "discriminante politica".

Nella fattispecie, l'azione promossa dalla Procura regionale si è limitata esclusivamente alla verifica della congruità delle spese rispetto agli scopi istituzionali ed ai fini di rilievo pubblicistico assegnati al Gruppo parlamentare.

E, in questo senso, non può configurarsi alcun travalicamento dei limiti assegnati alla giurisdizione contabile in sede di accertamento dei fatti, dovendosi riconoscere il potere del Giudice contabile alla puntuale verifica, con riferimento al quadro normativo di riferimento e ai principi generali dell'ordinamento giuridico, in ordine alla legittimità delle singole voci di spesa ammesse a rimborso, in funzione dei criteri oggettivi di compatibilità e di collegamento teleologico con le finalità di preminente interesse pubblico assegnate dalla legge a ciascun Gruppo parlamentare beneficiario dei contributi per il perseguimento delle attività istituzionali intestate al medesimo in seno all'Assemblea regionale.

E, in questo senso, non si pone la questione della scriminante politica, atteso che l'addebito di responsabilità è stato formulato con riferimento all'asserita violazione delle regole e dei principi, che il vertice del Gruppo parlamentare era tenuto ad osservare, in materia di utilizzo delle risorse pubbliche.

In relazione a quanto esposto, va ritenuta infondata la tesi difensiva, nel punto in cui ha prospettato la responsabilità in capo al funzionario amministrativo del Gruppo o nei confronti del soggetto che aveva materialmente disposto la spesa.

Fermo restando il divieto, per il Giudice contabile, di disporre l'integrazione del contraddittorio, in presenza di fatti dannosi riconducibili alla condotta di più soggetti non citati in giudizio dal P.M., la vigente disciplina della responsabilità amministrativa, contrassegnata dal principio fondamentale della personalità della stessa, impone al Giudice contabile di individuare l'apporto causale di coloro che non sono stati evocati in giudizio dalla Procura, scomputando la parte di danno eventualmente riferibile ad altri soggetti.

Questa precisazione si impone con riguardo a quanto prospettato dalla difesa dell'odierna appellante riguardo all'asserita imputazione causale del presunto danno erariale nei confronti del funzionario amministrativo e del deputato incaricato dei compiti di tesoreria, ritenuti, invece, dal Collegio giudicante esenti da responsabilità circa la destinazione delle spese, in considerazione, tra l'altro, del ruolo fiduciario rivestito da entrambi nell'ambito della gestione dei finanziamenti erogati al Gruppo parlamentare.

Esaurito l'esame delle questioni pregiudiziali e preliminari, il Collegio procede a scrutinare il merito della controversia.

L'esame dei motivi esposti nell'appello in ordine all'imputazione di responsabilità per danno erariale delle singole spese ritenute non pertinenti con le finalità istituzionali o, in altri casi, non regolarmente documentate, va confrontato con la normativa regolamentare adottata dall'Assemblea regionale siciliana, con specifico riferimento a quella applicabile all'epoca dei fatti contestati dal P.M., dettata dalla stessa A.R.S. per disciplinare l'erogazione delle varie tipologie di contributi previsti dalla normativa in favore dei Gruppi parlamentari, nonché con la giurisprudenza che in atto risulta consolidata sulla questione.

Il decreto del Presidente dell'Assemblea n. 152 del 5 novembre 1996 ha previsto la concessione a ciascun Gruppo parlamentare di un contributo annuo, così detto "dipendenti stabilizzati", erogato in tre rate trimestrali anticipate, al fine di garantire la stabilità del rapporto di lavoro dei dipendenti dei Gruppi, previa stipula di apposito contratto collettivo e individuale.

Il d.P.A. n. 364 del 21 dicembre 1991 ha riconosciuto, con decorrenza dall'1 gennaio 1991, il diritto al rimborso del così detto "contributo porta borse", che comprendeva le "spese per attività di ricerca, di consulenza, di collaborazione e per i relativi servizi di supporto, approntate dal gruppo medesimo e/o dai deputati ad esso iscritti, per concorrere ad assicurare la più efficace funzionalità dell'Assemblea"; e, inoltre, ammetteva a rimborso quelle spese "regolarmente documentate, sostenute per studi e consulenze, riguardanti il settore legislativo, per l'assunzione e/o utilizzazione di collaboratori... per l'organizzazione di convegni e seminari, per l'affitto di locali, per spese telefoniche, per acquisto di pubblicazioni, per spese editoriali relative a pubblicazioni riguardanti l'attività parlamentare del deputato o del Gruppo, per apparecchiature d'ufficio".

Con decorrenza dall'1 gennaio 2003, il d.P.A. n. 654 del 26 novembre 2003 ha previsto che "a ciascun gruppo parlamentare costituito dell'Assemblea Regionale siciliana, è concesso mensilmente un contributo unificato mensile, in sostituzione dei... contributi ordinario, speciale e aggiuntivo delle Presidenze, la cui misura è determinata in ragione della consistenza numerica di ciascuno di essi".

La medesima disposizione ha stabilito che "in analogia a quanto praticato presso il Senato della Repubblica, il 10% è destinato alle esigenze delle Presidenze dei Gruppi parlamentari".

Il successivo decreto del Presidente dell'Assemblea n. 82 del 23 ottobre 2006 ha modificato le disposizioni per ultimo menzionate, specificando, tra l'altro, che il contributo veniva erogato ai Gruppi "per l'esercizio delle proprie funzioni".

Con successivi decreti sono stati apportate modifiche al quantum del "contributo unificato", lasciando sostanzialmente immodificata la disciplina dello stesso.

In favore dei singoli deputati erano previste, poi, nell'arco temporale dei fatti contestati dalla Procura regionale, le seguenti indennità: una diaria giornaliera fissa e variabile, quest'ultima legata anche alla presenza in Assemblea e nelle Commissioni (art. 1 della l.r. n. 44 del 1965); un'indennità parlamentare, quest'ultima comprensiva del rimborso delle spese di segreteria e di rappresentanza (d.P.A. n. 77 del 2007 e d.P.A. n. 12 del 2011); un'indennità per spese di viaggio e trasporto su gomma (d.P.A. n. 709 del 2003); per spese telefoniche e di acquisto di beni e servizi informatici (d.P.A. n. 74 del 2007).

Ai deputati era, inoltre, riconosciuto il diritto, per la consumazione di pasti presso la bouvette dell'A.R.S., a un buono giornaliero di euro 9,00 da lunedì a venerdì, e a due buoni nei giorni di presenza per i lavori in aula.

Da ultimo, il d.P.A. n. 95 del 2012 ha modificato radicalmente il quadro normativo in materia, sopprimendo, con decorrenza dal mese di marzo 2012, il "contributo portaborse" e istituendo, al suo posto, il rimborso delle spese per l'esercizio del mandato, il cui 50 per cento viene erogato al Gruppo e il restante 50 per cento al singolo deputato, con onere di quest'ultimo di rendicontare, con propria dichiarazione, le spese sostenute direttamente al servizio di Ragioneria al fine di ottenerne il rimborso.

Il medesimo d.P.A. ha specificato, inoltre, le tipologie di spese di cui il deputato può chiedere il rimborso, menzionando tra queste quelle per collaboratori, consulenze e ricerche, per la gestione di un ufficio, comprese quelle per i locali e relative utenze, locazione di beni mobili strumentali, per l'utilizzo di reti pubbliche di consultazione di dati, per convegni e sostegno di attività politiche.

Ha previsto, infine, l'onere a carico del singolo deputato di conservare la documentazione giustificativa da esibire, qualora sottoposta a controllo, al Collegio dei deputati questori che - in caso di riscontrate irregolarità documentale - legittima i competenti uffici all'avvio delle procedure di recupero di quanto eventualmente indebitamente erogato.

Sulla natura giuridica dei Gruppi parlamentari, si richiama quanto sopra esposto in ordina alle peculiare natura, riconosciuta anche dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, di "organi del consiglio regionale" che "contribuiscono in modo determinante al funzionamento e all'attività dell'assemblea, assicurando l'elaborazione di proposte, il confronto dialettico fra le diverse posizioni politiche e programmatiche, realizzando in una parola quel pluralismo che costituisce uno dei requisiti essenziali della vita democratica..." (Corte cost., sent. n. 187 del 1990).

Si richiama, inoltre, quanto sopra già evidenziato sullo specifico e peculiare ruolo attribuito, secondo la giurisprudenza citata in precedenza, ai Presidenti dei Gruppi parlamentari e, in considerazione di tale collocazione istituzionale, sulla possibilità di configurare la relativa responsabilità amministrativa e contabile (nonché eventualmente anche quella penale) nelle ipotesi di accertata illecita utilizzazione delle risorse pubbliche attribuite per il loro funzionamento (Corte cost., sentt. n. 107/2015 e n. 235/2015).

Va evidenziato che le disposizioni dei regolamenti approvati nel tempo dall'A.R.S., hanno costantemente confermato il forte rilievo politico e l'importanza delle funzioni di rappresentanza, oltre a quelle di direzione organizzativa e di autonoma iniziativa gestionale all'interno del medesimo Gruppo.

Al Presidente del Gruppo, di conseguenza, compete la corrispondente responsabilità, compresa quella amministrativa, secondo principi generali di contabilità e norme che disciplinano l'erogazione di finanziamenti provenienti dal pubblico erario.

Fatte queste premesse di carattere generale, il Collegio può passare all'esame dei singoli motivi di appello esposti dall'onorevole A. in ordine a ciascuna delle voci di spesa per le quali il Giudice di primo grado ha affermato l'addebito del danno erariale per l'importo complessivo di euro 157.011,06.

Anno 2010:

- spesa di acquisto di sei tende verticali (euro 1.450,00), ritenuta dalla Procura di pertinenza della Segreteria regionale UDC, per la quale, invece, la difesa ha sostenuto l'inerenza all'esercizio delle funzioni politiche istituzionali del Gruppo parlamentare.

Come osservato dal primo Giudice con riferimento alle risultanze del rendiconto e all'intestazione della fattura, si tratta chiaramente di un acquisto di beni destinati al partito politico, soggetto diverso dal Gruppo parlamentare e, pertanto, il relativo pagamento non poteva essere effettuato con i fondi del contributo unificato, utilizzabile solo per finalità strettamente istituzionali;

- spesa per l'acquisto di tre personal computer (euro 1.760,00).

Le considerazioni sono analoghe a quelle che precedono, trattandosi, anche in questo caso, di beni destinati a soggetto diverso dal Gruppo;

- contributi per attività politica corrisposti ai deputati F., P., R. e L. (euro 4.000,00).

Il Collegio ritiene di poter condividere la motivazione della Sezione giurisdizionale di primo grado, che, sul punto, dopo aver affermato che le risorse in questione risultavano erogate ai predetti deputati non a titolo di rimborso per spese già sostenute, ma "per attività politico-istituzionali" e di "promozione politica e rappresentanza", ha evidenziato la genericità di queste indicazioni e l'assoluta mancanza di documentazione.

Va, pertanto, confermato il rilievo del P.M.;

- spesa per il pagamento della fattura "Hassio Servizi" riferita ad un lunch servito in data 25 novembre 2010, presso la sala Cinese dell'A.R.S. (euro 825,00).

Al riguardo, la difesa ha chiarito che l'evento in questione si era svolto il 25 ottobre 2010 e non già il 25 novembre 2010, data di emissione della fattura.

Ha chiarito, inoltre, che il lunch si è svolto immediatamente dopo l'iniziativa di presentazione del Gruppo parlamentare UDC - Verso il Partito della Nazione, nell'ambito della quale è stata tenuta una conferenza stampa.

L'importo pagato va escluso dal computo del danno erariale, in quanto può ragionevolmente considerarsi a saldo di una spesa di rappresentanza, rientrante come tale tra quelle istituzionali.

Anno 2011:

- contributi al partito (euro 27.500,00).

Va confermata la motivazione della sentenza impugnata, trattandosi di spesa estranea all'attività istituzionale del Gruppo parlamentare, costituito in seno all'A.R.S., e, pertanto, il relativo importo non può essere imputato alle risorse del contributo unico;

- acquisto di cravatte e carré di seta (euro 1.320,00).

L'acquisto non sembra che possa essere giustificato da esigenze, peraltro non provate, di rappresentanza istituzionale;

- acquisto di servizi alberghieri e fruizione di sala riunioni (euro 2.500,00).

Anche in questo caso, si osserva che il pagamento di servizi alberghieri, ma anche di spese per utilizzo di sale di riunioni, senza ulteriore specificazione, non può farsi rientrare tra le finalità istituzionali del Gruppo.

Infatti, il nesso tra le spese in questione e la finalità di concorrere all'espletamento delle diverse funzioni attribuite al Gruppo risulta affermato in modo generico, mancando l'indicazione dei singoli eventi e il relativo collegamento con l'attività istituzionale.

Peraltro, anche per questa voce di spesa, non risultano affatto dimostrate le eventuali esigenze di rappresentanza;

- spese per consumazioni presso il bar-bouvette dell'A.R.S. (euro 7.559,50).

Va confermata la motivazione con la quale il primo giudice ha escluso, in mancanza di specifiche indicazioni, la riconducibilità alle esigenze di rappresentanza.

Sul punto, si osserva che i deputati avevano diritto ai buoni pasto, i quali dovevano ritenersi satisfattivi, nel loro importo, delle consumazioni effettuate nei giorni lavorativi presso il bar dell'A.R.S.

D'altra parte, l'appellante non ha fornito documentazione circa l'effettiva destinazione della spesa e, pertanto, in assenza di elementi attestanti la relazione di occasionalità tra le consumazioni fatturate a carico del Gruppo e l'attività istituzionale svolta dai beneficiari delle prestazioni pagate con i fondi pubblici, il pagamento delle fatture in questione va considerato danno erariale;

- contributi per attività politica corrisposti ai deputati G. e N. (euro 2.800,00).

Sul punto, si richiamano le considerazioni, già formulate per questa categoria di spesa, riferita all'anno 2010, ritenuta non pertinente con l'attività istituzionale;

- acquisto di otto iPad e di un sistema iPod (euro 5.970,00).

Va confermata, sul punto, la motivazione della sentenza di primo grado, in quanto trattasi di spese rientranti in altra previsione di rimborso a favore dei singoli deputati;

- donazione obnuziale in favore del dipendente Marco M. (euro 2.000,00).

Il relativo importo costituisce danno erariale, essendo evidente che le risorse pubbliche non possono essere utilizzate per donativi di qualsiasi genere;

- contributi per attività politica corrisposti ai deputati G., N., L., P., R. e F. (euro 17.400,00).

Sul punto, si richiamano le considerazioni già formulate per questa categoria di spesa, ritenuta non pertinente con l'attività istituzionale;

- spese per alberghi e ristoranti (euro 4.443,50).

Al riguardo, si condivide quanto evidenziato dal primo Giudice, che ha ritenuto la spesa fonte di danno erariale per la genericità dell'affermazione dell'esistenza del nesso causale con le finalità istituzionali, nonché per la mancata dimostrazione di specifici eventi e circostanze di carattere rappresentativo del Gruppo;

- spese per acquisto di carburante (euro 1.473,00).

Le spese di mantenimento delle autovetture, comprese quelle per l'acquisto di carburante, possono essere imputate al contributo unificato solo in presenza di un oggettivo collegamento tra il veicolo, al quale si riferiscono, e l'attività operativa del Gruppo.

Nella fattispecie, da quanto accertato dai militari della Guardia di Finanza e non contestato, i rifornimenti di carburante sono relativi all'auto intestata al deputato L.

Il relativo importo va confermato nell'addebito di danno erariale;

- acquisti di materiale di cancelleria destinato alla segreteria regionale e provinciale dell'UDC (euro 525,00).

Dalle risultanze del rendiconto e dall'intestazione della fattura, emerge chiaramente che si tratta di acquisto di beni destinati al partito politico, soggetto diverso dal Gruppo parlamentare e, pertanto, il relativo pagamento non poteva essere effettuato con i fondi del contributo unificato, utilizzabile solo per finalità strettamente istituzionali.

Anno 2012:

- contributi al partito (euro 48.100,00).

Il versamento di somme di denaro a titolo di contribuzione al partito di riferimento del Gruppo parlamentare, per le ragioni esposte in relazione ad identiche voci riportate nei rendiconti dei precedenti anni, va considerato componente del danno erariale da risarcire;

- contributo per attività politica corrisposto al deputato N. (euro 2.800,00).

Si richiamano le argomentazioni esposte per motivare l'addebito, in relazione a identiche voci di spesa indicate nel rendiconto;

- contributo corrisposto al signor T. Giovanni (euro 1.400,00).

Va confermata, sul punto, la sentenza di primo grado, che ha considerato la spesa come danno erariale, evidenziando, in questa sede, l'assoluta genericità della causale;

- spesa per n. 3000 manifesti per campagna elettorale delle elezioni amministrative (euro 2.280,00).

L'imputazione di responsabilità va confermata, trattandosi di spesa che non poteva gravare sul contributo unificato erogato dall'A.R.S., ma andava imputata ai fondi del partito;

- spesa per l'affitto della sala Imperia e spesa per spot elettorali e volantinaggio (euro 3.025,00).

Trattandosi di spese riferite a manifestazioni elettorali, valgono le considerazioni sopra esposte in merito alla mancanza di coerenza con le finalità del Gruppo all'interno dell'A.R.S.;

- contributo per attività politica corrisposto al deputato G. (euro 2.800,00).

Si richiamano le argomentazioni esposte per motivare l'addebito, in relazione a identiche voci di spesa indicate nel rendiconto;

- contributo per attività politica corrisposto a favore di C. Giuseppe (euro 2.800,00).

Il pagamento in questione, essendo riferito ad attività elettorale per il rinnovo dell'Amministrazione comunale di Corleone, non poteva essere imputato al contributo unificato;

- contributo per i festeggiamenti del 19 marzo 2012 (euro 1.500,00).

Va confermato l'addebito, in quanto spesa assolutamente estranea alle finalità istituzionali;

- spese per attività di volantinaggio ed attacchinaggio (euro 4.800,00).

Le spese in questioni devono ritenersi estranee alle esigenze di funzionamento del Gruppo parlamentare, trattandosi, evidentemente, di pagamenti indebitamente imputati al contributo unificato, ma relativi a prestazioni rese nell'interesse del partito;

- spese per acquisto di carburanti (euro 3.405).

Il pagamento in questione non può ritenersi ammissibile, richiamando, al riguardo, le considerazioni già esposte per questa voce di spesa.

In conclusione, l'appello principale dell'onorevole A. merita accoglimento solo in relazione alla voce di spesa di euro 825,00, riferita al pagamento della fattura "Hassio Servizi" del 25 novembre 2010.

Il Collegio può, pertanto, passare all'esame dei motivi esposti nell'appello incidentale proposto dalla Procura Generale.

Con il primo motivo, il P.M. ha dedotto l'erroneità della sentenza impugnata, nel punto in cui il primo Giudice ha ravvisato la discrasia tra l'importo complessivamente contestato nell'atto di citazione in giudizio di euro 244.097,64 e quello risultante dalla somma delle singole spese analiticamente indicate nel medesimo atto introduttivo.

In particolare, il P.M., nel ribadire la richiesta di condanna per il maggior importo, ha precisato che la citazione conteneva, con finalità meramente esemplificativa, alcune voci di danno nell'ambito di ogni categoria e annualità.

L'argomento non appare convincente.

L'atto introduttivo del giudizio, in conformità a fondamentali principi di ordine generale, sia sotto il profilo processuale che sostanziale, deve necessariamente contenere la completa esposizione dei fatti contestati e presi in considerazione ai fini dell'imputazione dell'addebito.

L'esigenza di garantire il diritto della controparte all'esercizio della difesa, impone, in questi termini, l'obbligo da parte del P.M. di indicare in maniera analitica e completa tutte le voci di spesa ritenute dallo stesso non pertinenti e, come tali, fonte di responsabilità erariale.

Nel processo contabile, come in ogni altro procedimento di natura giurisdizionale, l'atto introduttivo del giudizio deve rappresentare, in maniera chiara e soprattutto esaustiva, tutti gli elementi di fatto e di diritto su cui si fonda l'azione attorea, non essendo possibile motivare la pretesa della Procura contabile per relationem, mediante il rinvio al contenuto di atti diversi dalla citazione.

Va, pertanto, confermato il punto della sentenza impugnata dal P.M., con il quale il primo Giudice ha tenuto conto, ai fini dell'addebito di responsabilità, delle sole voci di danno espressamente e analiticamente contestate nell'atto introduttivo, di importo minore rispetto alla somma richiesta come risarcimento complessivo.

Per il resto, il Collegio giudicante ritiene di dover accogliere in parte, per le considerazioni di seguito esposte, i motivi esposti nell'appello incidentale della Procura Generale avverso i capi della sentenza con cui la Sezione giurisdizionale ha escluso dal computo del danno erariale alcune delle spese contestate dal P.M.

I singoli motivi dell'impugnativa vengono esaminati seguendo l'ordine di rappresentazione da parte della Procura Generale:

- spesa per l'acquisto di quattro climatizzatori destinati alla segreteria regionale del partito (euro 4.000,00).

Il Giudice di primo grado, sul presupposto che "il rendiconto, singolarmente considerato non può costituire prova delle spese ivi indicate, potendo tale atto valere soltanto quale elemento di riscontro rispetto a eventuali altri documenti", ha sostenuto, in ordine alla spesa in questione, che non vi sarebbero stati, agli atti, sufficienti riscontri per far ritenere, con ragionevole certezza, che il relativo esborso fosse stato posto effettivamente a carico delle risorse del Gruppo parlamentare.

Sul punto, va accolta la censura del P.M. che ha rilevato la circostanza secondo la quale l'indicazione riportata sul rendiconto troverebbe conferma nell'estratto del conto bancario intestato al Gruppo.

La corrispondenza tra il dato contabile riportato sul rendiconto ed il movimento bancario, costituisce, ad avviso del Collegio, prova sufficiente dell'avvenuto pagamento di una fornitura destinata al partito con le risorse del contributo erogato dall'A.R.S. con il vincolo di destinazione al funzionamento del Gruppo.

Pertanto, il relativo importo va addebitato come danno erariale;

- acquisto di fotocopiatrice e di apparecchio fax (euro 3.113,70).

Va confermata sul punto la motivazione del primo Giudice che ha escluso la responsabilità.

Infatti, gli acquisti in parola possono considerarsi coerenti con le esigenze di funzionamento, finanziabili, pertanto, con i fondi del contributo unificato;

- erogazioni a favore del deputato L. (euro 11.500,00).

L'importo in questione è stato corrisposto al menzionato deputato per mezzo di sette assegni, nel periodo tra il mese di febbraio 2011 e il mese di settembre 2011.

Il motivo d'appello del P.M. sul punto va accolto.

La prospettazione attorea è stata formulata, infatti, in ragione dell'estraneità di tali esborsi rispetto alle finalità istituzionali.

Al riguardo, si rileva che, per le similari erogazioni di somme a favore di deputati componenti del Gruppo (punto 13.3 e 14.3.5 della sent. n. 947/2016), lo stesso Giudice di primo grado ne ha evidenziato il profilo di danno erariale, in quanto a fronte della certa provenienza delle risorse dal bilancio pubblico, non risultava alcune giustificazione dell'impiego delle stesse per finalità di funzionamento del Gruppo parlamentare.

Il relativo importo va considerato, così come evidenziato per analoghi esborsi di denaro, tra le componenti del danno erariale;

- spese per affitto della sala Imperia in occasione di quattro manifestazioni (euro 4.840,00).

Il Giudice di primo grado ha escluso questa spesa dall'addebito, per la mancanza di specifici elementi accusatori per ritenere tale esborso danno erariale.

In effetti, va confermato l'assunto del primo Giudice non essendo emersi elementi sufficienti a far ritenere tale spesa estranea all'attività del Gruppo.

Va confermata, per questo capo, la sentenza di primo grado, non potendosi ragionevolmente presumersi l'elemento del danno;

- rimborsi di spese a favore di due dipendenti non stabilizzati (rispettivamente euro 1.250,00, euro 2.100,00 e 1.400,00).

Va accolto il rilievo del P.M., considerato che, a fronte della contestazione, la controparte si è limitata ad asserire che i pagamenti in questione erano stati effettuati a titolo di remunerazione di attività lavorativa prestata dai propri dipendenti senza documentare alcunché circa il contenuto delle relative prestazioni;

- spesa per la campagna pubblicitaria del partito UDC (euro 3.327,50).

Il motivo di appello va accolto, in quanto il contributo unificato risulta essere stato utilizzato per il pagamento di una spesa non rientrante tra quelle di funzionamento del Gruppo parlamentare, che doveva, invece, essere saldata con i fondi del Partito;

- spesa per spot pubblicitari su emittenti televisive (euro 3.000,00).

Con riferimento a questa spesa, si osserva che, dalle indicazioni riportate nel documento fiscale, emerge che l'iniziativa era rivolta all'attività politica del partito e non a quella di pertinenza del Gruppo parlamentare.

Anche per tale voce, va accolto il motivo di appello del P.M.

In conclusione, per effetto del parziale accoglimento dell'appello incidentale della Procura Generale, l'importo di euro 26.577,50, per il quale il primo Giudice ha escluso dall'addebito di responsabilità, va considerato danno erariale.

Pertanto, il Collegio giudicante, per effetto del parziale accoglimento di entrambi gli appelli, principale ed incidentale, ridetermina, definitivamente, l'importo della somma da risarcire in euro 181.763,56, (euro 156.011,06, da condanna di primo grado, sottraendo euro 825,00 per effetto di accoglimento parziale dell'appello principale di A., ed aggiungendo euro 26.577,50 per effetto dell'accoglimento parziale dell'appello incidentale del P.M.), da maggiorarsi di rivalutazione monetaria dal 4 dicembre 2012, ultimo giorno della XV Legislatura (adottando un criterio equitativo, utilizzato per altre fattispecie analoghe, improntato a semplicità e favorevole al convenuto), fino alla data di pubblicazione della sentenza, e degli interessi legali, sulla somma così rivalutata, dalla data di pubblicazione della sentenza fino all'effettivo soddisfo.

Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano, in favore dello Stato, come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dei conti - Sezione d'Appello per la Regione siciliana, definitivamente pronunciando, in parziale riforma della sent. n. 947/2016 della Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione siciliana, ridetermina in euro 181.763,56 (in luogo di euro 157.011,06) l'ammontare dell'onere risarcitorio posto a carico della medesima A. e, per l'effetto,

CONDANNA

A. Giulia a pagare, a favore dell'Assemblea Regionale Siciliana, la somma di euro 181.763,56, maggiorata di rivalutazione monetaria dal 4 dicembre 2012, data di chiusura della XV Legislatura dell'Assemblea Regionale Siciliana alla data di pubblicazione della sentenza, e degli interessi legali, sulla somma così rivalutata, dalla data di pubblicazione della sentenza fino all'effettivo soddisfo.

Condanna l'appellante al pagamento, in favore dello Stato, delle spese del presente giudizio che, a cura della Segreteria, si liquidano in complessivi euro 748,85 settecentoquarantotto/85.

Ordina, infine, che, ai sensi dell'art. 212 del d.lgs. del 26 agosto 2016, n. 174, recante il Codice di giustizia contabile, copia della presente sentenza sia trasmessa dalla Segreteria di questa Sezione d'Appello, con la formula esecutiva, all'ufficio del Procuratore Regionale presso la Sezione Giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione siciliana, affinché quest'ultimo ne curi l'inoltro alle Amministrazioni interessate per l'esecuzione, in conformità a quanto disposto dagli artt. 213 e successivi del citato Codice di giustizia contabile.