Corte dei conti
Sezione giurisdizionale per le Marche
Sentenza 15 febbraio 2018, n. 11

Presidente ed Estensore: Pergola

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Riferisce la Procura contabile di aver promosso l'istruttoria sfociata nel presente giudizio dopo aver ricevuto la nota prot. n. 36912 del 14 settembre 2016, con la quale l'ing. Franco F., in qualità di Dirigente Vicario, e l'avv. Pierluigi A., in qualità di Dirigente Responsabile del Servizio Amministrativo del Presidio di Ancona dell'Ente Regionale per l'Abitazione Pubblica (E.R.A.P.), denunciavano un illecito erariale commesso dal Responsabile p.t. del Settore Utenza del Servizio Amministrativo del medesimo Ente, dott. Michele L., specificando che all'esito di un'indagine interna era emerso che il predetto responsabile, a far data quantomeno da settembre 2013, mediante una reiterata e sistematica violazione delle norme interne all'ente disciplinanti le modalità di riscossione dei canoni di locazione, delle imposte di registro e di altre spese accessorie, si era impossessato di un ingente quantitativo di denaro di spettanza dell'Ente.

La Procura contabile delegava le relative indagini alla Guardia di Finanza, Nucleo di Polizia Tributaria di Ancona, che trasmetteva l'esito dell'attività investigativa svolta con annotazione di polizia erariale (p.e.) prot. n. 77824 del 24 aprile 2017.

Sulla base delle risultanze emergenti dalla succitata relazione della G.d.F. n. 77824, alla quale era allegata copiosa documentazione, tra cui gli esiti dell'indagine interna svolta dall'E.R.A.P. e gli atti del procedimento disciplinare nei confronti del L., la Procura ha riassunto la vicenda per cui è causa nei seguenti termini.

In data 8 agosto 2016, la sig.ra Sara P., dipendente della Bio Casa in servizio all'U.R.P. dell'E.R.A.P. Marche di Ancona, riferisce alla sig.ra Letizia Z., dipendente del Servizio Ragioneria, che un inquilino, tale sig. F.K., presentatosi presso gli sportelli dell'Ente perché convocato per il pagamento di una quota di spese riferita al suo alloggio, aveva affermato di aver già corrisposto in contanti tale quota ed esibiva a comprova la quietanza che ne attestava il pagamento, sottoscritta da tale sig.ra Giovanna B. (dichiarazioni rese dalla sig.ra Letizia Z. nel corso delle audizioni rese - allegato n. 33 alla annotazione di p.e.), dipendente del Settore Utenza di cui era responsabile il dott. L.

L'importo che l'inquilino suddetto dichiarava di aver pagato in contanti non risultava, tuttavia, presente nella contabilità dell'Ente, né vi erano attestazioni di riversamento diretto di tale importo agli uffici del Servizio Ragioneria. Siffatta anomalia induceva quindi i sopra citati dipendenti ad allertare i dirigenti responsabili che, assunta notizia del fatto, prontamente avviavano un'indagine interna volta ad appurare le cause dell'anomalia riscontrata.

Con nota n. 250786 del 16 agosto 2016 (allegato n. 44 alla annotazione di p.e.), l'avv. Pierluigi A., dirigente Responsabile del Servizio Amministrativo del Presidio di Ancona, comunicava all'Ufficio Procedimenti Disciplinari (U.P.D.) l'avvenuta commissione di un illecito, anche di rilievo disciplinare, da parte del Responsabile p.t. del Servizio Utenza, dott. L., per avere egli indebitamente riscosso in contanti somme di denaro dovute dall'utenza, a titolo di diritti di segreteria e di rimborso del 50% dell'imposta di registro, in occasione della stipula dei nuovi contratti di locazione a qualsiasi titolo (nuova assegnazione, mobilità o subentro) di immobili dell'E.R.A.P. Marche di Ancona, e di averne omesso il riversamento nelle casse dell'Ente e, pertanto, di essersene appropriato indebitamente.

Nella suindicata nota, con la quale il dirigente richiedeva l'avvio di apposito procedimento disciplinare a carico del citato dott. L., l'avv. A. evidenziava che la vicenda delittuosa in discorso si era protratta per oltre due anni in quanto il dott. L. aveva fatto credere ai suoi collaboratori che la predetta riscossione in contanti costituisse una procedura "nuova" rispetto a quella in uso nell'Ente fino ad allora (in base alla normativa interna, il pagamento dei fitti e degli ulteriori oneri è eseguito dall'utenza mediante l'impiego di bollettini postali) e che la stessa fosse nota e approvata dallo stesso Dirigente Responsabile del Servizio Amministrativo e avallata anche dal Servizio Ragioneria, di tal ché nessuno dipendente, non avendo motivo di considerare "sospetta" siffatta procedura, aveva ragione di segnalare la suddetta circostanza ai vertici dell'Ente.

Con successiva nota prot. n. 251537 del 22 agosto 2016, indirizzata al Direttore dell'E.R.A.P. per le Marche e al Responsabile del Presidio di Ancona (allegato n. 45 alla annotazione di p.e.), l'avv. A. forniva ulteriori puntualizzazioni dell'esito delle indagini interne, sintetizzabili come segue:

a) il dott. L. aveva convinto i suoi collaboratori a mettere in pratica la "nuova" procedura summenzionata motivando che in tal modo l'Ente avrebbe offerto un servizio migliore all'utenza, poiché gli inquilini non sarebbero stati più costretti a recarsi alle Poste, la cui succursale più vicina peraltro era chiusa in orario pomeridiano, per eseguire i pagamenti mediante bollettino postale;

b) la "procedura" congegnata dal dott. L., in concreto, si svolgeva nel seguente modo:

1) in occasione della stipula di nuovi contratti di locazione a qualsiasi titolo (nuova assegnazione, mobilità, subentro), l'inquilino interessato effettuava il pagamento dell'imposta di registro e dei diritti di segreteria in contanti direttamente nelle mani del dott. L. che, in cambio, rilasciava apposita ricevuta di pagamento (quietanza) da egli sottoscritta. Nel caso in cui invece fosse un altro dipendente del Settore Utenza a ricevere la somma in contanti, questi emetteva ricevuta di pagamento in tre esemplari, di cui veniva una rilasciata all'inquilino, una inclusa nel fascicolo d'ufficio e l'ultima consegnata al dott. L., al quale veniva altresì dato il contante ricevuto affinché quest'ultimo provvedesse a consegnarlo successivamente agli uffici del Servizio Ragioneria e a iscrivere la relativa operazione nel registro Protocollo Valori;

2) in occasione della presentazione da parte degli inquilini delle disdette dei contratti di locazione, l'inquilino interessato procedeva al saldo dell'imposta di registro (il 50% di tale imposta, a carico dell'inquilino, è infatti "ripartito" in dodici mesi e riscosso unitamente al canone di locazione) mediante pagamento in contanti, anche in questo caso direttamente nelle mani del dott. L. Al fine di eludere i controlli, detto importo, generato automaticamente dal programma gestionale in uso all'Ente, denominato "Incasa", al momento dell'inserimento della relativa disdetta quale addebito a carico dell'inquilino, veniva immediatamente cancellato dal dott. L., che aveva le credenziali di accesso al suddetto programma, in modo da evitare che l'inquilino pagante, risultando ancora moroso, fosse nuovamente destinatario di una richiesta di pagamento, e, conseguentemente venisse in emersione l'artificio da egli congegnato in danno dell'Ente di appartenenza;

c) dal minuzioso controllo effettuato dall'Ente a seguito della scoperta dell'illecito di cui si tratta, è risultato che, fatta eccezione di alcuni sporadici versamenti, per un importo di Euro 1.390,50, effettuati dallo stesso dott. L. e dai dipendenti del Settore di cui era Responsabile tra maggio 2014 e luglio 2015, nessuna altra somma era stata riversata nelle casse dell'Ente per le causali sopra indicate.

Sottolinea poi la Procura che - come risulta dal verbale del contraddittorio svolto il 26 settembre 2016 nell'ambito del procedimento disciplinare - il dott. L., assistito dai propri avvocati, rendeva dichiarazioni ampiamente confessorie della propria responsabilità, evidenziando l'assenza di responsabilità dei dipendenti del Settore utenza che avevano incassato le somme in contanti, poiché essi eseguivano le disposizioni da lui impartite e gli consegnavano le somme di volta in volta riscosse.

A conclusione del procedimento disciplinare, con provvedimento del Presidente dell'U.P.D. n. 167313 del 31 ottobre 2016 è stato disposto nei confronti del dott. L. "la sanzione disciplinare del licenziamento senza preavviso...".

Circa la quantificazione del danno - sulla base degli accertamenti eseguiti dalla stessa Amministrazione danneggiata, corroborati dai riscontri effettuati dalla G.d.F. - il Requirente ha ricostruito le illecite appropriazioni di denaro contante commesse dal dott. L. Michele nel periodo 2013-2016 e con riferimento alle singole tipologie di entrata, come di seguito riportato:

"1. riscossione in contanti dell'imposta di registro e dei diritti di segreteria in occasione della stipula di nuovi contratti di locazione.

Tramite l'analisi dei tabulati concernenti i contratti di locazione stipulati tra l'1 gennaio 2013 e la data di scoperta dell'illecito, è emerso che per tali causali le somme in contanti, ammontanti a Euro 81.861,20, riscosse dal dott. L. o dai suoi collaboratori, ad eccezione di alcuni sporadici versamenti, per complessivi Euro 1.390,50, non sono state mai versate nel conto dell'entrata dell'Ente, bensì trattenute dallo stesso dott. L.

1.1. A tale quantificazione l'Ente e la Polizia Erariale delegata alle indagini sono addivenuti mediante la riconciliazione dei dati contenuti nel registro del Protocollo Valori, tenuto presso gli uffici del Servizio Ragioneria dell'Ente (in cui sono descritte: le operazioni con i nominativi degli utenti-inquilini; gli importi versati in contanti; la data del versamento; l'eventuale I.V.A. dovuta; gli esclusi e gli esenti dal pagamento (allegato n. 19 all'annotazione di p.e.) con quelli presenti in un secondo registro, quello dei consegnatari di denaro contante, di esclusivo utilizzo interno (nel quale è annotata l'operazione indicata sul registro Protocollo Valori insieme al nominativo di chi consegna il denaro all'economo, la firma dell'economo e il nominativo di chi preleva il denaro dalla cassaforte (allegato n. 20 all'annotazione di p.e.), e dal raffronto di detta riconciliazione con altra documentazione amministrativo-contabile dell'Ente danneggiato. Ciò ha consentito di constatare che, nel periodo preso in considerazione, nei menzionati registri sono state annotate solo n. 17 operazioni di incasso per contanti afferenti all'imposta di registro, i diritti di segreteria e/o le spese accessorie alla stipula dei contratti di affidamento di appartamenti all'utenza da parte dell'Ufficio preposto (cfr. allegato n. 14 dell'annotazione di p.e.) a fronte di n. 983 ricevute/contratti trattati dal dott. L. e dai suoi collaboratori o a essi riconducibili (allegato n. 23 all'annotazione di p.e.);

2. saldo imposta di registro per disdette dei contratti di locazione.

Ai fini della piena comprensione delle modalità con cui il convenuto ha posto in essere la condotta illecita contestata, va posto nella dovuta evidenza la circostanza che l'Ente danneggiato dispone di una rete informatica in cui sono inseriti dei software gestionali specifici per tipologia e settore d'impiego e, tra questi, il programma "Incasa", che gestisce i dati sulle assegnazioni e disdette degli appartamenti destinati agli utenti dell'E.R.A.P. Marche, Presidio di Ancona. Quando viene inserita nel software in questione l'annotazione della disdetta di un contratto di locazione, esso genera automaticamente l'importo da addebitare all'inquilino a titolo di imposta di registro. Le somme di cui ciascuno degli inquilini "uscenti" è debitore costituiscono quindi il carico da riscuotere, che viene di volta in volta aggiornato mediante "cancellazioni" del carico in misura corrispondente agli importi riscossi.

2.1. Dall'esame dei tabulati delle disdette e delle cancellazioni del carico a far data dall'1 gennaio 2013 fino alla scoperta dell'illecito di cui si tratta (allegato n. 15 all'annotazione di p.e.), nonché delle ricevute di pagamento rilasciate agli inquilini in occasione della presentazione delle disdette, rinvenute presso il Settore Utenza, è emerso che, nel periodo considerato, tutte le cancellazioni del carico, per un importo di Euro 1.079,02, sono state eseguite da personal computer dell'Ente denominati "L." e/o "Gestione - P" attraverso l'operatore denominato "LANSI" e/o "MAICOL", vale a dire dal dott. L., il quale, così operando, faceva risultare formalmente riscossi i relativi importi cui si appropriava indebitamente ed evitava, conseguentemente, che l'illecita appropriazione da egli perpetrata potesse essere scoperta attraverso la rinnovazione agli inquilini "uscenti" della richiesta del pagamento del saldo in questione da essi già effettuata;

3. diritti di Segreteria in occasione di rilascio di copia di contratto di locazione.

In occasione della richiesta della copia del contratto di locazione da parte di alcuni assegnatari, il dott. L. ha fatto pagare in contanti i diritti di segreteria e non ha provveduto al versamento delle somme incassate a tale titolo e alla registrazione di dette operazioni nel registro Protocollo Valori. Le ricevute rilasciate a fronte di tali pagamenti, emesse in unico esemplare e consegnate solo agli assegnatari (e quindi non presenti agli atti degli Uffici E.R.A.P.), sono state ottenute in copia dagli stessi assegnatari che le conservavano. Le predette ricevute hanno così permesso di accertare l'illecita appropriazione a tale titolo da parte del dott. L. della somma di Euro 120,00 (allegato n. 16 all'annotazione di p.e.);

4. ulteriori somme incassate per contanti a vario titolo.

Nel medesimo periodo preso in considerazione il dott. L. ha inoltre incassato in contanti, a vario titolo, l'importo Euro 33.155,80 da n. 37 inquilini assegnatari. I nominativi di questi ultimi, le ricevute dei pagamenti effettuati nelle mani del dott. L., con indicazione delle relative causali e i mastri dei conti analitici di ciascuno, da cui si evince che l'odierno convenuto non solo non provvedeva all'annotazione di siffatti pagamenti ma spesso, per impedire l'eventuale scoperta dell'illecito perpetrato, modificava i conti analitici relativi agli inquilini interessati (sul tabulato con la dicitura: "rettifica") facendo risultare, a compensazione, conguagli a loro credito, sono analiticamente indicati alle pagg. 17 e 19 e nell'allegato n. 17 dell'annotazione di p.e., che qui si intendono espressamente trascritti per farne parte integrante e sostanziale".

Sostiene poi la Procura che, oltre al danno patrimoniale diretto innanzi descritto, il dott. L. debba rispondere anche del "danno da disservizio" cagionato all'E.R.A.P., che si correla ai costi, non riconducibili all'esercizio delle funzioni e dei servizi suoi propri, ordinari e tipici, che l'Ente in questione ha sopportato quale conseguenza immediata e diretta della condotta illecita dell'odierno convenuto. Detta posta di danno viene quantificata dalla Procura con riferimento a "quella parte della retribuzione corrisposta ai dipendenti dell'Ente danneggiato che sono stati distolti dalle mansioni loro proprie per essere adibiti, seppur temporaneamente, ad attività "ultronee", rispetto a quelle ordinariamente svolte e per i quali sono retribuiti, consistenti nella specie nell'accertamento dell'ammanco subito e nella ricostruzione delle modalità attraverso cui il dipendente infedele si era impossessato indebitamente di significative somme di denaro di spettanza dell'Ente ... Considerata la complessità degli accertamenti eseguiti, e tenuto conto che allo svolgimento dell'approfondita indagine interna di natura amministrativo-contabile di cui si è dato conto in precedenza hanno provveduto i dirigenti Responsabili del Servizio Amministrativo e del Servizio Ragioneria, con la collaborazione operativa di altri dipendenti dell'Ente, si stima, in via equitativa, ai sensi dell'art. 1226 c.c., che il danno "da disservizio" cagionato dal dott. L. alla E.R.A.P. per le Marche, Presidio di Ancona ammonti a Euro 19.000,00, assumendo a parametro: a) la retribuzione lorda media, stabilita dai contratti collettivi nazionali, dei dirigenti che hanno intrattenuto rapporti continui e assidui con l'Autorità giudiziaria contabile e ordinaria, coordinato gli accertamenti interni, attivato il procedimento disciplinare e collaborato con le Forze di Polizia delegate alle indagini dalle predette Autorità; b) la durata dell'indagine interna (3 mesi); c) il tempo presumibilmente impiegato in tale attività (1/3 di ciascun mese)".

Sulla base della ricostruzione dei fatti innanzi riportata, la Procura provvedeva a notificare al dott. Michele L. il c.d. "invito a dedurre", con contestuale istanza di sequestro conservativo ante causam, contestandogli di aver posto in essere un comportamento fraudolento che ha cagionato all'E.R.A.P. Marche, un danno erariale di natura patrimoniale, stimato in complessivi Euro 135.216,02, di cui Euro 116.216,02 a titolo di danno patrimoniale "diretto", consistente nell'ammontare delle somme di cui l'odierno convenuto si sarebbe appropriato indebitamente nel periodo 2013-2016 nella sua qualità di Responsabile del Settore Utenza del Servizio Amministrativo del Presidio di Ancona dell'E.R.A.P. Marche, e Euro 19.000,00 a titolo di danno patrimoniale da "disservizio", rappresentato dal costo "ultroneo" sopportato dall'Ente danneggiato per ricostruire il fatto illecito in discorso e determinare l'effettivo ammanco subito, quantificato in via equitativa ex art. 1226 c.c.

Il richiesto sequestro conservativo ante causam è stato disposto decreto presidenziale del 20 giugno 2017, e poi confermato con ordinanza n. 56/2017 del 31 agosto 2017, su beni immobili e mobili del convenuto, sino alla concorrenza di Euro 135.216,02.

Non avendo poi la Procura ritenuto le deduzioni presentate dal presunto responsabile - con memoria del difensore di fiducia avv. Francesco N. datata 26 settembre 2017 - utili a superare le contestazioni mosse, con atto di citazione del 20 ottobre 2017 ha evocato il dott. L. nel presente giudizio.

In particolare la citazione si è soffermata innanzitutto a confutare le argomentazioni difensive esposte in sede di risposta all'invito a dedurre, concernenti l'eccessività del petitum richiesto a titolo di ristoro del danno da disservizio (Euro 19.000), e l'assenza di adeguati elementi probatori circa la sussistenza della parte di danno ammontante ad Euro 33.155,80 reclamata in restituzione dall'attore.

Circa il primo profilo, il Requirente ha sottolineato che la determinazione in via equitativa del danno è stata fatta assumendo a parametro di riferimento elementi certi ed obiettivi, peraltro non specificamente contestati dalla controparte; circa la posta di danno di Euro 33.155,80 ha sostenuto che la richiesta risarcitoria trova adeguati riscontri nella documentazione allegata all'annotazione di polizia erariale versata in atti.

Pertanto l'atto introduttivo del giudizio ha confermato le richieste risarcitorie concernenti sia il danno diretto, connesso alle somme di cui l'odierno convenuto si sarebbe dolosamente appropriato nel periodo 2013-2016 pari ad Euro 116.216,02, sia il danno da disservizio quantificato in Euro 19.000, concludendo affinché il dott. Michele L. sia condannato al pagamento a favore dell'E.R.A.P. Marche, presidio di Ancona, della somma di Euro 135.216,02 (centotrentacinquemiladuecentosedici/02), maggiorata della rivalutazione monetaria e degli interessi legali, oltre alle spese di giudizio, chiedendo altresì la conversione in pignoramento del sequestro conservativo precedentemente disposto.

Con memoria depositata in Segreteria l'11 gennaio 2018, il difensore del convenuto si è preliminarmente soffermato ad evidenziare come - in presenza di un quadro probatorio dal quale emerge la responsabilità del suo assistito, non contestata già in sede disciplinare e che non intende contestare neanche nel presente giudizio - vada comunque sottolineato che il comportamento del convenuto ha dato dimostrazione di vera e concreta resipiscenza, giungendo anche a manifestare disponibilità per un'equa soluzione finalizzata a riparare il danno cagionato.

Nel merito, ha contestato l'eccesiva determinazione del danno da disservizio operata dal P.M., nonché la sussistenza della partita di danno di Euro 33.155,80 sostenendo che relativamente ad essa l'attore non ha fornito adeguati riscontri probatori.

Pertanto il difensore ha concluso affinché l'avversa domanda sia parzialmente accolta nella misura che "sarà ritenuta di giustizia".

Negli interventi in udienza, sia il P.M., sia il difensore del convenuto, hanno ulteriormente illustrato gli argomenti esposti negli atti depositati, confermando le conclusioni ivi rassegnate.

MOTIVI DELLA DECISIONE

La Procura ha evocato in giudizio il dott. Michele L., già dipendente dell'Ente Regionale per l'Abitazione Pubblica (E.R.A.P.), per rispondere del danno provocato all'Ente di appartenenza con un comportamento doloso, complessivamente quantificato in Euro 135.216,02.

La domanda attorea va accolta, in quanto l'invocata responsabilità risulta ampiamente provata dagli atti versati al fascicolo di causa.

Infatti, la ricostruzione del comportamento illecito del convenuto emerge non soltanto dall'esito dell'attività investigativa svolta dalla Guardia di Finanza e rappresentata nell'annotazione di polizia erariale prot. n. 77824 del 24 aprile 2017, dai lavori della Commissione interna appositamente costituita, riassunti nella nota prot. n. 299736 del 2 marzo 2017, e dagli atti del procedimento disciplinare terminato con "la sanzione disciplinare del licenziamento senza preavviso..." del dott. L. (provvedimento del Presidente dell'Ufficio Provvedimenti Disciplinari n. 167313 del 31 ottobre 2016), ma anche dalle dichiarazioni dal contenuto inequivocabilmente confessorio rese dallo stesso L. nell'ambito del procedimento disciplinare.

Gli esiti degli accertamenti svolti - avvalorati dalla copiosa documentazione allegata (ricevute per i pagamenti in contante, analisi dei tabulati concernenti i contratti di locazione, del Registro Protocollo Valori e del Registro dei consegnatari in contante, analisi delle indebite annotazioni sul software gestionale "INCASA" risultate riconducibili all'odierno convenuto, verbali di audizione di vari dipendenti dell'E.R.A.P., ecc.) - hanno indubitabilmente provato che il L., nella qualità di Responsabile del Settore Utenza dell'Ente, nel periodo tra il 2013 ed il 2016, in violazione delle disposizioni interne, aveva posto in essere una illegittima procedura consistita nell'incassare in contanti le somme che gli utenti erano tenuti a versare all'Ente a vario titolo (canoni di locazione, imposte di registro, diritti di segreteria ecc.), rilasciando la corrispondente ricevuta, omettendo poi di riversarle all'Amministrazione, ma appropriandosene. Aveva fatto credere ai suoi collaboratori che la predetta riscossione in contanti costituisse una procedura nuova - finalizzata ad agevolare gli utenti non più costretti a recarsi all'ufficio Postale per i versamenti - nota ed approvata dai vertici dell'Ente, in tal modo facendosi consegnare anche le somme incassate dai collaboratori, per il riversamento all'Ente, poi non effettuato.

Come innanzi accennato, il L., nell'ambito del procedimento disciplinare, ha riconosciuto la propria responsabilità, escludendo quella dei suoi collaboratori.

Il "verbale del contraddittorio" svolto il 26 settembre 2016 (allegato n. 18a al rapporto della G.d.F.) riporta: "Il dott. L. esordisce chiedendo scusa all'Ente per il comportamento di cui si dichiara ben conscio. Dichiara di aver pensato, all'inizio, di sveltire la procedura di pagamento della quota di registrazione dei contratti di affitto degli inquilini ricorrendo al pagamento in contanti per agevolarli. Trovandosi quindi a disposizione volta per volta piccole somme ha utilizzato le stesse per i propri pagamenti personali quotidiani. ... prosegue il dott. L.: ... Quando mi sono reso conto che la situazione mi era sfuggita di mano non ho avuto il coraggio di autodenunciarmi, anche perché nell'impossibilità dell'immediata restituzione delle somme sottratte. ... Il dott. L. dichiara inoltre di assumersi la totale responsabilità dei fatti contestatigli, anche relativamente a tutte le ricevute sottoscritte per suo conto dagli altri componenti del Settore Utenza, i quali semplicemente eseguivano le disposizioni da lui impartite e gli consegnavano le somme volta per volta riscosse".

Indubbia, quindi, la sussistenza del contestato comportamento doloso dell'odierno convenuto.

Passando all'esame del danno diretto provocato da detto comportamento doloso, il Requirente, lo ha complessivamente quantificato in Euro 116.216,02, distinto in quattro partite di danno, come più ampiamente riportato in narrativa:

1) danno di Euro 81.861,20, derivante dalle riscossioni in contanti dell'imposta di registro e dei diritti di segreteria, effettuate in occasione della stipula di nuovi contratti di locazione;

2) danno di Euro 1.079,02 collegato alle riscossioni del saldo dell'imposta di registro dovuta per disdette dei contratti di locazione;

3) danno di Euro 120,00 collegato alle riscossioni dei diritti di Segreteria in occasione di rilascio di copia di contratto di locazione;

4) danno di Euro 33.155,80 per le ulteriori somme incassate per contanti a vario titolo (quote condominiali, canoni arretrati, oneri riattamento alloggi ecc.).

Incontestate le prime tre partite di danno, la difesa del convenuto ha eccepito che relativamente alla quarta, ammontante ad Euro 33.155,80, l'attore non ha fornito adeguati riscontri probatori.

L'eccezione difensiva non merita condivisione, in quanto anche la determinazione della predetta posta di danno appare suffragata da adeguati riscontri documentali.

Infatti il rapporto della Guardia di Finanza n. 77824/2017 riporta un analitico elenco dei 37 inquilini che avevano effettuato i pagamenti in contanti, con specificazione dell'importo pagato e della relativa causale (pagg. da 17 a 19); detto elenco trova conferma nelle ricevute di pagamento rilasciate dal L. ed allegate al rapporto della G.d.F. (allegato n. 17); vi è altresì riscontro (sempre allegato 17 al rapporto della G.d.F.) dei casi nei quali il convenuto ha alterato i conti analitici relativi ad alcuni inquilini che avevano effettuato i pagamenti in contanti, facendo risultare, attraverso rettifiche, poste creditorie in loro favore (es.: conguagli) di importo pari alle somme corrisposte in contanti, in modo da compensare il debito ed evitare che una nuova richiesta di pagamento da parte dell'E.R.A.P. facesse emergere l'illecito.

Pertanto ritiene il Collegio di condividere la complessiva quantificazione del danno diretto esposta in citazione in Euro 116.216,02, in quanto sorretta da adeguati riscontri probatori.

Il P.M. ha anche chiesto il ristoro del danno da disservizio, causato dal comportamento illecito del convenuto, quantificato in Euro 19.000, con riferimento a "quella parte della retribuzione corrisposta ai dipendenti dell'Ente danneggiato che sono stati distolti dalle mansioni loro proprie per essere adibiti, seppur temporaneamente, ad attività "ultronee" ... consistenti nella specie nell'accertamento dell'ammanco subito e nella ricostruzione delle modalità attraverso cui il dipendente infedele si era impossessato indebitamente di significative somme di denaro di spettanza dell'Ente".

È opportuno ricordare brevemente che il c.d. danno da disservizio è un istituto, elaborato già da alcuni anni dalla giurisprudenza della Corte dei conti, i cui approdi sono efficacemente sintetizzati nella sentenza della Sez. I di appello n. 253/2014 nei seguenti termini: "consiste nell'effetto dannoso causato all'organizzazione e allo svolgimento dell'attività amministrativa dal comportamento illecito di un dipendente (o amministratore), che abbia impedito il conseguimento della attesa legalità dell'azione pubblica e abbia causato inefficacia o inefficienza di tale azione. In altri termini, può sussistere il danno da disservizio allorché l'azione non raggiunge, sotto il profilo qualitativo, quelle utilità ordinariamente ritraibili dall'impiego di determinate risorse, così da determinare uno spreco delle stesse: si tratta, quindi, di un pregiudizio effettivo, concreto ed attuale, che coincide con il maggiore costo del servizio, nella misura in cui questo si riveli inutile per l'utenza".

Indubbiamente, nella fattispecie all'esame, sussiste l'invocato danno da disservizio, in quanto l'Amministrazione ha dovuto distogliere energie lavorative dal perseguimento degli ordinari fini istituzionali dell'Ente diretti al soddisfacimento degli utenti, per ricostruire il complesso quadro dei comportamenti illeciti e dei mancati introiti conseguiti, e per informare e tenere rapporti con le Forze di Polizia delegate alle indagini.

La difesa del convenuto ha contestato la quantificazione di tale specifica posta di danno, ritenendola eccessiva.

Sul punto, appare opportuno premettere che la Commissione interna per svolgere l'indagine amministrativa è stata istituita con nota n. 252419 del 29 agosto 2017 ed ha concluso i propri lavori rassegnando la relazione conclusiva con nota n. n. 299736 del 2 marzo 2017, a firma di due dirigenti: il Dirigente del Servizio Ragioneria dott. Fabio F., ed il Dirigente del Servizio Amministrativo avv. Pierluigi A. (allegato n. 22 al rapporto della G.d.F.).

La Procura ha posto alla base del proprio calcolo la retribuzione media annua lorda di un dirigente, prevista dalla contrattazione collettiva nazionale di comparto, pari ad Euro 115.757,00, ed ha determinato il tempo presuntivamente impiegato in tale attività, da ciascun ciascuno dei due dirigenti impegnati, in dieci giorni al mese per tre mesi (giungendo quindi a calcolare il costo di un mese per ciascun Dirigente); osserva il Collegio che il calcolo presuntivo del tempo impiegato appare informato da criteri prudenziali, se si pensi che tra l'istituzione della Commissione ed il termine dei suoi lavori sono trascorsi circa 6 mesi, e la complessità e mole del lavoro svolto, che ha richiesto molteplici riscontri, intrecci di dati, confronti tra le fonti di conoscenza utili (centinaia di contratti, Registro Protocolli Valori, Registro dei consegnatari in contante, analisi del software gestionale "INCASA" ecc.).

Sulla base dei suddetti presupposti, il P.M. ha quindi determinato il danno da disservizio con il seguente calcolo: 115.757:12 X 2 = 19.292,83.

Pertanto le generiche doglianze di parte convenuta, non appaiono al Collegio condivisibili, alla luce degli specifici e congrui elementi di calcolo posti dalla Procura alla base della sua richiesta di determinazione del danno ex art. 1226 c.c.

La difesa del convenuto ha anche rappresentato un concorso di colpa dell'Amministrazione nella causazione di detta specifica tipologia di danno, sostenendo che l'attività di verifica "straordinaria" non si sarebbe resa necessaria in presenza di adeguati controlli nel corso della gestione.

Anche detta prospettazione difensiva non appare condivisibile; infatti il modo capzioso e gli artifizi posti in essere dal convenuto per realizzare ed occultare le illecite appropriazioni, che hanno caratterizzato il suo comportamento doloso, fanno sì che la produzione del danno non sia ascrivibile anche ad una grave omissione di tempestivi controlli da parte dell'Amministrazione.

Fermo restando quanto innanzi, appare comunque utile precisare che, pur volendosi astrattamente ipotizzare un concorso colposo dell'Amministrazione per grave omissione di controlli, ciò non inciderebbe sulla posizione dell'odierno convenuto, in particolare non sarebbe utile a diminuire l'importo della condanna nei suoi confronti. Infatti, la consolidata giurisprudenza della Corte dei conti (ex plurimis cfr. Sez. Riunite n. 4/QM/1999, Sez. Basilicata n. 186/2012), ha evidenziato, nel caso del concorso di più soggetti nella produzione di un danno erariale, la responsabilità di chi ha agito con dolo o ha conseguito un illecito arricchimento ha natura principale, mentre la responsabilità di chi ha agito con colpa grave ha carattere sussidiario; pertanto in sede di esecuzione della sentenza di condanna, va escusso in primo luogo il debitore principale, e, poi, solo in caso di mancata realizzazione del credito erariale, il debitore sussidiario, nei limiti della somma alla quale questi è stato condannato (c.d. beneficium excussionis).

Pertanto l'odierno convenuto deve risarcire sia il danno diretto ammontante ad Euro 116.216,02, sia il danno da disservizio ammontante ad Euro 19.000,00, e pertanto va condannato al pagamento in favore dell'E.R.A.P. della somma complessiva pari ad Euro 135.216,02, oltre agli accessori di legge.

A norma dell'art. 80 del codice della giustizia contabile, va dichiarata la conversione in pignoramento del sequestro conservativo dei beni del convenuto, disposto con ordinanza n. 56/2017 del 31 agosto 2017, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 686 c.p.c.

Le spese della sentenza seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Marche, definitivamente pronunciando

a) condanna Michele L. al pagamento della somma di Euro 135.216,02 (centotrentacinquemiladuecentosedici e due centesimi) in favore dell'E.R.A.P. (Ente Regionale per l'Abitazione Pubblica) Presidio di Ancona; sono altresì dovuti la rivalutazione monetaria a decorrere dal verificarsi del pregiudizio erariale e sino alla data della presente sentenza, e gli interessi legali a decorrere dalla data della presente sentenza e sino al pagamento;

b) a norma dell'art. 80 del codice della giustizia contabile, va dichiarata la conversione in pignoramento del sequestro conservativo dei beni del convenuto, disposto con ordinanza n. 56/2017 del 31 agosto 2017, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 686 c.p.c.;

c) le spese della sentenza (comprensive di quelle relative alla fase cautelare) seguono la soccombenza e vengono liquidate, a cura della Segreteria, ai sensi dell'art. 31, comma 5, del d.lgs. n. 174/2016, nella misura di Euro 790,65 (settecentonovanta/65).