Corte di cassazione
Sezioni unite civili
Sentenza 13 giugno 2019, n. 15896

Presidente: Tirelli - Estensore: Sambito

FATTI DI CAUSA

Con decisione del 28 ottobre 2010, il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Cagliari irrogava all'Avv. Mauro I. la sanzione disciplinare della sospensione dall'esercizio dell'attività professionale per la durata di due mesi. Il Consiglio Nazionale Forense, adito dall'Avvocato, ritenuta corretta la decisione impugnata in punto di sussistenza degli addebiti, gli ha applicato la sanzione della censura, considerando il comportamento complessivo dallo stesso tenuto.

Avverso tale decisione, l'Avvocato I. propone ricorso per cassazione. L'intimato non ha svolto attività difensiva.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Rilevato, preliminarmente, che ogni questione relativa alla supposta irregolarità della notificazione della decisione impugnata è superata dalla tempestività del ricorso, con l'unico motivo dedotto a suo sostegno, il ricorrente afferma che l'azione disciplinare è prescritta ex art. 56, comma 3, del r.d.l. 27 novembre 1933 [n. 1578 - n.d.r.], in quanto tra la data del 31 marzo 2012, in cui si è tenuta l'udienza dibattimentale, e la data del 27 dicembre 2018 in cui esso ricorrente ha avuto notizia del deposito della decisione, a lui notificata presso la Segreteria del CNF il 21 dicembre 2018, non è intervenuto alcun atto interruttivo.

2. L'eccezione, sollevata in questa sede, è ammissibile (Cass., Sez. un., n. 28159 del 2008 e n. 5038 del 2004), in quanto la prescrizione dell'azione disciplinare è rilevabile anche d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio e la sua soluzione non comporta indagini fattuali (che sarebbero precluse in questa sede), essendo pacifici i dati assunti. L'eccezione non è però fondata.

3. Va premesso che nel cospicuo lasso di tempo intervenuto tra deliberazione (marzo 2012) e deposito (novembre 2018) della sentenza, è stata emessa la l. 31 dicembre 2012, n. 247, recante la nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense. La nuova normativa è stata, peraltro, richiamata in seno alla decisione, ed è stata applicata, in base alla norma transitoria di cui all'art. 65, comma 5, di tale legge, che ha esteso agli illeciti disciplinari il canone del favor rei: la sentenza ha, infatti, comparato gli apparati sanzionatori del codice deontologico forense approvato il 31 gennaio 2014 con quello previgente ed è, in conseguenza, pervenuta alla conclusione secondo cui l'oggetto di valutazione è "il comportamento complessivo dell'incolpato" (art. 21, comma 2, del nuovo CDF) rilevando che la sanzione da comminare è unica (in concreto, la censura), anche in caso di pluralità di addebiti.

In relazione alla disciplina della prescrizione, queste Sezioni unite, con orientamento al quale va data continuità (cfr. di recente Sez. un., n. 9558 del 2018 con ampi richiami), hanno affermato che per i profili dell'ordinamento disciplinare che non trovano la relativa fonte nel codice deontologico (id est le ipotesi d'illecito e le sanzioni da essi rispettivamente contemplate), resta operante il criterio generale dell'irretroattività delle norme in tema di sanzioni amministrative, tali essendo, appunto, le sanzioni disciplinari contenute in detto codice. Con la conseguenza che, con riferimento al regime giuridico della prescrizione, che è regolata da disposizione legale, non è applicabile lo jus superveniens, ove più favorevole all'incolpato, quando, come nella specie, la contestazione dell'addebito sia avvenuta anteriormente all'entrata in vigore della nuova disciplina normativa.

4. La disposizione che regola la prescrizione nel regime antecedente, e che va dunque applicata, è costituita dall'art. 51 del r.d. n. 1578 del 1933, secondo cui "L'azione disciplinare si prescrive in cinque anni". Premesso che l'erronea indicazione della disposizione da parte del ricorrente (il successivo art. 56, comma 3, del r.d. n. 1578 del 1933, regola, infatti, i termini ed il contenuto del ricorso per cassazione) non comporta alcuna inammissibilità, va rilevato che, secondo la condivisa giurisprudenza di queste Sezioni unite (Cass., Sez. un., n. 23364 del 2015; n. 24094 del 2006; n. 5072 del 2003; n. 187 del 2001, n. 9428 del 1997) mentre nella fase amministrativa del procedimento disciplinare, svolta dinanzi al COA, costituiscono valido atto di interruzione della prescrizione l'atto di apertura del procedimento e tutti gli atti procedimentali di natura propulsiva o probatoria (consulenza tecnica d'ufficio, interrogatorio del professionista sottoposto a procedimento), di modo che, ai sensi dell'art. 2945, comma 1, c.c. dal momento dell'interruzione inizia un nuovo periodo di prescrizione; nella fase giurisdizionale davanti al Consiglio Nazionale Forense opera, invece, il principio dell'effetto interruttivo permanente di cui al combinato disposto degli artt. 2945, comma 2, e 2943 c.c., effetto che si protrae durante tutto il corso del giudizio e nelle eventuali fasi successive dell'impugnazione innanzi alle Sezioni unite e del giudizio di rinvio fino al passaggio in giudicato della sentenza.

5. Ne consegue che durante l'intero periodo di tempo, decorso tra l'udienza ed il deposito della decisione del CNF (il cui termine è ordinatorio), non era necessario alcun atto interruttivo della prescrizione, operando, appunto, l'effetto permanente dovuto alla pendenza del giudizio.

6. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Nulla per le spese, in mancanza di attività difensiva della parte intimata.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.