Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
Sezione II-quater
Sentenza 2 maggio 2020, n. 4558

Presidente: Scala - Estensore: Mazzulla

FATTO

Con ricorso spedito per la notificazione in data 28 dicembre 2009 e depositato in data 25 gennaio 2010, parte ricorrente ha proposto una domanda risarcitoria nei confronti del Comune di Palestrina, sulla scorta dei presupposti di fatto appresso sintetizzati.

La società istante ha affermato di essere titolare di un impianto adibito ad attività di autodemolizione di veicoli fuori uso e di rottamazione, sito in Palestrina, Via Quadrelle n. 160, autorizzato dal Comune di Palestrina con provvedimento n. 10/2002/EF dell'11 gennaio 2002.

Con successivo provvedimento n. 76 aprile EF del 4 marzo 2004, l'ente locale avrebbe autorizzato l'adeguamento del citato impianto di demolizione.

Con decreto del 24 gennaio 2004, il G.I.P. presso il Tribunale di Tivoli, su richiesta del P.M., disponeva il sequestro preventivo dell'impianto sopra indicato, ritenendo che l'odierna ricorrente ivi gestisse rifiuti in assenza delle necessarie autorizzazioni per l'apertura degli scarichi e per le emissioni in atmosfera.

Con istanza del 24 marzo 2005, prot. n. 6251 (pratica edilizia n. 68/05), la Società chiedeva al Comune di Palestrina il permesso di effettuare i lavori di adeguamento dell'impianto medio tempore sequestrato, concernenti esclusivamente le opere relative al sistema di raccolta, canalizzazione e scarico delle acque meteoriche e di lavaggio dei piazzali; ciò al fine di ottenere il dissequestro dell'impianto medesimo.

Con nota del 15 aprile 2005, il Responsabile del procedimento presso il Comune di Palestrina comunicava alla ricorrente l'impossibilità di dare seguito al procedimento, di cui venivano contestualmente interrotti in termini, in quanto l'intervento proposto non risultava coerente con la destinazione urbanistica dell'area di sedime dell'impianto, ricadente in zona di PRG agricola, compresa nella perimetrazione dei nuclei abusivi, di cui alla delibera di C.C. n. 71/2001 di adozione della «Variante di aggiornamento al P.R.G.», con conseguente vigenza delle norme di salvaguardia, in applicazione delle quali sarebbe state consentite soltanto attività di manutenzione ordinaria e straordinaria.

L'amministrazione evidenziava, inoltre, una serie di lacune nella documentazione prodotta a corredo dell'istanza, tra cui la mancata dimostrazione della regolarità dei fabbricati riportati nel progetto di adeguamento dell'impianto.

Con successiva nota del 17 maggio 2005, il Comune comunicava la sospensione di ogni determinazione ai sensi dell'art. 12 d.P.R. n. 380/2001, ribadendo l'impossibilità di evadere l'istanza, implicante una modifica della destinazione d'uso dell'area oggetto di intervento, stante l'operatività delle norme di salvaguardia connesse all'adozione della variante di aggiornamento al P.R.G. approvato dal Consiglio comunale con delibera del 12 dicembre 2001.

Preso atto di ciò la ricorrente, in data 4 agosto 2005, inoltrava al Comune di Palestrina un nuovo progetto di adeguamento dell'impianto, ridimensionato, per estensione, rispetto a quello precedentemente proposto con istanza del 24 marzo 2005, prot. n. 6251, chiedendo l'autorizzazione alla relativa attuazione.

Il Comune, benché diffidato con istanza del 24 dicembre 2005, sarebbe rimasto inerte.

Tale contegno omissivo induceva la ricorrente a sottoporre le proprie richieste all'attenzione della Regione Lazio la quale, con nota prot. n. 122369 dell'11 ottobre 2005, si sarebbe dichiarata incompetente in favore dell'amministrazione comunale di Palestrina.

Con istanza del 18 ottobre 2005, prot. n. 19684, la società inoltrava al predetto Comune un'ulteriore richiesta finalizzata, ai sensi degli artt. 27 e 28 del d.lgs. 22/1997 e del d.lgs. 209/2003, alla modifica dell'autorizzazione comunale n. 10/2002/EF dell'11 gennaio 2002 e contestuale approvazione di un progetto di adeguamento dell'impianto nonché variazione della destinazione urbanistica della relativa area di sedime, da uso agricolo ad uso industriale/artigianale.

Veniva, quindi, convocata la prima conferenza dei servizi (10 novembre 2005), in occasione della quale il Responsabile dell'Ufficio Urbanistica avrebbe espresso il proprio assenso alla variante.

I lavori della conferenza si concludevano in data 11 gennaio 2006 con l'acquisizione del parere favorevole di tutti enti interpellati, oltre che con la determinazione di trasmettere gli atti al Consiglio Comunale per l'approvazione della variante urbanistica e ciò benché la società ricorrente avesse evidenziato la relativa competenza in capo alla Giunta, secondo quanto previsto dall'art. 27 d.lgs. n. 22/1997 in un'ottica di accelerazione del procedimento.

In data 31 gennaio 2006 la Giunta Comunale di Palestrina adottava un atto di indirizzo volto a rimettere al Consiglio Comunale l'adozione della deliberazione di presa d'atto dei lavori della conferenza di servizio.

In considerazione di ciò, la ricorrente, con istanza del 14 febbraio 2006, richiedeva l'esercizio dei poteri sostitutivi da parte della Regione Lazio la quale, con nota del 24 febbraio 2006, prot. n. 026589/1A115, avrebbe diffidato l'amministrazione comunale a concludere, nei successivi 15 giorni, il procedimento avviato su richiesta della società ricorrente mediante l'adozione di un provvedimento motivato ed espresso.

Con deliberazione di Giunta del 18 aprile 2006, n. 69 il Comune di Palestrina, pur approvando la variante urbanistica relativa alla modifica della destinazione d'uso dell'area oggetto di intervento, non autorizzava la società ricorrente all'adeguamento dell'impianto ed all'esercizio dell'attività di smaltimento dei rifiuti.

La delibera in questione veniva, dunque, impugnata innanzi a questo Tribunale che, con ordinanza n. 4548/2006, confermata dal Consiglio di Stato con ordinanza del 10 ottobre 2006, n. 5185, rigettava la richiesta di misura cautelare.

Con nota del 18 settembre 2006, il Responsabile del procedimento chiedeva alla società istante di integrare la pratica con alcuni documenti, all'uopo interrompendo i termini per la conclusione del procedimento.

L'integrazione documentale richiesta veniva evasa dall'interessata in data 18 ottobre 2006 (nota prot. n. 16007).

Con successiva nota prot. n. 12087 del 27 ottobre 2006 il Dirigente del Dipartimento Urbanistica evidenziava l'esigenza di un'ulteriore integrazione documentale, prontamente riscontrata dalla ricorrente con nota prot. n. 19568 del 29 novembre 2006.

Veniva, inoltre, richiesta, quale condizione per la conclusione del procedimento, la preliminare definizione delle procedure di condono edilizio pendenti, aventi ad oggetto sia l'ampliamento di un fabbricato ad uso ufficio che un capannone industriale, realizzato mediante tamponatura di una preesistente tettoia già autorizzata.

I procedimenti di sanatoria in questione si concludevano mediante il rilascio del permesso di costruire n. 64 del 23 novembre 2006, relativo al suddetto ampliamento, e n. 71 del 14 dicembre 2006 avente ad oggetto il capannone industriale.

Con nota del 19 dicembre 2006 la società ricorrente richiedeva, ancora una volta, l'intervento dei poteri sostitutivi da parte della Regione Lazio la quale, con nota del 22 dicembre 2006, diffidava il Comune ad adottare il provvedimento conclusivo.

Stante la perdurante inerzia, la ricorrente diffidava ancora una volta la Giunta Comunale a rilasciare l'autorizzazione all'adeguamento dell'impianto ed all'esercizio dell'attività di smaltimento dei rifiuti.

L'intero procedimento si sarebbe concluso soltanto in data 26 aprile 2007, allorquando la Giunta adottava la deliberazione n. 71 avente ad oggetto: "Autorizzazione dell'impianto di demolizione dei veicoli fuori uso e di rottamazione in Via Quadrelle, 160 della Società Demolizioni Industriali srl. Garanzie finanziarie. Presa d'atto nota Regione Lazio del 28.03.2007 prot. 42650".

Ad avviso dell'istante, il comportamento complessivamente tenuto dall'ente locale, a decorrere [dal] 4 agosto 2005 fino all'adozione della delibera di Giunta Comunale n. 74/2007, sarebbe illegittimo in quanto violativo dei termini per la conclusione del procedimento - quantificati in 90 giorni, secondo quanto previsto dall'art. 28 d.lgs. n. 22/1997 - fissati dalla legge a tutela dei principi di imparzialità, correttezza e buon andamento l'agere pubblico.

Il provvedimento finale sarebbe stato, infatti, adottato a distanza di più di un anno rispetto alla data in cui la conferenza dei servizi aveva concluso i lavori, previa positiva acquisizione di tutti i pareri favorevoli degli enti interpellati (11 gennaio 2006).

A decorrere da tale momento, il Comune avrebbe disposto una serie di immot[iv]ati rinvii ed irragionevoli richieste di integrazione documentale, oltre ad una ingiustificata interruzione dei termini per la conclusione del procedimento, al solo scopo di preservarsi da eventuali responsabilità per i danni da ritardo.

Il Comune di Palestrina avrebbe, dunque, colposamente tardato nel rilasciare in favore dell'istante l'autorizzazione richiesta, così cagionandole, quale conseguenza immediata e diretta, pregiudizi economici connessi al tardivo avvio, presso l'impianto, dell'attività di demolizione e di rottamazione. Tali pregiudizi, in termini di danno emergente e lucro cessante, ammonterebbero a complessivi euro 6.275.546,00, per come indicato nella perizia allegata agli atti di causa.

Il Comune di Palestrina, costituitosi in giudizio, ha eccepito l'inammissibilità del ricorso in quanto la società ricorrente avrebbe: a) omesso di attivare il meccanismo di impugnativa del silenzio asseritamente serbato dal Comune di Palestrina; b) omesso di impugnare i provvedimenti, a suo dire, tardivamente adottati; c) determinato, con il suo inerte comportamento processuale, l'estinzione del ricorso proposto avvero la delibera n. 69/2006, anche essa divenuta inoppugnabile.

L'ente locale ha, comunque, contestato nel merito la domanda risarcitoria avanzata dall'istante, mediante articolate deduzioni difensive.

In occasione della pubblica udienza del 21 aprile 2020, in vista della quale le parti hanno ribadito le proprie ragioni mediante il deposito di memorie conclusive e di replica, la causa è stata trattenuta in decisione, ex art. 84 d.l. n. 18/2020.

DIRITTO

1. Si può prescindere, ad avviso del Collegio, dallo scrutinio delle eccezioni in rito avanzate dal Comune di Palestrina - molte delle quali, in realtà, attengono al merito della vicenda contenziosa - stante la palese infondatezza del ricorso.

2. Dall'esame di tutta la documentazione versata agli atti del giudizio si evince, infatti, l'inesistenza di qualsivoglia colpevole ritardo imputabile all'amministrazione comunale di Palestrina nella conclusione del procedimento amministrativo avviato ad impulso della ricorrente, con conseguente inconsistenza della pretesa risarcitoria da quest'ultima avanzata.

3. L'apprezzamento di siffatta infondatezza passa attraverso la preliminare individuazione di quale sia, tra le molteplici istanze presentate dalla società ricorrente a decorrere dal 2005, quella rispetto alla quale il Comune di Palestrina aveva l'obbligo giuridico di pronunciarsi, mediante l'adozione di un provvedimento espresso.

3.1. Ciò al fine di individuare, in astratto, il dies a quo del termine per la conclusione del procedimento e, successivamente, verificare quando, in concreto, il Comune sia stato messo nelle effettive condizioni di concludere l'istruttoria, così da definire la richiesta avanzata dalla ricorrente.

4. Orbene, il procedimento amministrativo a valle del quale la Giunta Comunale ha approvato il progetto dell'impianto di demolizione di via Quadrelle 160, risulta avviato non il 4 agosto 2005, bensì, il 18 ottobre 2005 (prot. n. 19684), data in cui la società ricorrente ha presentato un'ulteriore istanza rispetto a quella precedente del 4 agosto 2005 - da ritenersi, pertanto, superata - nell'ambito della quale ha chiesto, ai sensi degli artt. 27 e 28 del d.lgs. 22/1997 e del d.lgs. 209/2003, la modifica dell'autorizzazione comunale n. 10/2002/EF dell'11 gennaio 2002, con contestuale richiesta di approvazione di un nuovo progetto di adeguamento dell'impianto e connessa variazione della destinazione urbanistica della relativa area di sedime, da uso agricolo ad uso industriale/artigianale.

4.1. Con l'istanza da ultimo presentata (18 ottobre 2005), la ricorrente ha, dunque, proposto la realizzazione di una variante "essenziale", a seguito della quale l'impianto in essere (peraltro sottoposto a sequestro da parte dell'A.G. Penale) non sarebbe stato più corrispondente a quello già autorizzato dal Comune di Palestrina (autorizzazione n. 10/2002/EF dell'11 gennaio 2002), con conseguente necessità di ottenere un ulteriore provvedimento abilitativo.

4.2. Tenuto conto della portata della richiesta in questione, il termine per la conclusione del relativo procedimento non era, quindi, pari a 90 giorni - per come previsto dall'art. 28 d.lgs. n. 22/1997 relativo all'autorizzazione delle mere "operazioni di smaltimento e di recupero dei rifiuti" - bensì a 150 giorni, secondo quanto disposto dal precedente art. 27, applicabile anche alle procedure "per la realizzazione di varianti sostanziali in corso di esercizio, che comportano modifiche a seguito delle quali gli impianti non sono più conformi all'autorizzazione rilasciata".

5. Chiarito quanto sopra, vero è che dal 18 ottobre 2005 al 26 aprile 2007, data di adozione dell'ultima deliberazione della Giunta Comunale relativa all'istanza in oggetto (delibera G.C. n. 71 del 26 aprile 2007), sono trascorsi oltre 18 mesi e, quindi, un tempo superiore ai 5 mesi (150 giorni) fissati dall'art. 27 d.lgs. n. 22/1997 - oggi art. 208 d.lgs. n. 152/2006 - per la conclusione del procedimento.

5.1. È, tuttavia, altrettanto vero che l'istanza del 18 ottobre 2005, benché abbia ottenuto una serie di pareri positivi all'esito della conferenza di servizi dell'11 gennaio 2006, è stata, innanzitutto, oggetto di modifiche da parte della stessa società interessata, con conseguente protrazione dei termini dell'istruttoria.

6. Ed invero, nelle more del procedimento, il Comune di Palestrina, con delibera di Giunta n. 69 del 18 aprile 2006, pur approvando la variante urbanistica dell'area di sedime dell'impianto, non rilasciava l'autorizzazione all'esecuzione dei lavori ed all'esercizio dell'attività ex art. 208 d.lgs. n. 152/2006, (medio tempore entrato in vigore in sostituzione del d.lgs. n. 22/1997 contestualmente abrogato) in quanto, tra le altre cose, l'ampliamento del fabbricato denominato "C", parte integrante dell'impianto, era ritenuto di eccessivo impatto ambientale.

6.1. A fronte di ciò la ricorrente, pur impugnando la delibera di Giunta in questione innanzi a questo Tribunale, non soltanto non ha coltivato il relativo giudizio, facendolo estinguere per perenzione (ricorso n. 6538/2006 R.G.), ma si è adeguata alle relative prescrizioni, presentando una nuova istanza di permesso di costruire (prot. n. 12087 del 3 agosto 2006), nell'ambito della quale ha modificato gli elaborati progettuali dell'impianto, così di fatto accettando i rilievi mossi dall'organo di governo in ordine alla non assentibilità della richiesta, per come formulata.

6.2. Ne è, quindi, conseguita la necessaria riapertura dell'istruttoria, nel corso della quale il Comune di Palestrina, in data 18 ottobre 2016 e 27 novembre 2016, ha avanzato richieste di integrazione documentale che la società istante ha prontamente evaso, per come peraltro ammesso in sede di gravame, con ciò riconoscendone valenza ostativa alla positiva chiusura del procedimento dalla stessa avviato.

7. Inoltre, soltanto con i permessi di costruire in sanatoria n. 64 del 23 novembre 2006 e n. 71 del 14 dicembre 2006 la società ricorrente ha potuto comprovare la legittimità urbanistico-edilizia di taluni degli immobili facenti parte dell'impianto di demolizione e rottamazione di via Quadrelle n. 160; impianto che, per ciò stesso, non avrebbe potuto, fino a quel momento, essere autorizzato, non potendo l'amministrazione consentire che l'attività di smaltimento venisse esercitata all'interno di immobili abusivi.

8. Acquisiti tutti gli elementi necessari, la Giunta Comunale, con deliberazione n. 19 del 7 febbraio 2007, meramente integrata dalle successive delibere giuntali n. 28 del 20 febbraio 2007 (contenente la specificazione dei codici dei rifiuti autorizzati) e n. 71 del 26 aprile 2007 (indicativa delle garanzie finanziarie da prestare a cura della società autorizzata), ha approvato, ai sensi dell'art. 208 d.lgs. n. 152/2006, il progetto dell'impianto di demolizione e rottamazione sito in Via Quadrelle 160, così autorizzandone l'esercizio.

9. Da quanto fin qui esposto si evince agevolmente come il preteso "ritardo" nel rilascio dell'autorizzazione in parola - rispetto ai termini di conclusione del procedimento (150 gg.) avviato con l'istanza del 18 ottobre 2005 - non sia ricollegabile ad un comportamento inerte, dilatorio, soprassessorio e, dunque colposo, del Comune di Palestrina quanto piuttosto ad un deficit di allegazione documentale imputabile alla stessa società ricorrente la quale, oltre ad aver modificato il contenuto dell'istanza originaria (cfr. istanza di permesso di costruire del 3 agosto 2006), soltanto in data 14 dicembre 2006 è riuscita a comprovare la legittimità urbanistico-edilizia di tutti gli immobili che costituiscono il complessivo impianto di smaltimento oggetto di richiesta autorizzativa.

10. Quanto sopra trova conferma in quel consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, secondo cui se è vero nel sistema di cui all'art. 2 l. n. 241/1990 la fissazione di precisi termini di durata massima del procedimento, ancorché non perentori, assolve ad evidenti finalità acceleratorie - con conseguente qualificazione come inadempimento del fatto stesso dell'inutile spirare degli stessi, posti a presidio della certezza dei tempi dell'azione amministrativa - è tuttavia altrettanto vero che i termini in questione non iniziano a decorrere, con conseguente inesistenza dell'inerzia provvedimentale, sanzionabile anche in via risarcitoria, tutte le volte in cui la documentazione allegata all'istanza non corrisponda alle previsioni normative, così costringendo la p.a. a formulare pertinenti e necessarie richieste di integrazione documentale (cfr. C.d.S., sez. IV, 18 dicembre 2013, n. 6150; Cons. Giust. Amm. Sic., n. 528 del 30 maggio 2013).

10.1. Diversamente opinando, si lascerebbe all'arbitrio del soggetto direttamente interessato, che potrebbe aver interesse ad assecondare talune istanze di integrazione documentale e non altre, la scelta del momento in cui possa dirsi spirato il termine di conclusione del procedimento, con conseguenziale formazione del c.d. silenzio inadempimento ed imputazione a carico della p.a. di eventuali responsabilità risarcitorie per gli eventuali danni conseguentemente patiti (cfr. T.A.R. Catanzaro, I sezione, 12 giugno 2018, n. 1177).

Si attribuirebbe, insomma, al diretto interessato la disponibilità della tempistica del procedimento, con conseguente frustrazione della ratio legis sottesa all'art. 2 l. n. 241/1990, consistente nell'esigenza di garantire la certezza dei tempi dell'agire della p.a.

10.2. Considerata, nel caso di specie, la continua interlocuzione intercorsa tra le parti nel corso del procedimento, può escludersi un uso distorto ed illegittimo del potere istruttorio in capo al Comune di Palestrina, con conseguente inconsistenza della censura con la quale è stato lamentato il mancato rispetto dei termini per la conclusione del procedimento.

11. Del resto, ove la ricorrente avesse ritenuto, per come affermato in ricorso, che le richieste di integrazione documentale avanzate dall'ente nel corso dell'istruttoria fossero pretestuose e dilatorie, ben avrebbe potuto, invece che evaderle - così come ha fatto, con ciò implicitamente riconoscendone, ad avviso del Collegio, la pertinenza e la rilevanza - adire il Tribunale amministrativo ex art. 31-117 c.p.a., chiedendo l'accertamento dell'obbligo del Comune di Palestrina di definire il procedimento "allo stato degli atti".

12. Sulla scorta di quanto sopra, non si ravvisa una tardiva conclusione del procedimento avviato dalla società ricorrente che possa ascriversi a colpa dell'ente locale evocato in giudizio, con conseguente infondatezza, anche sotto tale profilo, della domanda risarcitoria avente ad oggetto i pretesi danni derivanti dal "tardivo" rilascio dell'autorizzazione in parola.

13. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio - (Sezione Seconda Quater) - definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna la società ricorrente al pagamento in favore del Comune di Palestrina della complessiva somma di euro 3.000,00 a titolo di spese di lite, oltre IVA e CPA come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.