Consiglio di Stato
Sezione VI
Sentenza 28 dicembre 2020, n. 8354

Presidente: Montedoro - Estensore: Simeoli

FATTO

1. La società Acquedotto Del Fiora s.p.a. (di seguito: "la Società") - gestore del servizio idrico integrato all'interno dell'ambito territoriale ottimale n. 6 "Ombrone", in virtù della deliberazione di affidamento n. 14 del 28 dicembre 2001 e della relativa convenzione stipulata con l'AATO il 28 dicembre 2001 - impugnava sotto svariati profili la deliberazione n. 585 del 28 dicembre 2012 dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas (ora Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente, di seguito: "l'Autorità"), recante l'approvazione del metodo tariffario transitorio (MTT) per la determinazione delle tariffe per il servizio idrico integrato per gli anni 2012 e 2013, ai sensi dell'art. 154 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), nel testo risultante all'esito del referendum abrogativo dichiarato ammissibile con sentenza della Corte costituzionale n. 26 del 2011.

2. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, con sentenza n. 982 del 2014, accoglieva in parte la domanda di annullamento.

3. Avverso la predetta sentenza proponevano appello sia la Società, sia l'Autorità, ciascuna in relazione alle statuizioni di reciproca soccombenza.

4. Con ordinanza n. 4826 del 22 ottobre 2015, questa Sezione del Consiglio di Stato - «Considerato che: occorre preliminarmente disporre la riunione dei ricorsi trattandosi di appelli avverso la medesima sentenza; negli appelli iscritti ai numeri 5890/2014 e 5940/2014 del Ruolo Generale, rispettivamente proposti dal Codacons e dall'Associazione Acqua Bene Comune Onlus e Federconsumatori, questo Consiglio di Stato, per assicurare la completezza dell'istruttoria ai fini di un compiuto sindacato giudiziale esterno, sub specie di non manifesta illogicità, sull'attendibilità e ragionevolezza tecnica della voce tariffaria relativa alla copertura degli oneri finanziari, onde valutarne la conformità al vigente assetto normativo quale scaturito dall'esito referendario, non potendo tale componente tariffaria più essere improntata al criterio "dell'adeguatezza della remunerazione del capitale investito", bensì al criterio, diverso e più restrittivo, della copertura integrale dei costi (segnatamente, per quanto qui rileva, dei costi del capitale proprio investito), ha ritenuto la necessità di disporre consulenza tecnica d'ufficio; rispetto al presente giudizio la decisione degli appelli n. 5890/2014 e 5940/2014 assume, sotto il profilo economico e sostanziale, una rilevanza pregiudiziale di natura non solo logica, ma anche tecnico-giuridica, in quanto l'eventuale dichiarazione di illegittimità del criterio di calcolo del capitale investito, travolgendo una voce centrale del metodo tariffario determinato dall'AEEG, produrrebbe una evidente alterazione dell'equilibrio economico che la tariffa intende assicurare; l'eventuale caducazione del criterio di calcolo del costo del capitale avrebbe, di conseguenza, un significativo impatto anche sulle altre voci tariffarie oggetto di specifica contestazione nel presente giudizio, in quanto per stabilire se tali voci rispettino il principio di integrale copertura dei costi (c.d. full cost recovery) o se, al contrario, diano surrettiziamente luogo ad una forma di remunerazione del capitale investito, la valutazione delle diverse componenti tariffarie, nonostante la loro formale autonomia non può che avvenire secondo una prospettiva globale ed unitaria; tale rapporto di interdipendenza emerge, fra l'altro, dalla stessa formulazione dei quesiti sottoposti al consulente tecnico d'ufficio (cfr. in particolare il secondo quesito, in cui si fa anche riferimento ad una eventuale duplicazione di fattori di rischio già considerati in altre parti della deliberazione in questione); esiste, pertanto, un rapporto di dipendenza-consequenzialità tra la decisione degli appelli riuniti e la decisione della questione relativa alla legittimità del criterio tariffario di calcolo del costo del capitale investito, dovendosi ritenere, come emerge chiaramente dalla formulazione dei quesiti demandati al consulente tecnico d'ufficio, che la definizione della questione controversa nei giudizi n. 5890/2014 e 5940/2014 costituisca l'indispensabile antecedente logico-giuridico per la decisione del presente giudizio; nonostante tra le parti del presente giudizio e quelle dei giudizi pregiudiziali vi sia una identità soltanto parziale, sussistono, comunque, i presupposti per disporre la sospensione del processo ex art. 295 c.p.c. atteso che il carattere normativo della delibera impugnata rende l'eventuale sentenza di annullamento opponibile erga omnes, con la conseguenza che nessuna parte del presente giudizio potrebbe sollevare l'eccezione di inopponibilità nei proprio confronti della decisione della causa pregiudiziale; considerato, peraltro, che nel caso di specie i giudizi pregiudiziali pendono di fronte allo stesso giudice della causa dipendente il che consente di accogliere una interpretazione meno restrittiva dei presupposti per la sospensione necessaria ex art. 295 c.p.c., non potendosi in senso contrario invocare, stante appunto l'identità del giudice di fronte al quale pendono sia i giudizi pregiudiziali sia quelli dipendenti, il principio dell'autonomia degli accertamenti devoluti a diverse giurisdizioni» - disponeva la riunione degli appelli in epigrafe e li sospendeva ai sensi dell'art. 295 c.p.c.

4.1. Successivamente, con sentenza del Consiglio di Stato n. 2481 del 2017, nel cui ambito era stata espletata una consulenza tecnica d'ufficio per verificare la compatibilità della voce tariffaria relativa alla copertura degli oneri finanziari con l'esito referendario che aveva condotto all'abolizione del criterio della «adeguatezza della remunerazione del capitale investito», respingeva i predetti appelli riuniti n. 5890 e 5940 del 2014.

4.2. Con ulteriore ordinanza del 19 giugno 2019, n. 4161, questa stessa Sezione - «Rilevato che, dopo la definizione delle cause pregiudiziali con la sentenza di questa Sezione n. 2481/2017, sulla base delle risultanze dell'ivi disposta consulenza tecnica d'ufficio, sul piano istruttorio si rende necessaria l'acquisizione d'ufficio, al presente processo, della relazione di consulenza tecnica d'ufficio espletata nell'ambito di detto giudizio, allo stato non facente parte del materiale istruttorio della presente causa, onde poter valutare gli eventuali riflessi, diretti e indiretti, degli accertamenti peritali sulle voci tariffarie che formano oggetto di contestazione nel presente giudizio, nell'ottica di un vaglio globale e unitario dei criteri e parametri tariffari stabiliti dalla delibera AEEGSI n. 585/2012/R/IDR (ovviamente, entro i limiti oggettivi del devolutum); Ritenuto, sotto un profilo prettamente processuale, che - al fine della valorizzazione probatoria della relazione peritale d'ufficio nel presente processo (sulla utilizzabilità, quali elementi di prova atipica, di prove raccolte in altri giudizi, svoltisi fra le stesse o altre parti, v., ex plurimis, Cass. n. 8603/2017, Cass. n. 11555/2013; i relativi principi, ai sensi dell'art. 39, comma 1, c.p.a., devono ritenersi applicabili anche al processo amministrativo) - s'imponga la sua acquisizione formale per garantire l'esplicazione del contraddittorio su tale materiale istruttorio, anche ai sensi dell'art. 73, comma 3, c.p.a., e permettere alle parti di svolgere compiutamente le relative difese; Ritenuto, per le esposte ragioni, necessario disporre l'acquisizione della menzionata relazione di consulenza tecnica d'ufficio, a cura della Segreteria, che provvederà al relativo inserimento nel presente fascicolo processuale» - disponeva l'acquisizione a cura della Segreteria della relazione tecnica d'ufficio redatta dal collegio peritale nell'ambito dei ricorsi n. 5890 e n. 5940 del 2014, definiti con la citata sentenza n. 2481 del 2017.

5. Con successivi atti, depositati in data 12 giugno 2019 e 13 gennaio 2020, la Società ha rinunciato ad alcuni motivi di gravame, nonché ad alcuni dei motivi proposti in primo grado e accolti dal giudice di prime cure, che avevano formato oggetto dell'appello dell'Autorità.

Il thema decidendum del presente giudizio risulta quindi ristretto alle seguenti tre questioni:

i) la Società contesta la sentenza di primo grado nella parte in cui ha respinto il motivo di censura relativo alla determinazione del valore del c.d. Capitale Circolante Netto: la società, in particolare, insiste nel sostenere l'illegittimità dell'allegato A della delibera n. 585/2012 nella parte in cui, all'art. 11, comma 2, stabilisce i criteri per la determinazione del valore del Capitale Circolante Netto (CCN), escludendo le voci di costo e di ricavo relative alle «Altre attività idriche» di cui all'art. 1.1 del medesimo allegato;

ii) l'Autorità impugna la sentenza del giudice di primo grado, nella parte in cui ha annullato l'art. 46 dell'Allegato A alla Delibera 585/2012/R/IDR, in relazione al mancato riconoscimento degli oneri finanziari sui conguagli;

iii) l'Autorità chiede altresì la riforma della sentenza appellata, nella parte in cui ha disposto l'annullamento degli artt. da 28 a 34 dell'Allegato A alla Delibera 585/2012/R/IDR, laddove escludono che le perdite sui crediti concorrano, quali costi, alla formazione della tariffa.

6. All'odierna udienza del 10 dicembre 2020 la causa è stata discussa e trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Giova, preliminarmente, procedere alla ricostruzione del quadro normativo, nazionale ed europeo, in cui si colloca la deliberazione impugnata, di adozione del metodo tariffario transitorio (MTT) per la determinazione delle tariffe negli anni 2012 e 2013, dalla quale è scaturito un corposo contenzioso seriale.

1.1. Il servizio idrico integrato - così definito perché comprensivo di più segmenti produttivi: l'attività di captazione dalla falda, la potabilizzazione, la distribuzione, il trasporto dei reflui nella fognatura, la depurazione della risorsa idrica - è un servizio di interesse economico generale, in quanto attività economica prestata dietro corrispettivo economico, ma che al tempo stesso non sarebbe assicurata dal mercato senza un intervento statale (o lo sarebbe ma [a] condizioni difformi da quelle giudicate coerenti con gli obiettivi di interesse generale). Di tale attività sono quindi regolati diversi aspetti: la dimensione gestionale (organizzata sulla base di ambiti territoriali ottimali definiti dalle regioni sulla base di parametri fisici, demografici, tecnici), la struttura operativa, le modalità di affidamento (secondo il principio di unicità della gestione per ciascun ambito), le dotazioni infrastrutturali, il contenuto del rapporto convenzionale tra concedente e gestore, il corrispettivo contrattuale del rapporto di utenza.

La governance del settore è contrassegnata dall'intersezione di competenze spettanti a più soggetti pubblici, a livello sovranazionale e nazionale, quali la Commissione Europea, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, le Regioni, l'Autorità di bacino, gli enti di governo dell'ambito (individuati dalle regioni e partecipati dagli enti locali ricadenti nel medesimo comprensorio), le amministrazioni comunali, l'Autorità di regolazione.

Le funzioni attinenti alla regolazione e al controllo dei servizi idrici, ora attribuite all'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il servizio idrico (ora Autorità di Regolazione per Energia, Reti e Ambiente), investono specificatamente la definizione dei costi ammissibili e dei criteri per la determinazione delle tariffe a copertura di questi costi, la regolazione sulla qualità del servizio, la verifica dei piani d'ambito, nonché la predisposizione delle convenzioni tipo per l'affidamento del servizio.

1.2. Ai fini del presente giudizio, va rimarcato che la vigente disciplina del servizio idrico integrato - a partire dalla legge "Galli", l. 5 gennaio 1994, n. 36, i cui contenuti sono stati poi in larga misura trasposti nel d.lgs. n. 152 del 2006 - ha inteso superare le precedenti gestioni pubbliche in economia, considerate oramai inadeguate per un'efficace amministrazione del settore.

I principali contenuti "riformatori" dell'impianto normativo sono: i) l'industrializzazione della filiera realizzata attraverso la gestione integrata di tutti i segmenti produttivi (in passato gestiti separatamente); ii) il riconoscimento della rilevanza economica del servizio, la quale si delinea tramite l'adozione di un modello organizzativo efficiente, in quanto tendenzialmente idoneo a remunerare i fattori produttivi; iii) la facoltà per l'amministrazione di scegliere tra il monopolio pubblico e quello privato contendibile (concorrenza "per" il mercato); iv) un modello di organizzazione basato su unità geografiche e idrologiche naturali, delineati sulla scorta di parametri non meramente geografici, ma anche tecnici ed economici: la dimensione ottimale dei servizi mira soprattutto alla realizzazione di economie di scala e alla finalità di prevenire il possibile conflitto di interessi tra enti locali e gestori; v) il coordinamento amministrativo, coincidente con l'estensione dell'ambito territoriale, attraverso l'adozione del piano d'ambito, il potere tariffario e l'esternalizzazione; vi) una gestione integrata del servizio caratterizzata dalla «unicità» all'interno degli ATO; vii) la disciplina dei rapporti tra il regolatore dell'ambito e gestore mediante una convenzione i cui contenuti concorrono all'organizzazione consensuale del servizio, alla definizione sinallagmatica degli aspetti patrimoniali della gestione, all'assunzione degli obblighi di servizio pubblico, alla gestione delle infrastrutture, alla pianificazione degli investimenti in manutenzione e relativi alla innovazione tecnologica; viii) l'unicità della tariffa, calcolata in modo da assicurare la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio.

La trama regolativa, così sommariamente riportata, riflette una precisa "misura compositiva" tra fini sociali (l'erogazione di un bene fondamentale ma scarso) e sostenibilità economica. La scelta politica, in particolare, è consistita nella ricerca di un modello di gestione in cui trovi adeguata sintesi la dialettica tra efficienza, anche imprenditoriale, del servizio, nell'ambito dei vincoli europei, garanzia degli utenti, che sono titolari di un diritto fondamentale, e universalità del servizio.

Si tratta di una scelta politica nazionale, in quanto la normativa europea in materia di acque (Direttiva 2000/60/UE) non contiene indicazioni rigide sull'organizzare il servizio idrico come un servizio a rilevanza economica, in buona parte suggerita dalla circostanza che il sistema idrico italiano sconta, come è noto, un pesante debito infrastrutturale.

1.3. La tariffa è definita dall'art. 154 del d.lgs. n. 152 del 2006 come «il corrispettivo del servizio idrico integrato» che viene determinata «tenendo conto della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell'entità dei costi di gestione delle opere, [dell'adeguatezza della remunerazione del capitale investito] e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, nonché di una quota parte dei costi di funzionamento dell'ente di governo dell'ambito, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio "chi inquina paga"».

La norma ricalca l'art. 9 della direttiva n. 2000/60/CE, secondo cui «Gli Stati membri tengono conto del principio del recupero dei costi dei servizi idrici, compresi i costi ambientali e relativi alle risorse, prendendo in considerazione l'analisi economica effettuata in base all'allegato III e, in particolare, secondo il principio "chi inquina paga"», in linea con la configurazione - diffusamente delineata nella Comunicazione COM 2000/447 - della tariffa dei servizi idrici quale «mezzo per garantire un uso più sostenibile delle risorse idriche ed il recupero dei costi dei servizi idrici nell'ambito di ogni specifico settore economico».

Il primo comma dell'art. 154 è stato abrogato in esito al referendum indetto con d.P.R. 23 marzo 2011, limitatamente alle parole: «dell'adeguatezza della remunerazione del capitale investito», a decorrere dal 21 luglio 2011, dall'art. 1, comma 1, del d.P.R. 18 luglio 2011, n. 116 e successivamente modificato dall'art. 7, comma 1, lett. a), del d.l. 12 settembre 2014, n. 133, convertito con modificazioni dalla l. 11 novembre 2014, n. 164.

La tariffa base viene predisposta dall'ente di governo dell'ambito, nell'osservanza del metodo tariffario regolato dall'AEEGSI cui viene trasmessa per l'approvazione.

La giurisprudenza della Corte costituzionale definisce la disciplina statale relativa alla determinazione della tariffa del servizio idrico integrato come complesso di norme atte a preservare il bene giuridico "ambiente" dai rischi derivanti da una tutela non uniforme ed a garantire uno sviluppo concorrenziale del settore. L'azione unitaria svolta dallo Stato, in particolare, viene giustificata sotto un duplice aspetto.

L'uniforme metodologia tariffaria adottata dalla legislazione statale deve, in primo luogo, garantire sull'intero territorio nazionale un trattamento uniforme alle varie imprese operanti in concorrenza tra loro, per evitare che si producano arbitrarie disparità di trattamento sui costi aziendali, conseguenti a vincoli imposti in modo differenziato sul territorio nazionale. Il nesso con la tutela della concorrenza si spiega anche perché la regolazione tariffaria deve assicurare l'equilibrio economico-finanziario della gestione e l'efficienza ed affidabilità del servizio (art. 151, comma 2, lett. c, d, e, del codice dell'ambiente), attraverso il meccanismo di price cap (artt. 151 e 154, comma 1, del codice dell'ambiente), «diretto ad evitare che il concessionario [recte: gestore] unico abusi della sua posizione dominante» (sentenza n. 246 del 2009, che richiama anche le sentenze n. 335 e n. 51 del 2008).

Sotto altro profilo, attraverso la determinazione della tariffa il legislatore statale fissa livelli uniformi di tutela dell'ambiente, perseguendo la finalità di garantire la tutela e l'uso delle risorse idriche secondo criteri di solidarietà e salvaguardando così la vivibilità dell'ambiente e le aspettative e i diritti delle generazioni future a fruire di un integro patrimonio ambientale. La finalità della tutela dell'ambiente viene anche posta alla base della scelta delle tipologie dei costi che la tariffa è diretta a recuperare, tra i quali il legislatore ha incluso espressamente quelli ambientali.

1.4. Nell'esercizio delle sue competenze regolatorie, l'Autorità di regolazione ha prima approvato la deliberazione 585/2012/R/IDR, che ha dettagliato il metodo tariffario transitorio MTT per la determinazione delle tariffe negli anni 2012 e 2013, oggetto del presente giudizio; successivamente, al termine del periodo transitorio, ha adottato la deliberazione 27 dicembre 2013 643/2013/R/IDR, recante l'approvazione del metodo tariffario idrico e delle disposizioni di completamento.

1.5. Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 2481 del 2017, all'esito di una articolata ricognizione del fondamento normativo del principio del c.d. full cost recovery (segnatamente: il d.P.C.M. del 20 luglio 2012; l'art. 10, comma 14, lett. e, del d.l. 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla l. 12 luglio 2011, n. 106; l'art. 2, comma 12, lett. e, della l. 14 novembre 1995, n. 481), è pervenuto alla conclusione che, avuto riguardo alla disciplina residua dell'art. 154 d.lgs. n. 154 del 2006, non toccata dall'abrogazione referendaria del parametro tariffario dell'«adeguatezza della remunerazione del capitale investito», persiste pur sempre la nozione di tariffa come corrispettivo, determinata in modo tale da assicurare la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero integrale dei costi (ivi compresi i costi di capitale), immanente alla natura di servizio di rilevanza economica - o, secondo la terminologia del diritto europeo, di servizio di interesse economico generale -, propria del servizio idrico integrato.

Peraltro, anche la Corte costituzionale (sentenze n. 26 del 2011, n. 325 del 2010) ha chiarito che il carattere remunerativo della tariffa non può essere considerato elemento caratterizzante la nozione di «rilevanza economica», essendo coessenziale, ai fini di tale nozione, l'esercizio dell'attività con metodo economico, nel senso che essa, considerata nella sua globalità, deve essere svolta in vista quantomeno della copertura, in un determinato periodo di tempo, dei costi mediante i ricavi (di qualsiasi natura questi siano, ivi compresi gli eventuali finanziamenti pubblici).

Su queste basi, la citata sentenza del Consiglio di Stato n. 2481 del 2017 ha concluso che «la metodologia tariffaria adottata dall'AEEGSI nella delibera n. 585/2012 appare in linea con il dettato referendario e con il principio del c.d. full cost recovery (compreso il costo del capitale, equity e debt)», con conseguenza infondatezza delle censure che erano state sollevate da alcune associazioni di tutela dei consumatori, le quali imputavano all'Autorità di regolazione di avere surrettiziamente reintrodotto il parametro che la volontà referendaria aveva inteso espungere dall'ordinamento giuridico.

1.6. Alla luce delle coordinate ermeneutiche appena indicate, deve quindi essere verificata la legittimità della delibera impugnata.

Sul punto, è utile ancora premettere che, in tema di sindacato del giudice amministrativo sull'attività di regolazione, è ammessa una piena conoscenza del fatto e del percorso intellettivo e volitivo seguito del regolatore. L'unico limite in cui si sostanzia l'intangibilità della valutazione amministrativa complessa è quella per cui, quando ad un certo problema tecnico ed opinabile (in particolare, la fase di c.d. "contestualizzazione" dei parametri giuridici indeterminati ed il loro raffronto con i fatti accertati) l'Autorità ha dato una determinata risposta, il giudice (sia pure all'esito di un controllo "intrinseco", che si avvale cioè delle medesime conoscenze tecniche appartenenti alla scienza specialistica applicata dall'Amministrazione) non è chiamato, sempre e comunque, a sostituire la sua decisione a quella dell'Autorità, dovendosi piuttosto limitare a verificare se siffatta risposta rientri o meno nella ristretta gamma di risposte plausibili, ragionevoli e proporzionate (sul piano tecnico), che possono essere date a quel problema alla luce della tecnica, delle scienze rilevanti e di tutti gli elementi di fatto.

Nel caso della regolazione economica, il controllo giurisdizionale "non sostitutivo" trova giustificazione in ragione di una specifica scelta di diritto sostanziale: quella per cui il legislatore, non essendo in grado di governare tutte le possibili reciproche interazioni tra i soggetti interessati e di graduare il valore reciproco dei vari interessi in conflitto, si limita a predisporre soltanto i congegni per il loro confronto dialettico, senza prefigurare un esito giuridicamente predeterminato. In tali casi, l'attività integrativa del precetto corrisponde ad una tecnica di governo attraverso la quale viene rimesso ai pubblici poteri di delineare in itinere l'interesse pubblico concreto che l'atto mira a soddisfare.

2. Va in primo luogo esaminato l'appello della Società che, a seguito delle citate rinunce, risulta ora articolato sull'unica censura relativa alla determinazione del valore del Capitale Circolante Netto.

L'appellante insiste nel sostenere l'illegittimità dell'allegato A della delibera n. 585 del 2012 nella parte in cui, all'art. 11, comma 2, stabilisce i criteri per la determinazione del valore del Capitale Circolante Netto (CCN), il quale contribuisce a determinare la tariffa, includendo soltanto le attività idriche regolate, ma escludendo le voci di costo relative alle "Altre attività idriche" di cui all'art. 1.1 del medesimo allegato, svolte dal gestore ma non regolate. L'incoerenza e la sostanziale illegittimità della disposizione in commento deriverebbe, in particolare, dal diverso trattamento riservato ai ricavi delle "Altre attività idriche" rispetto ai costi connessi allo svolgimento delle medesime attività. Secondo la Società, per le attività connesse al servizio idrico integrato e svolte a vantaggio dell'utente, sarebbe ragionevole prevedere che i relativi costi, specie se superiori ai ricavi, siano sostenuti dalla tariffa.

Il motivo di appello è fondato nei termini che seguono.

2.1. Nel linguaggio aziendale e nella contabilità regolatoria, il Capitale Circolante Netto (di seguito: "CCN") indica la differenza tra il capitale investito nelle attività correnti che si determinano lungo il ciclo operativo dell'azienda e le passività correnti.

In dettaglio, le attività correnti sono pari alle rimanenze più le liquidità immediate e i crediti a breve termine, mentre le passività correnti sono pari ai debiti finanziari più i debiti a breve termine. Il margine tra i due valori - rappresentando l'ammontare complessivo delle risorse finanziarie dell'impresa non immobilizzate, al netto delle passività di breve termine - esprime quindi la situazione di liquidità dell'azienda, ossia la sua capacità di far fronte alle obbligazioni a breve termine attraverso flussi finanziari generati dalla gestione tipica dell'impresa.

Il CCN viene considerato in tariffa come uno dei parametri del capitale investito netto (rappresentato dagli importi relativi alle immobilizzazioni materiali e immateriali, al netto degli ammortamenti) necessario, a sua volta, a determinare gli oneri finanziari dell'impresa.

Va pure precisato che le «Altre attività idriche» sono l'insieme delle attività attinenti ai servizi idrici, ivi incluse quelle relative ad obiettivi di sostenibilità energetica ed ambientale, diverse da quelle comprese nel servizio idrico integrato, come ad esempio: allacciamenti idrici e fognari, attivazione o disattivazione della fornitura, gestione della morosità, altre attività di raccolta e trattamento reflui, pulizia fontane, lettura dei contatori divisionali all'interno dei condomini.

2.2. Il fulcro della contestazione mossa al regolatore indipendente dalla Società è di avere previsto un trattamento ingiustificatamente asimmetrico per i ricavi e i costi delle "Altre attività idriche", in virtù della quale: i costi vengono sottostimati per via dell'esclusione del Capitale Circolante Netto e del costo finanziario ad esso associato; i ricavi, invece, vengono interamente portati in detrazione dal ricavo derivante dalle attività soggette a regolazione. La conseguenza è che, quanto più sono i ricavi che l'impresa trae dalle "Altre attività idriche", minore è la tariffa riconosciuta per il servizio idrico integrato.

Osserva il Collegio che la predetta asimmetria regolativa è rimasta di adeguata giustificazione tecnica, anche dopo l'attenta considerazione degli argomenti addotti in replica dall'Autorità.

2.3. L'affermazione secondo cui il riconoscimento del Capitale Circolante Netto limitato al servizio idrico integrato sarebbe motivato dal fatto che solo quest'ultima è l'attività regolata, mentre le "Altre attività idriche" sarebbero erogate dall'operatore professionale sulla base di una libera scelta di convenienza economica, non coglie nel segno.

Tale presa di posizione giustificherebbe al più l'integrale disconoscimento del rilievo tariffario delle "Altre attività idriche" - per i ricavi quanto per i costi -, ma non certo la contraddittoria impostazione per cui, in relazione alle medesime attività non regolate, i ricavi vengono indistintamente portati a detrazione della tariffa, mentre il Capitale Circolante Netto viene escluso dal computo dei costi.

2.4. Inattendibile appare anche l'ulteriore argomento difensivo secondo il quale i costi delle "Altre attività idriche" sono «più contenuti per un gestore di servizio idrico integrato», in quanto alcuni di essi «sono già spesati in tariffa dal servizio regolato» e pertanto, «anche in attesa della definizione di più compiute e stringenti norme di separazione contabile tra i diversi servizi, sarebbe corretto condividere, in quota parte, i margini con gli utenti cui vengono applicate le tariffe».

Tale deduzione, nella sua assoluta genericità, contrasta con i principi della contabilità regolatoria.

Va rimarcato che, quando un'impresa affidataria di un servizio di interesse economico generale produce anche beni o servizi diversi, i costi di pertinenza di ciascuna produzione vanno distinti in maniera precisa. Nella specifica ipotesi in cui un operatore professionale gestisce un'infrastruttura essenziale, con obbligo a contrarre e regolamentazione dei prezzi, e nel contempo svolge anche altre attività in concorrenza in settori non regolati, i costi diretti riferibili esclusivamente a ciascuno dei diversi segmenti economici (ad esempio: personale, materie prime, ammortamento e manutenzione delle immobilizzazioni) e quelli indiretti comuni a tutti, vanno imputati secondo criteri di rigorosa pertinenza.

L'Autorità, oltre a non individuare e quantificare i costi delle "Altre attività idriche" che sarebbero «già spesati in tariffa dal servizio regolato», neppure esemplifica la metodologia impiegata per l'imputazione dei costi tra i diversi rami di attività.

2.5. Le ulteriori deduzioni dell'Autorità, secondo cui sarebbero prospettabili «sistemi ibridi» tra quelli di «dual till» (che, a quanto pare di capire, in assenza di adeguate precisazioni, considererebbero le voci di bilancio relative alle attività regolate, ma non quelle di natura prettamente commerciale) e quelli di «single till» (che, a quanto pare di capire, in assenza di precisazioni, determinerebbero la tariffa regolata sulla base di entrambe le attività), appaiono inammissibili perché del tutto ipotetiche e sprovviste di motivazione in ordine al fondamento tecnico del loro utilizzo.

3. L'Autorità ha impugnato la sentenza del giudice di prime cure, nella parte in cui ha annullato l'art. 46 dell'Allegato A alla Delibera 585/2012/R/IDR, in relazione al trattamento riservato ai conguagli. Il giudice di prime cure, in particolare, ha ritenuto che il mancato riconoscimento degli oneri finanziari in relazione ai conguagli costituisca una violazione del principio del c.d. full cost recovery.

La disposizione in contestazione prevede che i conguagli relativi ai costi ammessi e non coperti integralmente o parzialmente dalla tariffa incassata nell'anno di riferimento "x" vengano rimborsati, sempre mediante la loro inclusione nella tariffa, soltanto il secondo anno successivo "x+2" rispetto a quello in cui i predetti costi sono stati sostenuti. Tale meccanismo prevede soltanto l'aggiornamento del conguaglio rispetto al tasso di inflazione relativo al periodo di tempo (x+1 e x+2) intercorrente fra il momento in cui il costo è sostenuto e quello in cui il medesimo viene rimborsato, ma non riconosce invece l'onere finanziario derivante dalla prolungata indisponibilità delle somme dovute.

L'Autorità difende la legittimità del predetto meccanismo sulla scorta di questi argomenti:

i) non appare corretto applicare un tasso di interesse ad un importo che viene determinato e diviene liquido ed esigibile solo in seguito e che non potrebbe, per sua natura, essere riscosso in un periodo di tempo precedente; l'applicazione dell'onere finanziario al valore dei conguagli trasformerebbe di fatto i medesimi in una forma di investimento, con effetti distorsivi e irragionevoli, che addirittura incentiverebbe il gestore a rimandare la riscossione di proventi tariffari da parte degli utenti;

ii) il costo generato per il gestore dai conguagli sarebbe già intercettato e considerato sul piano tariffario, sia dalle valutazioni sulla rischiosità dell'attività di gestione, corrispondente al valore tariffario "beta" (che concorre a determinare l'onere finanziario standard riconosciuto), sia dalla disciplina del Capitale Circolante Netto;

iii) l'insorgenza di conguagli non dipenderebbe dall'attività del regolatore, bensì da erronee assunzioni nella proposta tariffaria elaborata dall'Ente di governo d'ambito sulla base dei dati forniti dallo stesso gestore; peraltro, la circostanza di riconoscere i volumi reali (sui quali calcolare i conguagli) con grande ritardo non sarebbe una circostanza del tutto esogena all'attività del gestore, bensì deriverebbe dall'incapacità di leggere i contatori (misuratori) con tempestività;

iv) se si riconoscessero gli oneri finanziari sui conguagli a favore del gestore e a spese degli utenti, allora dovrebbe ritenersi che i medesimi andrebbero applicati anche ai conguagli a favore degli utenti, a spese del gestore.

A parere del Collegio, nessuno di tali argomenti è in grado di inficiare la statuizione del giudice di prime cure, secondo cui la previsione in commento si pone in contrasto con il principio di copertura integrale dei costi.

3.1. In termini generali, la determinazione delle modalità di copertura dei costi di produzione dei pubblici servizi costituisce uno degli aspetti di maggiore impatto sul piano della garanzia degli equilibri gestionali dell'impresa erogatrice. Se, infatti, non viene remunerata adeguatamente la funzione svolta dall'unità economica il servizio non è in grado di offrire alcuna garanzia di continuità e di sviluppo nel tempo.

L'evoluzione normativa dei servizi di interesse economico generale, di cui il servizio idrico integrato costituisce un'ipotesi normativamente qualificata, è il portato del radicale ripensamento - teorico, prima ancora che giuridico - delle modalità di regolamentazione delle imprese operanti in mercati caratterizzati da limiti alla concorrenza. Si tratta del passaggio da un modello regolatorio che garantiva all'impresa regolata la copertura dei costi effettivamente sostenuti (il cui fallimento è stato comprovato dall'evidenza empirica degli elevati livelli di inefficienza produttiva delle attività remunerate tramite meccanismi di regolamentazione c.d. cost of service), ad una forma di regolamentazione, di tipo "incentivante", dove i ricavi ottenibili dall'impresa regolata non sono direttamente collegati ai costi sostenuti da quest'ultima.

La regolamentazione incentivante ha assunto due principali forme: la prima è quella che fissa il livello dei prezzi (o dei ricavi) consentiti all'impresa regolata in relazione a quelli determinatisi nel periodo precedente, con la previsione di un correttivo in funzione dei possibili guadagni di efficienza che si prevede l'impresa regolata possa ottenere (c.d. price cap); la seconda lega invece il livello dei prezzi (o dei ricavi) dell'impresa regolata ad una qualche misura standard dei costi.

Il meccanismo di regolamentazione contenuto nella delibera impugnata - come è emerso nel corso [del] giudizio conclusosi con la sentenza di questo Consiglio di Stato n. 2481 del 2017 - è in buona parte ispirato all'utilizzo di alcune misure di costo standardizzato, anche laddove sarebbe stato possibile ottenere una valorizzazione del costo stesso direttamente dalle scritture di bilancio della singola impresa del servizio idrico integrato (come nel caso del costo del debito, del rapporto d'indebitamento e degli oneri fiscali). Lo scopo così perseguito è quello di incentivare l'efficientamento dei gestori, commisurando ai costi efficienti i costi da considerare nel computo dei ricavi ammessi.

3.2. Sennonché, la disciplina dei conguagli appare incoerente rispetto alla direttrice normativa che permea l'intera regolazione dei servizi economici di interesse generale, il cui fulcro consiste, come abbiamo visto, nello sfruttare, in vista della realizzazione di obiettivi di interesse pubblico, la spontanea propensione degli operatori economici all'efficienza allocativa e produttiva.

I costi sostenuti da un'impresa possono essere distinti in costi operativi (incluso l'ammortamento delle immobilizzazioni) e in costo del capitale (la remunerazione del capitale investito intesa come costo opportunità). Secondo la migliore scienza aziendale, i prezzi dei singoli servizi devono risultare aderenti a costi che siano: i) effettivamente sostenuti dall'impresa; ii) pertinenti rispetto ai servizi prodotti; iii) misurabili oggettivamente; iv) congrui rispetto a valutazioni di mercato e di efficienza.

Nel caso in esame, lo sfasamento temporale tra i ricavi "immediati" (derivanti dai pagamenti degli utenti nel corso dello stesso esercizio) e i ricavi "ritardati" (corrisposti solo all'esito del conguaglio) determina in capo all'operatore economico un onere finanziario correlato alla ritardata disponibilità di una somma il cui titolo matura nel corso dell'anno in cui viene effettuata la fornitura del servizio, anche se poi la liquidazione avviene solo successivamente. In presenza di costi fissi essenzialmente legati alla gestione delle reti esistenti, l'ammontare di tale onere va reperito sui mercati finanziari.

Il meccanismo per cui i conguagli si determinano necessariamente in un periodo di tempo successivo rispetto al periodo di fatturazione deriva da una scelta regolatoria relativa alla determinazione della tariffa del settore idrico, basata sulla revenue regulation (dove il rischio di domanda non resta in capo al gestore), anziché sul price cap puro (dove il rischio di volumi è invece in capo al gestore). Accade quindi che, quando i consumi effettivi sono risultati inferiori rispetto a quelli prefigurati (derivando da tale erronea previsione la fissazione di tariffe troppo basse), ricavi che non si materializzano durante l'esercizio finanziario in cui viene erogato il servizio vengono quindi corrisposti all'operatore in modo differito, al fine di ristabilire un'equivalenza dal punto di vista finanziario.

Poiché il gestore sopporta un costo oggettivo, derivante dal fatto che il livello delle tariffe inizialmente fissato - dall'ente di governo dell'ambito, nell'osservanza del metodo tariffario regolato dall'Autorità cui la tariffa viene trasmessa per l'approvazione - si è rivelato insufficiente a coprire i costi del servizio, il riconoscimento di questo costo finanziario non può essere disconosciuto.

L'Autorità deve quindi prevedere, in sede di determinazione del conguaglio, un correttivo a copertura dell'onere finanziario sui conguagli, il quale non ha nulla a che vedere con la generale «rischiosità» del servizio idrico integrato «rispetto a quella media di mercato», misurata dal coefficiente beta, il quale opera (come si vedrà nel prosieguo) un mero raffronto fra i rendimenti nel settore considerato e quelli di altri settori comparabili; così come certamente non tiene [conto] del mancato riconoscimento degli oneri finanziari sui conguagli, il Capitale circolante netto che (per le ragioni sopra esposte) esprime la situazione di liquidità dell'azienda.

Resta fermo che l'allocazione della voce di costo in commento deve basarsi sugli anzidetti principi di pertinenza, causalità, congruità, oggettività, proporzionalità, competenza (rispetto all'anno di riferimento), trasparenza. Secondo i principi generali, l'Autorità dovrà approntare un meccanismo di regolazione incentivante, in grado cioè di orientare i prezzi verso costi efficienti e di contrastare i comportamenti opportunistici del gestore volti a rimandare la riscossione di proventi tariffari da parte degli utenti (ad esempio, ritardi nell'acquisizione dei dati reali e non tempestiva lettura dei contatori). L'utilizzo di livelli di costo legati alle best practices, insieme alle previsioni di percorsi di efficientamento, evita di garantire rendite alle imprese già efficienti, senza allo stesso tempo mettere in pericolo l'equilibrio economico-finanziario delle imprese meno efficienti.

4. Con l'ulteriore motivo d'appello, l'Autorità censura la sentenza di primo grado, nella parte in cui ha disposto l'annullamento degli artt. da 28 a 34 dell'Allegato A alla Delibera n. 585/2012/R/IDR, laddove escludono che le c.d. perdite sui crediti concorrano, quali costi, alla formazione della tariffa.

4.1. Il giudice di prime cure ha statuito che, laddove siano stati esperiti senza successo tutti gli strumenti di recupero dei crediti e i medesimi siano ormai, di fatto, inesigibili, «non appaiono sussistere ostacoli di ordine logico o sistematico per il riconoscimento di tali perdite (tale, infatti, deve qualificarsi ormai il credito inesigibile), quali costi del servizio, da computarsi in tariffa».

Il Giudice di prime cure ha ritenuto di trovare una conferma del proprio ragionamento nella successiva delibera dell'Autorità n. 643 del 2013, recante l'approvazione del metodo tariffario definitivo per il biennio 2014-2015, in cui è stata attribuita specifica rilevanza tariffaria alla morosità (l'art. 30 dell'allegato "A" alla delibera citata, introduce il "Trattamento dei costi di morosità", riconosciuto in misura parametrica e differenziata nell'ambito di diverse aree geografiche).

In particolare, al Collegio è apparso «illogico che il MTT per gli anni 2012 e 2013 non riconosca - in mancanza di modifiche normative o fattuali - quale "costo" una componente che è stata invece riconosciuta tale per il successivo biennio 2014-2015».

4.2. Ritiene il Collegio che tale statuizione sia erronea.

La funzione di regolazione dei mercati si snoda attraverso un processo continuo di elaborazione e aggiustamento delle regole di governo del settore. Il processo è quindi adattivo e dinamico, al fine di tenere conto delle peculiarità di ciascun mercato, del grado di maturità del mercato, del progresso tecnologico, nonché (per quanto qui di interesse) della quantità di informazioni che il regolatore acquisisce di volta in volta in ordine al funzionamento di un determinato settore di attività economica.

Su queste basi, costituisce un errore metodologico ricavare dal contenuto delle delibere che regolano il quadro regolatorio successivo, un automatico vizio di legittimità di quanto disciplinato nel periodo regolatorio precedente, soprattutto quando la successione di regole nel tempo non appare il frutto di una istruttoria inadeguata o di scelte tecniche irragionevoli e sproporzionate (quale può essere, per l'appunto, il radicale disconoscimento in tariffa di una voce oggettiva di costo), bensì evidenzia soltanto l'opera di progressivo affinamento delle conoscenze e dei dispositivi tecnici utilizzati.

In sede di consultazione degli operatori (cfr. documento di consultazione 290/2012/R/IDR) l'Autorità aveva manifestato espressamente l'intenzione di riconoscere, fra i costi operativi, le perdite su crediti iscritte a bilancio, seppure entro un limite massimo, per favorire gli sforzi delle imprese volti al recupero dei crediti. Coerentemente con l'impostazione incentivante adottata dall'Autorità per la regolazione tariffaria, veniva in particolare proposto di valutare anche tale componente in modo standard, in percentuale dei ricavi da tariffa.

Nella prima fase del metodo tariffario transitorio, l'Autorità ha ritenuto che i problemi della rischiosità del servizio e della morosità dovessero essere valutati sulla base della copertura dei rischi assicurata dal complesso dei meccanismi regolatori, e segnatamente: da un lato, le singole misure a carattere regolatorio, finalizzate alla mitigazione di specifici rischi (la regolazione della morosità, del deposito cauzionale, i meccanismi di garanzia dei ricavi); dall'altro, la rischiosità residuale intercettata dal parametro beta, che compone l'algoritmo di valutazione degli oneri finanziari standard.

Secondo un criterio di prognosi postuma, avuto cioè riguardo alle conoscenze disponibili nel periodo tariffario transitorio (necessariamente più limitate, in assenza di precedenti, rispetto a quelle disponibili al momento dell'elaborazione del metodo definitivo), la primigenia scelta dell'Autorità di includere il rischio legato alla sofferenza dei crediti commerciali nei rischi residuali coperti dal beta - che rappresenta la misura della rischiosità sistematica del Servizio Idrico Integrato, individuando per tale parametro un valore pari a 0,8, pari peraltro al più elevato valore riconosciuto dall'Autorità nella regolazione degli altri servizi a rete - non pare di per sé irragionevole.

La plausibilità di ritenere tale tipologia di rischio coperta dall'onere finanziario (nel senso che un istituto di credito fornisce i propri finanziamenti a tassi differenziati, a seconda della rischiosità connessa all'attività finanziata), è confermata dall'analisi compiuta dal collegio peritale nel giudizio conclusosi con la sentenza n. 2481 del 2017, secondo cui «le formule e i parametri diretti a calcolare il tasso di interesse di riferimento e la componente di copertura della rischiosità rientrano nei limiti di attendibilità e di ragionevolezza del settore tecnico-scientifico dell'economia industriale». Il coefficiente beta tiene conto sia del rischio operativo associato all'attività svolta dall'impresa che del rischio finanziario associato alla struttura finanziaria dell'impresa. Il collegio peritale cita, al riguardo, i rischi specifici riconducibili, sia alla gestione di grandi condutture su un territorio molto esteso (difficoltà nel monitoraggio con i conseguenti rischi di perdite o furti), sia ai rischi legati a un numero limitato di clienti, ed in particolare, i rischi di mancato pagamento di uno di questi soggetti. Tali conclusioni del collegio peritale, supportate da un approfondito iter motivazionale, contraddicono la tesi della Società secondo cui dovrebbe «radicalmente escludersi che il parametro beta sia stato valorizzato in maniera tale da tenere conto dei costi di morosità».

La scelta compiuta col primo metodo tariffario dell'Autorità non può considerarsi retrospettivamente invalidata dalla circostanza che il metodo definitivo abbia poi prescelto una disciplina specifica della morosità, essendo tale correttivo del tutto coerente con la costante opera di aggiustamento che il regolatore deve svolgere al fine dell'integrale copertura dei costi. La scelta di allocazione iniziale - di incentivare i comportamenti più efficienti incorporando il rischio di morosità nei generici parametri di rischio - è stata accantonata e sostituita da un dispositivo puntuale (mantenendo invariato il coefficiente beta rispetto al livello fissato nella delibera impugnata), una volta acquisiti e analizzati i conti della maggior parte delle gestioni (ai fini di tale sofisticata analisi non era certo, come invece sembra ritenere la Società, sufficiente la generica consapevolezza che la morosità è un problema endemico in alcune zone d'Italia).

5. In definitiva:

i) il ricorso di primo grado va dichiarato improcedibile in relazione ai motivi rinunciati dalla Società, con gli atti depositati in date 12 giugno 2019 e 13 gennaio 2020;

ii) in accoglimento dell'appello della Società e in riforma della sentenza di primo grado, va accolto il motivo di censura del ricorso di primo grado relativo alla determinazione del valore del Capitale Circolante Netto;

iii) in parzialmente accoglimento dell'appello dell'Autorità e in riforma della sentenza appellata, va respinto il motivo di censura del ricorso di primo grado relativo ai costi di morosità, mentre va confermata la statuizione del giudice di prime cure relativa al mancato riconoscimento degli oneri finanziari sui conguagli.

6. Sussistono giusti motivi per compensare le spese di lite del doppio grado di giudizio, attesa la soccombenza reciproca.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti:

- dichiara improcedibile il ricorso di primo grado in relazione ai motivi rinunciati dalla società Acquedotto Del Fiora s.p.a., con gli atti depositati in date 12 giugno 2019 e 13 gennaio 2020;

- accoglie l'appello della società Acquedotto Del Fiora s.p.a. e per l'effetto, in riforma della sentenza di primo grado, dichiara l'illegittimità dell'allegato A della delibera n. 585/2012/R/IDR, nella parte in cui, all'art. 11, comma 2, stabilisce i criteri per la determinazione del valore del Capitale Circolante Netto, escludendo le «Altre attività idriche» di cui all'art. 1.1 del medesimo allegato;

- accoglie parzialmente l'appello dell'Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente e, per l'effetto, in riforma della sentenza di primo grado, respinge la domanda di annullamento degli artt. da 28 a 34 dell'Allegato A alla delibera n. 585/2012/R/IDR, nella parte in cui escludono che le perdite sui crediti concorrano, quali costi, alla formazione della tariffa;

- conferma la sentenza del giudice di primo grado, nella parte in cui ha annullato l'art. 46 dell'Allegato A alla Delibera 585/2012/R/IDR, in relazione al mancato riconoscimento degli oneri finanziari sui conguagli;

- compensa le spese del doppio grado di giudizio;

- ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.