Corte dei conti
Sezione giurisdizionale per il Piemonte
Sentenza 18 gennaio 2021, n. 7

Presidente: Pinotti - Estensore: Mezzapesa

FATTO

1. La Procura regionale, con atto di citazione del 17 agosto 2020, agisce nei confronti di Luca R. per sentirlo condannare al pagamento del risarcimento dei danni, nell'importo di euro 202.712,88, in favore della Regione Piemonte, per l'attività svolta, dal medesimo, quale Consigliere Regionale, Presidente e legale rappresentante (c.d. Capogruppo) del Gruppo Consiliare Regionale Piemontese denominato "Comunisti italiani" nella VIII Legislatura, per il periodo dal 1° gennaio 2008-2 maggio 2010.

L'azione di responsabilità è stata avviata dalla Procura Regionale con invito a dedurre notificato il 5 dicembre 2019, a seguito di comunicazione, in data 6 novembre 2017 da parte della Guardia di Finanza, di un'annotazione relativa a diversi Gruppi del Consiglio regionale del Piemonte nella quale si rilevavano irregolarità nella gestione dei fondi assegnati dal bilancio regionale, successivamente integrata con annotazione pervenuta in data 3 settembre 2019.

Seguiva quindi la trasmissione da parte della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino di un provvedimento di richiesta di rinvio a giudizio del 4 luglio 2019, relativo alla posizione del convenuto, il quale si sarebbe appropriato di risorse pubbliche regionali, destinate alle attività del Gruppo consiliare denominato "Comunisti italiani", distogliendole per private finalità e, in particolare, operando spese a valere sulle stesse non connotate da collegamento con le attività politiche proprie del gruppo consiliare, né con quella espressiva del mandato elettorale di consigliere regionale.

La Procura, in considerazione di quanto emerso nel corso della propria istruttoria, nel suddetto invito a dedurre, ha contestato all'odierno convenuto, nella sua duplice veste di consigliere regionale e Presidente del gruppo consiliare "Comunisti italiani", oltre alle proprie spese personali, anche le spese poste a carico del Gruppo consiliare, nonché quelle sostenute per i dipendenti del gruppo stesso, delle quali risponderebbe quale capogruppo che ha sottoscritto il rendiconto relativo all'utilizzo del contributo di funzionamento, annualmente ricevuto, ed attestante l'impiego conforme alla normativa delle predette risorse, per un totale pari a euro 208.712,88.

A detta somma ha ritenuto dover decurtare quanto già versato dal convenuto. Infatti, successivamente alla notifica dell'invito a dedurre, in data 24 gennaio 2020, la Regione Piemonte ha trasmesso la reversale dei versamenti effettuati dal sig. R. a titolo di risarcimento del danno arrecato all'Ente contestato nel parallelo procedimento penale dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Torino (procedimento penale n. 11019/2018 R.G. N.R.) per un totale di euro ad euro 8.000, di cui euro 6.000 a titolo di danno patrimoniale ed euro 2.000 a titolo di danno all'immagine.

La Procura ha valutato le deduzioni prodotte dall'odierno convenuto in sede istruttoria non idonee a superare la contestazione di responsabilità elevata con l'invito a dedurre.

In primo luogo, ha ritenuto non fondata l'eccezione di prescrizione, ritenendo che i fatti dannosi, di cui è causa, sarebbero stati dolosamente occultati e emersi compiutamente solo al momento dell'emissione della richiesta di rinvio a giudizio in data 4 luglio 2019, che avrebbe delineato, in sede penale, con chiarezza, all'esito delle disposte indagini, le condotte distrattive poste in essere dal convenuto e il conseguente danno patito dalla Regione. In ogni caso, sostiene la Procura che l'esordio prescrizionale non potrebbe riferirsi alla presentazione del rendiconto alla Regione in quanto, nel caso all'esame, come in analoghe fattispecie già scrutinate dalla giurisprudenza contabile, il sistema di rendicontazione previsto dalla normativa regionale escluderebbe la possibilità per l'amministrazione di valutare l'inerenza delle spese alle finalità istituzionali. Pertanto, secondo la prospettazione resa, la presentazione del rendiconto, non costituirebbe momento di conoscibilità obiettiva.

Dal quadro normativo di riferimento, analiticamente illustrato in citazione, la procura evince, poi, l'antigiuridicità della condotta posta in essere dall'odierno convenuto.

In particolare, premessa un'analitica ricostruzione del quadro normativo ed amministrativo inerente il finanziamento dei gruppi consiliari e la struttura retributiva del consigliere regionale, il requirente si sofferma sulle singole voci di spesa (spese di rappresentanza, bar e ristorazione, carburanti, viaggi, taxi, informatica, consulenze, riviste e libri, ricariche telefoniche), analizzando, attraverso il richiamo a copiosa giurisprudenza, il perimetro di legittimità delle stesse.

Con particolare riguardo all'attività del convenuto, e ritenuta la sussistenza del dolo quantomeno contrattuale, la Procura regionale riporta, raggruppato per categorie di spesa, il totale delle spese ritenute non ammissibili al rimborso, che comprenderebbe sia le spese sostenute direttamente dal suddetto consigliere, sia le spese rendicontate a carico del Gruppo consiliare in questione, nonché le spese rendicontate dal personale dipendente del Gruppo consiliare ed addebitate al medesimo Gruppo, ovvero nel dettaglio:

a) Spese per ristorazione, bar e alimentari.

La categoria comprende spese per ristorazione, per consumazioni di vario genere presso bar ed attività similari e per l'acquisto di generi alimentari presso diversi supermercati.

L'importo totale relativo alle somme delle tre precedenti macro-aree sarebbe pari a euro 23.391,43.

b) Spese per carburanti.

Dall'analisi della documentazione esibita sarebbe stato possibile rilevare che sono stati posti a carico del Gruppo consiliare numerosi documenti concernenti rifornimento carburante, non dovuti, per un totale euro 13.532,77.

c) Spese di trasferta e viaggio.

Il gruppo consiliare avrebbe rendicontato indebitamente, nel periodo oggetto di accertamento, l'importo complessivo di euro 50.101,46 per il pagamento di spese relative all'acquisto di viaggi con vettori diversi, anche per località esterne alla regione Piemonte.

d) Collaborazioni e Consulenze.

Dall'esame documentale eseguito sui documenti relativi al gruppo consiliare in argomento, sarebbero emerse spese per collaborazioni esterne pari a euro 262,00.

e) Stampati, riviste e libri.

Sarebbero emerse spese indebite inerenti stampati, riviste e libri per un importo totale pari a euro 31.528,66.

f) Ricariche Telefoniche.

Sarebbero state rinvenute ricariche telefoniche non dovute per un importo totale di euro 1.227,23.

g) Altre spese varie.

Dall'analisi della documentazione esibita sarebbe stato possibile rilevare che sono stati posti a carico del Gruppo consiliare in parola numerosi documenti, inerenti al pagamento di indebite spese varie (prelevamenti bancari, bonifici, abbigliamento, ecc.), per un totale di euro 88.669,33.

Conclusivamente, in relazione all'esito [d]egli accertamenti compendiati nelle annotazioni di polizia erariale e nei relativi allegati, l'ammontare del danno erariale complessivo da addebitare a Luca R., secondo la Procura contabile, per gli importi dalle spese ritenute non ammissibili al rimborso, poiché ritenute illegittime, non inerenti e/o prive di adeguata e idonea documentazione giustificativa in grado di provarne l'inerenza, sarebbe pari a euro 208.712,88.

Di tale importo risponderebbe il convenuto, in qualità di consigliere ovvero Presidente del gruppo "Comunisti italiani", corrispondendo a spese dal medesimo direttamente sostenute o di cui ne avrebbe comunque autorizzato l'impiego in assenza dei presupposti di legge.

Dall'importo suddetto la Procura ha ritenuto di detrarre l'importo del risarcimento del danno patrimoniale di euro 6.000,00 già corrisposto alla Regione Piemonte dall'odierno convenuto a seguito delle contestazioni mossegli nel parallelo procedimento penale dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Torino (procedimento penale n. 11019/2018 R.G. N.R.).

Il danno contestato in questa sede viene così ad essere rideterminato nella somma pari a euro 202.712,88 da maggiorarsi degli accessori di legge decorrenti dalla data della indebita percezione del rimborso.

2. Con memoria del 22 dicembre 2020 si è costituito il convenuto, eccependo, in via preliminare, l'intervenuta prescrizione del diritto al risarcimento, così come azionato dalla Procura Regionale presso la Corte dei conti della Regione Piemonte, sotto diversi profili.

In primo luogo, osserva come l'atto di citazione chieda la condanna del convenuto dott. R. per spese ritenute indebite riguardanti il periodo 2008-2010.

Riti[e]ne poi che l'azione sia prescritta anche laddove si voglia individuare quale momento dal quale far decorrere la prescrizione non il giorno del pagamento a favore di terzi di importi a carico della Regione ma, invece, il giorno nel quale il pagamento è stato portato a conoscenza della Amministrazione regionale. La Regione Piemonte, infatti, secondo la tesi prospettata dalla difesa, sarebbe venuta a conoscenza delle spese effettuate dal dott. R. nel momento in cui il medesimo ha presentato il rendiconto annuale all'Ufficio di Presidenza.

Quand'anche si ritenesse, come ipotizza l'atto di citazione della Procura Regionale, che la prescrizione debba essere fatta decorrere dal momento in cui la conoscenza del pagamento indebito è giunta agli organi inquirenti, parimenti l'azione di responsabilità dovrebbe ritenersi prescritta secondo la difesa del convenuto, in quanto i pagamenti contestati sarebbero stati portati a conoscenza dal R. alla Guardia di Finanza Nucleo Polizia Tributaria di Torino, Gruppo Tutela Spesa Pubblica, incaricata dalla Procura della Repubblica di Torino, il giorno 3 ottobre 2012.

L'invito a dedurre del dicembre 2019 sarebbe dunque inevitabilmente tardivo rispetto a questa data.

Peraltro, evidenzia la difesa, come già nel 2013 la procura contabile stesse operando d'intesa con la Procura della Repubblica di Torino per valutare la correttezza o meno della gestione dei fondi dei gruppi consiliari (a pag. 2 del reclamo alla III Sezione giurisdizionale d'appello, depositato il 15 luglio dello stesso anno dal Procuratore regionale, si legge testualmente: "premesso, infatti, che la Procura regionale del Piemonte stava valutando, d'intesa con la Procura della Repubblica di Torino che sta tuttora conducendo un'indagine sull'utilizzo dei contributi regionali ai gruppi consiliari del Consiglio regionale per il Piemonte per anni dal 2009 al 2012, i connessi profili di responsabilità amministrativo contabile, anche a prescindere dalla sussistenza di specifiche fattispecie di reato").

La prescrizione, secondo il convenuto, sarebbe comunque decorsa anche tenendo conto che la Procura Regionale della Corte dei conti per il Piemonte era ben a conoscenza dell'intera situazione concernente la resa dei conti da parte dei Presidenti dei gruppi consiliari ed anche del R. dal momento che con richiesta di giudizio di conto presentata il 21 maggio 2013 richiedeva l'avvio del giudizio di conto anche per gli anni qui in contestazione al fine di "valutare l'esistenza di spese non giustificate in relazione alle finalità di destinazione dei conti pubblici erogati" (Sez. Piemonte, 15 aprile 2015, n. 76, nei confronti dell'odierno convenuto).

Infine, l'azione di responsabilità sarebbe comunque prescritta tenuto conto che la Procura in data 23 dicembre 2013 inoltrava al R. una richiesta di risarcimento danni con conseguente costituzione in mora proprio per la gestione dei rimborsi regionali, contestandone la correttezza.

A contraris, non varrebbero, secondo la difesa, gli argomenti sviluppati dall'atto di citazione.

In particolare, nega l'assunto che riferisce la decorrenza del termine di prescrizione alla "conoscenza interiore" da parte dell'autorità inquirente, nonché la sussistenza dell'occultamento doloso.

Nel merito, il convenuto contesta la sussistenza tanto dell'elemento soggettivo, quanto dell'elemento oggettivo della responsabilità amministrativo contabile del convenuto.

Sotto il primo profilo sostiene che l'esistenza del dolo penalistico non possa, nella presente vicenda, essere affermato in quanto, in proposito, è pendente un giudizio penale, mentre il dolo di tipo contrattuale non avrebbe più cittadinanza nella responsabilità amministrativa, a seguito della modificazione del primo comma dell'art. 1 della l. 14 gennaio 1994, n. 20 effettuata dall'art. 21 del d.l. 16 luglio 2020, n. 70, convertito in l. 11 settembre 2020, n. 120. Parimenti ritiene non ipotizzabile la colpa grave, non avendo il R. violato alcuna norma, ma, al contrario, proceduto nello scrupoloso rispetto sia della legge regionale che di tutte le indicazioni amministrative fornite dall'Ufficio di Presidenza del Consiglio Regionale.

Quanto all'elemento oggettivo della responsabilità, nella memoria difensiva si sostiene l'insussistenza del danno, non essendovi stata la rendicontazione e il rimborso di alcuna spesa che non rientrasse esattamente in quelle che potevano essere effettuate dal gruppo consiliare e rimborsate dal Consiglio regionale.

In particolare, la difesa si sofferma sulle singole categorie di spesa contestate dalla Procura evidenziandone il collegamento con le finalità istituzionali.

Per tutte le sovraesposte ragioni, il convenuto insiste per il rigetto della domanda formulata nei suoi confronti dalla Procura regionale.

Nella pubblica udienza il Pubblico Ministero ha ribadito le argomentazioni fin qui esposte e confermato le conclusioni già rassegnate.

La difesa del convenuto ha richiamato il contenuto della comparsa di costituzione e insistito per il rigetto della domanda.

Entrambe le parti hanno diffusamente argomentato in punto prescrizione.

Tutto ciò premesso, la causa è stata assunta in decisione.

DIRITTO

1. In via preliminare occorre esaminare l'eccezione di prescrizione sollevata dal convenuto sotto molteplici profili.

L'eccezione è fondata e merita di essere accolta.

1.1. Sul punto, in linea generale, giova ricordare che il momento di decorrenza del termine di prescrizione quinquennale per esercitare il diritto al risarcimento del danno erariale è da collocarsi non al momento in cui si è realizzato il fatto dannoso, bensì alla data della sua scoperta, ovvero quando viene in essere la conoscibilità obiettiva dello stesso, nei suoi lineamenti essenziali, da parte dell'amministrazione danneggiata ovvero della Procura contabile.

In tal guisa, infatti, deve interpretarsi l'art. 1, comma 2, della l. n. 20 del 1994, che disciplina la prescrizione del diritto al risarcimento del danno erariale, in aderenza alla regola generale dettata dall'art. 2935 c.c. secondo cui "la prescrizione comincia a decorrere dal momento in cui il diritto può essere fatto valere" (cfr., ex plurimis, Corte conti, Sez. I, n. 365 del 2018 e 8 del 2019; Sez. II, n. 891 del 2016, 129 del 2017 e 182 del 2019; Sez. III, n. 542 del 2015, 303 del 2017 e 170 del 2019).

Peraltro, questo principio è derogato in caso di "occultamento doloso del danno", ipotesi normata al comma 2 dell'art. 1 della l. n. 20 del 1994 sopra richiamato, ai sensi del quale, ove vi sia stato dispiegamento di accorte attività finalizzate al disvelamento dei fatti - fattispecie integranti, di norma, condotte penalmente rilevanti - la prescrizione non decorre più dalla "conoscibilità obiettiva" del danno, bensì dal momento, anche successivo, della sua "conoscenza effettiva".

Una volta chiarita la cornice normativa in tema di prescrizione, appare evidente al Collegio dover ritenere quanto segue, con riguardo al caso all'esame.

1.2. Come già considerato da questa Sezione in fattispecie analoga, con la recente sent. n. 273 del 29 dicembre 2020, il decorso del termine per la prescrizione va ancorato al deposito dei rendiconti di esercizio da parte dei presidenti dei gruppi consiliari, realizzandosi in quel momento la conoscibilità del danno.

Sul punto va ricordato che, ai sensi dell'art. 4 della l.r. Piemonte n. 12 del 10 novembre 1972, nel testo vigente ratione temporis, "Entro il 31 gennaio di ogni anno i Presidenti dei Gruppi consiliari ed i componenti, in forma singola o associata, del Gruppo Misto presentano all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale una nota riepilogativa circa l'utilizzazione dei fondi loro erogati nell'anno precedente, articolata per categorie e per voci. Analoga nota riepilogativa dovrà essere resa entro dieci giorni dalla data di inizio della legislatura (...) L'Ufficio di Presidenza allega tali notizie alla rendicontazione prevista dall'art. 5 della legge 5 dicembre 1973, n. 853 (Autonomia contabile e funzionale dei Consigli regionali delle Regioni a statuto ordinario)".

Il riferimento alla nota di rendicontazione emerge altresì dalla l. 24 novembre 1995, n. 84, il cui art. 1, al comma 2, prevede che i Presidenti dei Gruppi consiliari "provvedono alla gestione dei fondi erogati ai Gruppi consiliari per il loro funzionamento ai sensi della legge regionale 16 ottobre 1972, n. 12 e successive modificazioni e presentano ogni anno all'Ufficio di Presidenza, con le modalità previste dall'articolo 4 della legge regionale citata, così come modificato dall'articolo 3 della legge regionale 9 dicembre 1980, n. 77 e sostituito dalla legge regionale 16 maggio 1994, n. 14, una nota riepilogativa circa l'utilizzazione dei fondi erogati al Gruppo nell'anno precedente".

Pertanto, dal 31 gennaio dell'anno successivo a quello di riferimento, l'Amministrazione regionale aveva a disposizione il rendiconto di esercizio per ogni singolo gruppo consiliare, firmato dal presidente del gruppo e redatto per voci analitiche, concretizzandosi la conoscibilità del danno.

A parere della Sezione, peraltro, nulla ostava a ciò, tantomeno la disciplina sui controlli che, se non prevedeva espressamente, quale necessario, un controllo della documentazione a supporto delle singole voci di spesa, assolutamente non lo escludeva.

Al contrario, se nessun impedimento giuridico sussisteva al controllo delle spese rendicontate al fine di verificarne l'inerenza, piena applicazione doveva darsi a quanto è insito nei principi propri della resa del conto, ovvero l'assoggettamento ad un potere di controllo in capo al destinatario.

Tanto più ove, come nel caso specie, l'esistenza di una semplice autocertificazione, piuttosto che elidere il controllo, avrebbe dovuto renderlo doveroso (cfr. la deliberazione del Consiglio regionale n. 640-C.R. 1393 del 2 febbraio 1984, "Approvazione delle norme di attuazione della L.R. 20 giugno 1981 n. 20", ai sensi della quale: le note di rendiconto, compilate su appositi modelli predisposti dall'ufficio di presidenza, dovevano recare in calce la dichiarazione del presidente del gruppo certificante la corrispondenza delle spese effettuate alle finalità previste dalla legge regionale; le stesse, munite della dichiarazione del capogruppo, venivano inviate alla prima commissione che doveva controllare "l'esistenza della documentazione comprovante l'utilizzazione dei fondi secondo le finalità previste dalla legge regionale di cui al comma precedente").

La circostanza per cui la prima commissione, e poi il Consiglio regionale, si limitassero ad un controllo meramente formale relativamente alla presenza della certificazione del presidente del singolo gruppo, sono elementi di fatto che, a parere del collegio, non possono qualificarsi quali impedimenti giuridici tali da impedire il decorso della prescrizione da ancorarsi, come già precisato, alla conoscibilità del danno.

Come ben precisato nel recente precedente di questa Sezione già menzionato, "ancorare l'esordio della prescrizione all'insorgere di una conoscenza analitica del danno (in questi termini, Sez. II app., sent. n. 74/2000, secondo cui "non basta che il fatto lesivo possa venire in evidenza, occorrendo che lo stesso assuma una sua concreta qualificazione giuridica, atta ad identificarlo come presupposto di una fattispecie dannosa"), comporta un'indefinita ed inaccettabile dilatazione del termine prescrizionale, lesiva del basilare principio della certezza del diritto" (Sez. giur. Piemonte, n. 273/2020).

Del resto, la stessa giurisprudenza della Suprema Corte di cassazione, nel ribadire il decorso della prescrizione dalla conoscibilità del danno, richiede un onere di diligenza ex art. 1176 c.c. in capo al danneggiato, escludendosi che la sua colpevole inerzia possa in qualche modo ostacolare l'esordio della prescrizione ("In tema di risarcimento del danno da fatto illecito, il dies a quo dal quale la prescrizione comincia a decorrere va individuato nel momento in cui il soggetto danneggiato abbia avuto - o avrebbe dovuto avere, usando l'ordinaria diligenza - sufficiente conoscenza della rapportabilità causale del danno lamentato", Cass., Sez. 6-3, ord. n. 1263 del 27 gennaio 2012; in termini, Cass., Sez. 3, sent. n. 22059 del 22 settembre 2017; Sez. 2, sent. n. 6747 del 7 aprile 2016; Sez. 3, sent. n. 17572 del 18 luglio 2013). Quanto fin qui sostenuto, trova anche pieno conforto nella più recente giurisprudenza di questa Corte dei conti.

A ben vedere, infatti, laddove, in casi analoghi, l'eccezione di prescrizione è stata respinta non riconoscendosi il prodursi della oggettiva conoscibilità del danno contestualmente al deposito dei rendiconti, ciò è avvenuto non in ragione di un impedimento materiale, quale deve qualificarsi nel caso all'esame l'omesso doveroso controllo, bensì a causa di un impedimento giuridico. Si richiamano, al riguardo: Sez. I app., 12 ottobre 2020, n. 261, ove si è escluso il decorso della prescrizione per l'esistenza di una normativa regionale ostativa al controllo dei rendiconti depositati, chiaramente evidenziando come detto elemento costituisca un giuridico impedimento rispetto alla "obiettiva esteriorizzazione del danno erariale e, in ultima analisi, [alla] conoscibilità dello stesso da parte dell'amministrazione danneggiata" (in termini, anche: Corte conti, Sez. III app., n. 207/2019; Sez. I, n. 31/2020 e 157/2020); Sez. III app., n. 207/2019, con cui si è parimenti respinta l'eccezione di prescrizione facendo riferimento ad una legislazione regionale che, escludendo un potere di controllo sui rendiconti, configurava un impedimento giuridico rilevante per il decorso della prescrizione.

Per quanto sin qui esposto, dunque, per questa Sezione, il decorso della prescrizione va ancorato al deposito dei rendiconti di esercizio da parte dei presidenti dei gruppi consiliari, adempimento da effettuarsi entro il 31 gennaio dell'anno successivo, realizzandosi in quel momento, in assenza di impedimenti giuridici, la conoscibilità obiettiva del danno, nei suoi lineamenti essenziali, tanto da parte dell'amministrazione danneggiata quanto da parte della Procura contabile.

Nel caso di specie, pertanto, in assenza di atti interruttivi della prescrizione successivi alla comunicazione del 23 dicembre 2013 (laddove si ritenga di poter dare tale significato a detta nota), deve ritenersi che la notifica dell'invito a dedurre del 5 dicembre 2019 e della successiva citazione del 17 agosto 2020 siano avventi una volta spirato il termine di prescrizione quinquennale.

1.3. Né ritiene il Collegio che, nel caso di specie, possa derogarsi al principio della conoscibilità obiettiva del danno, in applicazione della fattispecie di cui al comma 2 dell'art. 1 della l. n. 20 del 1994 sopra richiamato, ai sensi del quale, ove vi sia stato "occultamento doloso del danno", la prescrizione decorre dal momento, anche successivo, della "conoscenza effettiva" del medesimo. A parere del Collegio, nel caso all'esame, il doloso occultamento non risulta accertato.

Sul punto, sostiene la Procura, che la conoscibilità del danno si sarebbe realizzata solo a seguito del rinvio a giudizio, in quanto dolosamente occultata, ed emersa soltanto grazie a specifici accertamenti (riscontri documentali, incrociati e testimoniali) delegati dalla Procura penale alla Guardia di finanza. Tale prospettazione, a parere di questa Sezione, è priva di pregio, come già evidenziato nel precedete già menzionato e riferito a caso analogo (Sez. giur. Piemonte, n. 273/2020).

In primo luogo appare opportuno ricordare come l'orientamento interpretativo maggioritario della giurisprudenza contabile abbia evidenziato, che "tale occultamento non può coincidere, puramente e semplicemente, con la commissione (dolosa) del fatto dannoso in questione, ma richiede un'ulteriore condotta, indirizzata ad impedire la conoscenza del fatto: occorre, in altri termini, un comportamento che, pur se può comprendere la causazione stessa del fatto dannoso, deve tuttavia includere atti specificamente volti a prevenire la scoperta di un danno ancora in fieri oppure a nascondere un danno ormai prodotto (v., in terminis, Corte conti, Sez. III app., 14 dicembre 2006, n. 474). Esso quindi corrisponde ad una situazione diversa ed ulteriore rispetto all'attività di consumazione dell'illecito contabile, consistendo in un quid pluris, che si aggiunge al dolo inteso come elemento strutturale dell'illecito (cfr., Corte conti, Sez. giur. Veneto, 7 luglio 2005, n. 992 e Sez. giur. Lombardia, 12 dicembre 2005, n. 278)" (ex plurimis Corte conti, Sez. I app., n. 40/2009; Sez. III app., sent. n. 830 del 20 dicembre 2012; Sez. giur. Veneto, n. 224/2014).

Affinché sia configurabile l'occultamento doloso del danno è necessario, quindi, "un comportamento volto al raggiro, callido, teso con atti commissivi al nascondimento, di cui deve lasciar baluginare l'intenzionalità" (Corte conti, Sez. III app., sent. n. 830 del 20 dicembre 2012); analogamente si è affermato che "perché si configuri il doloso occultamento del danno, occorre un comportamento che, pur potendo comprendere l'attività antigiuridica pregiudizievole, debba tuttavia includere atti specificamente volti a prevenire il disvelamento di un danno ancora in fieri oppure a nascondere un danno ormai prodotto. In mancanza di tale quid pluris, che si aggiunge al dolo inteso come elemento strutturale dell'illecito, la prescrizione del diritto al risarcimento del danno erariale inizia a decorrere da quando l'amministrazione danneggiata abbia preso, o avrebbe potuto prendere, conoscenza del comportamento dannoso... non già dalla conoscenza che del danno stesso abbia la Procura contabile" (Corte conti, Sez. app. Sicilia, 29 gennaio 2010, n. 33; Sez. giur. Calabria, n. 271/2013 e n. 373/2012; Sez. giur. Liguria, n. 116/2014).

Questa stessa Sezione aderisce, dunque, al "principio essenziale che è stato accreditato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il doloso occultamento si identifica in qualsiasi condotta finalizzata a dissimulare ovvero a celare la lesione inferta al patrimonio pubblico, volta a sottrarre all'immediata consapevolezza e conoscenza altrui il reale stato delle cose" (Corte conti, Sez. giur. Piemonte, n. 101/2014).

Anche la giurisprudenza civile ritiene sussistere un doloso occultamento, rilevante nei confronti del creditore, solo laddove si sia in presenza di una condotta fraudolenta, da parte del debitore, e che sia stata tale da comportare, per l'altra parte, una vera e propria impossibilità di agire, non una mera difficoltà di accertamento del credito (ex multis, v. Cass. civ., nn. 26355/2005, 1222/2004, 10592/1998 e 5682/1985).

In tale contesto è stato affermato che la summenzionata disposizione normativa, nel prevedere che, in caso di occultamento doloso del danno, la prescrizione decorre dalla data della sua scoperta, costituisca applicazione, nello specifico ambito della responsabilità amministrativa, della norma di cui all'art. 2941, n. 8, c.c., che prevede la sospensione del corso della prescrizione per il debitore che ha dolosamente occultato l'esistenza del debito, finché il dolo non sia stato scoperto (Corte conti, Sez. giur. Veneto, n. 224/2014; Sez. Puglia, n. 827/2009).

Né si può ritenere che il doloso occultamento sia connaturato ed implicito in ogni fattispecie penalmente rilevante, così come sembrerebbe ritenere una certa giurisprudenza contabile (Sez. Lombardia, n. 301/2019; Sez. Toscana, n. 330/0219; Sez. I app., n. 264 del 2012 e precedenti ivi richiamati): se è vero che in alcuni casi l'illecito penale e quello contabile presentano punti di contatto e di dipendenza, è però innegabile che la responsabilità penale e quella amministrativa operano su piani diversi ed ogni fattispecie va analizzata nelle sue particolarità.

Rileva in proposito il Collegio che, se questi fatti ulteriori, concretizzanti l'occultamento doloso, in alcuni casi sono stati ritenuti presunti o in re ipsa, alla luce delle concrete caratteristiche dell'illecito commesso dalle quali poteva obiettivamente evincersi anche la volontà di occultare i fatti (cfr. Corte conti, Sez. II app., sent. n. 74/2000 cit.), ciò non può di certo ritenersi rispetto alla fattispecie all'esame.

Nel caso di specie non emergono in alcun modo condotte tese, nello specifico, ad un occultamento doloso del danno, evidenziandosi semmai una illegittima gestione delle risorse pubbliche, non accompagnata da una acclarata condotta tesa a mascherare quello che era diffuso.

Infatti, la Procura non ha evidenziato specifiche condotte tese ad occultare il danno, né tali condotte sono emerse dagli atti di causa.

In particolare, non si può ritenere che possano ravvedersi tali caratteristiche nella sottoscrizione del rendiconto da parte del presidente del gruppo, attesa la prassi vigente e l'assenza di alcuna attestazione specifica sull'inerenza.

In primo luogo, detta sottoscrizione, per quanto evidenziato, sembrerebbe più correttamente riconducibile, in ipotesi, ad una condotta colposa.

In ogni caso, è dirimente rilevare, per quanto attiene più strettamente alla questione in esame, come sia del tutto mancato l'accertamento di elementi probanti la volontà di occultare da cui la attestazione in parola sarebbe stata determinata.

Più in particolare, in difetto di un'indicazione normativa chiara ed inequivocabile in ordine al perimetro delle spese considerate inerenti, definito dalla giurisprudenza contabile solo successivamente all'introduzione del d.l. n. 174/2012, appare assai difficile sostenere una condotta fraudolenta dei presidenti dei gruppi diretta a nascondere l'illegittima spendita delle risorse.

1.4. Fermo quanto sopra delineato, il collegio non si esime dal prendere in considerazione, essendo non prive di pregio, le diverse argomentazioni mosse dalla difesa in ordine alla decorrenza della prescrizione che portano comunque alle medesime sopra indicate conclusioni, ovvero alla declaratoria di prescrizione del diritto azionato.

Eccepisce la difesa che il termine prescrizionale non possa non decorrere quantomeno dalla acquisizione della documentazione contabile, avvenuta nel corso dell'espletamento delle indagini svolte negli anni 2012-2013, essendosi palesemente realizzata, anche di fatto, in quel momento, la conoscibilità del danno, se non la vera e propria conoscenza del medesimo.

In particolare, evidenzia la difesa che i rendiconti dei gruppi consigliari per gli anni dal 2008 al 2010 erano noti alla procura contabile quantomeno dal 3 ottobre 2012 (così come dichiarato dalla Guardia di Finanza e depositato in atti).

Tanto, effettivamente, emerge con chiarezza anche dalle seguenti circostanze emergenti dalla documentazione in atti: nel luglio 2013, la procura regionale per il Piemonte, nel reclamare il provvedimento di rigetto del ricorso per resa di conto nei confronti dei consiglieri regionali, affermava espressamente l'esistenza di indagini in corso, da parte della procura penale, sulle spese dei gruppi consiliari; la stessa procura contabile, nel dicembre dello stesso anno, metteva in mora, per l'anno 2009, i consiglieri regionali per indebiti nelle spese a valere sui contributi dei gruppi consiliari, contestualmente ribadendo l'essere in corso una valutazione, alla luce delle concomitanti indagini penali, sulle responsabilità amministrative per il periodo 2009-2012; ancora, a fondamento della richiesta di resa di conto, la procura regionale affermava espressamente l'interesse ad estendere la sua indagine anche agli anni precedenti.

Nel caso di specie, dunque, nell'autunno del 2012 la procura erariale aveva già certezza dell'esistenza di un danno, delineato nei suoi elementi essenziali, per quanto ancora non correttamente quantificato, ed aveva, peraltro, introdotto la procedura per la resa di conto, proprio nell'ottica dell'acquisizione di ulteriore documentazione per lo svolgimento delle sue indagini.

Appare evidente, a questo collegio, come la scelta del requirente di attendere l'esito delle indagini penali, piuttosto che procedere con indagini in proprio, non possa certamente incidere sul decorso della prescrizione.

"Detto in altri termini, e seguendo il ragionamento del requirente, dovrebbe ritenersi impedito il decorso della prescrizione durante il tempo necessario allo svolgimento delle indagini, così sostanzialmente aprendo ad una durata indefinita del termine prescrizionale a discapito della certezza delle posizioni giuridiche, anche in assenza di fattispecie penalmente rilevanti. Ma, osserva il Collegio, un conto è l'indisponibilità legale della documentazione da cui inferire un danno erariale, altro è il ritardo nell'acquisizione e valutazione della stessa documentazione: l'acquisizione e valutazione dei mezzi di prova non integra una causa di sospensione del decorso della prescrizione" (Sez. giur. Piemonte, n. 273/2020).

Del resto, la stessa giurisprudenza della Suprema Corte di cassazione, come già rammentato, è ormai consolidata nell'affermare che solo in presenza di un impedimento giuridico la prescrizione non decorre e che quest'ultimo non possa essere integrato dalle valutazioni sull'an o sul quantum del danno: "In tema di risarcimento del danno, l'impossibilità di far valere il diritto quale fatto impeditivo della decorrenza della prescrizione ex art. 2935 c.c., è solo quella che deriva da cause giuridiche che ne ostacolino l'esercizio e non comprende, quando il danno sia percepibile all'esterno e conoscibile da parte del danneggiato, gli impedimenti soggettivi o gli ostacoli di mero fatto, tra i quali l'ignoranza, da parte del titolare, del fatto generatore del suo diritto, o il dubbio soggettivo sulla esistenza di tale diritto od il ritardo indotto dalla necessità del suo accertamento" (Cass., Sez. 3, ord. n. 19193 del 19 luglio 2018 e precedenti ivi richiamati).

Pertanto, in assenza di una prova del doloso occultamento, come sopra analiticamente argomentato, non può sostenersi, da sola, la tesi che nega il decorso della prescrizione dal momento della acquisizione della piena documentazione, ritenendo quest'ultima di per sé non significativa. Sul punto, quanto ritenuto da questa Sezione trova ancora una volta pieno conforto nei precedenti di questa stessa Corte.

In coerenza con la già richiamata sent. n. 261/2020 della sez. I di appello, si sostiene, infatti, che l'esordio del termine prescrizionale debba essere ancorato al momento in cui si abbia in qualche modo contezza delle irregolarità e vi sia stata la possibilità di attivarsi per effettuare i dovuti riscontri, la cui omissione non può ridondare in disfavore dell'autore della spesa.

Nel caso di specie, ciò sembra essersi verificato molto prima del rinvio a giudizio in sede penale, a cui, ex adverso, la procura intenderebbe legare il decorso del termine prescrizionale.

Tanto, si ribadisce, è in atti acclarato dalla trasmissione della documentazione contabile, nonché dalla stessa comunicazione del dicembre 2013 della Procura, cui si è già fatto cenno.

1.5. In conclusione, per tutto quanto sopra esposto e dimostrato, ritiene questo collegio che, non essendo stato accertato l'occultamento doloso, il decorso della prescrizione non possa che essere ancorato al momento di conoscibilità obiettiva del danno.

Tale momento, nel caso di specie coincide, per quanto motivato, con il deposito dei rendiconti di esercizio da parte del presidente del gruppo consiliare, in assenza di impedimenti giuridici; in ogni caso, non potrebbe essere successivo alla acquisizione, da parte della procura, della documentazione contabile, avvenuta in data 3 ottobre 2012, nel corso dell'espletamento delle proprie indagini.

Pertanto, in assenza di atti interruttivi della prescrizione, la notifica dell'invito a dedurre e della successiva citazione risultano essersi perfezionati in un momento in cui il termine di prescrizione quinquennale risultava già decorso.

2. Trattandosi di decisione fondata su questione preliminare, le spese vanno integralmente compensate ai sensi dell'art. 31, comma 3, del codice della giustizia contabile.

P.Q.M.

La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Piemonte, in composizione collegiale, definitivamente pronunciando, dichiara la prescrizione del diritto al risarcimento del danno nei confronti del convenuto Luca R.

Compensa integralmente le spese del giudizio.

M. Marazza

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