Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
Sezione I
Sentenza 9 luglio 2021, n. 647

Presidente: Caruso - Estensore: Vitali

I ricorrenti in epigrafe, partecipanti al concorso pubblico indetto da Alisa per l'assunzione a tempo indeterminato di 274 operatori socio sanitari di cat. B livello economico senior, hanno impugnato gli esiti della prova pratica del 12 maggio 2021, il cui mancato superamento (che era condizionato al raggiungimento di una valutazione di sufficienza espressa in 21/30) ha determinato la loro esclusione dalla successiva prova orale e dal prosieguo della procedura.

A sostegno del gravame hanno dedotto: 1) che la valutazione negativa sarebbe immotivata in quanto non riportante il voto, pur se insufficiente, conseguito dai ricorrenti; 2) che i quesiti sarebbero stati formulati in maniera erronea e ambigua, con una pluralità di risposte indicate come esatte ed in realtà errate e, viceversa, con una serie di risposte indicate come errate che in realtà erano corrette; 3) che sarebbe stata violata la regola dell'anonimato, essendo stata consentita e/o tollerata la ripresa fotografica dei quesiti da parte dei candidati; 4) che la prova pratica non avrebbe riguardato le materie previste dalla lex specialis, ma una sola di esse, ovverosia quella attinente alle procedure assistenziali; 5) che i fogli su cui sono stati svolti gli elaborati non sarebbero stati preventivamente validati dalla commissione; 6) che ai candidati affetti da disturbi specifici di apprendimento (DSA) - tra cui una ricorrente - non sarebbe stata offerta la possibilità di sostituire la prova scritta con un colloquio orale, ovvero di usufruire di un prolungamento dei tempi necessari all'espletamento della prova, in violazione dell'art. 8 della l.r. 15 febbraio 2010, n. 3; 7) che un membro della commissione, e precisamente il presidente dell'ordine delle professioni infermieristiche di Genova, verterebbe, in ragione di tale sua qualità, in condizioni di incompatibilità ex art. 35, comma 4, lett. e), del d.lgs. n. 165/2001.

Si è costituita in giudizio Alisa, controdeducendo ed instando per la reiezione del ricorso.

Nella camera di consiglio del 7 luglio 2021 la domanda cautelare è passata in decisione.

Il collegio, attesa l'opportunità di decidere il ricorso prima della conclusione del procedimento selettivo, anche in un'ottica di economicità e speditezza della successiva attività amministrativa, ritiene di poter definire il giudizio con sentenza in forma semplificata, sussistendone i presupposti.

Giova premettere che, per costante giurisprudenza, a fronte di un provvedimento di esclusione da una procedura concorsuale, impugnato anteriormente alla formazione della graduatoria e alla nomina dei vincitori, non è ravvisabile la qualità di controinteressati indiscriminatamente in capo a tutti i concorrenti, non essendo meritevole di tutela il semplice interesse di fatto a confrontarsi con una platea più ristretta di candidati, confliggente con il superiore interesse pubblico alla massima partecipazione al concorso (T.A.R. Toscana, I, 22 aprile 2013, n. 696).

Prima della formazione della graduatoria finale, tale interesse di fatto è del resto caratterizzato da provvisorietà, e non si stabilizza in una posizione giuridica di vantaggio meritevole di tutela secondo l'ordinamento giuridico.

Si tratta di principi analoghi a quelli costantemente richiamati in tema di pubbliche gare, laddove è insegnamento consolidato che, quando viene impugnato un provvedimento di esclusione (anche per inidoneità dell'offerta tecnica) in corso di gara e prima dell'aggiudicazione definitiva, non vi sono controinteressati cui sia doveroso notificare il ricorso, non ravvisandosi delle posizioni in tal senso giuridicamente rilevanti (così C.d.S., V, 2 settembre 2019, n. 6024, che ha respinto l'opposizione di terzo proposta da un'impresa utilmente classificatasi nella graduatoria finale, che assumeva di essere controinteressata fin dal momento della disposta esclusione a carico di un altro partecipante).

Ciò posto, il ricorso è fondato, sotto l'assorbente profilo della violazione degli artt. 13, comma 2, del d.P.R. 9 maggio 1994, n. 487 e 12, comma 4, del d.P.R. 27 marzo 2001, n. 220.

Giova riportare il contenuto delle due disposizioni.

Ai sensi dell'art. 13, comma 2, del d.P.R. 9 maggio 1994, n. 487 (regolamento recante norme sull'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi), "gli elaborati debbono essere scritti esclusivamente, a pena di nullità, su carta portante il timbro d'ufficio e la firma di un componente della commissione esaminatrice o, nel caso di svolgimento delle prove in località diverse, da un componente del comitato di vigilanza".

Ai sensi dell'art. 12, comma 4, del d.P.R. 27 marzo 2001, n. 220, contenente specificamente il regolamento per la disciplina dei concorsi del personale non dirigenziale del servizio sanitario nazionale, "a tutti i candidati viene fornita carta recante il timbro dell'unità sanitaria locale o dell'Azienda ospedaliera e la firma di un membro della commissione esaminatrice. L'uso di carta diversa comporta la nullità della prova".

Si tratta di un adempimento formale che, a fronte di un minimo onere organizzativo, consistente nella previa apposizione del timbro dell'ente e della sigla di un membro della commissione sul foglio risposte in un momento anteriore alla sua distribuzione ai candidati, presidia però un interesse pubblico sostanziale rilevante, qual è quello di garantire la genuinità del prodotto intellettuale del concorrente, evitando il rischio che questi possa introdurre in sede di concorso, e consegnare come originali, fogli già predisposti in tutto o in parte (così Cass., I, 10 settembre 2013, n. 20687, che, su tali presupposti, ha cassato con rinvio una sentenza che aveva escluso che, agli effetti dell'art. 1455 c.c., costituisse grave inadempimento del contratto di appalto avente ad oggetto la progettazione e la realizzazione di questionario per la selezione di personale pubblico l'aver predisposto fogli per le risposte con modalità tali da escludere la vidimazione della commissione anteriormente alla consegna ai candidati, in violazione dell'art. 13 del d.P.R. 9 maggio 1994, n. 487).

Che trattasi di un elemento essenziale ai fini della regolarità della prova, a tutela dell'interesse pubblico fondamentale al buon andamento e all'imparzialità della pubblica amministrazione, è del resto confermato - al di là di ogni dubbio - dalla natura della sanzione prevista dall'ordinamento per la sua violazione, che è quella massima della nullità (cfr. art. 21-septies l. n. 241/1990).

Né rileva che si trattasse di una prova pratica, anziché di una prova scritta propriamente detta.

È evidente infatti che, laddove il bando rinvia espressamente, per quanto non esplicitamente contemplato, al d.P.R. n. 487/1994 e al d.P.R. n. 220/2201 (cfr. l'art. 13 - norme di salvaguardia), e prevede che la prova pratica potrà consistere anche nella soluzione di quesiti a risposta sintetica o multipla (art. 8), cioè in una prova scritta, la prova in questione resta disciplinata dalle pertinenti disposizioni sopra citate: diversamente opinando, per eludere la normativa di ordine pubblico (in quanto posta a salvaguardia dei valori fondamentali di imparzialità e buon andamento della P.A., ed espressamente sanzionata di nullità) sarebbe sufficiente cambiare la mera intitolazione formale della prova di concorso.

La censurata omissione - inequivocabilmente attestata dalla documentazione prodotta in giudizio (cfr. doc. 6 delle produzioni 22 giugno 2021 della resistente Alisa) - vizia ab origine le operazioni di svolgimento della prova pratica ed i suoi esiti, che devono pertanto essere annullati, con l'obbligo per l'amministrazione, ferme restando le precedenti fasi della procedura, di ripetere la relativa prova.

In proposito, le argomentazioni di Alisa appaiono totalmente inconferenti e fuori fuoco rispetto alla questione controversa: difatti, né le diciture stampate sui fogli consegnati, contenenti il riferimento allo specifico concorso in contestazione, né la distribuzione di quattro codici a barre da apporre sulla busta grande, sul "foglio delle risposte", sulla busta piccola anagrafica e sul cartoncino anagrafica, a garanzia dell'anonimato e del corretto abbinamento tra prova e concorrente, appaiono concretamente idonei a tutelare l'interesse presidiato dalle disposizioni violate, che consiste nella garanzia della genuinità dell'elaborato, ovvero nello scongiurare (anche soltanto) il rischio che la sua redazione avvenga prima e al di fuori della sede di esame: ciò che invece avrebbe ben potuto verificarsi nel caso di specie, mediante l'apposizione del codice a barre su un foglio risposte già predisposto sul modello di quello distribuito, recante il riferimento allo specifico concorso, e la sua consegna alla commissione.

Né è necessaria la prova dell'effettiva introduzione in sede di esame di fogli risposte già compilati, trattandosi di disposizioni che, come attesta la sanzione della radicale nullità, mirano a scongiurare che l'interesse pubblico tutelato sia anche soltanto minacciato o messo in pericolo.

La natura assorbente del vizio, in quanto inerente la fase iniziale della prova ed i suoi profili di carattere formale e procedimentale, esonera questo giudice dal pronunciarsi sugli altri motivi e, specificamente, sulla dedotta ambiguità ed erroneità (di alcune delle domande) del questionario somministrato ai candidati, in violazione dei principi costantemente affermati dalla giurisprudenza amministrativa circa la necessità che ogni quiz a risposta multipla debba prevedere con certezza una sola risposta univocamente esatta, incontrovertibilmente corretta sul piano scientifico (così, da ultimo, T.A.R. Lazio, I, 21 giugno 2021, n. 7346; nello stesso senso cfr. C.d.S., III, 4 febbraio 2019, n. 842; II, 5 ottobre 2020, n. 5820), principi che, comunque, dovranno essere obbligatoriamente tenuti presente nella formulazione dei quesiti.

Le spese seguono come di regola la soccombenza, e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l'effetto annulla le operazioni di svolgimento della prova pratica.

Condanna Alisa al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in complessivi euro 2.500,00 (duemilacinquecento), oltre spese generali, IVA e CPA, oltre al rimborso del contributo unificato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Vista la richiesta dell'interessato e ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1, del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare i ricorrenti.

Note

La presente decisione è stata confermata da Consiglio di Stato, sezione III, sentenza 31 gennaio 2022, n. 636.

F. Di Marzio (dir.)

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