Corte dei conti
Sezione II centrale d'appello
Sentenza 9 novembre 2021, n. 393
Presidente: Loreto - Estensore: Rizzi
FATTO
Con sentenza n. 68/2019, depositata il 25 settembre 2019 e notificata il 14 febbraio 2020, la Sezione giurisdizionale per la Regione Umbria dichiarava prescritta l'azione promossa nei confronti di C. Gianluca, convenuto in qualità di Capogruppo del Gruppo consiliare (unipersonale) "Lega Nord Umbria - Padania" in seno al Consiglio Regionale della Regione Umbria, nell'asserito presupposto che una porzione dei contributi ricevuti, ai sensi della l.r. n. 3 del 23 gennaio 1996, per le spese di funzionamento del Gruppo negli anni 2010 e 2011, complessivamente pari ad euro 29.352,28, fosse stata incongruamente rendicontata oltre che impiegata in maniera indebita.
Per giungere a tale conclusione il giudice territoriale assumeva che il termine di prescrizione fosse iniziato a decorrere nel momento della presentazione dei rendiconti all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale (27 febbraio 2012, per il rendiconto 2011, e 28 febbraio 2013, per il rendiconto 2012) «perché in tale istante si cristallizza l'utilizzo delle somme per le relative finalità, assumendo il danno i contorni di concretezza ed attualità».
Rispetto a tali soglie temporali, l'iniziativa giudiziaria intrapresa con la notifica dell'invito a dedurre (avvenuta in data 12 luglio 2018) era intempestiva.
Avverso tale sentenza proponeva appello la Procura regionale deducendo la «Violazione e falsa applicazione degli artt. 2935, 2947, comma 1, c.c. e dell'art. 1, comma 2, l. n. 20/1994 e s.m.i., in ordine all'individuazione dell'esordio del termine prescrizionale - Travisamento dei fatti - Carenza e contraddittorietà manifeste della motivazione (...)».
Secondo l'appellante, non poteva prescindersi dal considerare che, in base alla l.r. 3/1996 ed ai regolamenti attuativi approvati dall'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale (in particolare, le deliberazioni nn. 63 e 89 del 2006) le note riepilogative dell'utilizzazione dei fondi, che i Gruppi erano tenuti a presentare annualmente, non dovevano essere accompagnate dagli analitici documenti giustificativi. Incombeva su ciascun Gruppo l'obbligo di conservare la documentazione relativa alle note fino al termine di ogni legislatura. Solo successivamente a tale accadimento era previsto il deposito di detta documentazione presso l'archivio del Consiglio regionale.
In questa prospettiva, il Consiglio regionale non era nella condizione di controllare né l'inerenza delle spese allo scopo per il quale il contributo era stato erogato, né la loro regolarità formale.
Solo a seguito degli approfondimenti istruttori compiuti dalla G.d.F. e compendiati nella relazione trasmessa alla Procura regionale in data 9 maggio 2018, era emerso che erano state rendicontate numerose spese sprovviste degli indispensabili requisiti di forma o di sostanza.
In conseguenza del doloso occultamento del danno, quindi, l'esordio della decorrenza della prescrizione coincideva con la formalizzazione degli esiti delle indagini che, fra l'altro, avevano condotto all'avvio di un procedimento per il delitto di peculato continuato.
Chiedeva pertanto, la riforma della sentenza ed il conseguente rinvio al primo giudice, ai sensi dell'art. 199 c.g.c., per la decisione nel merito.
In data 20 settembre 2021 si costituiva il C. contestando la ricostruzione operata dalla Procura appellante e svolgendo considerazioni adesive alla soluzione interpretativa accolta dalla Corte territoriale.
Argomentava, inoltre, la ritenuta insussistenza dei contestati danni.
All'udienza del 12 ottobre 2021, il rappresentante della Procura generale ed il difensore della parte appellata enunciavano le rispettive conclusioni, svolgendone i motivi.
La causa veniva, quindi, posta in decisione.
DIRITTO
L'appello è infondato e, come tale, deve essere rigettato.
Ai fini della decisione assume rilievo l'orientamento reiteratamente manifestato da questa Sezione in relazione a vicende sovrapponibili a quella in esame (tra le tante App., Sez. II, sentt. 306 e 41/2020, 90 e 190/2019, 592 e 749/2018; App., Sez. I, 338/2021, 304/2018, 426/2017; App., Sez. III, 207 e 19/2019).
Secondo tale indirizzo interpretativo, che il Collegio reputa da ulteriormente confermare, l'esordio della decorrenza del termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno erariale derivante dall'indebito impiego dei contributi erogati per le spese di funzionamento dei gruppi consiliari ha luogo, ordinariamente e salvo peculiarità legate al concreto atteggiarsi delle condotte di volta in volta rilevanti, nel momento di presentazione del rendiconto all'ufficio di Presidenza del Consiglio regionale.
Con tale adempimento l'Amministrazione è posta nella condizione di poter apprezzare la conformità dell'uso della provvista finanziaria agli scopi per i quali la medesima era stata erogata e, quindi, di esercitare ogni utile iniziativa di reazione ad eventuali condotte difformi dai parametri comportamentali imposti.
La l.r. 23 gennaio 1996, n. 3, all'epoca dei fatti, prevedeva, tra le forme di ausilio «per l'esplicazione dei (...) compiti», l'assegnazione ai Gruppi consiliari di contributi a carico del bilancio del Consiglio regionale (art. 1).
Nel disciplinare il contributo alle spese di funzionamento, l'art. 5 della medesima legge prevedeva l'istituzione di un fondo per ogni Gruppo politico e per il Gruppo misto, ai fini del pagamento di spese tipologicamente individuate [a) stampa manifesti e pubblicazioni; b) studi, convegni e consulenze; c) postali e telefoniche; d) trasferte, missioni e spese di rappresentanza; e) cancelleria; f) libri, riviste, giornali periodici e quotidiani].
A fronte dell'attribuzione di tali mezzi finanziari era stato poi apprestato un articolato sistema di controlli (art. 7) il cui innesco era rappresentato dalla presentazione all'Ufficio di presidenza, da parte dei Presidenti dei Gruppi consiliari, entro il mese di febbraio di ogni anno, di «una nota riepilogativa dell'utilizzazione dei fondi erogati nell'anno precedente, relativi alle spese di funzionamento di cui all'art. 5», a cui doveva essere allegata «la documentazione della situazione di cassa al 31 dicembre».
Tale rendicontazione non era un blando adempimento destinato, semplicemente, a rendere edotto l'Ufficio di presidenza dell'intervenuto uso dei fondi, ma era dichiaratamente funzionale «ai fini del controllo della corrispondenza tra spese effettuate e finalità di cui al comma 1 dell'art. 5».
Dunque, sulla base del flusso informativo, standardizzato nei contenuti (nota riepilogativa redatta secondo lo schema indicato nella tabella «A» allegata alla legge) e cadenzato nei tempi (entro il mese di febbraio di ogni anno), l'organo del Consiglio deputato a svolgere i controlli (Ufficio di presidenza), in base alla disciplina vigente all'epoca dei fatti, acquisiva la disponibilità di un corredo documentale che consentiva, in linea astratta e teorica, di compiere ogni utile valutazione sul corretto impiego dei fondi, ivi compresa la valutazione di inerenza della spesa rispetto ai compiti istituzionali.
La dichiarata circostanza che poi, in concreto, la funzione di controllo fosse esercitata con una intensità ed accuratezza tali da rendere difficilmente percepibili eventuali criticità negli impieghi delle somme non costituisce un impedimento all'esercizio del diritto al risarcimento del danno connesso al non corretto uso dei contributi e, correlativamente, non impedisce il decorso del pertinente termine di prescrizione.
Con il deposito della nota riepilogativa dell'utilizzazione dei fondi erogati nell'anno precedente e dell'ulteriore materiale documentale di cui era imposto il deposito, il Consiglio regionale ha assunto la posizione di soggetto potenzialmente in grado di provvedere alla verifica del corretto impiego dei fondi a destinazione vincolata al funzionamento dei Gruppi e, quindi, di esercitare i poteri di accertamento e, se del caso, quelli di reazione alle condotte non in linea con le vincolanti prescrizioni di settore.
In un simile contesto, cioè, non è ravvisabile alcun fattore ostativo all'efficace esercizio dei compiti di controllo intestati dalla legge all'Ufficio di presidenza. D'altra parte, non avrebbe alcun ragionevole senso la previsione di un obbligo di rendicontazione (attraverso la formalizzazione della nota riepilogativa delle spese) se l'acquisizione degli elementi di conoscenza non fosse propedeutica all'attivazione dei controlli che la legge, specificamente (art. 7 della l.r. 3/1996, allora vigente), intesta (ancorché non in modo esclusivo) al soggetto erogante i contributi rendicontati.
Se, dunque, alla presentazione della nota riepilogativa delle spese non può che riconoscersi la funzione di innesco del meccanismo di controllo, necessariamente, a partire dal momento in cui l'obbligo è assolto inizia a decorrere il termine entro il quale è consentito intraprendere iniziative di contrasto ad eventuali devianze sussumibili nella fattispecie della responsabilità amministrativa.
E ciò in piena coerenza con la funzione di presidio della certezza del diritto che l'istituto della prescrizione è destinato a svolgere.
Inoltre, nella vicenda in esame, pur essendo stato contestato un reato (peculato), deve escludersi la ricorrenza del doloso occultamento del danno.
Tale condizione di dissimulazione, infatti, non è un effetto automatico della contemporanea sussumibilità di una condotta idonea ad integrare gli estremi della responsabilità amministrativa anche in una qualsiasi fattispecie di reato: ciò, in quanto il danno erariale eventualmente nascente dalla medesima condotta penalmente rilevante non è necessariamente occultato e, perciò, sensibile agli effetti sospensivi della prescrizione di cui all'art. 2941, n. 8, c.c. Sono le concrete modalità con le quali si realizza la condotta "bivalente" che possono dar luogo ad una situazione di obiettiva non percepibilità del nocumento patrimoniale dalla stessa prodotto e, perciò, determinare lo slittamento dell'inizio del decorso del termine di prescrizione al momento del c.d. disvelamento.
La collocazione dell'esordio della prescrizione del diritto al risarcimento del danno erariale al momento della conclusione delle indagini in sede penale, infatti, può operare solo nei casi in cui, prima del completamento del quadro conoscitivo in sede penale (rinvio a giudizio o archiviazione), l'Amministrazione danneggiata o la Procura contabile non dispongano (né, per i più limitati poteri d'indagine, siano nella condizione di potere autonomamente assumere) di elementi di conoscenza, sulla cui base fondare una ragionevole e ponderata prognosi di sussistenza delle condizioni per esercitare l'azione di responsabilità.
In altri termini, solo allorquando i connotati fattuali di una vicenda non siano immediatamente percepibili nella loro dimensione fattuale, ma necessitino, per la loro nebulosità, obiettiva enigmaticità o in conseguenza dell'occultamento doloso (come, ad esempio, nel caso della truffa), di mirate indagini da parte della Procura della Repubblica, può farsi coincidere l'inizio della decorrenza del termine quinquennale di prescrizione con il rinvio a giudizio in sede penale (o con iniziative comunque ultimative della fase di indagine).
Laddove, invece, come nella specie, gli elementi sufficienti per orientarsi circa la eventuale esistenza di una concreta ipotesi di responsabilità amministrativa siano già disponibili prima che il quadro penale sia definito, la conduzione di ulteriori indagini in sede penale non opera quale automatico procrastinatore per l'incipit del decorso della prescrizione.
Se le informazioni acquisite consentono di intravedere con sufficiente chiarezza gli elementi identificativi di un'ipotesi di responsabilità, impregiudicate le facoltà di compiere attività istruttorie ai sensi degli artt. 55 e ss. c.g.c. per aumentare il dettaglio della conoscenza su specifici aspetti, ricorrono le condizioni per la Procura contabile di intraprendere ogni appropriata iniziativa di competenza, in aderenza alla previsione di cui all'art. 2935 c.c.
Ciò, peraltro, è in linea con il principio dell'autonomia dei processi che si celebrano nei due plessi giudiziari.
D'altra parte, l'impossibilità di far valere il diritto, quale fatto impeditivo della decorrenza della prescrizione ex art. 2935 c.c., è solo quella che deriva da cause giuridiche che ne ostacolino l'esercizio e non comprende anche gli ostacoli di mero fatto o gli impedimenti soggettivi, per i quali il successivo art. 2941 c.c. prevede solo specifiche e tassative ipotesi di sospensione della prescrizione, tra le quali, salva l'ipotesi di dolo prevista dal n. 8 del citato articolo, non rientra l'ignoranza, da parte del titolare, del fatto generatore del suo diritto, il dubbio soggettivo sull'esistenza di tale diritto, né il ritardo indotto dalla necessità del suo accertamento (tra le tante, più di recente, Cass. nn. 14193/2021, 20642/2019, 22072 e 19193/2018).
Almeno di non ritenere configurabili fenomeni osmotici selettivi, in grado di assicurare il travaso nell'azione di responsabilità solo delle convenienti refluenze del giudizio penale (la qual cosa è, con ogni evidenza, da escludere), deve negarsi che la Procura contabile possa ritenersi esonerata dall'assumere solerti iniziative, ogni qualvolta abbia o sia nella condizione di avere, esercitando i poteri istruttori che l'ordinamento le intesta, elementi di giudizio strumentali alle pertinenti determinazioni.
Posto che nella vicenda in esame la prima iniziativa - notifica invito a dedurre - avente l'attitudine ad interrompere il corso della prescrizione è stata intrapresa (12 luglio 2018) oltre la soglia temporale del quinquennio successivo al deposito delle note riepilogative delle spese relative agli anni 2010 e 2011 (avvenuto, rispettivamente, il 27 febbraio 2012 e 28 febbraio 2013), l'azione di responsabilità è intempestiva.
L'appello, pertanto, deve essere rigettato.
Per ciò che attiene alle spese, considerato che il giudizio è stato definito decidendo soltanto una questione preliminare, ai sensi dell'art. 31, comma 3, c.g.c., può essere disposta la compensazione fra le parti delle spese dei due gradi di giudizio.
P.Q.M.
La Corte dei conti, Sezione seconda giurisdizionale centrale d'appello, definitivamente pronunciando, rigetta l'appello.
Spese compensate.
Manda alla Segreteria per gli adempimenti di competenza.