Consiglio di Stato
Sezione II
Sentenza 21 gennaio 2022, n. 386
Presidente: Castriota Scanderbeg - Estensore: Addesso
FATTO
1. Con sentenza n. 4334 del 12 aprile 2016 il T.A.R. Lazio, sede Roma, Sez. II-ter, ha respinto, con condanna alle spese, il ricorso proposto dagli odierni appellanti avverso i decreti del 28 giugno 2012 del Capo del Corpo forestale dello Stato, con i quali i commissari del Corpo medesimo frequentatori del 3° corso di formazione biennale sono stati confermati nel ruolo direttivo con la qualifica di commissario capo forestale con decorrenza 1° luglio 2012, anziché con decorrenza anteriore.
2. I ricorrenti partecipavano al concorso pubblico indetto con decreto del Capo del Corpo forestale dello Stato del 5 luglio 2004 per la nomina di n. 119 commissari forestali del ruolo direttivo dei funzionari del Corpo, suddivisi in 4 profili professionali, superando le prove preselettive e venendo ammessi alle prove scritte con decreto del 19 luglio 2006.
2.1. Con decreto del Capo del Corpo del 16 ottobre 2006 venivano annullati in autotutela i provvedimenti di nomina delle quattro commissioni esaminatrici del concorso pubblico di cui al decreto del 5 luglio 2004 per violazione dell'art. 9 del d.P.R. n. 487/1994, che prevede, per ogni concorso, la nomina di un'unica commissione esaminatrice, eventualmente suddivisa in sottocommissioni.
2.2. Contestualmente, venivano annullati anche gli atti conseguenziali a quello di nomina, ivi compreso il decreto del 19 luglio 2006 di ammissione alle prove scritte dei concorrenti che avevano superato la prova preselettiva, e si stabiliva l'ammissione diretta e automatica alle prove scritte di tutti i concorrenti che si erano presentati nella data e nel luogo individuati per lo svolgimento delle prove preselettive.
2.3. Analogo provvedimento non veniva adottato per il concorso bandito ad appena un mese di distanza da quello sopra indicato, con decreto del 3 agosto 2004, per i medesimi profili professionali e riservato ai soli interni.
2.4. All'esito del contenzioso giurisdizionale promosso dai candidati che avevano superato le prove preselettive, il Consiglio di Stato, Sez. VI, con sentenza del 10 settembre 2008, n. 4332, in parziale riforma della sentenza del T.A.R. Lazio n. 12571/2007, sanciva che dal legittimo annullamento in autotutela dell'atto di nomina delle quattro commissioni non potesse discendere, in via derivata, l'invalidità delle prove preselettive già svolte, con ammissione alle prove scritte di tutti i candidati che si fossero presentati alle preselezioni.
2.5. Una volta definita la procedura concorsuale, gli odierni ricorrenti, risultati vincitori, impugnavano i decreti con cui erano stati confermati nel ruolo direttivo con la qualifica di commissario capo forestale con decorrenza dal 1° luglio 2012, anziché con una decorrenza antecedente, a causa del grave ritardo dell'Amministrazione nella conclusione del procedimento.
2.6. Il T.A.R. con la sentenza impugnata respingeva il ricorso per difetto di prova del nesso di causalità tra l'illegittimità della nomina delle quattro commissioni di concorso e il danno lamentato, essendo il ritardo imputabile al contenzioso pendente, e per mancanza di colpevolezza dell'Amministrazione, in quanto la scelta di non proseguire il procedimento era giustificata dalla pendenza del giudizio.
3. Con ricorso in appello notificato in data 11 novembre 2016 e depositato in data 6 dicembre 2016 i ricorrenti chiedono la riforma della sentenza sulla scorta delle seguenti ragioni:
- la sentenza appellata, pur ravvisando un grave ritardo nella conclusione della procedura concorsuale, erroneamente ha escluso la sussistenza del danno da ritardo per difetto dell'elemento soggettivo e del nesso di causalità. Il ritardo non è dovuto alla proposizione dei rimedi giurisdizionali da parte di alcuni ricorrenti, ma agli atti dell'Amministrazione che ha sbagliato per ben due volte: dapprima, ha nominato quattro commissioni giudicatrici per il concorso, mentre avrebbe dovuto nominarne una sola ai sensi dell'art. 9 d.P.R. 487/1994, successivamente, quando si è avveduta dell'errore, non si è limitata ad annullare gli atti di nomina delle diverse commissioni e a nominarne una unica, ma ha disposto l'annullamento dei risultati delle prove preselettive nel frattempo svoltesi;
- né può affermarsi che l'Amministrazione sia stata tempestiva nell'annullare i provvedimenti di nomina delle quattro commissioni in quanto il provvedimento di autotutela (del 16 ottobre 2006) è intervenuto a distanza di oltre due anni dall'indizione del concorso (con decreto del 5 luglio 2004) e di un anno e mezzo dalle nomine delle commissioni (avvenute nel corso del mese di febbraio 2005). Addirittura, per il mese di settembre 2006, erano state già fissate le date per lo svolgimento delle prove scritte a cui avrebbero dovuto partecipare soltanto i concorrenti che avevano superato le prove preselettive;
- l'Amministrazione ha dato causa al ritardo irragionevole e ai danni che ne sono derivati non soltanto con l'adozione di atti illegittimi, ma anche con il proprio comportamento tenuto in pendenza dei giudizi dinanzi al T.A.R. e al Consiglio di Stato, avendo di fatto bloccato il concorso;
- l'appellata sentenza deve essere annullata e/o riformata anche nella parte in cui si assume che non risulterebbe provata la colpevolezza, in quanto proprio il comportamento complessivamente tenuto dall'Amministrazione nella vicenda prova la riferibilità ad essa a titolo quanto meno di colpa del ritardo nella conclusione del concorso e, comunque, dei danni cagionati agli odierni appellanti, tenuto anche conto delle diverse fasi che hanno caratterizzato i due procedimenti amministrativi considerati, quello attivato con il bando del 5 luglio 2004 (concorso pubblico) e quello di cui al bando del 3 agosto 2004 (concorso riservato); mentre l'iter relativo al concorso pubblico subiva una irragionevole durata causa degli atti di autotutela adottati dall'Amministrazione (e poi risultati illegittimi nella parte relativa alle posizioni degli odierni appellanti), la procedura di concorso riservato veniva lasciata proseguire, nonostante l'identità dei vizi degli atti di nomina delle commissioni, e veniva celermente condotta a conclusione, tanto che i vincitori potevano iniziare il corso formativo già nel mese di novembre 2006 e, all'esito, essere confermati nei ruoli direttivi a decorrenza dal 22 novembre 2008.
4. In data 23 gennaio 2017 si costituiva il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.
5. In data 6 e 18 settembre 2019 si costituivano nuovamente, a mezzo di nuovo difensore a seguito del decesso del precedente, gli appellanti che, con successiva memoria del 17 dicembre 2021, insistevano per l'accoglimento dell'appello.
6. All'udienza del 18 gennaio 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
7. Con un unico, complesso, motivo di appello gli appellanti deducono l'erroneità della sentenza impugnata che ha escluso la responsabilità del Ministero per il ritardo nella conclusione della procedura concorsuale; lamentano che, contrariamente a quanto affermato dal T.A.R., il ritardo nel conseguimento della qualifica di commissario capo forestale è imputabile sia sul piano oggettivo che sul piano soggettivo alla condotta dell'Amministrazione la quale, dapprima, ha annullato in autotutela le nomine delle quattro commissioni e i risultati delle prove preselettive - omettendo di adottare un analogo provvedimento per l'identico concorso riservato agli interni e bandito a breve distanza temporale dal precedente - e, successivamente, è rimasta inerte in pendenza del giudizio, di fatto bloccando l'intera procedura.
7.1. Il motivo è infondato.
7.2. L'inosservanza del termine per la conclusione della procedura concorsuale (sia esso individuato in 300 giorni ex tabella A, Divisione V, del d.m. 25 maggio 1992, n. 376 del MIPAF o in 360 giorni in base alla previsione di cui alla Divisione IV della medesima tabella, come ritenuto dagli appellanti, oppure nei sei mesi previsti, in via generale, dall'art. 11 d.P.R. 487/1994, come sostenuto in primo grado dal Ministero) costituisce condizione necessaria, ma non sufficiente, a fondare un obbligo risarcitorio dell'Amministrazione ai sensi dell'art. 2-bis, comma 1, l. 241/1990, difettando, nel caso di specie, gli elementi costitutivi della responsabilità da fatto illecito, al cui paradigma è improntata anche la responsabilità per inosservanza dei termini procedimentali. Più precisamente, dalla documentazione in atti non emerge che il ritardo possa essere imputato a una condotta colposa dell'Amministrazione, come richiesto [dal]l'univoco orientamento della giurisprudenza, anche di questa Sezione, ai fini della configurabilità della responsabilità in questione.
8. L'art. 2-bis, comma 1, cit. prevede, infatti, la possibilità di risarcimento del danno da ritardo/inerzia dell'Amministrazione nella conclusione del procedimento amministrativo non già come effetto del ritardo in sé e per sé, bensì per il fatto che la condotta inerte o tardiva dell'Amministrazione sia stata causa di un danno prodottosi nella sfera giuridica del privato; tale danno, del quale quest'ultimo deve fornire la prova sia sull'an che sul quantum, deve essere riconducibile, secondo la verifica del nesso di causalità, al comportamento inerte ovvero all'adozione tardiva del provvedimento conclusivo del procedimento, da parte dell'Amministrazione (cfr. C.d.S., Sez. II, 6 dicembre 2021, n. 8123; 12 aprile 2021, n. 2960; Sez. IV, 1° dicembre 2020, n. 7622).
8.1. Nell'esame della norma richiamata, il riferimento all'ingiustizia del danno induce a ritenere che anche la fattispecie di responsabilità per la violazione del termine fissato per la conclusione del procedimento sia inquadrabile nel modello aquiliano di cui all'art. 2043 c.c. che, secondo l'indirizzo dominante in giurisprudenza, rappresenta il punto di riferimento fondamentale per la responsabilità civile dell'Amministrazione in tema di danni cagionati dall'illegittima attività amministrativa, siano essi derivanti da illegittimità provvedimentale ovvero dall'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento (come di recente ribadito dall'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza 23 aprile 2021, n. 7).
8.2. Lo schema della responsabilità extracontrattuale comporta ricadute anche sulla distribuzione dell'onere della prova, con la conseguenza che - ai fini dell'accoglimento della domanda di risarcimento del danno extracontrattuale - incombe sul ricorrente l'onere di dimostrare la sussistenza di tutti gli elementi tipici della fattispecie di responsabilità, tra cui il nesso di causalità tra illegittimità della condotta e danno, l'elemento soggettivo, nel senso che l'attività illegittima deve essere imputabile all'Amministrazione (all'apparato amministrativo, come viene spesso precisato) a titolo di dolo o colpa, come testualmente confermato nella specie dall'art. 2-bis (il quale postula che il danno derivi dalla "inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento"). Accanto agli elementi descritti, la giurisprudenza richiede anche la verifica della spettanza del bene della vita che il privato intende acquisire alla propria sfera giuridica attraverso l'esercizio del potere e l'emanazione del provvedimento amministrativo richiesto, in quanto il bene "tempo", leso dal ritardo, ha dignità di interesse risarcibile se e nella misura in cui si sia prodotto, per effetto della lesione, un danno ingiusto (Ad. plen., 23 aprile 2021, n. 7, che ha chiarito le conclusioni espresse sul punto da Ad. plen., 4 maggio 2018, n. 5).
8.3. Dunque, anche nell'ipotesi di inerzia dell'Amministrazione, la risarcibilità del danno derivante dalla violazione del termine per provvedere postula la sussistenza dei presupposti di carattere oggettivo e soggettivo; con l'ulteriore precisazione che la valutazione di questi ultimi (dolo o colpa della P.A.) non può essere fondata soltanto sul dato oggettivo del superamento del termine di conclusione del procedimento amministrativo (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. IV, 2 gennaio 2019, n. 20), ma occorre quantomeno verificare se il comportamento dell'apparato amministrativo abbia travalicato i canoni della correttezza e della buona Amministrazione, ovvero sia trasmodato in negligenza, omissioni o errori interpretativi di norme, ritenuti non scusabili (C.d.S., Sez. II, 6 dicembre 2021, n. 8123; 25 maggio 2020, n. 3269).
9. Ciò posto, dagli atti di causa risulta che il ritardo nell'espletamento delle prove scritte è stato causato da (ed è quindi imputabile a) un duplice ordine di circostanze: la necessità di riorganizzare la procedura concorsuale a seguito dell'annullamento in autotutela degli atti di nomina delle quattro commissioni e l'incertezza in ordine ai successivi sviluppi della procedura a causa della pendenza del contenzioso sul legittimo esercizio dell'autotutela.
9.1. In particolare, dalla documentazione prodotta dalle parti sia in primo grado che in grado di appello emerge che:
- a seguito di segnalazione del Gabinetto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali del 27 settembre 2006, l'Amministrazione interveniva in autotutela con decreto del 16 ottobre 2006, annullando sia i provvedimenti di nomina delle commissioni esaminatrici che il decreto del 19 luglio 2006 di ammissione alle prove scritte dei concorrenti che avevano superato la prova preselettiva;
- l'Amministrazione provvedeva, pertanto, a rinnovare il procedimento per l'individuazione dei membri della commissione unica d'esame e a comunicare, a mezzo di lettere raccomandate, a tutti i candidati presentatisi per la prova preselettiva che nella Gazzetta Ufficiale del 27 febbraio 2007 sarebbe stata indicata la data di espletamento della prova scritta;
- il T.A.R. Lazio respingeva l'istanza di sospensione cautelare del provvedimento di autotutela con ordinanza n. 55 del 8 gennaio 2007, successivamente riformata in appello con ordinanza n. 1443 del 20 marzo 2007 dalla VI Sezione del Consiglio di Stato;
- con sentenza n. 12571 del 5 dicembre 2007, il T.A.R. respingeva definitivamente il ricorso di primo grado;
- la sentenza veniva parzialmente riformata in data 10 settembre 2008 dal Consiglio di Stato, Sez. VI, con sentenza n. 4332. La VI Sezione, in particolare, confermava la legittimità del provvedimento di annullamento in autotutela delle quattro commissioni esaminatrici per violazione dell'art. 9 d.P.R. n. 487 del 1994 che sancisce l'unicità della commissione, mentre rilevava che erroneamente l'Amministrazione aveva ritenuto caducata, in via derivata, anche la prova preselettiva;
- a seguito della citata decisione, con nota pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 30 settembre 2008, veniva comunicato il rinvio delle prove scritte alla data del 30 gennaio 2009.
9.2. L'Amministrazione agiva, quindi, immediatamente in autotutela a seguito della segnalazione dell'illegittima nomina delle quattro commissioni (segnalazione del 27 settembre 2006 e atto di annullamento del 16 ottobre 2006) e, ciononostante, la procedura subiva un primo rallentamento imposto dall'esigenza di designare i membri dell'unica commissione e dalla necessità di avvisare individualmente i candidati, a mezzo di lettera raccomandata, che la data delle nuove prove sarebbe stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 27 febbraio 2007.
9.3. Un secondo rallentamento discendeva dall'instaurazione del contenzioso giurisdizionale definitivamente concluso solo con la sentenza del Consiglio di Stato del 10 settembre 2008, di accoglimento parziale dell'appello.
9.4. Fino alla definizione del giudizio vi era incertezza sia sulla legittima composizione della commissione esaminatrice (le quattro originarie oppure un'unica commissione ripartita in sottocommissioni) sia sull'esatta platea dei candidati ammessi alla fase successiva, sicché il rinvio delle prove in attesa della definizione del giudizio non si pone in contrasto con i principi di proporzionalità e buon andamento, in quanto l'eventuale accoglimento dell'appello avrebbe dispiegato effetti anche sulle prove scritte nelle more espletate (espressione, a differenza delle prove preselettive, di un giudizio tecnico-discrezionale della commissione illegittimamente nominata), determinandone l'invalidità in via derivata con inevitabile regressione della procedura e ulteriore pregiudizio per gli odierni appellanti, costretti a reiterare la prova scritta.
9.5. Per altro verso, si deve escludere che il danno lamentato sia riconducibile, sul piano eziologico, all'inerzia serbata dall'Amministrazione successivamente alla pronuncia dell'ordinanza cautelare di questo Consiglio di Stato n. 1443/2007 che ha accolto, in riforma dell'ordinanza del T.A.R., l'istanza cautelare di primo grado avverso l'annullamento in autotutela dell'atto di nomina. L'auspicato impulso alla procedura, infatti, non avrebbe determinato alcuna riduzione dei tempi del concorso e della nomina dei vincitori, contrariamente a quanto sostenuto dagli appellanti, in quanto gli ulteriori atti, posti in essere nelle more del giudizio dalle quattro commissioni originarie, avrebbero avuto una validità ed un'efficacia precarie e condizionate dall'esito del giudizio di merito che ha confermato la legittimità dell'annullamento in autotutela della nomina.
In sede di merito, la VI Sezione - superando quanto osservato in sede cautelare in ordine al fumus dell'illegittimità dell'atto di autotutela - ha confermato la validità della sola prova preselettiva che, per le sue caratteristiche, non è espressione di un'attività tecnico-discrezionale della commissione e che "avvenendo, per previsione del bando, conforme ad una diffusa prassi, in base alla risposta a quiz attitudinali e di cultura, doveva essere in concreto considerata come esito di un mero riscontro, privo cioè di profili di accertamento tecnico-discrezionale", con la conseguenza che "l'espletamento di tali prove preselettive è neutrale, cioè indifferente quanto ai suoi concreti esiti, rispetto alla composizione ed unitarietà della commissione che presieda al loro svolgimento" (C.d.S., Sez. IV, 10 settembre 2009, n. 4332).
9.6. Orbene, anche a voler condividere l'assunto di parte appellante in ordine alla sussistenza del nesso di causalità tra il ritardo e l'illegittima caducazione, in via derivata, della prova preselettiva, occorre rilevare che, nel caso di specie, non può predicarsi alcuna colpevolezza dell'Amministrazione, né a titolo di dolo né a titolo di colpa.
9.7. L'incertezza in ordine alle conseguenze dell'autotutela sulle prove preselettive già esplicate, sub specie di caducazione o meno in via derivata delle medesime, ha indotto l'Amministrazione ad un comportamento prudenziale e conservativo mediante il rinvio delle prove scritte in attesa dell'esito definitivo del giudizio, stante l'evidente precarietà, nelle more, dei successivi sviluppi della procedura ed il rischio di ulteriore incremento del contenzioso in caso di invalidità, in via derivata, delle prove scritte una volta espletate. Ciò in quanto i vizi lamentati involgevano l'intera procedura concorsuale e non la posizione dei singoli candidati.
9.8. Peraltro, una volta venuto meno lo stato di incertezza con la pronuncia definiva del Consiglio di Stato del 10 settembre 2008, il Ministero ha dato immediato impulso alla procedura, pubblicando sulla Gazzetta Ufficiale del 30 settembre 2008 la nuova data dell'espletamento delle prove scritte.
9.9. Per le ragioni sopra indicate non pare ravvisarsi nel comportamento dell'Amministrazione una palese violazione dei canoni della correttezza, imparzialità e della buona Amministrazione a cui deve conformarsi l'azione dell'Amministrazione, essendo il lamentato ritardo cagionato piuttosto dalla complessità e dall'incertezza della situazione di fatto nonché dall'esigenza di evitare una ulteriore dilatazione dei tempi con il compimento di atti ad efficacia precaria, stante il dubbio sul concreto modus procedendi e sulla legittima composizione della commissione esaminatrice (cfr., sul punto, C.d.S., Sez. IV, 15 marzo 2021, n. 2193).
10. Né è possibile, sotto altro profilo, desumere alcun profilo di colpevolezza, come sostiene la parte appellante, dal confronto con la più rapida conclusione dell'analogo concorso riservato ai soli interni, stante la non equiparabilità delle due procedure, per la differente ampiezza della platea dei candidati e per la diversità [delle] circostanze di fatto, non essendo stata la seconda interessata da vicende contenziose, le quali rappresentano un rischio ordinariamente insito in ogni procedura a prescindere dall'esercizio o meno dell'autotutela sull'atto di nomina.
11. In ultimo, osserva il Collegio che, sul piano risarcitorio, gli appellati si sono limitati a chiedere la retrodatazione della conferma nei ruoli direttivi forestali, con ricostruzione della carriera e del maturato e economico, senza fornire alcuna prova dei danni effettivamente sofferti.
11.1. Sul punto, la giurisprudenza ha precisato che "chi pretende il risarcimento del danno, ex art. 2043 c.c., da tardiva assunzione conseguente a provvedimento illegittimo della P.A. non può allegare, a tale titolo (in particolare, sotto forma di lucro cessante), la mancata percezione delle retribuzioni che si sarebbero potute percepire e che sarebbero state versate per la contribuzione assicurativa in ipotesi di tempestiva assunzione, in quanto queste presuppongono l'avvenuto perfezionamento del rapporto di lavoro e rilevano sotto il profilo della responsabilità contrattuale. Al contrario, l'attore deve allegare e dimostrare i pregiudizi di tipo patrimoniale e/o non patrimoniale che siano eventualmente derivati dalla condotta illecita che si assume essere stata causa del danno lamentato. Pertanto, in sede di quantificazione per equivalente del danno in ipotesi di omessa o ritardata assunzione, questo non si identifica in astratto nella mancata erogazione della retribuzione e della contribuzione (elementi che comporterebbero una vera e propria restitutio in integrum e che possono rilevare soltanto sotto il profilo della responsabilità contrattuale), occorrendo invece caso per caso individuare l'entità dei pregiudizi di tipo patrimoniale e non patrimoniale che trovino causa nella condotta illecita del datore di lavoro (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. V, 30 giugno 2011, n. 3934)" (C.d.S., Sez. II, 28 gennaio 2021, n. 841).
11.2. Nessuna prova in ordine ai pregiudizi effettivamente subiti è stata fornita dagli appellati che si sono limitatati a chiedere la retrodatazione giuridica ed economica della nomina.
12. In conclusione, l'appello deve essere respinto in quanto infondato.
13. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna gli appellanti, in solido, alla refusione a favore del Ministero appellato delle spese del presente grado di giudizio che liquida in complessivi euro 4.000,00 (quattromila/00), oltre a spese generali e accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.