Corte di cassazione
Sezione III civile
Ordinanza 1° dicembre 2022, n. 35419

Presidente: Travaglino - Relatore: Vincenti

FATTI DI CAUSA

1. All'esito del giudizio penale definito con sentenza n. 19507 del 2013 della Terza Sezione penale di questa Corte, Gerardo B., all'epoca dei fatti sindaco del Comune di Sarno, veniva condannato alla pena di 5 anni di reclusione per il reato di cui agli artt. 113, 40 e 589 c.p., per avere colposamente cagionato la morte di 137 persone in occasione dell'alluvione del 5 maggio 1998, nonché, in via solidale con la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dell'interno e il Comune di Sarno, quali responsabili civili, al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separata sede, in favore delle costituite parti civili.

2. Il Tribunale di Salerno, adito da Aniello A. e Raffaelina S. per conseguire il risarcimento dei danni patiti a causa del decesso del proprio figlio Eduardo nella predetta alluvione, con ordinanza ex art. 702-ter c.p.c. dell'ottobre 2018: accoglieva la domanda attorea e condannava, in solido tra loro, Gerardo B., il Comune di Sarno, la Presidenza del Consiglio dei ministri e il Ministero dell'interno al pagamento della somma di euro 500.000,00, oltre accessori; accoglieva la domanda di regresso spiegata dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e dal Ministero dell'interno nei confronti del B., condannando quest'ultimo a pagare alle amministrazioni statali le somme che le stesse avrebbero corrisposto agli attori; rigettava la domanda di regresso spiegata dalle medesime amministrazioni statali nei confronti del Comune di Sarno.

3. Il gravame proposto dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e dal Ministero dell'interno avverso tale decisione veniva rigettato dalla Corte d'appello di Salerno con sentenza resa pubblica in data 8 ottobre 2020, la quale (per quanto ancora interessa in questa sede) escludeva che le appellanti amministrazioni statali avessero diritto di regresso contro il Comune di Sarno al fine di recuperare le somme corrisposte al danneggiato, assumendo che l'art. 2055, secondo comma, c.c. possa trovare applicazione soltanto tra corresponsabili in solido che abbiano concorso nella causazione del fatto illecito, presupponendo la citata norma che ognuno di essi abbia una parte di colpa nel verificarsi dell'evento lesivo e così negando "implicitamente la possibilità di esercitare l'azione di regresso nei confronti di coloro che, essendo tenuti a rispondere del fatto altrui in virtù di specifiche disposizioni di legge e, dunque, in base a un criterio di imputazione legale, risultano, per definizione, estranei alla produzione del danno".

Nella specie, argomentava ancora il giudice di appello, il responsabile diretto del decesso dei congiunti dell'attore, nel corso dell'alluvione del 5 maggio 1998, era - come definitivamente accertato nel giudizio penale - unicamente l'allora sindaco del Comune di Sarno, Gerardo B., "per avere omesso di allertare tempestivamente la popolazione, cui, di contro, inoltrava avvisi tranquillizzanti, di disporre l'evacuazione delle persone residenti nelle zone a rischio quale unica condotta salvifica possibile, di convocare ed insediare con urgenza il comitato locale per la protezione civile e di segnalare prontamente alla prefettura di Salerno la gravità degli eventi per consentirne interventi di competenza".

La Corte territoriale riteneva, quindi, che - ferma restando la corresponsabilità solidale nei confronti del danneggiato e la possibilità dei responsabili per fatto altrui di agire in regresso per l'intero "contro l'autore effettivo dell'illecito" - non vi era "alcuna possibilità di configurare un regresso ai sensi dell'art. 2055, comma 2, c.c. o di qualsiasi altra norma, tra responsabili indiretti o per fatto altrui, id est tra soggetti tutti incolpevoli, venendo a mancare in tale ipotesi la stessa ratio essendi dell'azione di regresso, che è quella di riversare il costo del danno sull'effettivo responsabile (colpevole) e che non potrebbe utilmente dispiegarsi contro coloro che non abbiano nessuna responsabilità (o colpa) nel fatto dannoso".

4. Per la cassazione di tale sentenza ricorrono la Presidenza del Consiglio dei ministri e il Ministero dell'interno, affidando le sorti dell'impugnazione a due motivi.

Resiste con controricorso il Comune di Sarno, mentre non hanno svolto attività difensiva in questa sede gli intimati Gerardo B., Aniello A. e Raffaelina S.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto di cui agli artt. 28 Cost., 22 e 23 del d.P.R. n. 3 del 1957, 185 c.p., 2043, 2049 e 2055, secondo comma, c.c., per aver la Corte territoriale, nel rigettare la domanda di regresso di esse amministrazioni statali contro il Comune di Sarno, commesso un errore "nella sussunzione dei presupposti fattuali del caso di specie", in forza dei quali avrebbe dovuto qualificare la responsabilità delle pubbliche amministrazioni, statali e comunale, per il fatto illecito dell'ex sindaco del Comune di Sarno non già come indiretta, trattandosi, invece, di responsabilità diretta "per fatto proprio", proprio "in ragione del rapporto di immedesimazione organica e dell'articolo 28 della Costituzione". E a tanto sarebbe dovuto giungere il giudice di appello in forza dell'accertamento irrevocabile di cui alla sentenza n. 19507 del 2013 della Terza Sezione penale di questa Corte di cassazione, che aveva dato rilievo alle "seguenti circostanze afferenti all'operato del Sindaco, rappresentante dell'Ente locale e ufficiale di Governo nel caso di eventi calamitosi: mancata attuazione del piano di protezione civile, adottato il 12 luglio 1995, concretatasi soprattutto nella mancata evacuazione delle aree del territorio comunale investite dalla colata di fango; mancata richiesta di strutture e mezzi supplementari al Prefetto territorialmente competente; improvvide raccomandazioni fornite alla popolazione locale, invitata a rimanere nelle proprie abitazioni e a non lasciare il territorio comunale".

I ricorrenti sostengono, quindi, che le condotte dell'ex sindaco non sarebbero state volte al perseguimento di un profitto o di un vantaggio personale, "approfittando della propria condizione di organo al tempo stesso statale e comunale", dovendosi, invece, inquadrare "nell'esercizio o mancato esercizio di funzioni pubbliche, con la conseguenza che gli atti e le omissioni..., oltre che immediatamente riferibili alla persona fisica del Sindaco, siano anche direttamente imputabili tanto al Comune quanto alle Amministrazioni Statali in ragione delle proprie funzioni".

La Corte territoriale si sarebbe, dunque, dovuta attenere al principio di diritto secondo cui, «poiché la responsabilità delle Pubbliche Amministrazioni Statali e del Comune di Sarno è inquadrabile nell'ambito della responsabilità "per fatto proprio" a seguito del rapporto di immedesimazione organica dell'ex Sindaco con le prefate Amministrazioni nell'esercizio delle funzioni di protezione civile di cui alla legge n. 225 del 1992 e alla ascrivibilità delle proprie condotte nell'esercizio e/o mancato esercizio di dette funzioni, l'azione di regresso di un'Amministrazione, coobbligata solidale, nei confronti dell'altra è ammissibile secondo i dettami di cui all'articolo 2055 comma 2 e 3 del codice civile».

2. Con il secondo mezzo è dedotta, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. e in subordine al mancato accoglimento del primo motivo, violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto di cui agli artt. 185 c.p., 2043, 2049 e 2055, secondo e terzo comma, c.c., per aver la Corte territoriale, pur nell'ipotesi in cui "il titolo di responsabilità della Pubblica Amministrazione sia qualificabile per fatto altrui", erroneamente escluso che ciascuna amministrazione potesse esercitare, ai sensi dell'art. 2055, secondo comma, c.c., l'azione di regresso contro l'altra amministrazione coobbligata solidale, giacché avrebbe dovuto fare applicazione, invece, del principio di diritto (a fondamento del quale i ricorrenti argomentano diffusamente) secondo cui, "in virtù dell'autonomia sistematica e concettuale dell'articolo 2055 rispetto alla disciplina dell'azione di regresso per le obbligazioni da contratto di cui all'articolo 1298 del Codice Civile, è ammissibile l'azione di regresso ai sensi dell'articolo 2055, comma 2 e 3, anche tra coobbligati solidali aventi titoli di responsabilità diversi da quello della responsabilità per fatto proprio colpevole".

3. Il primo motivo è fondato, con conseguente assorbimento dell'esame del secondo motivo proposto in via subordinata.

3.1. Occorre muovere dai principi di diritto enunciati dalle Sezioni unite civili di questa Corte di cassazione con la sentenza n. 13246 del 16 maggio 2019.

Il comportamento della P.A. che può dar luogo, in violazione dei criteri generali dell'art. 2043 c.c., al risarcimento del danno per il fatto penalmente illecito del dipendente, o si riconduce all'estrinsecazione del potere pubblicistico e cioè ad un formale provvedimento amministrativo, emesso nell'ambito e nell'esercizio di poteri autoritativi e discrezionali ad essa spettanti, oppure si riduce ad una mera attività materiale, disancorata e non sorretta da atti o provvedimenti amministrativi formali.

Nel primo caso (attività provvedimentale o, se si volesse generalizzare, istituzionale in quanto estrinsecazione di pubblicistiche ed istituzionali potestà), l'immedesimazione organica di regola pienamente sussiste ed è allora ammessa la responsabilità diretta in forza della sicura imputazione della condotta all'ente.

Nel secondo caso, di attività estranea a quella istituzionale o comunque materiale, ove pure vada esclusa l'operatività del criterio di imputazione pubblicistico fondato sull'attribuzione della condotta del funzionario o dipendente all'ente, opera (nei limiti indicati dalle Sezioni unite, quale profilo qui non rilevante) il diverso criterio della responsabilità indiretta, per fatto del proprio dipendente o funzionario, in forza di principi corrispondenti a quelli elaborati per ogni privato preponente e desunti dall'art. 2049 c.c.

3.2. Nella sentenza n. 19507 del 2013 di questa Corte, Terza Sezione penale, che ha definito il procedimento penale per omicidio colposo plurimo nei confronti del sindaco pro tempore, si legge, quanto alla imputazione sollevata nei confronti di questi, che: «non considerava la "mappa dei rischi" allegata al menzionato piano di protezione civile, nella quale quello derivante da alluvioni, frane e valanghe veniva ritenuto di "grado alto" e, quindi, degno della massima attenzione, con la indicazione degli adempimenti da attuarsi al verificarsi dell'emergenza; ometteva di dare tempestivamente il segnale di allarme alla popolazione, di disporre l'evacuazione delle persone residenti nelle zone a rischio, di convocare ed insediare tempestivamente il comitato locale per la protezione civile, di dare tempestivo e congruo allarme alla Prefettura di Salerno alla quale, anzi, fino alle ore 20,47, forniva notizie imprudentemente rassicuranti sull'emergenza in corso, suscettibili di non provocare l'adeguato allertamento degli organi competenti; forniva alla popolazione in pericolo notizie imprudentemente rassicuranti sulla emergenza in atto, diffondendo due appelli televisivi, trasmessi dall'emittente..., con i quali invitava i cittadini a restare nelle proprie abitazioni, facendo così ritenere che la situazione fosse sotto controllo ed inesistente il pericolo; inoltre, a fronte di una precisa richiesta di evacuazione dei plessi ospedalieri di Sarno, in pericolo, avanzata dall'Autorità sanitaria competente, rifiutava tale evacuazione assumendo la insussistenza di pericolo per la vita dei pazienti».

3.3. L'attività colposa che viene in rilievo non è meramente materiale ed estranea ai compiti istituzionali, tale da essere legata da un nesso di occasionalità necessaria con le funzioni o poteri esercitati - alle condizioni indicate dalle Sezioni unite -, ma è istituzionale nel senso di estrinsecazione di pubblicistiche ed istituzionali potestà.

La circostanza che l'attività non sia per lo più collegata ad un formale provvedimento amministrativo ed integri piuttosto una condotta di tipo omissivo non muta i termini della questione poiché l'omessa adozione di un provvedimento amministrativo non costituisce comportamento materiale, ma illegittima condotta istituzionale (peraltro al sindaco risultano imputate anche condotte di carattere commissivo sotto il profilo delle notizie imprudentemente rassicuranti fornite durante l'emergenza in corso).

L'attribuzione del potere illegittimamente non esercitato è criterio di responsabilità dell'autorità rimasta inerte, per cui non esercitare il potere non è un contegno meramente materiale della persona fisica, ma azione amministrativa illegittima ove quel potere doveva essere esercitato. Costituendo manifestazione di attività istituzionale anche l'omesso esercizio di potestà pubblica, la responsabilità del Comune nel caso di specie ha carattere diretto ai sensi dell'art. 2043 c.c., per cui non vi è ostacolo, anche secondo l'assunto del giudice di merito, all'esercizio dell'azione di regresso ai sensi del secondo comma dell'art. 2055 c.c. da parte delle amministrazioni statali ricorrenti.

3.4. Va enunciato il seguente principio di diritto: "sussiste la responsabilità diretta della pubblica amministrazione ai sensi dell'art. 2043 c.c., per il fatto penalmente illecito commesso dalla persona fisica appartenente all'amministrazione, tale da far reputare sussistente l'immedesimazione organica con quest'ultima, non solo in presenza di formale provvedimento amministrativo, ma anche quando sia stato illegittimamente omesso l'esercizio del potere autoritativo".

4. Deve, quindi, essere accolto il primo motivo di ricorso, con assorbimento del secondo motivo. Ne consegue la cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e il rinvio della causa alla Corte di appello di Salerno, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbito il secondo motivo;

cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di appello di Salerno, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.