Corte dei conti
Sezione giurisdizionale per la Campania
Sentenza 4 luglio 2023, n. 409
Presidente: Oricchio - Estensore: Pepe
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con atto di citazione, del 27 dicembre 2022, la Procura regionale ha evocato in giudizio Teodoro L. e Ranieri V. nelle rispettive qualità di funzionario amministrativo responsabile e di assistente amministrativo dell'ufficio servizi cimiteriali del Comune di Battipaglia, per quivi sentirli condannare al pagamento, in favore di detto ente, del complessivo importo di euro 32.089,31, oltre interessi, rivalutazione e spese di giustizia.
Con notizia di stampa, acquisita il 22 luglio 2021, e integrata da successiva segnalazione comunale, del 6 agosto 2021, il P.M. contabile apprendeva del coinvolgimento di dipendenti comunali preposti ai servizi funerari in un patto corruttivo con l'imprenditore Cosimo M. volto a dirottare su quest'ultimo corrispettivi indebiti per tumulazioni ed altre attività richieste dall'utenza, con nocumento per l'Amministrazione pari ai diritti cimiteriali non riscossi.
Detta vicenda era, altresì, oggetto di procedimento penale, pendente in dibattimento per il L. e definito con sentenza di patteggiamento, divenuta irrevocabile il 9 novembre 2021, per il V. (quest'ultimo, peraltro, già licenziato dal Comune in sede disciplinare).
2. Nella prospettiva attorea, l'illecito amministrativo in esame era da attribuirsi alla condotta con cui gli interessati, in concorso tra loro, avrebbero, tra giugno ed ottobre 2019, stabilmente asservito le funzioni pubbliche esercitate agli interessi personali e propri dell'imprenditore M., il quale fungeva da corruttore ex art. 321 c.p., quale terzo contraente e beneficiario della stipula di contratti per servizi cimiteriali in violazione del regolamento che riserva le operazioni di polizia mortuaria esclusivamente al Comune, vietando, altresì, al personale di segnalare ditte private all'utenza.
Agli odierni convenuti veniva in particolare contestato di avere intenzionalmente compiuto più di un episodio di riscossione indebita di compensi prospettando l'assenza di operai comunali specializzati ed indicando all'utenza la ditta M. che provvedeva, di regola, ad incamerare direttamente le somme dovute a titolo di corrispettivo.
Tutto ciò con pregiudizio, a carico dell'ente, determinato in un ammontare di euro 32.089,31 così suddiviso:
a) danno da mancata entrata per euro 7.895,00 imputato in solido e per l'intero agli interessati;
b) danno da lesione del vincolo sinallagmatico tra retribuzione e prestazione lavorativa per complessivi euro 14.594,31 di cui euro 5.825,19 ascritti al V. ed euro 8.769,12 addebitati al L.;
c) danno all'immagine per euro 9.600,00 contestato esclusivamente al V.
All'esito del procedimento istruttorio veniva ritualmente notificato apposito invito a dedurre cui gli invitati replicavano con memorie del 7 novembre 2022 il L. e del 20 dicembre 2022 il V.
Non ritenendo le deduzioni difensive idonee a superare gli addebiti ascritti, il P.M. esercitava l'azione erariale con atto di citazione del 27 dicembre 2022.
3. Instauratosi il contraddittorio, con comparsa di costituzione datata 5 maggio 2023, il L. contestava la ricostruzione attorea della vicenda sottolineando, nello specifico, di:
- aver agito nel rispetto della normativa vigente e delle direttive del Comune;
- essersi rivolto alla ditta M. su indicazione del dirigente Carmine S. che gli aveva evidenziato la necessità di far lavorare ditte esterne già operanti in ambito cimiteriale, a fronte delle conclamate carenze del personale comunale in servizio;
- non aver instaurato alcun rapporto illecito con il citato imprenditore avendo, per contro, sempre operato a tutela degli interessi dell'Amministrazione e dell'utenza.
Eccepiva altresì:
- l'insussistenza del dolo oltre che della colpa grave, rappresentando, da un lato, l'impossibilità del Comune di assolvere alle funzioni assegnate per carenza di personale munito dei necessari requisiti; dall'altro, l'inerzia serbata da commissari, sindaci e dirigenti nonostante le criticità segnalate attraverso le relazioni n. 12052, del 20 febbraio 2016, e n. 68744 del 28 settembre 2016.
Concludeva per il rigetto della domanda e, in subordine, per l'esercizio del potere riduttivo nella misura massima.
Con comparsa del 5 maggio 2023 si costituiva in giudizio il V. che confutava la prospettazione della Procura evidenziando:
- la sua occasionale partecipazione ai fatti in rilievo, in quanto assegnato ai servizi cimiteriali per due soli giorni alla settimana, oltre che per periodi limitati;
- di avere sempre agito, senza dolo né colpa grave, in conformità alle direttive ed alle indicazioni del dirigente S. in un contesto nel quale la ditta M. operava in regime di quasi monopolio con il placet dei vertici, amministrativi e politici, del Comune, ai quali, pertanto, dev'essere ascritto ogni addebito.
Censurava, poi, gli elementi costitutivi dell'ipotizzata responsabilità amministrativa rimarcando, in particolare, l'insussistenza del:
- danno patrimoniale da mancata entrata, sul presupposto di non aver concorso al verificarsi dell'indicato ammanco a detrimento dell'ente;
- danno da retribuzioni ingiustificate, opponendosi, al riguardo, alla quantificazione attorea ritenuta non proporzionata allo svolgimento delle mansioni per due soli giorni alla settimana;
- danno all'immagine, per difetto di nesso causale con la condotta contestata, peraltro lecita, tenuto conto, altresì, della rinuncia (tacita) alla costituzione di parte civile ad opera del Comune nel procedimento penale a suo carico.
Concludeva per la reiezione della domanda e, in subordine, per l'imputazione di quota parte dell'addebito ad altri soggetti non evocati in giudizio, tra cui il dirigente S.
4. All'odierna udienza, il P.M., nel riportarsi a quanto dedotto in citazione, preliminarmente rivendicava l'autonomia dell'azione di responsabilità contabile rispetto all'azione penale. Nel merito, rimarcava l'indebito affidamento, a cura dei convenuti, delle operazioni cimiteriali in favore del M., nonostante, nel corso del 2019, l'ufficio tecnico comunale fosse munito di uomini e mezzi per provvedervi direttamente.
Per contro, l'avv. Forlenza, per L., insisteva per la liceità del comportamento con cui il proprio assistito, per far fronte alla penuria di addetti comunali specializzati, aveva proposto l'assegnazione d'urgenza dei ridetti servizi ad una cooperativa esterna, ricevendo, invece, dal dirigente S. l'indicazione di rivolgersi ad una ditta già operante in ambito cimiteriale.
Infine, con riferimento al quantum risarcitorio indicato in citazione, ne contestava sia l'ammontare che i criteri di quantificazione.
L'avv. Santacroce, per il V., nell'escludere qualsivoglia condotta corruttiva, precisava come eventuali responsabilità erariali andassero ascritte al dirigente S. e al responsabile L., dato che il proprio assistito si era sempre limitato ad eseguire gli ordini dei ridetti superiori.
Concludeva per il rigetto della pretesa attorea, riportandosi a quanto dedotto nella comparsa di costituzione.
All'esito della discussione la causa veniva trattenuta per la presente decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. La fattispecie di responsabilità sottoposta all'odierno esame concerne il danno erariale presuntivamente cagionato al Comune di Battipaglia per effetto della condotta illecita ascritta, a titolo di dolo, agli odierni convenuti.
2. Per motivi di economia processuale, il Collegio antepone l'esame del merito a quello delle eccezioni preliminari, verificando come primo punto, in virtù del principio della "ragione più liquida", se dalla documentazione in atti emerga in modo palese l'infondatezza della domanda attorea per insussistenza di uno o più elementi costitutivi della responsabilità amministrativa (sul richiamato principio, in giurisprudenza Cass., Sez. un., sent. n. 9936/2014 e n. 23542/2015; III Sez. app., sent. n. 620/2016; Cass. civ., sent. n. 5805/2017; Sez. giur. Abruzzo, sent. n. 40/2017; Sez. giur. Lazio, sent. n. 83/2017; Cass. civ., sent. n. 11458/2018; Sez. giur. Campania, sent. n. 383/2021 e 935/2021; Sez. giur. Toscana, sent. n. 301/2022; Sez. giur. Campania, sent. n. 180/2023).
Come è noto, il principio della "ragione più liquida" sottende un approccio interpretativo teso a verificare le soluzioni sul piano dell'impatto operativo rispetto a quello della coerenza logico-sistematica, con esame prioritario di una questione assorbente e di rapido scrutinio, idonea a consentire la definizione del giudizio, indipendentemente dalla circostanza che essa riguardi il rito o il merito.
In quest'ottica, i profili di evidenza ed idoneità possono sostituire quello dell'ordine delle questioni da trattare per motivi di economia e di celerità processuale (ex plurimis, Cass. civ., sent. n. 2909/2017; app. Sicilia, sent. n. 207/2018; III Sez. app., sent. n. 222/2019; Sez. giur. Campania, sent. n. 180/2023), così che la causa è decisa "sulla base della questione ritenuta di più agevole soluzione, anche se logicamente subordinata, senza che sia necessario esaminare previamente le altre" (III Sez. app., sent. n. 620/2016).
3. Applicando il principio illustrato, il Collegio reputa di procedere direttamente all'esame dell'elemento oggettivo del danno asseritamente derivante dalla condotta in contestazione con riferimento alla posizione degli odierni convenuti.
Come illustrato in fatto, il pregiudizio subito dal Comune è stato dal P.M. computato e suddiviso tra gli attuali convenuti, secondo lo schema che segue:
- nei confronti del V.: 1.1. euro 7.895,00, per danno da mancata entrata, con responsabilità solidale e per l'intero del L. in qualità di concorrente; 1.2. euro 5.825,19, per danno da retribuzioni indebite a seguito dell'interruzione del sinallagma del rapporto lavorativo; 1.3. euro 9.600,00, per danno all'immagine. Il tutto per il complessivo importo di euro 23.320,19, con responsabilità in solido del L. sino ad euro 7.895,00;
- nei confronti del L.: 2.1. euro 7.895,00 per danno da mancata entrata, con responsabilità solidale e per l'intero del V., in quanto concorrente alla produzione di detto pregiudizio; 2.2. euro 8.769,12, per danno da retribuzioni indebite per interruzione del sinallagma lavorativo. Il pregiudizio in totale addebitato ammonta ad euro 16.664,71, di cui è chiamato a rispondere in via solidale il V. fino a concorrenza di euro 7.895,00.
Per le voci di danno da mancata entrata e da disservizio - ascritte ad entrambi i convenuti - ne rileva il Collegio l'insussistenza e/o il difetto di prova non avendo la Procura compiutamente assolto il proprio onere probatorio in relazione a tale elemento della responsabilità, come evincibile dalla documentazione versata in atti dalla Pubblica accusa.
3.1. Con specifico riferimento al danno da omessa entrata, osserva preliminarmente questa Corte come le tariffe applicate alle operazioni cimiteriali, sotto il profilo giuridico-contabile, rappresentino una tassa ossia una prestazione patrimoniale corrisposta al Comune da privati che intendano fruire di uno o più servizi specificamente individuati. Al riguardo, detta tassa è applicata secondo il criterio della controprestazione che sottende un collegamento funzionale tra il pagamento di una tariffa, ad importo calmierato, da parte degli utenti e il compimento, a cura dell'ente, di un servizio a richiesta.
Come emerso dall'atto di citazione e dalla relativa documentazione (ad es. segnalazione del Comune e atti d'indagine penale), il descritto modello risulta parzialmente deviato, nella fattispecie in esame, in ragione dell'indebita sostituzione di impiegati comunali ad opera dell'imprenditore M. il quale, oltre a svolgere in proprio i servizi cimiteriali in parola, provvedeva, altresì, a riscuotere direttamente i corrispondenti importi - anche a mezzo degli attuali convenuti - spesso in misura superiore alle tariffe in vigore.
In questa prospettiva, a prescindere dal fatto che non si comprende dalla citazione se e in che misura gli importi così riscossi venivano riversati al Comune, il Collegio rileva comunque l'insussistenza dell'asserito pregiudizio da omessa entrata, non avendo l'ente erogato in favore dell'utenza richiedente alcun servizio nel periodo attenzionato.
La asserita e non contestata carenza e/o indisponibilità di addetti specializzati ha dunque impedito il sorgere di un diritto all'incameramento delle tariffe previste per i servizi cimiteriali richiesti, con conseguente inconfigurabilità di qualsivoglia pregiudizio da mancato incasso non essendovi stata alcuna controprestazione.
Al riguardo, osserva, poi, come anche l'illecita percezione di somme ulteriori, rispetto a quelle dovute, ad opera di M., L. e V. risulti inidonea ad integrare un danno pubblico ristorabile con l'odierna azione erariale, potendo, tutt'al più, costituire un danno, di natura privata, conseguente al delitto di truffa perpetrato nei confronti dell'utenza, da perseguirsi in altra sede ove il sotteso bene giuridico può trovare adeguata tutela.
3.2. Quanto al pregiudizio da disservizio patito dal Comune, l'inquirente fa discendere direttamente dal sodalizio criminoso la rottura del sinallagma tra prestazioni lavorative attese e retribuzioni conferite in favore degli attuali convenuti, con inevitabile sproporzione delle stesse rispetto alle attività sovente esercitate in spregio dei propri doveri d'ufficio.
Reputa, tuttavia, questa Corte che - al netto di valutazioni di tipo penalistico - il P.M. erariale abbia omesso di fornire prova del disservizio patito dall'Amministrazione datoriale per effetto dello svolgimento, a cura del L. e del V., di attività lavorative "desostanziate" ossia qualitativamente e quantitativamente inferiori agli standard previsti.
Al contrario, emerge per tabulas l'effettiva sistematica erogazione, nel periodo attenzionato, dei servizi cimiteriali richiesti - spesso in condizioni di urgenza - dal pubblico ed eseguiti dal M., anche tramite collaborazione degli odierni convenuti, con soddisfazione dell'utenza.
3.3. In relazione al danno all'immagine, oggetto di addebito nei confronti del solo V., occorre innanzitutto esaminare l'impatto, nel caso di specie, della riforma Cartabia e, segnatamente, dell'art. 25, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 150/2022 sugli effetti extrapenali della sentenza di patteggiamento.
In proposito, detta disposizione, in vigore dal 30 dicembre 2022, ha riformulato l'art. 445, comma 1-bis, c.p.p. nei termini che seguono: "la sentenza prevista dall'articolo 444, comma 2, anche quando è pronunciata dopo la chiusura del dibattimento, non ha efficacia e non può essere utilizzata a fini di prova nei giudizi civili, disciplinari, tributari o amministrativi, compreso il giudizio per l'accertamento della responsabilità contabile. Se non sono applicate pene accessorie, non producono effetti le disposizioni di leggi diverse da quelle penali che equiparano la sentenza prevista dall'articolo 444, comma 2, alla sentenza di condanna. Salvo quanto previsto dal primo e dal secondo periodo o da diverse disposizioni di legge, la sentenza è equiparata a una pronuncia di condanna".
Con tale novella, il legislatore penale ha inteso incentivare, in un'ottica deflattiva del contenzioso, l'utilizzo del rito del patteggiamento, limitando l'efficacia extrapenale della sentenza ex art. 444, comma 2, c.p.p. laddove non siano comminate pene accessorie.
Con particolare riferimento alla responsabilità amministrativo-contabile, la portata innovativa della norma si coglie agevolmente in tema di risarcimento del danno all'immagine.
Come noto, tra i presupposti stabiliti dall'art. 1, comma 1-sexies, l. n. 20/1994 s.m.i., per il ristoro di detto pregiudizio, vi è quello della sussistenza di una condanna irrevocabile per un reato contro la pubblica Amministrazione, o comunque in suo danno.
Sulla scorta della previgente formulazione dell'art. 444, comma 2, cit., la giurisprudenza contabile tendeva ad assimilare alla sentenza di condanna la sentenza di patteggiamento, rinvenendo in essa un accertamento implicito di responsabilità con efficacia vincolante, una volta divenuta irrevocabile, nel giudizio di responsabilità amministrativa quanto alla sussistenza del fatto, alla sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso ai sensi dell'art. 651 c.p.p., in assenza di condizioni per il proscioglimento.
Detta assimilazione ha, dunque, tradizionalmente consentito in ambito erariale di ritenere integrato il requisito della sentenza penale di condanna passata in giudicato, indispensabile ai fini della risarcibilità del danno all'immagine.
Al contrario, il nuovo art. 445, comma 1-bis, c.p.p., facendo venir meno - in difetto di pene accessorie - l'equiparazione, ai fini extrapenali, tra sentenza di patteggiamento e sentenza di condanna, preclude in sede erariale la reintegrazione del pregiudizio al prestigio dell'Amministrazione per carenza di uno dei presupposti della relativa azione risarcitoria.
Dato il richiamato jus superveniens, rileva il Collegio l'applicabilità, ratione temporis, del nuovo art. 445, comma 1-bis, c.p.p. alla vicenda in contestazione, trattandosi di norma processuale ex se idonea a regolare fatti anteriori alla sua entrata in vigore, purché oggetto di giudizio pendente, quale il giudizio in esame.
Nel merito, in ragione dell'intervenuta riforma, ritiene non perseguibile in questa sede l'ipotizzato danno all'immagine, a carico del V., per difetto di una sentenza penale di condanna irrevocabile o di sentenza ad essa equiparata.
4. Sulla base delle ragioni esposte, il Collegio, nel respingere la domanda attorea nel suo complesso, assolve gli odierni convenuti dagli addebiti loro rispettivamente ascritti per insussistenza e, comunque, per mancanza di prova dell'elemento oggettivo del danno così come prospettato per tutte le partite indicate in citazione.
5. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale regionale per la Campania, definitivamente pronunciando:
1) assolve L. Teodoro e V. Ranieri dagli addebiti contestati;
2) dispone, in favore di ciascuno di loro e a carico del Comune di Battipaglia, il rifondersi delle spese determinate in euro 1.500,00, oltre accessori di legge.
Manda alla Segreteria per gli adempimenti di rito.