Corte dei conti
Sezione giurisdizionale per la Campania
Sentenza 7 novembre 2023, n. 597

Presidente ed Estensore: Oricchio

FATTO

Con atto di ricorso ritualmente depositato e notificato alle controparti, l'Azienda sanitaria locale di Caserta adiva questa Sezione giurisdizionale regionale della Corte dei conti chiedendo, ai sensi dell'art. 211 del codice di giustizia contabile, la corretta interpretazione della sentenza emessa da questo Giudice recante il n. 35/2019, nella parte relativa al regolamento delle spese processuali, così come ivi liquidate a favore del prof. Ferdinando R. (ed altri) a seguito del suo proscioglimento dalle contestazioni mossegli nella relativa citazione per risarcimento danni da responsabilità amministrativa.

L'amministrazione istante fondava la propria richiesta sulla circostanza che la sentenza n. 35/2019, posta in esecuzione dalle odierne controparti innanzi al Tribunale civile di S. Maria Capua Vetere, con atto di pignoramento presso terzi con numero di R.G. 425/2022, fosse stata erroneamente interpretata dall'avv. Paolo M., primo cessionario del credito vantato dal prof. Ferdinando R. e poi cedente lo stesso alla cessionaria S. Maria Serena, quale derivante dalla liquidazione delle spese e delle competenze statuite in detta decisione.

La ricorrente evidenziava, infatti, che erano state avviate richieste di pagamento delle relative spese processuali - liquidate in sentenza in complessivi euro 14.719,00 oltre accessori - ad una pluralità di amministrazioni sanitarie nel mentre poteva essere chiamata a risponderne una soltanto.

Riteneva, peraltro, non esistente la sua legittimazione passiva nel giudizio di cui alla sentenza n. 35/2019, ritenendosi terza in tale contesto con la conseguenza che le somme costituenti la condanna alle spese di quella lite avrebbero dovuto essere richieste alla (sola) Amministrazione di appartenenza del prof. Ferdinando R., ovvero la Regione Campania.

Chiedeva, conseguentemente, che in tal senso venisse formalizzata la corretta interpretazione della sentenza in parola anche al fine di evitare il proliferare di azioni esecutive innanzi al giudice civile derivanti da tal titolo.

Instauratosi il contraddittorio si costituiva ritualmente in giudizio S. Maria Teresa tramite l'avv.to M., anche quale difensore di se stesso, che impugnava l'avverso dedotto chiedendone l'integrale rigetto, perché inammissibile ed infondato.

In particolare, la predetta deduceva di avere correttamente richiesto la corresponsione delle somme liquidate a titolo di spese nella sentenza n. 35/2019 non essendo stata ivi dichiarata la sussistenza di alcun vincolo di solidarietà fra gli obbligati e che, comunque, la domanda che aveva originato il presente giudizio per interpretazione della menzionata decisione dovesse essere dichiarata inammissibile in quanto mera duplicazione di altra già fatta oggetto di vaglio da parte di questo Giudice, conclusosi con la sentenza n. 468/2020 recante la statuizione di inammissibilità della stessa.

Concludeva per la declaratoria di infondatezza del ricorso ovvero per la sua inammissibilità, con ogni conseguenza in ordine al regolamento delle spese processuali.

Chiedeva, altresì, la condanna di controparte al risarcimento dei danni essendo a suo avviso configurabile, nella reiterazione della medesima azione, una lite temeraria, sussumibile nel disposto di cui all'art. 96 c.p.c.

All'udienza del 19 ottobre 2023 veniva discusso il giudizio dalle parti costituite ed in presenza del rappresentante della Procura regionale che rassegnava le proprie conclusioni adesive alla richiesta dell'ASL istante.

La controversia veniva quindi trattenuta per la presente decisione, assunta sulla scorta delle seguenti considerazioni in punto di

DIRITTO

Preliminarmente il Collegio deve scrutinare l'ammissibilità della proposta azione volta ad ottenere, ai sensi dell'art. 211 del codice della giustizia contabile, la corretta interpretazione della sentenza n. 35/2019 relativamente alle statuizioni riguardanti il contestato regolamento delle spese processuali, essendone stata eccepita l'inammissibilità per avere la questione formato già oggetto di decisione di questa Corte, recante il n. 468 del 2020.

Orbene, per poter assumere una ponderata decisione sul punto è opportuno ricostruire l'intricata vicenda processuale che ha originato il presente giudizio.

Con sentenza n. 35 del 28 gennaio 2019, questa Sezione, definendo il giudizio rubricato al n. 67866 R.G., relativo al presunto danno erariale conseguente al mancato adeguamento degli organici delle Aziende sanitarie della Regione Campania ai parametri imposti dal decreto del Commissario ad acta per il piano di rientro sanitario regionale, ha assolto, per assenza di condotta antigiuridica e di colpa grave, i soggetti in quella sede convenuti: in ragione del proscioglimento nel merito, detta decisione, nella parte relativa alla regolazione delle spese, ha determinato in "euro 14.719,9 ciascuno, oltre spese generali (5%), IVA e CPA" le spese legali ripetibili ponendole "a carico delle Aziende Sanitarie Napoli 3 Sud, Benevento, Napoli 2 Nord, Salerno, Caserta, Avellino, Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II, Azienda Ospedaliera SUN e Azienda Ospedaliera IRCSS PASCALE".

In data 8 luglio 2019 detta sentenza risulta essere stata notificata dall'avv. Paolo M., in qualità di cessionario del credito vantato da uno dei convenuti prosciolti in quel giudizio per gli onorari ivi liquidati, all'Azienda ospedaliera I.R.C.C.S. Pascale in copia esecutiva, unitamente all'atto di precetto.

In data 3 settembre 2019 il predetto avvocato ha notificato al prefato Istituto nonché ad altre Aziende sanitarie anche atto di pignoramento presso terzi, onde ottenere il pagamento della somma di euro 18.197,44 sul presupposto che "la condanna al pagamento di tale importo complessivo va pagato interamente da ogni soccombente, non esistendo alcuna condanna solidale...".

Avverso tale atto sono stati proposti innanzi a questa Corte due distinti ricorsi in opposizione di terzo ex art. 200, comma 1, c.g.c. presentati, rispettivamente, dall'"I.R.C.C.S. Pascale" in data 12 settembre 2019 (rubricato al n. 72017 R.G.) e da ASL Napoli 3 Sud in data 1° ottobre 2019 (rubricato al n. 72031 R.G.).

Dall'esame della documentazione versata in tali giudizi si evince che nei relativi procedimenti furono depositati atti di intervento da parte di altre aziende sanitarie locali ed ospedaliere coinvolte fra cui quella di Caserta, odierna istante.

Nei libelli introduttivi, i ricorrenti e/o intervenienti hanno chiesto concordemente l'annullamento e/o la riforma, previa sospensione, della sentenza n. 35/2019, "nella parte in cui li condanna al pagamento delle spese del procedimento in favore dei convenuti nel giudizio contabile di I grado", dolendosi del fatto che la stessa avrebbe posto indistintamente a carico delle Aziende sanitarie campane e dell'Istituto le spese per diritti e onorari, pur in assenza di qualsivoglia rapporto di immedesimazione organica con i convenuti prosciolti in violazione dell'art. 31, comma 2, del codice di rito.

Con altro ordine di doglianze, gli opponenti hanno censurato l'operato del creditore che, in sede di esecuzione della sentenza, avrebbe erroneamente richiesto a ciascuna delle Aziende e all'I.R.C.C.S., per intero, l'importo liquidato in sentenza, sul presupposto che lo stesso andrebbe "pagato interamente da ogni soccombente, non esistendo alcuna condanna solidale...".

All'esito della successiva udienza camerale del 22 ottobre 2019, questa Sezione ha adottato l'ordinanza n. 157, depositata il 6 novembre 2019, con la quale, tra l'altro, ha dichiarato l'inammissibilità dell'istanza cautelare concernente l'opposizione di terzo avverso la sentenza n. 35/2019 disponendo, al contempo, la riqualificazione della proposta azione in giudizio d'interpretazione per la parte relativa al regime di refusione delle spese, giungendo poi a dichiarare il proprio difetto di giurisdizione in subiecta materia (sostanzialmente per intervenuta pendenza del relativo processo esecutivo innanzi all'A.G.O.) con sentenza n. 468/2020.

Di qui l'eccezione di inammissibilità del ricorso originante l'odierno giudizio per interpretazione di sentenza sollevata dalla S. e dall'avv. M. che hanno evidenziato come sulla controversa questione fosse intervenuta la richiamata decisione che ha già ritenuto non esperibile, nel caso di specie, detto rimedio per carenza di giurisdizione di questo plesso giudiziario.

Così sintetizzati i fatti, questo Collegio ritiene che detta eccezione sia priva di giuridico fondamento e debba essere rigettata non essendo ravvisabile preclusione alcuna da "giudicato esterno" alla trattazione della presente controversia in quanto statuito nella richiamata decisione.

In sostanza la parte resistente invoca, quale fattore preclusivo della odierna cognizione, il giudicato esterno rinveniente nella sentenza della Corte dei conti n. 468/2020 che, previa riqualificazione della proposta opposizione di terzo in giudizio di interpretazione, ha dichiarato quest'ultimo inammissibile per difetto di giurisdizione della Corte dei conti perché le relative questioni "involgendo riflessi esecutivi dell'applicazione dei principi di solidarietà passiva, esulano dalla giurisdizione della Corte dei conti, rientrando nel perimetro cognitivo del giudice ordinario".

Di qui la prospettata inammissibilità del ricorso dell'odierno giudizio perché le domande quivi proposte sarebbero state già oggetto di giudizio ed esaminate da parte di questa Sezione della Corte dei conti.

Orbene, anche a voler prescindere dalla questione dell'ammissibilità di un potere di riqualificazione di una domanda giudiziaria formulata in maniera chiara ed inequivoca, che rischia di configurare un'ipotesi di violazione del divieto di "extrapetizione" per avere il primo giudice sostituito un'azione con un'altra non richiesta (cfr. Cass., nn. 7467 del 19 marzo 2020 e 21865 dell'11 luglio 2022), la sollevata eccezione di giudicato esterno è da disattendere.

Ad avviso di questo Collegio parte resistente, con la proposizione della stessa, non coglie nel segno in quanto, affinché possa dirsi operante l'effetto preclusivo del giudicato, è necessario che il giudice abbia deciso nel merito della questione e non solo in rito.

Consolidata giurisprudenza, infatti, ha affermato che la statuizione su una questione di rito dà luogo soltanto al giudicato formale ex art. 324 c.p.c. che ha effetto limitato al rapporto processuale nel cui ambito è emanata, sicché non preclude la riproposizione della domanda in altro giudizio, non essendo idonea a produrre gli effetti del giudicato in senso sostanziale di cui all'art. 2909 c.c. (cfr. ex multis: Cass., n. 23130 del 22 ottobre 2020).

Nel caso di specie, la Corte dei conti, con la sentenza n. 468/2020, ha arrestato la propria cognitio al profilo pregiudiziale della provvista di giurisdizione.

Si tratta, come è evidente, di una pronuncia di rilievo esclusivamente processuale: ne consegue che non possono essere fondatamente opposte né una preclusione derivante dalla mancata impugnazione della precedente sentenza per la dichiarata inammissibilità o per il rigetto in rito, né una preclusione da giudicato sulla domanda (giurisprudenza costante, cfr. da ultimo la recentissima Cass. civ., sez. lav., ord. 10 luglio 2023, n. 19591).

Né può sostenersi, come sembra voler ritenere la resistente, che tale vincolo panprocessuale derivi dal fatto che si tratti di una decisione sulla giurisdizione.

Trova, infatti, applicazione il principio, ripetutamente affermato dalla Corte di legittimità, che esclude che possa acquisire efficacia c.d. panprocessuale la sentenza del giudice di merito che si pronunci sulla sola giurisdizione e non anche sul merito (v., tra le tante, Cass., Sez. un., 10 agosto 2005, n. 16779; 21 luglio 2015, n. 15208; da ultimo, Cass., Sez. un., 30 luglio 2020, n. 16458; Cass. civ., Sez. III, ord. 27 gennaio 2022, n. 2439).

Ciò perché nel nostro ordinamento sono solo le sentenze sulla giurisdizione o sulla competenza rese dalla Suprema Corte in sede di regolamento o di ricorso ordinario a produrre effetti anche nei successivi processi fra le stesse parti ove aventi ad oggetto la medesima domanda: "la cosiddetta efficacia panprocessuale si fonda sulla funzione istituzionale di organo regolatore della giurisdizione e della competenza che l'ordinamento giudiziario assegna alla Corte di cassazione, funzione che giustifica la deroga al principio di carattere generale secondo cui sono estranee alla nozione di cosa giudicata sostanziale di cui all'art. 2909 c.c. le pronunce che attengano unicamente a questioni processuali" (Cass. civ., Sez. un., ord. 3 maggio 2022, n. 13991).

L'eccezione de quo va, dunque, disattesa perché priva di giuridico pregio in quanto nessun bis in idem è configurabile nell'esperimento dell'azione che ha introdotto il presente giudizio la cui sottostante questione di "merito" è tutt'ora priva di competente vaglio giudiziario.

Tale impostazione consente a questo Collegio di procedere alla necessaria ulteriore valutazione, sempre in via pregiudiziale, dell'esistenza della provvista di giurisdizione di questo plesso giudiziario in presenza dell'esperimento di un'azione introduttiva di un giudizio per interpretazione di sentenza in pendenza di una procedura esecutiva già iniziata innanzi al Giudice ordinario: infatti è la stessa ASL di Caserta a dare notizia di tale circostanza avendo dichiarato di essere in attesa dell'esito di una sua opposizione all'esecuzione presentata in quella sede ai sensi dell'art. 615 c.p.c.

In proposito, questo Collegio ritiene che la incontestata pendenza di un procedimento esecutivo dinnanzi al giudice civile non integri alcuna ipotesi di difetto di giurisdizione con riferimento all'esperimento del rimedio extra ordinem dell'interpretazione di un proprio titolo giudiziale di cui all'art. 211 del codice di giustizia contabile sulla scorta della considerazione che ci si muove nell'alveo tracciato da detta norma ed entro il perimetro della contabilità pubblica, sicché nessun criterio di "prevenzione" può condizionare la giurisdizione contabile nell'esercizio delle facoltà espressamente ad essa conferite dal legislatore di interpretare una propria sentenza a prescindere dal fatto che essa sia poi divenuta titolo esecutivo contestato in sede civile.

Sotto altro aspetto, giova evidenziare come le cause di inammissibilità di un'azione giudiziaria debbono essere tassativamente indicate dal legislatore in analogia con le cause di nullità ed in ossequio ad una interpretazione costituzionalmente orientata del quadro normativo di riferimento che non può condurre ad una sostanziale violazione del nucleo incomprimibile di tutela giurisdizionale garantito dall'art. 24 della Costituzione, in presenza di un evidente e documentato interesse ad agire (in questo caso dell'ASL istante).

Infatti l'art. 211 del codice della giustizia contabile, nel prevedere lo speciale rimedio dell'"interpretazione della sentenza", ne delimita il perimetro proprio con riferimento ai "fini della relativa esecuzione" utilizzando una dizione ampia che certamente non postula quale condizione di procedibilità il mancato avvio della procedura esecutiva conseguente all'interpretanda sentenza: del resto non è privo di significato il fatto che detta norma sia inserita proprio nel titolo del codice dedicato all'"interpretazione del titolo giudiziale ed esecuzione".

In tal senso gli orientamenti della Suprema Corte, richiamati nella sentenza di questa Sezione n. 468/2020 non possono essere condivisi da questo Giudice che li ritiene risalenti e non aderenti al caso di specie, che deve trovare primaria regolamentazione nel chiaro disposto dell'art. 211 del codice di giustizia contabile, che prevede il giudizio per interpretazione quando "ai fini della relativa esecuzione sorga questione sull'interpretazione di una decisione della Corte..." senza condizionarne l'esperibilità ad un'esecuzione non ancora iniziata (vedasi la ben diversa distinzione effettuata - sotto altro aspetto - dall'art. 615 c.p.c.).

Si è dunque in presenza di una norma speciale (rispetto a quelle del codice di rito civile che regolano le problematiche relative esecuzione giudiziaria) che consente ogni utile attività interpretativa di sentenza ai fini della relativa esecuzione a prescindere dal fatto che questa sia stata intrapresa o meno (Quod voluit dixit, quod noluit tacuit): in tal senso può essere di ausilio mutatis mutandis anche la ratio sottesa al successivo art. 214 (comma 6) del codice di giustizia contabile.

Tale orientamento trova, peraltro, conferma in alcune recenti sentenze di questa giurisdizione: "Si premette che, come correttamente evidenziato dal P.M. nelle proprie conclusioni, il giudizio di interpretazione, disciplinato dall'articolo 211 del codice di giustizia contabile, è rigorosamente circoscritto a dirimere contrasti che insorgano in sede esecutiva sul contenuto precettivo della sentenza in presenza di dubbi interpretativi e, pertanto, non può essere utilizzato per introdurre censure che avrebbero potuto formare oggetto di impugnazione o per avanzare ulteriori domande (Sez. II app., n. 184/2007; Sez. riun., n. 19/1995).

L'attività di cognizione che si chiede pertanto al giudice in sede di interpretazione è strettamente connessa alle statuizioni contenute nella sentenza da interpretare, senza potere integrare o modificare i contenuti che emergono dal complesso motivazionale e dal dispositivo, ma solo chiarirne l'ambito precettivo" (Sez. giur. Calabria, sent. 7 dicembre 2020, n. 406 che richiama: Sez. I app., n. 290/2018; Sez. II app., n. 496/2017; Sez. III app., n. 414/2018).

Ed ancora «L'art. 211 del c.g.c., inserito nella Parte VII (Interpretazione del titolo giudiziale ed esecuzione), Titolo I, Capo I (Interpretazione del titolo giudiziale), intitolato "Giudizio di interpretazione del titolo giudiziale", prevede che si possa far luogo a giudizio di interpretazione del titolo giudiziale - il cui procedimento è regolato dalle disposizioni che disciplinano il giudizio ad istanza di parte - qualora ai fini della relativa esecuzione sorga questione sull'interpretazione di una decisione della Corte dei conti e che il giudizio medesimo possa essere promosso dalle parti in causa, dall'amministrazione o dall'ente interessato innanzi allo stesso Giudice che ha emesso l'interpretanda decisione» (Sez. giur. Liguria, sent. 4 ottobre 2023, n. 79).

Tale orientamento era stato confermato anche dalle Sezioni centrali, ponendo in evidenza come il dato testuale rinvii alla pendenza di una "questione di interpretazione", quale presupposto necessario e sufficiente per la proposizione della relativa domanda. In tali casi si pone, pertanto, l'obiettiva esigenza di stabilire quale sia l'effettivo contenuto della sentenza su cui sussista incertezza (Sez. III centr. app., 5 maggio 2003, n. 188), ossia una controversia reale o virtuale concernente il significato e la portata da attribuire al contenuto della pronuncia, con esclusione di profili potenzialmente oggetto di impugnativa ed in strumentalità necessaria rispetto all'esecuzione.

Il giudizio d'interpretazione presuppone, dunque, che le statuizioni contenute nella sentenza non siano affatto univoche, ragion per cui potrebbero dar luogo a notevoli incertezze e difficoltà nella fase esecutiva (come è accaduto nel caso di specie), senza alcuna possibilità di ampliare o modificare, sotto alcun profilo, la decisione emessa.

I presupposti per l'azione in parola sono stati, in definitiva, individuati nell'interesse a ricorrere e nella sussistenza di una res dubia tale da rendere difficoltosa l'applicazione della sentenza, e la legittimazione affidata, oltre che alla parte privata, anche al Procuratore generale o al titolare dell'ufficio amministrativo preposto all'esecuzione sin dall'art. 6 d.P.R. 24 giugno 1998, n. 260, in quanto, in via prevalente, interessati all'attuazione del giudicato contabile (Sez. I centr. app., 15 ottobre 2008, n. 428).

In tale solco esegetico e nell'attualità dei sopra richiamati orientamenti contabili, espressi anche in sede nomofilattica, va letta la norma di cui all'art. 211 del c.g.c., trattandosi, indubbiamente, di un istituto sui generis, previsto unicamente per i giudizi contabili, in quanto non v'è nulla di simile né nel codice di procedura civile né in quello del processo amministrativo, tant'è che il legislatore delegato ha avvertito l'esigenza di precisare che il procedimento "è regolato" dalle disposizioni che disciplinano il giudizio a istanza di parte, senza, tuttavia, qualificarlo tale né specificando il rapporto con l'azione esecutiva (cfr. Sez. II centr. app., 27 settembre 2022, n. 383 e giurisprudenza tutta ivi richiamata; Sez. I centr. app., 11 maggio 2021, n. 177; Sez. III centr. app., 5 marzo 2021, n. 74).

La più recente giurisprudenza ha, inoltre, statuito che tale giudizio: "rappresenta un'ipotesi di cognizione eventuale del giudice contabile che, ancorché autonoma rispetto al procedimento seguito per l'esecuzione della decisione, è strutturalmente e funzionalmente connessa a quest'ultimo, non potendo l'interpretazione integrare o modificare in executivis le statuizioni contenute nella decisione, ma soltanto chiarirne i contenuti precettivi, così come emergono dal complesso motivazione-dispositivo" (in termini, Sez. III centr. app., n. 496/2017). Sicché il giudizio per interpretazione può essere instaurato unicamente al fine di chiarire quale sia l'esatta portata delle statuizioni contenute in una sentenza, ove insorgano difficoltà nella relativa fase esecutiva, a causa del loro contenuto difficilmente intellegibile o addirittura ambiguo, mentre il giudice non è legittimato a procedere ad annullamenti, revoche o modifiche di statuizioni precedentemente emesse" (cfr. Sez. Toscana, sent. n. 262 del 2023).

Ne consegue che va affermata la provvista di giurisdizione di questa Corte nel caso di specie con conseguente ammissibilità della relativa domanda, come proposta dalla A.S.L. di Caserta a tanto legittimata in quanto parte "sostanziale" nel giudizio sfociato nella sentenza n. 35/2019, quanto meno relativamente al regolamento delle spese ivi recato.

Tanto precisato e passando finalmente all'esame del merito della questione interpretativa sottostante il presente giudizio, la Sezione valuta come essa sia sicuramente sussistente e non possa che essere risolta nel senso di ritenere che la liquidazione delle spese recata dalla sentenza n. 35/2019 debba intendersi come effettuata a favore di ogni convenuto ivi prosciolto nella misura complessiva di euro 14.719,00 oltre accessori, ponendone il relativo onere a carico della sola amministrazione di appartenenza di ciascuno di essi.

Invero a ciò poteva già pervenirsi sulla scorta di un'attenta lettura del dispositivo in combinato disposto con la motivazione: il primo infatti reca la statuizione "Liquida, a carico delle aziende sanitarie Napoli 3 Sud, Benevento, Napoli 2 Nord, Salerno, Caserta, Avellino, delle Aziende Ospedaliere Universitarie Federico II e Seconda Università di Napoli e dell'Azienda Ospedaliera IRCSS Pascale, le spese per i diritti ed onorari di difesa sostenute nel presente giudizio di merito nei termini di cui in parte motiva" ove, a sua volta, si legge "Tenuto conto della disposizione contenuta nell'art. 31, comma 2, del d.lgs. n. 174/2016..., dei parametri di cui alla tabella 11 del d.m. 10 marzo 2015, n. 44 [recte: 10 marzo 2014, n. 55 - n.d.r.] per i giudizi innanzi alla Corte dei conti e degli incrementi percentuali di cui all'art. 6 per le cause di valore superiore ad euro 520.000,00, le spese per i diritti o onorari sostenute dai convenuti costituiti con difesa tecnica sono liquidate, a carico delle Aziende Sanitarie Napoli 3 sud, Benevento, Napoli 2 nord, Salerno, Caserta, Avellino, Azienda Ospedaliera universitaria Federico II, Azienda ospedaliera SUN e Azienda Ospedaliera IRCSS Pascale, in euro 14.719,9 ciascuno, oltre spese generali (5%), IVA e CPA".

Orbene, se è vero come è vero che la dizione "ciascuno" e l'indicazione di varie ASL di cui certamente non era dipendente nessuno dei quattro convenuti prosciolti nella sentenza n. 35/2019 poteva prima facie far sorgere qualche incertezza sulla reale portata del decisum è però evidente che lo stesso va interpretato alla luce del disposto normativo di riferimento, ovvero l'art. 31 del codice di giustizia contabile, che prevede che le spese del giudizio vanno poste "a carico dell'amministrazione di appartenenza" che non che può essere una sola (per ciascun convenuto ivi prosciolto) stante anche il principio di esclusività vigente in materia di pubblico impiego, anche privatizzato (art. 53 t.u.p.i.), peraltro in nessun caso coincidente con le AA.SS.LL., le Aziende ospedaliere e l'IRCSS ivi elencati.

Appare dunque evidente, in ragione di quanto statuito nel capo afferente la regolazione delle spese del giudizio nella sentenza di n. 35/2019 di questa Corte - sebbene in forma perplessa - che ciascuno dei singoli convenuti prosciolti nel giudizio ha il diritto di richiedere alla propria Amministrazione di appartenenza il rimborso e/o la liquidazione delle spese recate dalla sentenza che, ovviamente, non che possono essere richieste a tutte le singole amministrazioni in favore delle quali era stata avanzata la richiesta risarcitoria del P.M. contabile nel giudizio sfociato nella sentenza n. 35/2019.

Conseguenza logica del discorso sin qui s[v]olto è che il capo di decisione controverso della sentenza n. 35/2019 va interpretato nel senso che "Le spese per i diritti o onorari sostenute dai convenuti prosciolti costituiti con difesa tecnica sono liquidate in euro 14.719,9 per ciascuno di essi, oltre spese generali (5%), IVA e CPA ponendole a carico dell'amministrazione di rispettiva appartenenza".

Il contenuto di detta decisione rende infondata la domanda di natura "riconvenzionale" di risarcimento danni, avanzata ex art. 96 c.p.c. dall'avv. M.: infatti nessun "abuso del processo" e, quindi, lite temeraria da parte dell'ASL di Caserta può configurarsi nel caso di specie in quanto si è trattato della legittima attivazione di uno strumento processuale previsto dall'ordinamento per ottenere l'interpretazione autentica di un capo di sentenza - dalla stesura sicuramente poco felice - che poteva prestarsi a dubbi e in relazione al quale tutte le parti avrebbero avuto l'onere di "richiedere chiarimenti" anche in virtù del principio della lealtà e probità di cui all'art. 88 del codice di rito civile.

Per quanto attiene al regolamento delle spese del presente giudizio, queste ben possono essere dichiarate integralmente compensate in considerazione della particolarità della materia, costituente res dubia anche in conseguenza della rilevata imprecisione contenutistica caratterizzante la sentenza interpretata.

P.Q.M.

La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale regionale per la Campania, definitivamente pronunciando sul ricorso per interpretazione di sentenza proposto dall'ASL di Caserta nei confronti di S. Maria Teresa e M. Paolo, contrariis reiecits, così decide:

a) dichiara che la sentenza n. 35 emessa da questa Sezione giurisdizionale in data del 28 gennaio 2019, nel capo relativo al regolamento delle spese, va interpretata nel senso che "Le spese per i diritti o onorari sostenute dai convenuti prosciolti costituiti con difesa tecnica sono liquidate in euro 14.719,9 per ciascuno di essi, oltre spese generali (5%), IVA e CPA ponendole a carico della sola amministrazione di rispettiva appartenenza, ex art. 31 del d.lgs. 174/2016 e s.m.i.";

b) rigetta la domanda riconvenzionale di risarcimento danni ex art. 96 c.p.c.;

c) compensa integralmente le spese del presente giudizio.