Corte dei conti
Sezione giurisdizionale per la Campania
Sentenza 17 gennaio 2024, n. 30
Presidente: Oricchio - Estensore: Molina
FATTO
1. Con atto di citazione del 27 ottobre 2023, la Procura regionale conveniva in giudizio M. Paola per sentirla condannare al pagamento in favore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli (di seguito ADM) dell'importo complessivo di euro 179.283,32 o alla diversa somma che sarà determinata dal Collegio giudicante, oltre interessi, rivalutazione monetaria e spese di giustizia, per una fattispecie di responsabilità contabile scaturente dall'asserito mancato riversamento di proventi erariali scaturenti dall'esercizio di una concessione di ricevitoria del gioco del lotto.
L'attività della Procura traeva origine dalla denuncia di danno erariale dell'ADM - Ufficio dei Monopoli per la Campania - Settore giochi - Area bingo e lotto, del 24 maggio 2018, con cui veniva rappresentato che la M. Paola, titolare della concessione della ricevitoria lotto n. NA0088 - cod. lotto NA0346 (con sede di esercizio in Casavatore in Via Fermi n. 37), come da contratto rep. n. 162 dell'8 giugno 2016, non aveva provveduto al versamento in favore dell'amministrazione concedente (per il tramite del concessionario unico per la gestione del gioco del lotto, LottoItalia s.r.l.) dei proventi di spettanza erariale discendenti dalla raccolta del gioco del lotto, effettuata nelle settimane contabili del 20 marzo 2018 per euro 82.691,64 e del 27 marzo 2018 per 75.408,56 per un importo totale di euro 158.100,20.
Dall'attività istruttoria condotta al riguardo sarebbe risultato che, a seguito del grave inadempimento riscontrato, l'ADM di Napoli aveva disposto la revoca della concessione di ricevitoria (con provvedimento del 1° agosto 2018) e, contestualmente, l'incameramento della polizza fideiussoria costituita dalla concessionaria a garanzia degli adempimenti convenzionali. Tuttavia, la compagnia assicurativa presso cui era stata attivata detta polizza fideiussoria non avrebbe mai provveduto al pagamento della medesima. Pertanto, la M. risultava essere ancora debitrice dell'intera somma contestata.
Successivamente, con nota integrativa del 12 aprile 2023, l'ADM comunicava che, con note del 19 aprile 2019, erano state emesse ingiunzioni di pagamento a carico della M. per il mancato riversamento dei suddetti proventi del gioco del lotto, poi rinnovate, una prima volta, in data 30 luglio 2019 e, successivamente, in data 17 marzo 2023.
All'esito della descritta attività istruttoria, la Procura, il 3 maggio 2023 notificava all'interessata l'invito ex art. 67 del d.lgs. 26 agosto 2016, n. 174, con esito positivo.
Il 21 giugno 2023, la M. faceva quindi pervenire alla Procura deduzioni difensive, senza richiesta di audizione, in cui riferiva che, malgrado la possibilità di rateizzare fosse stata rappresentata nell'atto di ingiunzione notificato, in realtà la rateizzazione delle somme ingiunte non era stata consentita. Si doleva altresì del fatto che non si fosse tenuto conto della denuncia sporta ai Carabinieri di Cercola dal marito L. Pasquale e relativa alla rapina, ad opera di ignoti, di cui egli sarebbe stato vittima mentre si recava alla banca ove avrebbe dovuto versare il ricavato delle giocate del lotto della ricevitoria della moglie (120 mila euro). Dalle deduzioni difensive si apprendeva, altresì, del procedimento penale cui la M. era stata sottoposta per appropriazione indebita, conclusosi con sentenza di condanna patteggiata a due anni di reclusione con pena sospesa.
All'esito, la Procura riteneva comunque sussistenti gli elementi costitutivi della responsabilità amministrativa in capo alla M. ed emetteva conseguentemente l'atto introduttivo del presente giudizio.
Quanto al rapporto di servizio, riteneva sussistente la qualità di agente contabile in capo alla suddetta in quanto titolare di una concessione di ricevitoria del lotto: cioè un'attività di pubblico servizio, i cui contenuti si riconnettono a una riserva originaria allo Stato sull'intero settore del gioco lecito con vincita in denaro (posta dal d.lgs. 14 aprile 1948, n. 496) pertanto valevole a instaurare un rapporto di servizio di natura funzionale tra l'Amministrazione finanziaria e il concessionario.
Sussisterebbe altresì un danno patrimoniale diretto addebitabile a carico della M. consistente, in primo luogo, nell'importo dei proventi della raccolta del gioco del lotto dalla stessa non riversati per le settimane contabili sopra citate. Come risulterebbe dalle note dall'ADM (in base ai dati registrati dal concessionario della gestione del gioco LottoItalia s.r.l.), per le due settimane anzidette risulterebbe una sorte di credito per l'erario dell'importo totale di euro 158.100,20 (euro 82.691,64 per la settimana contabile del 20 marzo 2018 e euro 75.408,56 per la settimana contabile del 27 marzo 2018). Importi cui dovrebbero aggiungersi gli speciali interessi da "ritardato pagamento" secondo il disposto dell'art. 33, comma 2, della l. n. 724 del 23 dicembre 1994 (pari a "una volta e mezzo gli interessi legali").
Al danno patrimoniale diretto, quantificato nella misura appena indicata, andrebbe ad aggiungersi il danno patrimoniale c.d. da disservizio. Nel caso di specie, gli inadempimenti posti in essere dalla M., con la violazione di fondamentali doveri di servizio attinenti al rapporto concessorio, per un verso, avrebbero indotto un indebolimento dei risultati del servizio pubblico di gestione della raccolta del gioco del lotto; per altro verso, avrebbero determinato l'impiego di risorse aggiuntive a carico dell'organizzazione pubblica, costretta ad attività diverse da quelle richieste dal decorso fisiologico del rapporto concessorio, allo scopo di rimediare alle violazioni della legalità e del buon andamento amministrativo perpetrate dal concessionario inadempiente e, per tal verso, di garantire l'ottimizzazione del gettito erariale di competenza. Tale componente di danno, certa e sussistente nell'an, anche ai fini di una liquidazione in via equitativa ex art. 1226 c.c., sarebbe correlata alla stima di minore valore delle prestazioni rese di fatto dal concessionario-ricevitore, con contenuti palesemente difformi dagli obblighi di servizio: per tal verso, essa verrebbe a coincidere con l'aggio percepito dalla sig.ra M. per le settimane contabili cui afferiscono i proventi non riversati, derivante dall'aliquota dell'8% sul montante delle giocate raccolte, sempre secondo le risultanze del citato riepilogo contabile fornito dall'ADM, pari all'importo di euro 21.183,12 (dato dalla somma di euro 9.722,00 per la settimana contabile del 20 marzo 2018 ed euro 11.461,12 per la settimana contabile del 27 marzo 2018).
Il danno complessivo sarebbe quindi pari a euro 179.283,32, cui sarebbero da aggiungere gli interessi legali, quelli moratori ex art. 33, comma 2, l. n. 724/1994 sull'importo dei proventi non saldati (a far data dal giorno successivo a quello di adempimento di ciascun versamento inevaso), nonché la rivalutazione monetaria.
Il danno accertato e così quantificato sarebbe interamente addebitabile, per quanto emergente dall'attività accertativa posta in essere dalla pubblica amministrazione interessata - assistita da fede privilegiata - alla responsabilità della sig.ra M. Il mancato introito delle suddette somme di pertinenza erariale si riconnetterebbe a una condotta inosservante di precisi obblighi di servizio, scolpiti nella disciplina legale e convenzionale, senza plausibili cause di giustificazione oggettive o soggettive.
La condotta veniva declinata a titolo di dolo in quanto la convenuta avrebbe intenzionalmente violato l'obbligo di riversamento dei proventi di pertinenza pubblica, oltre ad aver persistito nell'inadempimento nonostante i solleciti disposti dall'Amministrazione, anche dopo la notificazione delle ingiunzioni di pagamento. Né potrebbero valere ad incidere sull'elemento soggettivo la rappresentata volontà di procedere alla restituzione con piano di rateizzazione, non essendo questa una modalità di riversamento contemplata dalla disciplina di settore; né tantomeno l'asserito furto dell'intero importo da riversare, perché il furto sarebbe rimasto non dimostrato e, comunque, anche ove mai volesse darsi credito a tale tesi, dimostrerebbe una colpa gravissima o massima negligenza, dalla parte della M. per aver affidato una somma così ingente (tra i 120 e i 150 mila euro), in contanti, al marito affinché egli li versasse in banca, senza aver preso il benché minimo accorgimento inteso a prevenire situazioni di pericolo per l'incasso.
Altresì evidente sarebbe risultata la sussistenza del nesso di causalità tra la descritta condotta dolosa e l'evento lesivo.
2. Instauratosi il contraddittorio, la convenuta non depositava alcuna memoria di costituzione.
3. All'udienza del 14 dicembre 2023, udita la relatrice, il PM nel riportarsi alle argomentazioni svolte con l'atto di citazione con riferimento alle deduzioni depositate in fase preprocessuale dal difensore della convenuta, precisava che nel caso di specie si sarebbe in presenza di un debito contabile e non tributario e in quanto tale non rateizzabile se non a fronte di una precisa indicazione di legge. Aggiungeva che la convenuta avrebbe anche potuto procedere di sua iniziativa ad un versamento rateale ma ciò non l'avrebbe comunque esonerata dalle conseguenze tipiche di un inadempimento contrattuale, quale ad esempio la revoca della concessione o la contestazione di danno erariale. Sottolineava inoltre che nel procedimento penale la convenuta non si era difesa, bensì aveva chiesto il patteggiamento per l'accusa di appropriazione indebita.
L'avv. De Simone comparso per la convenuta, dichiarava di volersi costituire in udienza riportandosi a quanto dichiarato in sede preprocessuale. Sulla circostanza del patteggiamento, evidenziava che in tale occasione la convenuta non era stata correttamente assistita. Sui riflessi della menzionata rapina che sarebbe stata commessa ai danni del marito, sottolineava che era stata depositata la sentenza con cui lo stesso era stato assolto con formula piena dal reato di calunnia. Inoltre, precisava come la concessione della rateizzazione avrebbe dato alla convenuta la possibilità di adempiere.
Al termine della discussione, la causa veniva trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. L'odierno giudizio ha ad oggetto la domanda proposta dalla Procura regionale intesa ad ottenere la condanna della convenuta M. Paola in favore dell'ADM dell'importo complessivo di euro 179.283,32 oltre accessori, per una fattispecie di responsabilità contabile scaturente dall'asserito mancato riversamento di proventi erariali scaturenti dall'esercizio della concessione di ricevitoria del gioco del lotto n. NA0088 - cod. lotto NA0346, come da contratto rep. n. 162 dell'8 giugno 2016.
2. In primo luogo, il Collegio ribadisce la pacifica sussistenza della giurisdizione contabile in materia, da ricollegare all'esistenza di un rapporto di servizio di natura funzionale tra l'Amministrazione finanziaria e il concessionario di una ricevitoria del lotto, che provvede alla riscossione di entrate e all'esecuzione di pagamenti per conto dello Stato (cfr. Cass., Sez. un., n. 12041 del 28 novembre 1997).
2.1. Tanto premesso, va opportunamente precisato che la normativa regolamentare del gioco del lotto, di cui al d.P.R. n. 303 del 7 agosto 1990, e successive modifiche e integrazioni, delinea espressamente gli obblighi cui è soggetto il ricevitore del lotto, ivi compresi quelli di rendicontazione all'Amministrazione dei Monopoli di Stato.
In particolare, ne consegue che il ricevitore del lotto assume la veste di agente contabile e che l'omesso o il minore versamento all'Erario delle somme introitate, dedotte quelle relative all'aggio e alle vincite pagate, configura una condotta in evidente violazione delle regole della responsabilità patrimoniale. In quanto agente contabile, infatti, il ricevitore del lotto soggiace alle disposizioni che regolano la responsabilità contabile, rinvenibile negli artt. 74, 84 e 85 r.d. n. 2440/1923 (Nuove disposizioni sull'amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato), nonché regolata dagli artt. 178 e seguenti r.d. n. 827/1924 (Regolamento per l'amministrazione del patrimonio e per la contabilità generale dello Stato), dall'art. 52 r.d. 12 luglio 1934, n. 1214 (Approvazione del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti) e dall'art. 21 t.u. n. 3/1957 (Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato).
Al riguardo la Sezione rileva, ancor più in dettaglio, che il soggetto convenuto, nell'espletamento dell'attività di gestione della ricevitoria del lotto sopra indicata, svolgeva senz'altro funzioni che implicavano il maneggio di denaro pubblico; dal che discende la sua qualificazione come agente contabile, secondo quanto stabilito dall'art. 178 del r.d. 23 maggio 1924, n. 827, secondo cui: "Sotto la denominazione di agenti contabili dell'amministrazione si comprendono: a) gli agenti che con qualsiasi titolo sono incaricati, a norma delle disposizioni organiche di ciascuna amministrazione di riscuotere le varie entrate dello Stato e di versarne le somme nelle casse del tesoro; [...]".
La procedura e gli obblighi a cui ella avrebbe dovuto attenersi sono indicati all'art. 24 del d.P.R. 7 agosto 1990, n. 303, sopra menzionato, il quale prevede che ogni ricevitore del lotto è tenuto a versare, il giovedì di ogni settimana contabile successiva all'estrazione del sabato, i proventi della settimana precedente, al netto delle vincite e dell'aggio spettante, sulla base delle risultanze dell'estratto conto della settimana stessa. Obbligo quest'ultimo, che viene poi richiamato nel contratto di concessione di ricevitoria del lotto.
Sussistendo un obbligo restitutorio con conseguente inversione dell'onere della prova, al convenuto è possibile liberarsi unicamente provando la forza maggiore o il caso fortuito (ex multis, cfr. sent. Corte conti, Sez. giur. Lazio, 7 maggio 2018, n. 571).
3. Così delineato il quadro normativo di riferimento, il Collegio ritiene che la pretesa attorea sia parzialmente fondata per le ragioni di seguito esposte.
3.1. Per quanto attiene al danno patrimoniale diretto, dagli atti di causa emerge in modo incontrovertibile che, mediante una condotta inosservante dei precisi obblighi di servizio, delineati nella disciplina sopra richiamata, le somme percepite dal ricevitore non sono state versate all'Erario. In merito all'elemento psicologico che deve connotare la condotta omissiva dell'agente contabile, il Collegio ritiene, in adesione alla prospettazione attorea, che il ricevitore abbia agito con dolo. Difatti, dagli atti emerge incontestabilmente una condotta improntata non solo a grave negligenza e palese inottemperanza ad obblighi contrattuali, ma altresì la piena consapevolezza della condotta illecita in quanto la convenuta non solo non ha provveduto al pagamento, ma ha persistito nell'inadempimento nonostante i solleciti disposti dall'Amministrazione, anche dopo la notificazione delle ingiunzioni di pagamento, cui si aggiunge la volontà e preordinazione a realizzare per sé un vantaggio economico indebito, trattenendo i proventi di gioco, pur a fronte della chiarezza e perentorietà dell'obbligo violato.
Su tale connotazione soggettiva a titolo di dolo non possono ritenersi incidenti né la volontà di procedere alla restituzione con piano di rateizzazione, che rappresenta una modalità di riversamento non contemplata dalla disciplina di settore, né l'asserito furto dell'intero importo da riversare, che non risulta provato agli atti.
Risulta altresì evidente che da tale condotta omissiva è conseguito un danno patrimoniale diretto consistente nell'importo dei proventi della raccolta del gioco del lotto non riversati. In particolare, come risulta dalle note dall'ADM (in base ai dati registrati dal concessionario della gestione del gioco LottoItalia s.r.l.), per le due settimane anzidette risulta un credito per l'erario dell'importo totale di euro 158.100,20 (euro 82.691,64 per la settimana contabile del 20 marzo 2018 e euro 75.408,56 per la settimana contabile del 27 marzo 2018). A tali importi devono aggiungersi gli speciali interessi da ritardato pagamento secondo il disposto dell'art. 33, comma 2, della l. n. 724 del 23 dicembre 1994 (pari a una volta e mezzo gli interessi legali).
3.2. Con riferimento al danno da disservizio, in primo luogo, si osserva che tale posta di danno, di costruzione pretoria, è connessa alla disorganizzazione interna all'Amministrazione e ai disagi e ritardi che genera per l'utenza, mediante disservizi che hanno un costo per la collettività.
Il danno da disservizio emerge come autonoma figura di danno erariale a contenuto patrimoniale correlata alla mancanza qualitativa particolarmente grave del servizio pubblico non reso: "si tratta, quindi, di un pregiudizio effettivo, concreto e attuale, che coincide con il maggior costo del servizio, nella misura in cui questo si riveli inutile per l'utenza. La giurisprudenza contabile lo collega, nel settore dei pubblici servizi, al mancato raggiungimento dell'utilità che si prevede di ricavare dall'investimento di una certa quantità di risorse, umane e strumentali (cfr., ex plurimis, Corte conti, Sez. I centr., n. 253/2014), ovvero ai costi generali sopportati dalla pubblica amministrazione in conseguenza del mancato conseguimento della legalità, dell'efficienza, dell'efficacia, dell'economicità e della produttività dell'azione amministrativa" (cfr. Sez. giur. Regione Basilicata, 22 marzo 2006, n. 83).
Quanto alla prova di tale voce di danno, la quantificazione concreta è affidata al prudente apprezzamento del giudice, ai sensi dell'art. 1226 c.c., che nell'esercizio dei suoi poteri dovrà tener conto dei criteri obiettivi di rilevazione dei costi delle risorse inutilmente impiegate per l'azione amministrativa intrapresa o dei costi per le operazioni di accertamento delle irregolarità. Tuttavia, la giurisprudenza ha precisato che il "danno da disservizio non può fondarsi su prove presuntive o indiziarie poiché deve costituire un pregiudizio economico certo nell'an, e deve essere fornita prova, da parte del PM, che il perseguimento di fini diversi da quelli istituzionali abbia comportato una perdita patrimoniale tangibile nelle casse dell'ente" (Corte, Sez. Sez. app. III, 22 giugno 2016, n. 243, nonché Sez. Campania, sent. 1011/2021).
Tanto considerato, va rilevato che nell'atto di citazione, l'invocato danno da disservizio è stato ricondotto alla violazione di fondamentali doveri di servizio attinenti al rapporto concessorio che per un verso, avrebbero indotto un indebolimento dei risultati del servizio pubblico di gestione della raccolta del gioco del lotto, mentre per altro verso, avrebbero determinato l'impiego di risorse aggiuntive a carico dell'organizzazione pubblica, costretta ad attività diverse da quelle richieste dal decorso fisiologico del rapporto concessorio, allo scopo di rimediare alle violazioni della legalità e del buon andamento amministrativo perpetrate dal concessionario inadempiente. Tale componente di danno, certa e sussistente nell'an, anche ai fini di una liquidazione in via equitativa ex art. 1226 c.c., viene correlata alla stima di minore valore delle prestazioni rese di fatto dal concessionario, venendo a coincidere con l'aggio percepito per le settimane contabili cui afferiscono i proventi non riversati.
Il Collegio, tuttavia, ritiene non fondata la domanda della Procura, in quanto la rappresentazione del nocumento erariale e la quantificazione operata dall'organo requirente non risultano suffragate da elementi idonei a giustificarne la concreta individuazione e l'ammontare in stretta e diretta correlazione a quanto contestato.
Difatti, il danno da disservizio non può essere configurato come un danno in re ipsa, né può essere addossato al convenuto per il solo fatto della violazione dei doveri di servizio e per il conseguente vulnus cagionato all'amministrazione, ma dev'essere provato nel suo verificarsi in ragione della documentazione depositata al fascicolo di causa mantenendo, in ogni caso, caratteri di autonomia e netta differenziazione rispetto ad altre tipologie di danno risarcibile.
Nel caso di specie, non può non osservarsi che la concreta incidenza della condotta illecita sui risultati e l'attività svolta dall'Amministrazione asseritamente danneggiata rimane sostanzialmente priva di riscontro tenuto conto che il comportamento foriero del danno patrimoniale subito non risulta aver gravato significativamente sulla complessiva missione istituzionale dell'Amministrazione.
Deve, quindi, ritenersi assorbita ogni ulteriore valutazione in ordine alla quantificazione del danno operata dalla Procura la quale appare, tuttavia, seppur individuata secondo criteri equitativi, non sufficientemente motivata sotto il profilo di una adeguata correlazione con i presunti costi derivanti dal disservizio patito in conseguenza della condotta della convenuta.
Ne deriva che tale richiesta risarcitoria deve essere respinta.
4. Conseguentemente, la domanda attorea deve essere accolta solo con riferimento al danno patrimoniale diretto, con condanna della M. Paola al pagamento in favore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli della somma di euro 158.100,20.
Con riguardo invece alla richiesta di condanna al pagamento degli oneri accessori rispetto alla sorte capitale, il Collegio ritiene che siano dovuti soltanto gli interessi ex art. 33, comma 2, l. 724/1994, nella misura di una volta e mezzo il tasso legale, calcolato dalla data prevista per il versamento della somma dovuta, in quanto essi costituiscono il risarcimento ex lege di tutto il danno da ritardato pagamento, salva la prova del maggior danno, non fornita nel caso di specie.
Più in particolare, "tale misura, consistendo in un risarcimento ex lege, di natura omnicomprensiva, del danno da ritardato pagamento, e non già in una sanzione amministrativa (prevista, invece, dalla prima parte della citata disposizione), è dunque applicabile anche nelle ipotesi di responsabilità amministrativo-contabile (cfr. Corte dei conti, Sez. giur. Emilia-Romagna, n. 249/2018), salva la prova del maggior danno da parte della Procura, che, nella fattispecie esaminata, non risulta peraltro allegata e fornita (cfr. Corte dei conti, Sez. giur. Veneto, n. 233/ 2011; Sez. Lombardia, n. 101/2018; id., 5 giugno 2019, n. 131)" (così Sez. Emilia-Romagna, n. 161/2021; v. anche Sez. Lombardia, n. 67/2020; Sez. Sicilia, n. 951/2019).
Ne consegue che la convenuta va condannata al pagamento degli interessi sopra indicati, che assorbono ogni onere accessorio, sino alla data dell'effettivo pagamento, trattandosi di un'obbligazione restitutoria rispetto ad una somma già individuata al momento del danno e non di pagamento rispetto ad una somma quantificata con la sentenza e, soprattutto, di interessi predeterminati dalla norma in ragione del "ritardato pagamento" (in termini, Sez. Campania, sent. n. 882/2021).
5. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano con separata nota di segreteria.
P.Q.M.
La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale regionale per la Campania, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, definitivamente pronunciando, accoglie parzialmente la domanda attorea e, per l'effetto, condanna M. Paola al pagamento in favore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli della somma di euro 158.100,20, oltre agli interessi sul ritardato pagamento previsti dall'art. 33, comma 2, della l. n. 724 del 23 dicembre 1994, dalla data di scadenza delle singole obbligazioni fino al soddisfo.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano con separata nota di segreteria.
Manda alla Segreteria, per il seguito di competenza.