Corte dei conti
Sezione giurisdizionale per l'Emilia-Romagna
Sentenza 5 aprile 2024, n. 29
Presidente: Perin - Estensore: Patumi
FATTO
1. Con atto di citazione depositato in data 10 novembre 2023, la Procura regionale presso la Sezione giurisdizionale per l'Emilia-Romagna ha convenuto in giudizio l'Imperial s.r.l. in liquidazione in persona del legale rappresentante e liquidatore pro tempore Paolo C., nonché quest'ultimo in proprio, per vederli condannare a risarcire il danno che avrebbero cagionato al Ministero dell'economia e delle finanze per aver percepito contribuzioni pubbliche non spettanti.
La vicenda è stata segnalata alla Procura regionale dalla Guardia di finanza, Nucleo di polizia economico-finanziaria di Rimini, con annotazione n. 0209778/2023, con la quale quest'ultima ha riferito in merito alla percezione, asseritamente illecita, da parte dell'Imperial s.r.l., di contributi pubblici a fondo perduto erogati dallo Stato per consentire alle imprese attive di fronteggiare le difficoltà economiche derivanti dall'emergenza epidemiologica da covid-19.
L'Imperial s.r.l., avente ad oggetto sociale la gestione di strutture turistico-ricreative, tra cui quelle alberghiere, in data 25 gennaio 2021 aveva comunicato alla Camera di commercio di Rimini la cessazione della propria attività a decorrere dal 31 dicembre 2020.
La Procura regionale afferma che detta cessazione sarebbe stata effettiva, non risultando successivamente al 31 dicembre 2020 il compimento da parte della società di alcun atto, né avendo avuto quest'ultima, da tale data, personale alle proprie dipendenze. Inoltre, la struttura alberghiera precedentemente gestita dalla società in argomento, l'albergo Baia Imperiale, era stato affidato in gestione ad altra società a decorrere dal 18 febbraio del 2021.
L'Imperial s.r.l. in data 21 aprile 2021, quindi in un momento successivo alla dichiarazione di cessazione dell'attività, ha richiesto ed ottenuto dei contributi a fondo perduto previsti per il sostegno alle imprese attive dall'art. 1 d.l. 22 marzo 2021, n. 41 (c.d. "decreto sostegni"), convertito con modificazioni dalla l. 21 maggio 2021, n. 69. A esito di tale richiesta è stato accreditato alla società, in data 27 aprile 2021, l'importo di 40.175,00 euro. Successivamente, sulla base della medesima domanda, la società ha ricevuto due ulteriori contributi, rispettivamente di 40.175,00 euro il 24 giugno 2021 e, infine, di 10.000,00 euro in data 30 dicembre 2021.
La Procura regionale, ritenendo tali contributi non spettanti, ha trasmesso al sig. Paolo C., in proprio e nella qualità di rappresentante legale della Imperial s.r.l., nel frattempo in liquidazione, un invito a dedurre.
Il sig. Paolo C. ha presentato deduzioni scritte, inoltre ha chiesto un'audizione difensiva che si [è] svolta regolarmente; tuttavia, la Procura regionale ha ritenuto di dover comunque procedere alla contestazione di responsabilità.
Parte pubblica ritiene vi siano i presupposti per affermare la responsabilità erariale dei convenuti per aver indebitamente conseguito contributi pubblici previsti per le imprese dalla normativa emergenziale volta a fronteggiare la contrazione delle attività produttive durante l'emergenza epidemiologica da covid-19, a seguito della dichiarazione, resa al Ministero dell'economia e delle finanze - Agenzia delle entrate da parte dell'impresa alberghiera, di essere in attività, dichiarazione che non sarebbe stata rispondente al vero.
I contributi in argomento, come sopra evidenziato, avevano il fine specifico di sostenere economicamente le imprese e le attività economiche attive operanti nei settori, quale quello alberghiero, maggiormente colpiti dalle ricadute dell'emergenza epidemiologica da covid-19. Pertanto, la finalità pubblica perseguita, secondo la Procura regionale, non sarebbe stata di mera assistenza, intendendo il legislatore, mediante i contributi in discorso, salvaguardare e sostenere le imprese dei settori economici più fortemente colpiti dalle restrizioni conseguenti alla crisi pandemica, al fine di evitare la dispersione del tessuto produttivo del Paese.
La Procura afferma la soggezione degli odierni convenuti alla giurisdizione contabile: la società, in quanto destinataria di contributi pubblici erogati per la realizzazione di finalità di interesse pubblico; il sig. Paolo C., per essere stato al tempo dei fatti amministratore e legale rappresentante della stessa. Parte pubblica, inoltre, richiama giurisprudenza a favore di tale affermazione.
Le condotte dei convenuti, sostiene la Procura regionale, sarebbero state antigiuridiche. L'art. 1 del d.l. n. 41/2021, nel prevedere un contributo a fondo perduto a favore degli operatori economici titolari di partita IVA colpiti dall'emergenza epidemiologica da covid-19, aveva limitato l'ambito dei soggetti legittimati a riceverlo, escludendo espressamente "i soggetti la cui attività risulti cessata alla data di entrata in vigore del presente decreto": ciò in linea con la finalità del contributo di offrire in via straordinaria un sostegno alle imprese attive nei settori più colpiti dalla crisi pandemica. Ne consegue che l'Imperial s.r.l. non avrebbe avuto alcun titolo a ricevere il contributo in discorso, avendo cessato definitivamente ogni attività già dal 31 dicembre 2020.
La cessazione dell'attività sociale al 31 dicembre 2020 era, secondo Parte pubblica, assoluta ed irreversibile, come si evincerebbe anche dagli esiti degli ulteriori riscontri eseguiti dalla Guardia di finanza, dai quali emerge che: nel corso di tutto il 2021 i registri IVA non evidenziavano alcuna operazione attiva in capo alla società; la società non aveva emesso alcuna fattura passiva relativa allo svolgimento dell'attività alberghiera nonostante tale fosse l'oggetto sociale; non aveva avuto per l'intero anno personale alle proprie dipendenze, né aveva presentato la dichiarazione ai fini dell'imposta diretta per l'anno 2021. La Procura contabile ricorda, inoltre, che in data 18 febbraio 2021 la gestione dell'albergo Baia Imperiale, unica struttura alberghiera gestita dall'Imperial s.r.l., era stata affidata ad altro gestore.
Da quanto sopra conseguirebbe che la presentazione della domanda per il riconoscimento del contributo previsto dal primo decreto sostegni, avvenuta in data 21 aprile 2021, quando cioè l'Imperial s.r.l. aveva definitivamente cessato ogni attività da tempo, realizzerebbe gli estremi della condotta causativa di danno all'erario, avendo permesso ai suoi autori di conseguire illecitamente erogazioni pubbliche non spettanti, con frustrazione del fine pubblico e ingiustificata distrazione di risorse dallo scopo cui erano destinate.
Pertanto, alla società di cui sopra e al sig. Paolo C. andrebbero addebitati, a titolo di responsabilità erariale, tutti i contributi, esposti nella parte in fatto, conseguiti sulla base della comunicazione inoltrata all'Agenzia delle entrate.
L'elemento soggettivo andrebbe ravvisato nel dolo, secondo la prospettazione attorea. Il sig. Paolo C., infatti, amministratore e legale rappresentante dell'Imperial s.r.l., sarebbe stato a conoscenza del fatto che la cessazione di ogni attività da parte di tale società precludeva la possibilità di accedere ai contributi. Dagli atti istruttori risulterebbe, infatti, che l'Imperial s.r.l., nella persona del medesimo sig. Paolo C., aveva precedentemente chiesto e ottenuto altri contributi previsti dalla normativa emergenziale covid-19 a favore delle imprese in crisi, il cui riconoscimento era subordinato ai medesimi requisiti previsti dal c.d. "decreto sostegni".
In riferimento alle deduzioni difensive, la Procura afferma che la semplice titolarità di una partita IVA da parte di un soggetto che abbia di fatto cessato l'attività non potrebbe essere di per sé essere considerata indicativa di un effettivo esercizio dell'impresa e che, in ogni caso, il diritto all'erogazione del contributo era legato non al semplice possesso della partita IVA, bensì all'esistenza di un'attività economica in atto.
Dall'inesistenza del presupposto dell'esercizio di un'attività d'impresa al momento della domanda del contributo consegue altresì, secondo l'Accusa, che dall'intenzione del sig. Paolo C., amministratore dell'Imperial s.r.l., di proseguire l'attività assumendo la gestione di un'altra struttura alberghiera, come confermato dalle trattative a tal fine intercorse con altri operatori del settore, non potrebbe argomentarsi che l'attività d'impresa non era cessata, ma semplicemente sospesa.
Nel rassegnare le conclusioni, la Procura contabile ha chiesto la condanna dell'Imperial s.r.l. e del sig. Paolo C., in solido, a pagare, in favore del Ministero dell'economia e delle finanze, a titolo di risarcimento del danno patrimoniale, 90.350,00 euro, ovvero il diverso importo ritenuto di giustizia, oltre alla rivalutazione monetaria dal giorno degli accrediti dei singoli contributi ed interessi legali dal deposito della sentenza fino al soddisfo; con condanna, altresì, al pagamento delle spese del presente giudizio.
2. I convenuti si sono costituiti in giudizio con una memoria depositata in data 23 febbraio 2024.
In via pregiudiziale, la difesa eccepisce il difetto di giurisdizione di questa Corte.
I contributi economici a fondo perduto, dei quali la normativa prevede l'erogazione per fronteggiare le difficoltà economiche derivanti dalla pandemia da covid-19, infatti, secondo la prospettazione difensiva, sarebbero stati riconosciuti a titolo di riparazione del danno patito a causa dell'emergenza Covid in relazione all'attività di impresa esercitata, nel perseguimento di finalità spiccatamente solidaristiche, non vincolate alla realizzazione di un dettagliato programma di recupero di più ampio respiro. Ciò emergerebbe sia dalla normativa, che dalla circolare n. 5/E del 14 maggio 2021, la quale fa riferimento alla "finalità di compensare, almeno in parte, i gravi effetti economici e finanziari che hanno subito determinate categorie di operatori economici a seguito della pandemia che ha colpito il nostro Paese".
Ne conseguirebbe l'insussistenza di un rapporto di servizio di fatto.
Cita la sentenza n. 4 del 10 gennaio 2023, con la quale la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per l'Umbria ha declinato la propria giurisdizione, in una controversia che pure aveva ad oggetto, tra l'altro, proprio l'affermata illecita erogazione di un contributo erogato ai sensi dell'art. 1 del d.l. n. 41/2021.
In via preliminare, eccepisce l'incompetenza della Corte dei conti a giudicare sul recupero dei contributi in argomento, rispetto ai quali le previsioni normative che disciplinano, in caso di non spettanza delle somme erogate, la competenza dell'Agenzia delle entrate, attribuirebbe detta competenza in via esclusiva.
Nel merito, la difesa dei convenuti sostiene che vi fossero tutti i presupposti per ottenere i contributi in argomento.
La cessazione dell'attività che precludeva il riconoscimento di tali contributi, in particolare, si dovrebbe intendere come chiusura della partita IVA; circostanza, quest'ultima, che costituirebbe l'unica inequivocabile manifestazione della volontà di un'impresa di non voler più svolgere l'attività economica prevista dall'oggetto sociale. Al contrario, nel caso dell'Imperial s.r.l. ci sarebbe stata una mera sospensione dell'attività.
Ricorda la difesa che l'Agenzia delle entrate, con la circolare n. 22/E del 21 luglio 2020, ha espressamente affermato che le imprese inattive in Camera di commercio, ma con partita IVA attiva potevano chiedere i contributi oggetto del presente giudizio.
A conferma di tale interpretazione deporrebbe anche la circostanza che l'Agenzia delle entrate non ha proceduto con l'attività di recupero delle somme erogate.
Nel ricostruire i fatti ricorda che l'Imperial, che aveva quale oggetto sociale la gestione di strutture turistiche, aveva intavolato nel giugno del 2020 (allega a supporto una copia di una PEC) trattative per continuare a gestire la struttura alberghiera Baia Imperiale, che però non erano andate a buon fine.
Successivamente, a riprova dell'intenzione di proseguire l'attività economica, aveva intrapreso ulteriori trattative (a supporto, la difesa deposita copie di e-mail e di messaggi inviati dal sig. C. con il telefono portatile, risalenti ai mesi di ottobre e novembre 2021).
Alla fine, nel febbraio del 2022, in ragione dell'esito negativo delle trattative e delle precarie condizioni di salute della moglie dell'odierno convenuto, l'Imperial s.r.l. è stata posta in liquidazione.
La difesa degli odierni convenuti afferma che, in considerazione dell'oggetto sociale dell'Imperial, anche la ricerca della struttura alberghiera può essere qualificata come svolgimento della attività economica; pertanto, al momento in cui furono chiesti i contributi, la stessa era da considerarsi operativa.
Nella memoria difensiva, infine, si afferma che la volontà dei convenuti di rispettare la legge è confermata dalla circostanza che il consulente fiscale li aveva rassicurati in ordine alla spettanza del contributo (a tal fine viene depositata copia della relativa e-mail).
Per quanto sopra esposto, la difesa sostiene che al sig. Paolo C. non potrebbe essere mossa nessuna contestazione di ordine personale.
Nel rassegnare le conclusioni, la difesa dei convenuti domanda:
- in via preliminare, che sia dichiarata l'assenza della giurisdizione contabile;
- sempre in via preliminare, l'incompetenza del Giudice contabile a conoscere la controversia, giacché l'Agenzia delle entrate avrebbe competenza esclusiva sul recupero dei contributi in analisi;
- nel merito, il rigetto della richiesta attorea.
Con vittoria di spese di lite.
Da ultimo, chiede in via istruttoria l'ammissione di alcuni testimoni, su capitoli dettagliatamente indicati.
3. All'udienza del 20 marzo 2024, la Procura regionale si è opposta alla richiesta istruttoria di escussione di testi formulata dalla difesa dei convenuti, ritenendo la causa matura per la decisione. Ha affermato la giurisdizione di questa Corte richiamando giurisprudenza in favore di tale tesi. Ha altresì dichiarato di ritenere infondata l'eccezione di incompetenza. Per il resto, si è riportata alle argomentazioni in atti, confermando le conclusioni ivi rassegnate.
L'avvocato dei convenuti ha insistito nell'affermare l'insussistenza della giurisdizione, in ragione della natura "a fondo perduto" dei contributi in argomento, non vincolati a un dettagliato programma di recupero. Per il resto, si è sostanzialmente riportato alle motivazioni esposte con la memoria difensiva, confermando le relative conclusioni.
DIRITTO
1. Preliminarmente, il Collegio osserva che nella fattispecie in esame sussiste la giurisdizione contabile.
La Sezione giurisdizionale per la Regione Umbria con la sentenza n. 4/2023, come ricordato nella parte in fatto, è l'unico Giudice ad aver già affrontato la questione di giurisdizione di questa Corte in riferimento ai contributi disciplinati dal c.d. "decreto sostegni". La Sezione umbra ha dichiarato il difetto di giurisdizione della Corte dei conti in favore del Giudice ordinario ritenendo che il contributo in esame, erogato a privati in occasione di eventi emergenziali, fosse connotato da finalità spiccatamente solidaristiche, in quanto previsto a titolo di riparazione del danno patito a causa dell'emergenza covid-19 in relazione all'attività d'impresa, senza imporre ai beneficiari di realizzare un dettagliato programma di recupero di più ampio respiro.
Questa Sezione ritiene di doversi discostare da tale precedente.
La Corte di cassazione, Sezioni unite civili, con la sentenza n. 9846/2011, peraltro depositata dalla difesa con la memoria di costituzione, ha negato la giurisdizione della Corte dei conti in riferimento all'impiego, in difformità alle finalità previste dalla legge, di contributi a fondo perduto percepiti ai sensi dell'art. 4-bis del d.l. 12 ottobre 2000, n. 279, convertito con modificazioni dalla l. 11 dicembre 2020, n. 365, dettato in tema di provvidenze a favore di soggetti colpiti da calamità naturali, nella specie l'esondazione del fiume Po. La Corte Suprema ha motivato che non risultava supportata da dati fattuali l'affermazione del Giudice contabile che aveva ritenuto sussistente la propria giurisdizione "sul rilievo che la erogazione dei contributi in questione fosse finalizzata alla ripresa delle attività produttive nell'area danneggiata dagli eventi calamitosi e che, pertanto, la società beneficiaria dei contributi dovesse ritenersi inserita di fatto in un 'programma' finalizzato al perseguimento di un interesse pubblico, rappresentato appunto dalla ripresa delle attività produttive". La Corte di cassazione, pertanto, ha negato la giurisdizione sulla base della motivazione che dalla normativa sui contributi che si asseriva fosse stata violata non risulta che detti contributi "abbiano quale precipuo finalità la ripresa delle attività produttive, ma soltanto quelle di indennizzare tutti i soggetti"; ciò, "esclusivamente in ossequio a principi di solidarietà sociale ed aventi la esclusiva finalità di indennizzare i soggetti alluvionati del danno subito, il che porta chiaramente ad escludere la esistenza di un qualche collegamento funzionale della società summenzionata con la Pubblica Amministrazione per la realizzazione di un pubblico interesse".
La disciplina recata dall'art. 1 del d.l. n. 41/2021, nel prevedere un contributo a fondo perduto a favore degli operatori economici titolari di partiva IVA colpiti dall'emergenza epidemiologica da covid-19, si pone tuttavia su un piano profondamento diverso da quella di cui all'art. 4-bis del d.l. n. 279/2020, che ha indotto la Corte Suprema a dichiarare il difetto di giurisdizione della Corte dei conti. Anzi, proprio sulla base della motivazione della richiamata sentenza della Corte di cassazione, Sez. un. civ., n. 9846/2011, è possibile affermare la giurisdizione di questa Corte sull'odierno giudizio.
L'art. 4-bis del d.l. n. 279/2020 aveva come presupposto per l'erogazione dei contributi semplicemente la circostanza che i soggetti fossero stati gravemente danneggiati dall'esondazione del fiume Po; l'art. 1 del d.l. n. 41/2021, invece, ha limitato l'ambito dei soggetti legittimati a ricevere i contributi, escludendo "i soggetti la cui attività risulti cessata alla data di entrata in vigore del presente decreto"; in tal modo, ha evidenziato la finalità del contributo di offrire in via straordinaria un sostegno alle imprese attive nei settori maggiormente colpiti dalla crisi pandemica. Nel caso in cui, invece, tale disciplina avesse avuto mere finalità solidaristiche, finalità che avrebbero comportato l'esclusione della giurisdizione di questa Corte, le erogazioni sarebbero state destinate a tutti i soggetti danneggiati, quindi anche in favore degli imprenditori che a causa della crisi pandemica erano stati costretti a cessare la propria attività. Come correttamente affermato dalla Pubblica accusa, invece, il legislatore, mediante i contributi in discorso, aveva inteso salvaguardare e sostenere le imprese dei settori economici più fortemente colpiti dalle restrizioni conseguenti alla crisi pandemica, al fine di evitare la dispersione del tessuto produttivo del Paese.
Da considerare, inoltre, che la Sezione seconda giurisdizionale centrale d'appello di questa Corte, con la sentenza n. 468 del 28 ottobre 2022, ha affermato la giurisdizione del Giudice contabile sui percettori del reddito di cittadinanza, motivando sulla base del carattere strumentale del fine assistenziale di tale erogazione rispetto all'obiettivo di inserimento dei percettori in ambito occupazionale. La menzionata Sezione centrale ha ricordato "come la giurisprudenza di legittimità, nell'affermare la giurisdizione contabile, abbia sempre valorizzato il rilievo assunto dal rapporto di servizio comunque instauratosi con l'ente pubblico danneggiato e il correlato profilo di 'funzionalizzazione' delle risorse pubbliche indebitamente percepite o non correttamente utilizzate"; inoltre, che "la giurisdizione contabile può prescindere dal trasferimento di funzioni e poteri autoritativi al privato percettore e da qualsiasi obbligo di rendicontazione finale delle somme di denaro ricevute", aggiungendo che "si intende fare riferimento, in particolare, ai casi di erogazione di contributi pubblici finalizzati alla realizzazione di un programma di pubblico interesse al quale partecipa il beneficiario, quali ad esempio i contributi miranti a favorire l'imprenditorialità".
La situazione sopra descritta sembra sovrapponibile a quella all'odierna attenzione del Collegio, lì ove entrambi i contributi mirano a sostenere le imprese nazionali.
Nel quadro appena delineato non può invece assumere alcun rilievo la circostanza che i contributi erogati fossero "a fondo perduto", come ricordato dalla difesa dei convenuti sia nella memoria di costituzione, che in udienza. I contributi a fondo perduto, infatti, costituiscono semplicemente erogazioni che non prevedono alcun tipo di restituzione; sono così chiamati proprio perché l'erogante iscrive la somma a bilancio come "perduta". La circostanza che un contributo sia erogato a fondo perduto, tuttavia, non esclude in alcun modo che lo stesso possa essere previsto dal legislatore non per una mera finalità solidaristica, ma, come nel caso de quo, nel perseguimento di un interesse pubblico specifico; inoltre, come già ricordato, l'affermazione della giurisdizione contabile non implica la previsione, in capo al privato percettore di risorse pubbliche, dell'obbligo di rendicontazione delle somme di denaro ricevute.
Per quanto sopra esposto, la giurisdizione di questa Corte in materia di finanziamenti pubblici a fondo perduto che si affermi siano stati indebitamente erogati a soggetti privati sussiste nel caso in cui si tratti di contributi erogati non per mere finalità solidaristiche, bensì anche per realizzare finalità di interesse pubblico, quale, per esempio, il contributo di cui all'art. 1 del d.l. n. 41/2021, previsto allo scopo di sostenere le attività produttive colpite dalla pandemia da covid-19.
2. L'eccezione di incompetenza è palesemente infondata.
L'art. 25, comma 12, del d.l. 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni dalla l. 17 luglio 2020, n. 77, nello stabilire "Qualora il contributo sia in tutto o in parte non spettante, anche a seguito del mancato superamento della verifica antimafia, l'Agenzia delle entrate recupera il contributo non spettante, irrogando le sanzioni [...]", infatti, non esclude in alcun modo la promovibilità dell'azione di recupero da parte della Procura contabile.
3. Prima di poter passare al merito, dev'essere altresì esaminata la richiesta istruttoria, avanzata dai convenuti, di ammettere prova per testi.
Tale richiesta non può essere accolta, in quanto gli elementi già acquisiti agli atti di causa sono sufficienti al fine del decidere.
4. Affermata la giurisdizione, nel merito il punto nodale della res controversa consiste nell'accertare se, al momento in cui sono stati richiesti i contributi oggetti del presente giudizio, l'attività dell'Imperial s.r.l. fosse o meno cessata.
La costruzione accusatoria, come evidenziato nella parte in fatto di questa pronuncia, sotto questo aspetto si fonda su due elementi:
- la comunicazione di cessazione di attività, trasmessa alla Camera di commercio in data antecedente la richiesta dei contributi;
- la verifica, ad opera della Guardia di finanza, secondo la quale, successivamente a tale dichiarazione, la società non aveva svolto operazioni, né emesso fatture passive, né avuto personale alle proprie dipendenze, né, infine, aveva più in gestione alcuna struttura alberghiera.
In realtà, occorre considerare che, nonostante la trasmissione della dichiarazione di cessazione dell'attività, l'Imperial s.r.l. nel corso del 2021 aveva ancora una partita IVA, un amministratore e non era stata ancora messa in liquidazione (la messa in liquidazione risale, infatti, al febbraio 2022). Inoltre, l'Imperial s.r.l., che aveva per oggetto sociale, tra l'altro, la gestione di alberghi, aveva intavolato trattative allo scopo di prendere in gestione strutture alberghiere, e ciò a riprova di come non avesse cessato di svolgere del tutto la propria attività.
Si intravede una certa linearità nelle condotte del sig. Paolo C., rappresentante legale dell'impresa: il 25 gennaio 2021, probabilmente per ragioni fiscali, non avendo trovato un accordo con la proprietà per la revisione del canone di affitto della gestione della struttura alberghiera Baia Imperiale, unica struttura gestita dalla società e in vista della scadenza del contratto al 15 gennaio 2021, aveva comunicato alla Camera di commercio la cessazione dell'attività. Aveva mantenuto, tuttavia, la partita IVA e non aveva messo in liquidazione la società auspicando una ripresa degli affari e a tal fine, anche grazie a due tranche di contributi a fondo perduto, come già accennato, tra l'ottobre e il novembre 2021, aveva avviato delle trattative per assicurarsi la gestione di altre strutture, ma tali trattative, che dimostrano lo svolgimento di attività da parte della società in argomento, non erano andate a buon fine. Nel febbraio 2022, infine, preso atto del fallimento delle trattative, il sig. Paolo C. ha posto in liquidazione la società.
Pur non vincolando la valutazione di questo Giudice, al fine della decisione costituisce un ulteriore elemento significativo la circolare n. 22/2020 dell'Agenzia delle entrate, quindi del soggetto deputato dall'ordinamento a recuperare i contributi non spettanti. Con essa, la menzionata Agenzia ha tra l'altro risposto a una domanda avente a oggetto i contributi disciplinati da una normativa, quella di cui all'art. 25, comma 2, del d.l. n. 34/2020, c.d. "decreto rilancio" che, pur essendo diversa da quella all'attenzione di questo Collegio, è tuttavia ad essa sovrapponibile, lì ove prevedeva contributi a fondo perduto in favore di soggetti titolati di partita IVA, colpiti dal covid-19 e la cui attività non risultasse cessata. L'Agenzia delle entrate in tale circolare afferma esplicitamente che i contributi spettavano alle imprese inattive in CCIAA, tuttavia con partita IVA ancora attiva.
Nell'ambito di tale quadro appare non casuale che, come affermato nella memoria difensiva dei convenuti, con dichiarazione non contestata da Parte attrice, l'Agenzia delle entrate non abbia avviato, ad oggi, alcuna azione di recupero per le somme in argomento.
Per tutto quanto sopra esposto la domanda attorea non può essere accolta, per assenza del requisito dell'antigiuridicità della condotta; a ciò è possibile aggiungere che le parti convenute potrebbero aver fatto ragionevole affidamento sulle affermazioni dell'Agenzia delle entrate contenute nella circolare sopra richiamata.
5. Le spese legali seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.
P.Q.M.
la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Emilia-Romagna, definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione:
- dichiara la giurisdizione della Corte dei conti;
- dichiara la competenza della Corte dei conti;
- rigetta l'istanza istruttoria;
- assolve i convenuti dall'addebito loro contestato;
- liquida, in favore della difesa dei convenuti Paolo C. e Imperial s.r.l., a carico del Ministero dell'economia e delle finanze, il compenso di 1.700,00 (millesettecento/00) euro, oltre al 15% per spese generali e oneri come per legge.
Manda alla Segreteria per i conseguenti adempimenti.