Corte dei conti
Sezione III centrale d'appello
Sentenza 10 giugno 2024, n. 166
Presidente: Maio - Estensore: Fratini
FATTO
Con atto di citazione depositato in data 25 novembre 2019 la Procura presso la Sezione giurisdizionale per l'Emilia-Romagna ha convenuto in giudizio: il prof. R. Norberto, già dipendente dall'Università Alma Mater Studiorum di Bologna, in proprio, nonché in qualità di rappresentante legale della LEBSC s.r.l.; il dott. L. Isidoro Giorgio, legato al citato Ateneo da contratti di ricerca; la società LEBSC s.r.l. (di cui il prof. R. Norberto ed il dr. L. Isidoro Giorgio erano rispettivamente socio ed amministratore unico il primo, e socio il secondo), chiedendo la condanna dei convenuti al pagamento della somma complessiva di 79.579,11 euro, per utilizzo illecito del nome e degli altri segni distintivi dell'Università di Bologna e del consorzio interuniversitario CIRCMSB di Bari, nonché per illecita percezione dell'assegno di ricerca da parte del dott. L. Isidoro Giorgio.
La Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Emilia-Romagna, con la sentenza gravata: ha dichiarato inammissibile la domanda proposta dalla Procura regionale nei confronti della LEBSC s.r.l., avente ad oggetto il presunto utilizzo illecito del nome e dei segni distintivi dell'Università di Bologna e del consorzio Interuniversitario CIRCMSB, per difetto di giurisdizione e, al contempo, ha affermato la giurisdizione, su di essa, del giudice ordinario; ha rigettato la domanda attorea proposta nei confronti di R. Norberto e di L. Isidoro Giorgio avente ad oggetto il presunto utilizzo illecito del nome e dei segni distintivi dell'Università di Bologna e del consorzio Interuniversitario CIRCMSB; ha rigettato la domanda attorea proposta nei confronti di R. Norberto, avente ad oggetto la percezione dell'assegno di ricerca erogato dall'Università di Bologna in favore di Isidoro Giorgio L.; ha accolto parzialmente la domanda attorea proposta nei confronti di L. Isidoro Giorgio, avente ad oggetto la percezione, da parte dello stesso, dell'assegno di ricerca e, per l'effetto, lo ha condannato a pagare, in favore dell'Università di Bologna l'importo di euro 15.105,44 (quindicimilacentocinque/44), comprensivo di rivalutazione monetaria, oltre agli interessi legali dalla data di pubblicazione della presente sentenza fino all'effettivo soddisfo salvo a tenere conto, in sede di esecuzione, di quanto altrimenti recuperato dall'Amministrazione; ha condannato l'Università Alma Mater Studiorum di Bologna e il Consorzio interuniversitario CIRCMSB, a pagare, in parti uguali, le spese di lite sostenute da R. Norberto in proprio, nonché in qualità di rappresentante legale della LEBSC s.r.l., liquidate in 4.000,00 euro, oltre IVA.
Il giudice di primo grado ha ritenuto parzialmente fondata la domanda della Procura erariale, nella parte in cui è stato prospettato un danno derivante dalla percezione dell'assegno di ricerca - erogato dall'Università di Bologna - da parte del dott. L., che avrebbe svolto attività autonoma in favore della società LEBSC, senza previa autorizzazione della medesima Università.
Il dott. L. ha proposto appello avverso la predetta sentenza.
Con il primo motivo l'appellante ha censurato la decisione nella parte in cui ha rigettato l'eccezione di nullità dell'atto di citazione: la Procura regionale avrebbe posto a fondamento dell'azione risarcitoria una condotta materiale diversa rispetto a quella contestata nell'invito a dedurre così pregiudicando il diritto di difesa.
Con il secondo motivo, l'appellante si duole dell'inutilizzabilità del documento in forza del quale la sentenza ha ritenuto sussistente una sua collaborazione con la LEBSC L., trattandosi di un documento contenente in calce una sottoscrizione non olografa, non riferibile all'appellante e da quest'ultimo disconosciuta. Documento che risulterebbe non spedito da un suo indirizzo di posta elettronica né da un computer con un indirizzo IP a lui riferibile.
Con il terzo motivo è stata censurata la sentenza nella parte in cui non sarebbero stati valutati documenti di data certa (contratto di assunzione alla LEBSC s.r.l., la prima busta paga e l'atto di ratifica delle dimissioni), dai quali si evincerebbe che il rapporto del dott. L. con la LEBSC s.r.l. sarebbe iniziato solo dopo la cessazione del rapporto con l'Università di Bologna.
L'appellante ha affermato di avere prestato la propria attività esclusivamente in favore di articolazioni interne (C.I.R.S.A. e LEBSC-UNIBO) dell'Università di Bologna e di non aver svolto lavoro, né autonomo, né subordinato nei confronti di soggetti terzi.
È stato inoltre evidenziato che:
a) in base alla disciplina regolamentare dettata dall'Università, la richiesta di autorizzazione da parte dell'assegnista è necessaria solo per l'attività extra moenia in favore di soggetti privati;
b) la sentenza n. 37/2018 del Tribunale del lavoro di Bologna non fa stato in merito allo svolgimento di attività alle dipendenze della LEBSC s.r.l. in costanza di rapporto di pubblico impiego, perché in quel giudizio la resistente Università di Bologna non ha chiesto che venisse accertato lo svolgimento di attività in favore di terzi privati.
Con il quarto motivo l'appellante ha censurato la sentenza nella parte in cui ha liquidato il risarcimento del danno erariale senza considerare che, a seguito della revoca dell'assegno di ricerca avvenuta due settimane prima del termine di scadenza del contratto, l'Università non ha corrisposto l'ultima mensilità.
L'appellante ha anche chiesto l'estensione dell'eventuale condanna in solido al prof. R., insistendo sul fatto che questi, in quanto suo tutor, aveva l'onere di comunicare all'Università l'utilizzo dell'assegnista a lui subordinato per mansioni in favore di una diversa articolazione del medesimo datore di lavoro.
In conclusione, l'appellante, in riforma della sentenza appellata, ha chiesto il rigetto della domanda di condanna proposta dalla Procura erariale e, in subordine, la riduzione della condanna al risarcimento del danno nella misura proporzionale al periodo di lavoro non reso per l'intervenuta revoca.
La Procura si è regolarmente costituita, rassegnando le proprie conclusioni.
Con riguardo all'eccezione di nullità, la Procura, dopo aver richiamato l'indirizzo giurisprudenziale secondo cui il principio di corrispondenza tra atto di citazione ed invito a dedurre non si sostanzia nell'assoluta identità degli atti, ha rilevato come l'imputazione in capo al dott. L. non sia stata in alcun modo modificata, vertendo sulla violazione del regime delle incompatibilità previste per i beneficiari degli assegni di ricerca, sotto il profilo dello svolgimento contestuale di attività professionale autonoma, senza aver richiesto ed ottenuto la necessaria autorizzazione dell'ateneo di appartenenza.
Secondo la Procura, non si sarebbe verificata nessuna compromissione del diritto di difesa: rispetto alla ricerca commissionata dal Comune di Strongoli, che è stata oggetto della segnalazione da parte dell'Università di Bologna, è stata espletata un'ampia e articolata istruttoria, che ha portato anche all'acquisizione di documentazione comprovante un'ulteriore attività svolta dal L. per conto della società LEBSC in favore di un altro Comune.
Nel merito, la Procura ha confutato le argomentazioni svolte dall'appellante, insistendo per la conferma della sentenza di primo grado.
In particolare, la Procura evidenzia che, per quanto attiene alla ricerca redatta dal L. in favore del Comune di Agliana, gli atti acquisiti recano la sua sottoscrizione, in qualità di responsabile del laboratorio della LEBSC s.r.l., e fanno parte di un carteggio più ampio in cui sono presenti note dell'amministrazione comunale e articoli di stampa, che si riferiscono all'erroneità di alcuni risultati dell'analisi svolta, successivamente rettificati. La circostanza che sia in copia - secondo la Procura - non rende ex se "falso" il documento sotto alcun profilo, né è stato promosso un giudizio di falso sullo stesso.
La Procura ha poi evidenziato che il giudice del lavoro, con la sentenza n. 37/2018, ha respinto il ricorso del L. avverso la delibera di decadenza adottata dall'ateneo bolognese, riconoscendo la violazione del regolamento rettorale (artt. 14 e 15) e con ciò corroborando le contestazioni mosse a suo carico dinanzi a questa Corte.
L'affermazione della responsabilità dell'odierno appellante resa dalla Sezione territoriale - secondo la Procura - risulta coerente con gli elementi conoscitivi e di prova acquisiti in giudizio.
In ordine alla quantificazione del danno, la parte appellata rileva che la determinazione stabilita in sentenza fa riferimento all'importo contestato dal requirente contabile, pari a euro 37.763,61 (40% = euro 15.105,44), che non concerne la sola annualità 2015 (cui è riferito l'importo indicato dall'appellante), bensì gli assegni di ricerca "corrisposti in regime di incompatibilità (...) e comunque in situazione di conflitto d'interesse negli anni 2014/2015", come emergenti dal prospetto riepilogativo fornito dall'amministrazione universitaria (nota del 3 gennaio 2019).
Con riguardo all'apporto causale del prof. R., la Procura osserva che l'obbligo di chiedere l'autorizzazione per le attività estranee alla ricerca finanziata con l'assegno gravava in primo luogo sul L. medesimo, secondo quanto previsto espressamente dagli artt. 7 e 8 del contratto da lui sottoscritto.
All'odierna udienza le parti hanno concluso come in atti.
DIRITTO
1. Il primo motivo di appello è fondato.
Con l'invito a dedurre la Procura ha contestato al dott. L. una responsabilità per danno erariale derivante dallo svolgimento di attività in favore del Comune di Strongoli.
A pag. 3, ultimo periodo, e a pag. 4, primo periodo, del predetto invito a dedurre, si espone il contenuto della comunicazione del 26 ottobre 2016 del Rettore dell'Università di Bologna, che si riferisce al Comune di Strongoli.
A pag. 6 del medesimo invito si richiamano preventivi e fatture da emettere dal Consorzio C.I.R.C.M.S.B., evidenziando che tale ente sarebbe successivamente risultato del tutto estraneo a qualsiasi rapporto con il Comune di Strongoli.
Sempre a pag. 6 si richiama la nota del 24 luglio 2015 su carta intestata LEBSC, riguardante l'attività relativa al Comune di Strongoli; e si evidenzia che il Consorzio C.I.R.C.M.S.B. non aveva mai intrattenuto alcun rapporto con il Comune di Strongoli.
L'invito a dedurre, a pag. 7, si riferisce ai preventivi sottoscritti dalla sig.ra M. Maria, inviati al Comune di Strongoli.
Nella stessa pagina, si richiama la nota dell'Università di Bologna prot. 56819 del 13 luglio 2015, non risultando alla data del 25 marzo 2015 alcuna autorizzazione rilasciata dal CIRSA al L. Isidoro Giorgio per lo svolgimento dell'incarico per conto del Comune di Strongoli.
Anche la sentenza n. 37/2018 del 16 maggio 2018 del Tribunale civile di Bologna, Sezione lavoro, viene evocata a pag. 8 dell'invito a dedurre con riferimento allo svolgimento dell'attività della LEBSC s.r.l. in favore del Comune di Strongoli.
A pag. 9 e 10, la situazione di illiceità è riferita all'incarico ricevuto dal Comune di Strongoli.
La responsabilità della fattispecie illecita, a pag. 11 e 12, viene imputata al L. per esercizio di attività svolta in favore del Comune di Strongoli.
Nell'invito a dedurre non vi è nessun riferimento, né diretto né indiretto, all'attività svolta dal L. nei confronti del Comune di Agliana.
L'atto di citazione, al contrario, è incentrato sull'attività svolta dal L. in favore del Comune di Agliana.
A pag. 22 dell'atto di citazione la Procura individua come "emblematica" la rettifica, in data 27 aprile 2005 (e dunque ancora in costanza dell'assegno di ricerca presso l'Università di Bologna), delle analisi svolte per il Comune di Agliana da parte della società LEBSC s.r.l., sottoscritta dal L. in qualità di "Responsabile del Laboratorio".
A pag. 26 dell'atto di citazione si fa riferimento al documento sottoscritto dal L. quale rappresentante della società LEBSC s.r.l., richiamando le analisi ambientali relative al Comune di Agliana.
Le deduzioni svolte dal L. vengono smentite dalla Procura nell'atto di citazione, a pag. 30, attraverso il richiamo alla relazione della società LEBSC s.r.l., relativa al Comune di Agliana, sottoscritta in data 27 aprile 2015, allegata alla nota prot. n. 1044 del 14 novembre 2016.
È poi con riferimento alla documentazione relativa al Comune di Agliana, sottoscritta dal L. per conto della LEBSC s.r.l., che le dichiarazioni contenute nel contratto di ricerca del 5 agosto 2014 (ed in particolare all'art. 7 di tale contratto) vengono valutate dalla Procura come incongrue rispetto all'obbligo di chiedere l'autorizzazione per lo svolgimento di prestazioni di lavoro autonomo presso enti diversi dal CIRSA.
Anche la sentenza di condanna ha accertato gli elementi costitutivi della responsabilità amministrativa contestata al L. (fatto non iure, elemento soggettivo, danno erariale) con riferimento all'attività svolta in favore del Comune di Agliana.
Nella sentenza si fa riferimento:
i) a pag. 7, alla rettifica delle analisi svolte per il Comune di Agliana;
ii) a pag. 9, all'inesistenza di un originale della relazione della società LEBSC relativa al Comune di Agliana;
iii) a pag. 11, alla relazione al Comune di Agliana, che non reca una firma olografa del dott. L., né è stata spedita da un indirizzo e-mail a lui riferibile;
iv) a pag. 12, all'estraneità del dott. L. alla vicenda inerente al Comune di Agliana;
v) a pag. 17, alle testimonianze con le quali il Presidente e il legale del Comitato Acqua Bene del Comune di Agliana hanno affermato di non avere mai avuto rapporti con il dott. L.;
vi) a pag. 19, al documento che attesta lo svolgimento di analisi, sottoscritte dal dott. L., per il Comune di Agliana;
vii) a pag. 23, alle analisi ambientali relative al Comune di Agliana che, in calce, recano la firma di L.
Il Collegio rileva la discrasia tra la contestazione effettuata al L. con l'invito a dedurre e la responsabilità amministrativa contestata dalla Procura e accertata dalla sentenza appellata.
Sul punto, non può essere condivisa l'affermazione della Procura, secondo cui l'imputazione in capo al dott. L. non sarebbe stata in alcun modo modificata, vertendo sulla violazione del regime delle incompatibilità previste per i beneficiari degli assegni di ricerca, sotto il profilo dello svolgimento contestuale di attività professionale autonoma, senza aver richiesto ed ottenuto la necessaria autorizzazione dell'ateneo di appartenenza.
In realtà, come evidenziato dall'analisi degli atti di giudizio già svolta, il nucleo dei fatti contestati con l'invito a dedurre ha subito una radicale modifica con l'atto di citazione, essendo stati addebitati con il secondo fatti e circostanze diverse rispetto alla contestazione originaria.
E ciò ha comportato una violazione della regola della corrispondenza tra atto di citazione e invito a dedurre, che costituisce, ai sensi del codice di giustizia contabile, una causa di nullità della citazione stessa, che si riflette sulla sentenza.
Va, conseguentemente, dichiarata la nullità dell'atto di citazione con compensazione delle spese di giudizio, ai sensi dell'art. 31 c.g.c.
P.Q.M.
La Corte dei conti, Sezione terza centrale d'appello, definitivamente pronunciando, accoglie l'appello e, per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, dichiara la nullità dell'atto di citazione.
Spese compensate.
Manda alla segreteria per gli adempimenti conseguenti.