Corte di cassazione
Sezione I civile
Ordinanza 7 maggio 2025, n. 12120
Presidente: Marulli - Relatore: Fidanzia
FATTI DI CAUSA
La Corte d'appello di Catanzaro, con sentenza n. 863/2021, depositata il 16 giugno 2021, ha rigettato l'appello proposto da Casa di cura Villa del Sole s.r.l., Casa di cura prof. G. Santoro s.r.l., Casa di cura Santa Lucia di Antonio Ciminio s.r.l., Casa di cura Scarnati s.r.l., Casa di cura San Bartolo s.r.l., Casa di cura San Francesco di Rao Rosina s.r.l., Casa di cura Madonna della Catena, ora Igreco Ospedali riuniti, avverso la sentenza del Tribunale di Cosenza del 20 luglio 2017 con cui è stata dichiarata la nullità del loro arbitrale irrituale, che aveva condannato l'Azienda sanitaria provinciale di Cosenza (d'ora in poi A.S.P.) alla corresponsione delle somme pretese dalle predetta case di cura a titolo di extra budget per l'attività di assistenza ospedaliera prestata a favore degli assistiti del SNN.
Il giudice di secondo grado, ha, in primo luogo, dato atto che era stato definitivamente accertato dalla sentenza di primo grado, con statuizione non impugnata (sulla quale era sceso il c.d. giudicato interno), che la clausola arbitrale contenuta nei contratti stipulati ex art. 8-quinqu[i]es d.lgs. n. 502/1992 tra l'A.S.P. e le case di cura aveva natura irrituale; ha, inoltre, confermato la statuizione di nullità del lodo arbitrale, essendo preclusa alla P.A. la possibilità di avvalersi dell'arbitrato irrituale, e ciò in relazione alla natura negoziale della risoluzione demandata agli arbitri (potendo gli stessi definire la vertenza con la ricerca di nuovo assetto d'interessi dagli stessi individuato), che è scarsamente compatibile con i principi che regolano l'agire della pubblica amministrazione.
Avverso la predetta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione Casa di cura Villa del Sole s.r.l., Casa di cura prof. G. Santoro s.r.l., Casa di cura Santa Lucia di Antonio Ciminio s.r.l., Casa di cura Scarnati s.r.l., Casa di cura San Bartolo s.r.l., Casa di cura San Francesco di Rao Rosina s.r.l., Casa di cura Madonna della Catena, ora Igreco Ospedali riuniti, affidandolo a tre motivi.
L'A.S.P. ha resistito in giudizio con controricorso.
Con proposta del 25 febbraio 2024, comunicata il 26 febbraio 2024, Il Consigliere coordinatore delegato ha formulato una proposta di definizione anticipata del giudizio.
Le ricorrenti hanno formulato istanza di decisione, ex art. 380-bis, comma 2, c.p.c., chiedendo, altresì, di voler sospendere il presente giudizio in attesa della determinazione delle Sezioni unite sulla questione, di particolare importanza, se nel procedimento ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c. il Consigliere che ha redatto la proposta di decisione accelerata possa entrare a comporre, con la veste di relatore, il Collegio giudicante.
Infine, le ricorrenti hanno depositato la memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Va preliminarmente respinta l'istanza di sospensione del presente giudizio, come sopra illustrata nella parte narrativa.
Nel caso di specie, il Consigliere coordinatore delegato, che ha redatto la proposta di definizione anticipata, non è né relatore, né fa parte del presente Collegio.
In ogni caso, le Sezioni unite di questa Corte hanno, con la sentenza n. 9611/2024, enunciato il principio di diritto, secondo cui il consigliere delegato che ha formulato la proposta di definizione può far parte - ed eventualmente essere nominato relatore - del collegio investito della definizione del giudizio ai sensi dell'art. 380-bis.1 c.p.c., non versando in situazione di incompatibilità agli effetti degli artt. 51, comma 1, n. 4, e 52 c.p.c., atteso che tale proposta non rivela una funzione decisoria e non è suscettibile di assumere valore di pronuncia definitiva, né la decisione in camera di consiglio conseguente alla richiesta del ricorrente si configura quale fase distinta, che si sussegue nel medesimo giudizio di cassazione con carattere di autonomia e con contenuti e finalità di riesame e di controllo sulla proposta stessa.
2. Con proposta di definizione anticipata del 25 febbraio 2024 il Consigliere delegato ha così osservato:
"Le ricorrenti impugnano, con il supporto di tre mezzi, la sentenza del 16.61.2021, con cui la Corte catanzarese ha rigettato l'appello da esse proposto avverso la sentenza di primo grado del Tribunale di Cosenza del 20.7.2018, seppur con differente motivazione, a spese integralmente compensate.
Resiste con controricorso la ASP Cosenza.
Con il primo motivo le ricorrenti denunciano violazione dell'art. 2909 c.c. per aver la Corte di appello omesso di accertare la natura rituale o irrituale del lodo, in ragione del suo erroneo convincimento che la natura irrituale fosse coperta dal giudicato.
Il motivo appare inammissibile, innanzitutto per la sua genericità che non si confronta, in modo specifico e puntuale, con la specifica statuizione della sentenza impugnata secondo la quale la sentenza di primo grado aveva accertato la natura irrituale del lodo, cosa che avrebbe richiesto l'illustrazione della sentenza di primo grado per dimostrare l'errore allegato.
D'altro canto, la Corte di appello afferma che il Tribunale aveva dichiarato la nullità del lodo irrituale, e per altro verso il lodo era stato impugnato dall'ASP dinanzi al Tribunale e le stesse ricorrenti ricordano di essersi difese in primo grado eccependo l'impugnabilità del lodo irrituale solo per i vizi tassativamente indicati nell'art. 808-ter c.p.c. e per vizi del consenso (pag. 9 ricorso).
Con il secondo motivo le ricorrenti denunciano violazione dell'art. 808-ter c.p.c., degli artt. 3 e 24 Cost. e dell'art. 1322 c.c. per sostenere che alla luce della nuova disciplina dell'arbitrato irrituale non si poteva più sostenere che fosse inammissibile la devoluzione delle controversie ad arbitrato irrituale con la Pubblica Amministrazione aventi ad oggetto diritti soggettivi disponibili; con il terzo motivo denunciano altresì violazione dell'art. 806 c.p.c. e rimproverano alla Corte di appello di aver ritenuto nulla la compromissoria sull'assunto della non compromettibilità della materia.
I due motivi, connessi e perciò esaminabili congiuntamente, appaiono manifestamente infondati alla luce della consolidata giurisprudenza di questa Corte, secondo cui benché la P.A., nel suo operare negoziale, si trovi su un piano paritetico a quello dei privati, ciò non significa che vi sia una piena ed assoluta equiparazione della sua posizione a quella del privato, poiché l'Amministrazione è comunque portatrice di un interesse pubblico cui il suo agire deve in ogni caso ispirarsi; ne consegue che alla stessa è preclusa la possibilità di avvalersi, nella risoluzione delle controversie derivanti da contratti di appalto conclusi con privati, dello strumento del c.d. arbitrato irrituale o libero, poiché in tal modo il componimento della vertenza verrebbe ad essere affidato a soggetti (gli arbitri irrituali) individuati, nell'ambito di una pur legittima logica negoziale, in difetto di qualsiasi procedimento legalmente determinato e, perciò, senza adeguate garanzie di trasparenza e pubblicità della scelta (Sez. un., n. 8987 del 16 aprile 2009; Sez. 6-1, n. 28533 dell'8 novembre 2018; Sez. 3, n. 7759 dell'8 aprile 2020)".
3. Questo Collegio non può che confermare e far proprie le argomentazioni e le conclusioni della proposta di definizione anticipata.
4. Il primo motivo è palesemente infondato.
È corretta l'affermazione dei ricorrenti secondo cui la decisione della causa nel merito non comporta la formazione del giudicato implicito sulla questione che pure costituisca la premessa logica della statuizione di merito, posto che una questione può ritenersi decisa dal giudice di merito soltanto ove abbia formato oggetto di discussione in contraddittorio (Cass., Sez. un., n. 7925/2019).
Va, tuttavia, osservato che, dalla ricostruzione della sentenza impugnata, emerge che sulla questione della natura irrituale dell'arbitrato si è effettivamente instaurato un contraddittorio tra le parti, atteso che la stessa Casa di cura Villa del Sole, in sede di costituzione nel giudizio di impugnazione del lodo arbitrale, ha dedotto che il lodo impugnato era esente da vizi procedurali e sostanziali, data la tassatività dei motivi di annullamento del lodo irrituale e la mancata proposizione della relativa eccezione nel corso del procedimento arbitrale (vedi pag. 3 della sentenza impugnata). Inoltre, la stessa sentenza impugnata, alla stessa pagina, ha espressamente evidenziato che il tribunale cosentino aveva dichiarato la nullità del lodo irrituale. Dunque, vi è stata una statuizione espressa del giudice di primo grado sulla natura irrituale dell'arbitrato, su una questione che ha sollevato una delle parti in causa, e sulla quale l'altra non ha mosso contestazioni.
5. Sono infondati anche il secondo ed il terzo motivo, da esaminare unitariamente in relazione alla stretta connessione delle questioni trattate.
Va osservato che le Sezioni unite di questa Corte, anche recentemente (vedi Cass., Sez. un., n. 4242/2024), hanno enunciato il principio di diritto - cui anche questo Collegio intende dare continuità - secondo cui è preclusa all'amministrazione la possibilità di avvalersi, nella risoluzione delle controversie derivanti da contratti conclusi con privati, dello strumento dell'arbitrato irrituale, perché, diversamente, in tal modo il componimento della vertenza verrebbe ad essere affidato a soggetti individuati, nell'ambito di una pur legittima logica negoziale, in difetto di qualsiasi procedimento legalmente determinato e, perciò, senza adeguate garanzie di trasparenza e pubblicità della scelta (Cass., Sez. un., n. 8987/2009; quindi, fra le altre, Cass. n. 7759/2020, n. 28533/2018, n. 10599/2013).
Né è in alcun modo persuasiva la prospettazione di parte ricorrente in ordine alla natura giurisdizionale dell'arbitrato irrituale ed alla sostanziale identità funzionale e strutturale dello stesso con l'arbitrato rituale.
Come condivisibilmente evidenziato dalle Sezioni unite di questa Corte nella sentenza n. 24153/2013, nell'arbitrato rituale, l'autonomia delle parti si manifesta non già (come nell'arbitrato irrituale) come atto di disposizione del diritto, ma come atto incidente sull'esercizio del potere di azione che a quel diritto è connesso nel settore dei diritti disponibili, operando come presupposto del potere attribuito agli arbitri privati di decidere le controversie nelle forme e secondo le modalità stabilite dall'ordinamento giuridico.
Al contrario, nell'arbitrato irrituale, le parti con la clausola compromissoria non demandano agli arbitri l'esercizio di una funzione di natura giurisdizionale, ma conferiscono un mandato per l'espletamento, in loro sostituzione, di un'attività negoziale (vedi Cass. n. 30000/2021; vedi anche Cass. [n.] 12058/2022).
Non vi sono, pertanto, in alcun modo i presupposti per la rimeditazione della questione e per la rimessione della questione alle Sezioni unite.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Inoltre, poiché il ricorso è stato deciso in conformità alla proposta formulata ex art. 380-bis c.p.c., devono essere applicati - come previsto dal comma terzo dello stesso art. 380-bis c.p.c. - il terzo e il quarto comma dell'art. 96 c.p.c., con conseguente condanna della ricorrente al pagamento in favore della controricorrente della somma equitativamente determinata nella misura di cui in dispositivo (che si stima pari a quella quantificata a titolo di spese di lite) nonché al pagamento di ulteriore somma a favore della cassa delle ammende.
Come evidenziato da Cass., Sez. un., 27 settembre 2023, n. 27433, e 13 ottobre 2023, n. 28540, l'art. 380-bis, comma 3, c.p.c., richiamando, per i casi di conformità tra proposta e decisione finale, l'art. 96, commi 3 e 4, c.p.c., codifica, attraverso una valutazione legale tipica compiuta dal legislatore, un'ipotesi di abuso del processo, giacché non attenersi alla delibazione del proponente che trovi conferma nella decisione finale lascia presumere una responsabilità aggravata. Peraltro, se è pur vero che di una siffatta ipotesi di abuso, già immanente nel sistema processuale, va esclusa una interpretazione che conduca ad automatismi non in linea con una lettura costituzionalmente compatibile del nuovo istituto, sicché l'applicazione in concreto delle predette sanzioni deve rimanere affidata alla valutazione delle caratteristiche del caso di specie (Sez. un., n. 36069 del 27 dicembre 2023), nondimeno nell'ipotesi in esame non si rinviene alcuna ragione per discostarsi dalla suddetta previsione legale: è evidente la complessiva piena «tenuta» del sintetico provvedimento di proposta di definizione anticipata rispetto alla motivazione necessaria per confermare l'inammissibilità del ricorso.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese processuali, che liquida in euro 12.400,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge; condanna le ricorrenti ex art. 96, commi 3 e 4, c.p.c. al pagamento di euro 12.000,00 a favore della controricorrente di euro 2.500,00 a favore della cassa delle ammende.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte delle ricorrenti dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.