Corte costituzionale
Sentenza 26 giugno 2025, n. 86

Presidente: Amoroso - Redattrice: Navarretta

[...] nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 2941, primo comma, numero 7), del codice civile, promosso dal Tribunale ordinario di Napoli, sezione specializzata in materia d'impresa, nel procedimento vertente tra IAL Campania srl - impresa sociale in liquidazione coatta amministrativa e M.M. A., con ordinanza del 16 ottobre 2024, iscritta al n. 237 del registro ordinanze 2024 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 2, prima serie speciale, dell'anno 2025.

Visto l'atto di costituzione di IAL Campania srl - impresa sociale in liquidazione coatta amministrativa;

udita nell'udienza pubblica del 21 maggio 2025 la Giudice relatrice Emanuela Navarretta;

udito l'avvocato Nicola Rascio per IAL Campania srl - impresa sociale in liquidazione coatta amministrativa;

deliberato nella camera di consiglio del 21 maggio 2025.

RITENUTO IN FATTO

1.- Con ordinanza del 16 ottobre 2024, iscritta al n. 237 del registro ordinanze 2024, il Tribunale ordinario di Napoli, sezione specializzata in materia d'impresa, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell'art. 2941, primo comma, numero 7), del codice civile, nella parte in cui non prevede la sospensione della prescrizione tra le associazioni non riconosciute e i loro amministratori, finché sono in carica, per le azioni di responsabilità contro di essi.

2.- Il rimettente riferisce di essere stato investito del giudizio promosso dal commissario liquidatore della IAL Campania srl - impresa sociale in liquidazione coatta amministrativa nei confronti di M.M. A., che aveva rivestito l'incarico di amministratore sia nel periodo nel quale l'ente, allora denominato IAL Campania, era un'associazione non riconosciuta sia nel periodo nel quale esso si era trasformato in una società a responsabilità limitata (a partire, dunque, dal 15 luglio 2010).

Il giudice a quo riporta che, nell'ottobre 2014, IAL Campania srl era stata posta in liquidazione volontaria e che, di seguito, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 9 agosto 2016, era stata assoggettata a liquidazione coatta amministrativa.

Nel 2019 il commissario liquidatore aveva esercitato un'azione di responsabilità nei confronti del richiamato amministratore, ai sensi dell'art. 18 cod. civ., contestando condotte distrattive poste in essere tra il 1° gennaio 2004 e il 19 novembre 2014.

L'amministratore si era costituito in giudizio e, sul presupposto dell'avvenuta notifica dell'atto introduttivo in data 23 ottobre 2019, aveva eccepito l'intervenuta prescrizione dei diritti azionati per il periodo antecedente al 23 ottobre 2009, stante il decorso del termine ordinario decennale stabilito in materia di mandato con riguardo all'azione di responsabilità nei confronti dell'amministratore.

Il commissario liquidatore ha quindi invocato la sospensione della prescrizione ai sensi dell'art. 2941, primo comma, numero 7), cod. civ., concernente i rapporti tra persone giuridiche e loro amministratori, e, in subordine, ha prospettato un contrasto della richiamata disposizione, ove non applicabile alle associazioni non riconosciute, con i principi costituzionali.

3.- Il giudice a quo ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell'art. 2941, primo comma, numero 7), cod. civ., in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.

4.- Quanto alla rilevanza delle censure, il Tribunale ha osservato che, in mancanza della sospensione ex art. 2941, primo comma, numero 7), cod. civ., tutte le pretese risarcitorie, fatte valere a titolo di responsabilità contrattuale e maturate prima del 23 ottobre 2009, risulterebbero prescritte.

Il giudice a quo ha, inoltre, rigettato la tesi, sostenuta dalla parte attrice, secondo cui la decorrenza della prescrizione dovrebbe ricollegarsi alla data di trasformazione dell'associazione in società a responsabilità limitata, osservando che tale trasformazione «non determina l'estinzione di un ente e la successione ad esso di un nuovo soggetto ma solo una modificazione della forma e dell'organizzazione dello stesso soggetto giuridico che mantiene la sua identità e dunque non può incidere sulla decorrenza del termine prescrizionale».

Il Tribunale, infine, ha escluso la possibilità di applicare in via diretta o analogica l'art. 2941, primo comma, numero 7), cod. civ. alle associazioni non riconosciute, così come di poter conseguire il medesimo effetto attraverso una interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione, tenuto conto sia del carattere tassativo delle ipotesi di sospensione del termine prescrizionale sia dell'approccio adottato da questa Corte con le sentenze n. 262 del 2015 e n. 322 del 1998.

5.- Nel merito, il giudice a quo ha motivato il contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost.

5.1.- La violazione dell'art. 3 Cost. è stata ravvisata sotto il duplice profilo della irragionevole disparità di trattamento fra associazioni non riconosciute e associazioni riconosciute, nonché fra le prime e le società in accomandita semplice e in nome collettivo, cui la norma censurata già trova applicazione, grazie alle citate sentenze n. 262 del 2015 e n. 322 del 1998.

Secondo il rimettente, la ratio della disposizione, correlata alla difficoltà per l'ente di accertare gli illeciti degli amministratori, fintantoché questi sono in carica, non giustificherebbe l'esclusione dal suo ambito applicativo delle associazioni non riconosciute, poiché la personalità giuridica non costituirebbe un ragionevole criterio di distinzione.

Anzi, nel confronto con gli enti con scopo di lucro, nelle associazioni non riconosciute difetterebbero finanche poteri ispettivi interni in capo agli associati, sicché risulterebbero maggiori i rischi di opacità nella gestione e di impunità degli amministratori per le loro condotte illecite.

Pertanto, «[a] fronte delle difficoltà operative, insite nell'accertamento degli illeciti degli amministratori ancora in carica», «la ratio della causa di sospensione in esame non [sarebbe] in grado di fornire una giustificazione logica del diverso regime, quanto al decorso del termine di prescrizione per l'esercizio dell'azione sociale di responsabilità nei confronti degli amministratori, tra persone giuridiche ed enti non muniti di personalità giuridica e soprattutto tra società di persone prive di personalità giuridica (quali s.a.s. e s.n.c.) ed associazioni non riconosciute».

Né basterebbe evocare, al fine di escludere l'irragionevole disparità di trattamento, il più lungo termine di prescrizione previsto per la responsabilità degli amministratori delle associazioni non riconosciute rispetto a quello applicabile per le medesime azioni nella disciplina delle società di persone. Il termine decennale, infatti, è stabilito anche per le «associazioni riconosciute, rispetto alle quali opera la causa di sospensione prevista dall'art. 2941 n. 7 c.c.».

5.2.- Infine, la duplice disparità di trattamento sopra richiamata determinerebbe, secondo il giudice a quo, anche una lesione dell'art. 24 Cost., «risolvendosi [...] in una minorazione del diritto di difesa [dell'ente] nei confronti degli illeciti compiuti dai propri amministratori».

6.- Il 23 gennaio 2025, IAL Campania srl - impresa sociale in liquidazione coatta amministrativa si è costituita in giudizio, prospettando un'interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione censurata e insistendo, in subordine, per la declaratoria di illegittimità costituzionale.

In particolare, la parte attrice nel giudizio principale sostiene che il reiterarsi di pronunce di illegittimità costituzionale della medesima norma accomunate dalla stessa ratio consentirebbe di ricavare «la (sopravvenuta) immanenza nel sistema di un principio in materia di sospensione della prescrizione, tale da giustificare (senza la necessità di nuove pronunce di incostituzionalità) l'adozione di un modello interpretativo per cui essa sospensione può sistematicamente riferirsi anche agli altri enti non societari quali le associazioni non riconosciute». Una soluzione analoga, secondo la parte, sarebbe stata già adottata - a titolo di esempio - in materia di riassunzione del processo interrotto.

7.- Il 29 aprile 2025, IAL Campania srl - impresa sociale in liquidazione coatta amministrativa ha depositato una memoria, nella quale si sofferma sulle ragioni a supporto della fondatezza delle questioni.

In particolare, sottolinea che nelle associazioni non riconosciute mancherebbero istituzionalmente organi di controllo e non sussisterebbero in capo agli associati poteri analoghi a quelli attribuiti ai soci delle società di capitali. Di conseguenza, risulterebbero ancora più evidenti le difficoltà dell'ente nel venire a conoscenza degli illeciti degli amministratori e nel far valere la relativa responsabilità.

Inoltre, nel confronto con le associazioni riconosciute, la parte pone in evidenza come vi sia una vera e propria identità sotto il profilo sia del tipo contrattuale sia della disciplina applicabile, il che comporterebbe l'esigenza di riferire alle associazioni non riconosciute tutte le norme in materia di associazioni riconosciute che non siano direttamente correlate con la personalità giuridica.

In conclusione, la parte ribadisce l'irragionevole disparità di trattamento delle associazioni non riconosciute tanto rispetto alle associazioni riconosciute, che sarebbero «parimenti connotate da una struttura spiccatamente personalistica», quanto rispetto alle società di persone, alle quali la norma si applica grazie agli interventi di questa Corte.

8.- Nell'udienza pubblica del 21 maggio del 2025, la parte attrice nel giudizio principale ha insistito per le conclusioni rassegnate negli scritti difensivi.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.- Con ordinanza del 16 ottobre 2024, iscritta al n. 237 del registro ordinanze 2024, il Tribunale di Napoli, sezione specializzata in materia d'impresa, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., questioni di legittimità costituzionale dell'art. 2941, primo comma, numero 7), cod. civ., nella parte in cui non prevede la sospensione della prescrizione tra le associazioni non riconosciute e i loro amministratori, finché sono in carica, per le azioni di responsabilità contro di essi.

2.- Il giudice rimettente riferisce di essere stato investito del giudizio promosso dal commissario della IAL Campania srl - impresa sociale in liquidazione coatta amministrativa nei riguardi dell'amministratore che aveva rivestito tale incarico sia nel periodo in cui l'ente aveva operato nelle forme dell'associazione non riconosciuta sia in quello nel quale si era trasformato in una società di capitali.

A fronte dell'azione di responsabilità motivata in relazione ad asserite condotte distrattive tenute dall'amministratore fra il 2004 e il 2014, quest'ultimo eccepiva l'intervenuta prescrizione delle pretese risarcitorie concernenti gli illeciti compiuti anteriormente al 23 ottobre 2009, rilevando che l'atto introduttivo del giudizio era stato notificato il 23 ottobre 2019.

Il giudice a quo prende atto che, in assenza di una causa di sospensione della prescrizione, risulterebbe oramai decorso, per le pretese risarcitorie relative al periodo antecedente al 23 ottobre 2009, il termine ordinario decennale, applicabile all'azione di responsabilità nei confronti dell'amministratore di un'associazione, ai sensi dell'art. 18 cod. civ.

Di conseguenza, il Tribunale solleva questioni di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., dell'art. 2941, primo comma, numero 7), cod. civ., motivandone rilevanza e non manifesta infondatezza.

In particolare, il rimettente sostiene che escludere la sospensione della decorrenza del termine di prescrizione per l'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori, nel rapporto fra le associazioni non riconosciute e gli stessi amministratori, finché sono in carica, integri una ingiustificata disparità di trattamento nel confronto tanto con le associazioni riconosciute, quanto con le società in nome collettivo e con quelle in accomandita semplice, enti privi di personalità giuridica ai quali, nondimeno, trova applicazione l'art. 2941, primo comma, numero 7), cod. civ.

La denunciata irragionevole disparità di trattamento si risolverebbe, al contempo, in una minorazione del diritto di difesa dell'ente rispetto agli illeciti compiuti dai suoi amministratori.

3.- Le questioni sollevate in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost. sono ammissibili e, nel merito, fondate.

4.- L'art. 2941, primo comma, numero 7), cod. civ. dispone che il decorso del termine di prescrizione rimane sospeso «tra le persone giuridiche e i loro amministratori, finché sono in carica, per le azioni di responsabilità contro di essi».

Si tratta di una norma che non è suscettibile di applicazione analogica, in quanto connotata da eccezionalità, e che questa Corte ha già dichiarato costituzionalmente illegittima, nella parte in cui non trova applicazione a due tipologie di società prive della personalità giuridica: le società in accomandita semplice (sentenza n. 322 del 1998) e quelle in nome collettivo (sentenza n. 262 del 2015).

Sin dalle richiamate pronunce, la giurisprudenza costituzionale ha ravvisato la ratio della disciplina in un'esigenza di natura sostanziale, costituita dalla difficoltà che l'ente incontra sia nell'avere piena cognizione dell'operato degli amministratori, sì da poter acquisire informazioni idonee a evidenziare una loro eventuale responsabilità, sia nel promuovere l'azione, fintantoché i destinatari della stessa conservino l'incarico gestionale e una posizione di preminenza decisionale (ancora sentenze n. 262 del 2015 e n. 322 del 1998).

5.- Chiarita, dunque, la funzione della disciplina censurata, emerge l'irragionevole disparità di trattamento che essa determina nel riferire la causa di sospensione del decorso del termine di prescrizione alle sole associazioni riconosciute e non anche a quelle prive della personalità giuridica.

5.1.- Il riconoscimento della personalità giuridica, diversamente da quanto si riteneva nell'epoca in cui è stato emanato il codice civile del 1942, non traccia più una linea di demarcazione correlata alla dimensione della soggettività (in tal senso, il diritto vivente sin dalla sentenza della Corte di cassazione, sezione prima civile, 16 novembre 1976, n. 4252; di recente, Corte di cassazione, sezione terza civile, ordinanza 14 febbraio 2024, n. 4138; sezione quinta civile, ordinanza 6 settembre 2022, n. 26284; sezione prima civile, ordinanza 16 giugno 2020, n. 11635 e sentenza 16 novembre 2015, n. 23401).

Anche gli enti privi di personalità giuridica, fra cui le associazioni non riconosciute, sono autonomi centri di imputazione di situazioni giuridiche soggettive, in virtù di un principio di alterità che si fonda sulla loro struttura organizzativa (art. 36 cod. civ.), sull'elemento patrimoniale (art. 37 cod. civ.) e su quello teleologico (artt. 1420, 1446 e 1449 cod. civ.).

La differenza delle associazioni non riconosciute rispetto a quelle dotate di personalità giuridica riguarda essenzialmente il piano dei rapporti esterni (art. 38 cod. civ.), in quanto proprio la mancanza del riconoscimento si frappone all'autonomia patrimoniale perfetta dell'ente.

Di contro, sono applicabili anche alle associazioni non riconosciute norme previste per quelle riconosciute, sempre che non siano strettamente correlate alla personalità giuridica. In particolare, è riferibile alle associazioni non riconosciute, in quanto diretto a disciplinare solo i rapporti interni fra l'ente e gli amministratori, l'art. 18 cod. civ., secondo cui questi ultimi «sono responsabili verso l'ente secondo le norme del mandato».

5.2.- In tale quadro sistematico, la persistenza di una disciplina che subordina alla titolarità della personalità giuridica dell'ente la sospensione del termine prescrizionale per la citata azione di responsabilità dell'associazione nei confronti degli amministratori determina una diversità di trattamento palesemente irragionevole.

La ratio della sospensione non mostra alcuna relazione con la sussistenza o meno della personalità giuridica, proprio in quanto il riconoscimento giuridico non incide sui rapporti interni fra gli amministratori e l'ente.

Pertanto, la stessa difficoltà che incontra l'associazione riconosciuta nell'avere contezza della responsabilità dei suoi amministratori e nel farla valere, fintantoché essi sono in carica, si rinviene, tal quale, nel caso dell'ente privo di personalità giuridica.

Anche alle associazioni non riconosciute trova applicazione la disciplina che si limita a obbligare gli amministratori alla convocazione, una volta l'anno, dell'assemblea degli associati per l'approvazione del bilancio (art. 20, primo comma, cod. civ.). Tale unica incombenza non è sufficiente a garantire una effettiva consapevolezza di come l'incarico sia stato eseguito e della sua conformità o difformità rispetto ai canoni della diligenza e correttezza. Né è previsto per il modello associativo alcun obbligo di contemplare nello statuto organi che siano preposti al controllo dell'operato degli amministratori.

Solo una volta terminato l'incarico, l'art. 1713 cod. civ., applicabile in virtù del rinvio operato dall'art. 18 cod. civ. alla disciplina del mandato, impone all'amministratore di rendere il conto del proprio operato e di rimettere tutto ciò che ha ricevuto a causa del mandato, consentendo agli associati di avere cognizione delle modalità con cui è stato eseguito l'incarico.

Inoltre, soltanto da quando quest'ultimo è cessato, l'associazione, sia essa riconosciuta o no, si sottrae a quegli eventuali condizionamenti da parte degli amministratori che configurano sicuri intralci alla possibilità di dare impulso al processo decisionale che conduce l'ente a promuovere l'azione di responsabilità nei loro confronti (sentenze n. 143 del 2023 e n. 354 del 2006).

Ne consegue che la sospensione della prescrizione, ai fini di una tutela effettiva dell'ente nell'esercizio dell'azione di responsabilità verso gli amministratori, non è meno necessaria, nel caso dell'associazione non riconosciuta, di quanto lo sia nell'ipotesi dell'associazione dotata di personalità giuridica.

6.- Per analoghe motivazioni, l'irragionevole disparità di trattamento si apprezza anche nel confronto con le società in accomandita semplice e in nome collettivo, che beneficiano del meccanismo sospensivo in ragione di quanto dichiarato nelle citate sentenze n. 262 del 2015 e n. 322 del 1998, e che - come le associazioni non riconosciute - sono enti privi di personalità giuridica.

Si deve anzi constatare che, nel caso delle menzionate società, i soci non amministratori godono di poteri di controllo che non sussistono nel caso degli associati.

In particolare, alle società in nome collettivo trova applicazione - in virtù dell'art. 2293 cod. civ., che riferisce a tali enti anche le norme previste per le società semplici - l'art. 2261 cod. civ., il quale dispone che «[i] soci che non partecipano alla amministrazione hanno diritto di avere dagli amministratori notizia dello svolgimento degli affari sociali, di consultare i documenti relativi all'amministrazione e di ottenere il rendiconto quando gli affari per cui fu costituita la società sono stati compiuti. Se il compimento degli affari sociali dura oltre un anno, i soci hanno diritto di avere il rendiconto dell'amministrazione al termine di ogni anno, salvo che il contratto stabilisca un termine diverso».

Quanto alle società in accomandita semplice, a esse si applica l'art. 2320, terzo comma, cod. civ., secondo cui i soci accomandanti «hanno diritto di avere comunicazione annuale del bilancio e del conto dei profitti e delle perdite, e di controllarne l'esattezza, consultando i libri, e gli altri documenti della società». Da tale previsione la giurisprudenza di legittimità ha dedotto non solo il diritto ad «avere comunicazione annuale dei bilanci», ma anche un «diritto di controllo in senso proprio, che interviene a posteriori rispetto alla comunicazione del bilancio» (Corte di cassazione, sezione prima civile, ordinanza 5 settembre 2022, n. 26071).

In sostanza, dal momento che questa Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della mancata sospensione della prescrizione nel caso delle richiamate società di persone (ancora sentenze n. 262 del 2015 e n. 322 del 1998), nonostante la presenza di strumenti di garanzia che operano a favore dei soci, a fortiori, nel caso delle associazioni non riconosciute, per le quali simili rimedi non sono contemplati, la medesima omissione determina un vulnus all'effettività del diritto di difesa dell'ente nei confronti degli amministratori, fintantoché essi sono in carica.

Sussiste, dunque, una irragionevole disparità di trattamento che determina, al contempo, una violazione del diritto di difesa.

7.- In conclusione, deve essere dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 2941, primo comma, numero 7), cod. civ., nella parte in cui non prevede la sospensione della prescrizione tra le associazioni non riconosciute e i loro amministratori, finché sono in carica, per le azioni di responsabilità contro di essi.

P.Q.M.
LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 2941, primo comma, numero 7), del codice civile, nella parte in cui non prevede la sospensione della prescrizione tra le associazioni non riconosciute e i loro amministratori, finché sono in carica, per le azioni di responsabilità contro di essi.