Consiglio di Stato
Sezione V
Sentenza 20 febbraio 2017, n. 745
Presidente: Caringella - Estensore: Lotti
FATTO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Roma, Sez. II, con la sentenza 19 maggio 2016, n. 5887, ha respinto il ricorso proposto dall'attuale parte appellata Romeo Gestioni s.p.a. per l'annullamento del bando di gara - procedura aperta per l'affidamento del servizi di facility management da eseguirsi negli immobili dei fondi I3-INAIL e I3-Regione Lazio in gestione alla Investimenti Immobiliari Italiani SGR s.p.a., indetto da Investimenti Immobiliari Italiani SGR s.p.a. e pubblicato sulla GURI n. 1 del 4 gennaio 2016 - 5a Serie Speciale Contratti Pubblici, in particolare nella parte in cui (pagg. 11 e 3 del disciplinare di gara) determina "i soggetti che presentano offerte per la presente procedura non potranno presentare offerta per la gara comunitaria a procedura aperta indetta da Invimit SGR s.p.a. per la stipula di un contratto per l'affidamento del servizio di property management per i fondi I3-Inail e I3-Regione Lazio di cui al bando di gara inviato alla G.U.U.E. il 30 dicembre 2015, pena l'esclusione del soggetto ad entrambe le procedure", nonché nella parte in cui (pagg. 12 e 17/18 del disciplinare di gara) determina, in riferimento all'offerta tecnica, i parametri valutativi della stessa.
Il TAR ha rilevato sinteticamente (per la parte che interessa il presente appello) che:
- l'art. 133, comma 1, lett. e), n. 1), c.p.a. - laddove fa riferimento, al fine di stabilire l'ambito della giurisdizione amministrativa, al soggetto "comunque tenuto" al rispetto di procedure ad evidenza pubblica - non può che riferirsi ad un vincolo eteronomo, e non autonomo, di rispetto di dette procedure;
- il cd. autovincolo, pertanto, se è idoneo a rendere applicabili alla gara le regole ivi richiamate, è inidoneo a determinare spostamenti della giurisdizione;
- ne consegue che l'individuazione del giudice fornito di giurisdizione sulla controversia in esame richiede di accertare se la Invimit sia un soggetto comunque tenuto, nella scelta del contraente, all'applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale;
- l'Invimit è una società di gestione del risparmio del Ministero dell'Economia e delle Finanze ed ha ad oggetto la prestazione del servizio di gestione collettiva del risparmio realizzata attraverso la promozione, l'istituzione, l'organizzazione e la gestione di fondi comuni di investimento immobiliare chiusi, l'amministrazione dei rapporti con i partecipanti, la gestione del patrimonio di fondi comuni di investimento di propria o altrui istituzione o di altri organismi di investimento collettivo, italiani ed esteri, ivi comprese le funzioni di natura amministrativa, nonché la gestione di fondi immobiliari;
- la missione di Invimit Sgr, come indicato nel relativo sito internet, è sintetizzabile nella volontà di contribuire positivamente allo sviluppo e alla valorizzazione dei patrimoni immobiliari pubblici, sia attraverso la leva urbanistico-edilizia che perseguendone una più ampia e profonda rigenerazione, anche sul piano del risparmio energetico e della riduzione dell'impatto sull'ambiente;
- in ragione di tali elementi, Invimit Sgr è da qualificare come organismo di diritto pubblico, ai sensi dell'art. 3, comma 26, d.lgs. n. 163 del 2006, con conseguente assoggettamento alla relativa disciplina pubblicistica;
- l'obiettivo essenziale di Invimit, vale a dire lo sviluppo e la valorizzazione, con eventuale dismissione, del patrimonio immobiliare pubblico, è chiaramente volto al perseguimento di interessi generali e non ha carattere industriale o commerciale;
- deve essere rilevato che i servizi che Invimit intende affidare sono comunque strumentali al perseguimento dei suoi obiettivi di carattere generale;
- ritiene che la teoria del "contagio" ed il conseguente assoggettamento di tutte le controversie afferenti le procedure di gara alla giurisdizione amministrativa riguarda anche l'ipotesi in cui, come nel caso di specie, la SGR appaltante agisce in qualità di soggetto gestore dei fondi comuni di investimento operanti sul mercato in regime di libera concorrenza, sebbene a questi ultimi, privi di autonoma soggettività giuridica, possa riconoscersi natura di patrimonio separato.
L'appellante contestava la sentenza del TAR, deducendone l'erroneità per i seguenti motivi:
- erroneità della qualificazione di INVIMIT quale Organismo di diritto pubblico;
- erronea inapplicabilità alla fattispecie dell'art. 4, comma 13, del d.l. n. 95 del 2012;
- erronea estensione della qualificazione di organismo di diritto pubblico ai fondi immobiliari gestiti da INVIMIT;
- erroneità della sentenza di I grado, per errata interpretazione della normativa e della giurisprudenza comunitaria, nella parte in cui richiama la teoria del c.d. contagio.
Con l'appello in esame si chiedeva, quindi, la dichiarazione del difetto di giurisdizione del giudice adito.
Si costituiva la parte controinteressata chiedendo la reiezione dell'appello.
Si costituiva anche il Comune convenuto chiedendo l'accoglimento dell'appello.
All'udienza pubblica del 16 febbraio 2017 la causa veniva trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Ritiene il Collegio che l'attuale appellante, che è risultata integralmente vincitore nel giudizio svolto dinnanzi al TAR Lazio, conclusosi con la sentenza qui impugnata, non abbia alcun interesse idoneo a supportare un'autonoma azione impugnatoria della medesima sentenza.
Il bene delle vita di cui l'Invimit è stato portatore nel giudizio di primo grado, infatti, è risultato pienamente soddisfatto all'esito del giudizio, tanto che sotto questo profilo l'Invimit non censura la sentenza, la quale ha respinto in toto il ricorso della ricorrente di primo grado e ha ritenuto di conseguenza legittima la procedura di gara bandita dalla Invimit appellante.
L'interesse di mero fatto dell'Invimit ad una pronuncia giudiziaria che eventualmente dichiari il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo sugli atti da esso compiuti non assurge certamente ad interesse qualificato che legittima l'impugnazione della sentenza del TAR Lazio oggetto dell'odierno appello.
2. Inoltre, come ha osservato di recente Cass. civ., Sez. un., 20 ottobre 2016, n. 21260, sussisteva in passato l'idea che ammette l'attore, soccombente nel merito, a proporre appello contestando la giurisdizione da lui stesso prescelta, nella convinzione che costui avesse interesse ad impugnare per chiedere una diminuzione della propria soccombenza, perché la decisione negativa in punto di giurisdizione, rispetto alla pronuncia negativa di merito, comporta un vantaggio giuridicamente rilevante che si concreta nella possibilità di proporre nuovamente la domanda dinanzi ad un giudice appartenente ad un diverso plesso giurisdizionale.
Tale ratio argomentativa è del tutto inapplicabile al caso di specie.
Nella fattispecie, infatti, è il convenuto, vittorioso rispetto all'azione intrapresa dal ricorrente, a voler rimettere in discussione la giurisdizione affermata dal giudice di prime cure e, rispetto alla logica argomentativa sopra riferita, la situazione in esame si presenta del tutto antitetica, poiché l'appellante chiede, nella sostanza, una pronuncia che potenzialmente gli sarebbe più dannosa, imponendo una translatio iurisdictionis avanti al giudice ordinario con conseguente riproponibilità della domanda e, quindi, un possibile esito diverso dell'azione di annullamento intrapresa dal ricorrente di primo grado.
In questo caso, dunque, l'interesse ad impugnare non coincide con l'interesse a chiedere una diminuzione della propria soccombenza che solo giustificava, secondo la tesi sopra riferita, la contestazione della giurisdizione.
È, quindi, altresì evidente, alla luce di tale effetto pratico dell'odierno appello, che lo stesso sia inammissibile per difetto di interesse giuridicamente rilevante, atteso che l'impugnazione è un istituto processuale preordinato a conseguire un vantaggio pratico per chi impugna e non uno svantaggio pratico, seppure potenziale, come si avrebbe mediante la rimozione della sentenza del tutto positiva per chi impugna e la rivalutazione del merito della domanda avanti ad una giurisdizione diversa.
3. Anche nel vigore del nuovo corso giurisprudenziale inaugurato con la predetta sentenza Cass. civ., Sez. un., 20 ottobre 2016, n. 21260 la situazione non cambia.
Secondo tale pronuncia, come è noto, il "capo" sulla sussistenza della giurisdizione che accompagna la decisione sul merito è non solo suscettibile di giudicato interno in mancanza di un'apposita attività di parte rivolta a denunciare con specifico motivo di gravame la carenza di giurisdizione, presentandosi altresì come termine di riferimento da cui desumere una soccombenza sulla questione di giurisdizione autonoma rispetto alla soccombenza sul merito.
È significativo al riguardo, ancora una volta, il confronto con la disciplina dell'appello contro le sentenze parziali, dove il codice di procedura civile (art. 340), nel fare riferimento alla "parte soccombente", correla il dato attributivo di questa definizione, nell'ipotesi delle sentenze previste dal n. 4 del secondo comma dell'art. 279, proprio alla soluzione di una questione.
Secondo Sez. un., 20 ottobre 2016, n. 21260, dunque, di fronte ad una sentenza di rigetto della domanda non è ravvisabile una soccombenza dell'attore anche sulla questione di giurisdizione: rispetto al "capo" relativo alla giurisdizione egli va considerato a tutti gli effetti vincitore, avendo il giudice riconosciuto la sussistenza del proprio dovere di decidere il merito della causa, così come implicitamente o esplicitamente sostenuto dallo stesso attore, che a quel giudice si è rivolto, con l'atto introduttivo della controversia, per chiedere una risposta al suo bisogno individuale di tutela.
Rispetto al capo sulla giurisdizione che accompagna la statuizione di rigetto nel merito della domanda è configurabile, per le predette Sezioni Unite, esclusivamente la soccombenza del convenuto, sempre che a sua volta non abbia chiesto al giudice di dichiararsi munito di giurisdizione.
Tuttavia, osservano le Sezioni Unite, il vincitore pratico della causa, non ha interesse a impugnare per primo sul capo della giurisdizione, perché il passaggio in giudicato della statuizione di rigetto gli assicura una utilità maggiore di quella che potrebbe ottenere dalla declinatoria di giurisdizione.
Secondo Sezioni Unite, il vincitore pratico della causa (nel caso in esame, il convenuto in primo grado, attuale appellante) ha tuttavia interesse ad impugnare dopo e per effetto della impugnazione principale sul merito da parte del soccombente pratico e così in via incidentale per il caso di suo accoglimento (Cass., Sez. un., 6 marzo 2009, n. 5456), ma non certo ad impugnare in via autonoma il capo relativo alla giurisdizione, come invece accade nel caso di specie.
4. Peraltro, nel caso di specie, il convenuto in primo grado, attuale appellante, non ha neanche proposto una autonoma domanda, ma ha semplicemente opposto un'eccezione difensiva alla domanda del ricorrente in primo grado, la cui statuizione è di per sé inidonea al passaggio in giudicato in senso sostanziale, ma soltanto in senso formale, precludendosi l'eventualità di un'impugnazione incidentale sul punto in caso di decorso dei relativi termini di impugnazione.
Peraltro, gli accertamenti di fatto che sono stati funzionali al rigetto dell'eccezione di difetto di giurisdizione non sono oggetto di giudicato in senso sostanziale, bensì hanno un'efficacia di giudicato soltanto interno (e non panprocessuale) e di tipo formale, come detto, con la conseguenza che detti accertamenti (in specifico, la qualità di organismo di diritto pubblico contestata) posseggono tutte le caratteristiche dell'accertamento incidentale inidoneo al giudicato, evidenziandosi così anche una carenza di interesse al presente appello che non avrebbe comunque alcuna utilità pratica per l'appellante.
5. Conclusivamente, alla luce delle predette argomentazioni, l'appello deve essere dichiarato inammissibile.
Le spese di lite del presente grado di giudizio possono essere compensate, sussistendo giusti motivi.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello principale come in epigrafe indicato, lo dichiara inammissibile.
Compensa le spese di lite del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.