Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia-Romagna
Parma
Sentenza 6 marzo 2017, n. 88
Presidente: Conti - Estensore: Verlengia
FATTO
Con atto di costituzione in riassunzione, depositato l'11 dicembre 2015, a seguito di trasposizione in sede giurisdizionale del ricorso straordinario, richiesta dal Comune di Fidenza con istanza notificata il 23 ottobre 2015, gli odierni ricorrenti, già amministratori del Comune, il sig. C. Mario in qualità di Sindaco, il sig. Stefano T. di vicesindaco e gli altri in qualità di assessori, impugnano la determinazione del Comune con la quale, in applicazione dell'art. 1, comma 54, della l. 266/2005, recante la riduzione del 10% delle indennità di funzione in godimento agli amministratori locali per il triennio a seguire, accerta quale indebito oggettivo le somme erogate in eccesso nel periodo 23 giugno 2009-30 aprile 2012 pari al 10% di quanto percepito e ne dispone la ripetizione.
Avverso detto provvedimento i ricorrenti denunciano una errata applicazione della normativa di cui alla l. 266/2005, in quanto vengono prese a base di calcolo le indennità in essere prescindendo dalle riduzioni delle stesse intervenute nel frattempo, e deducono, con il primo motivo, la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 82 d.lgs. 267/2000, dell'art. 1, comma 54, della l. 266/2005, del d.m. 119/2000, l'eccesso di potere per sviamento, carenza e/o perplessità nell'istruttoria, falsità nei presupposti in fatto e diritto, carenza di motivazione, contraddittorietà tra gli atti del medesimo procedimento, violazione dei principi in materia di tutela dell'affidamento del cittadino, nonché dei principi in materia di autotutela amministrativa.
Con il secondo motivo denunciano la violazione dei principi in materia di tempus regit actum nella parte in cui l'amministrazione richiede maggiori importi a titolo di ripetizione al lordo delle ritenute fiscali nel caso di sopravvenuto mutamento dell'orientamento giurisprudenziale in materia.
Il Comune di Fidenza si è costituito e, con memoria del 20 gennaio 2017, contesta nel merito le doglianze.
Alla pubblica udienza del 22 febbraio 2017, dato avviso alle parti della questione, rilevabile d'ufficio, relativa alla giurisdizione, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per difetto di giurisdizione.
Il giudice della giurisdizione (v. Cass., Sez. un., 9 aprile 2008, n. 9160), partendo dal principio di carattere generale, consolidatosi nell'ambito della giurisprudenza delle Sezioni unite, secondo cui il rapporto con il soggetto pubblico del funzionario onorario, rapporto di servizio connesso all'attribuzione di funzioni pubbliche, si distingue sia dai rapporti di pubblico impiego, sia dai rapporti di parasubordinazione o di collaborazione continuativa e coordinata, visto che nel rapporto in esame il soggetto non è esterno all'ente, ma si identifica funzionalmente con l'ente medesimo e agisce per esso e il compenso non ha carattere sinallagmatico-retributivo ma indennitario (Cass., Sez. un., n. 2033/1985, 1556/1994, 3129/1997, 5398/2007, 3413/2008), ha affermato che sussiste la giurisdizione del giudice ordinario o del giudice amministrativo a seconda della natura della posizione giuridica fatta valere nel giudizio. Sulla base di questo criterio si è ritenuta sussistere la giurisdizione ordinaria in casi in cui era chiesta un'indennità puntualmente prevista dalla legge e predeterminata nel suo ammontare (sentenze n. 1566/1994 e 11272/1998) e quella del giudice amministrativo nel caso, non ricadente in tale ipotesi, di richiesta da parte di funzionario onorario di un compenso per l'attività svolta o di contestazione della congruità di quello riconosciuto dall'autorità competente (sentenze n. 3129/1997 e 10961/2005).
Sempre al fine del riparto della giurisdizione, è stata ritenuta decisiva la distinzione tra la posizione dei, per così dire, funzionari onorari in senso proprio, caratterizzati dal fatto che, a prescindere dalla natura e dell'importanza del loro ruolo, sono nominati da un'autorità amministrativa, e quella dei soggetti svolgenti funzioni pubbliche sulla base di una investitura politico-elettorale.
Per i primi trova applicazione il principio generale, in difetto di una diversa disciplina normativa, che il loro trattamento economico è stabilito discrezionalmente dall'autorità competente per la nomina (esempio tipico: commissario ad acta nominato da un'autorità di vigilanza o controllo, come nel caso esaminato dalla sentenza n. 10961/2005, cit.). Per i secondi, invece, non è ravvisabile un'autorità amministrativa che li nomini e la loro posizione, anche economica, di norma è regolata direttamente dalla legge. Ne consegue che le relative posizioni soggettive assumono necessariamente la consistenza di diritti soggettivi, sempreché non sussistano al riguardo, in via di eccezione e sulla base di una valida normativa, attribuzioni discrezionali di un'autorità svolgente funzioni amministrative.
Alle medesime conclusioni si è allineata anche la giurisprudenza amministrativa, concordando nel ritenere che "i consiglieri e gli amministratori comunali si pongono in rapporto di servizio di natura onoraria con l'amministrazione di appartenenza, per cui, stante il carattere del rapporto intercorrente, qualsiasi richiesta da essi rivolta ad ottenere l'erogazione di un eventuale trattamento economico spettante per legge, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, essendo detto trattamento necessariamente previsto dalla norma e, nella specie, oltre ad essere stabilito nella debenza, è anche preventivamente quantificato" (così C.d.S., sez. V, 26 febbraio 2014, n. 922, ma vedi anche T.A.R. Molise 111/2015 e T.A.R. Toscana, I, 852/2014).
Più di recente le Sezioni unite della Cassazione (sent. 2479/2017) hanno precisato che la controversia avente ad oggetto la determinazione del compenso spettante al funzionario onorario è devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo in forza della determinazione discrezionale del compenso ad esso dovuto, in quanto rimesso ad una delibera amministrativa, facendo eccezione all'applicazione del principio soltanto l'ipotesi in cui una specifica disposizione di legge provveda ad attribuire natura retributiva alle spettanze del funzionario stesso e ne consegua una determinazione automatica (Cass., Sez. un., n. 1631 del 2010).
Sulla base di tali criteri direttivi, deve rilevarsi, con riferimento alla fattispecie sub judice, che la posizione attivata dagli odierni ricorrenti, con riguardo al contestato recupero della quota di indennità di funzione ed ai gettoni di presenza che si ritengono indebitamente percepiti, sia una posizione di diritto soggettivo e come tale appartenga alla giurisdizione del giudice ordinario.
I ricorrenti sono il sindaco e i consiglieri comunali eletti e le indennità di funzione e i gettoni contestati nel loro ammontare sono quelli la cui previsione, come anche l'ammontare della riduzione, discendono direttamente dalla legge.
Ciò che si contesta, infatti, è l'applicazione delle norme di cui all'art. 1, comma 54, della l. 266/2005, all'art. 2, comma 25, l. 244/2007 e dell'art. 61, comma 10, del d.l. 112/2008 e non una delibera consiliare che ne avrebbe discrezionalmente modificato l'ammontare.
Il provvedimento impugnato, infatti, si limita a dare applicazione alla normativa primaria e a disporre il recupero delle somme che si ritengono, per l'effetto, indebitamente erogate senza che possa configurarsi alcuna spendita di potere discrezionale.
Tanto premesso il ricorso va dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione, rientrando la cognizione della controversia nella giurisdizione del giudice ordinario, fatti salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda ex art. 11, comma 1, del c.p.a.
La natura in rito della pronuncia e la novità della vicenda consentono di compensare le spese.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna sezione staccata di Parma (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, fatti salvi gli effetti della domanda ai sensi dell'art. 11 c.p.a.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.