Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana
Sentenza 13 marzo 2017, n. 101
Presidente: Simonetti - Estensore: Modica de Mohac
FATTO
I. Ultimato il tirocinio presso il Tribunale di Roma, la Dott.ssa Iolanda A. veniva nominata "Uditore giudiziario con funzioni" ed assegnata alla Procura della Repubblica presso la Pretura di Catania, ove prendeva possesso delle funzioni di Sostituto Procuratore il 31 ottobre 1996.
II. Ultimato (il 31 ottobre 1998) il biennio di permanenza necessaria presso la predetta sede di servizio, la Dott.ssa A. decideva di rimanervi in servizio fino al 19 febbraio 2001.
Con delibera del 17 febbraio 1999 il CSM dichiarava tale sede "disagiata".
Conseguentemente, la Dott.ssa A. riteneva che avrebbe percepito l'indennità per sede disagiata per l'intero periodo corrente dal 17 febbraio 1999 (data in cui la sua sede era stata dichiarata "disagiata") fino al 19 febbraio del 2001 (termine di scadenza di permanenza nella predetta sede).
Ma con la nota prot. AG/GRA/5512 del 19 maggio 2006 l'Amministrazione le negava l'indennità in questione affermando che alla data in cui la Dott.ssa A. ha scelto di essere assegnata (come prima destinazione) alla Procura della Repubblica presso la Pretura di Catania, tale sede non era stata ancora dichiarata "disagiata", ragion per cui - a suo avviso - l'indennità non le spetterebbe.
II. Con ricorso innanzi al TAR di Catania, l'interessata impugnava tale provvedimento negativo chiedendo che venisse annullato e che venisse accertato, per le conseguenti statuizioni reintegratorie e di condanna, il suo diritto a percepire l'indennità in questione (a far data da quando la sede presso cui era stata assegnata era stata dichiarata "disagiata").
III. Con sentenza n. 456 del 3 marzo 2009 il TAR accoglieva il ricorso; e, per l'effetto, annullava il provvedimento negativo impugnato e dichiarava che la ricorrente ha diritto di percepire l'indennità negatale, con le maggiorazioni e gli accessori dovuti ex lege.
IV. Con l'appello in esame l'Amministrazione ha impugnato la sentenza in questione e ne chiede la riforma per i motivi indicati nella successiva parte (dedicata alle considerazione di diritto) della presente pronuncia.
Ritualmente costituitasi, la resistente ha eccepito l'infondatezza del gravame.
Nel corso del giudizio d'appello entrambe le parti hanno insistito nelle rispettive domande ed eccezioni.
Infine, nell'udienza fissata per la discussione conclusiva sul merito della questione dedotta in giudizio, la causa è stata posta in decisione.
DIRITTO
1. L'appello è infondato.
1.1. Prima di entrare nel merito della dibattuta questione va puntualizzato che nessuna questione di competenza può essere sollevata o agitata, posto che il ricorso è stato notificato precedentemente all'entrata in vigore del codice del processo amministrativo, allorquando vigeva la regola della derogabilità, su accordo delle parti, della competenza.
1.2. Nel merito l'appello non può essere accolto.
Con unico mezzo di gravame l'Amministrazione appellante lamenta l'ingiustizia dell'impugnata sentenza per violazione degli artt. 1 e 2 della l. n. 133 del 1998, deducendo che il Giudice di primo grado ha erroneamente ritenuto che l'indennità per cui è causa spetti anche al Magistrato assegnato ad una sede che venga dichiarata "disagiata" dopo l'adozione del provvedimento di assegnazione.
Secondo la tesi propugnata dall'Amministrazione, l'indennità spetta solamente al Magistrato che abbia scelto una sede già dichiarata "disagiata", e non anche al Magistrato assegnato ad una sede (per così dire originariamente "tranquilla") che venga dichiarata disagiata dopo il provvedimento di assegnazione.
Tale tesi non può essere condivisa in quanto, oltre ad essere ingiustificabile sul piano della logica, non trova riscontro nel testo della legge.
1.2.1. Che la tesi sia illogica emerge dalla semplice osservazione che il "disagio" in ragione (ed a cagione) del quale la legge riconosce il diritto all'"indennità per sede disagiata", è correlato non solamente alla carenza di personale ed al maggior carico di lavoro, ma anche alla particolare situazione di crisi (indotta da disorganizzazione e/o arretratezza, e/o diffusa illegalità) in cui vertono talune aree geografiche del Paese (Basilicata, Campania, Sardegna e Sicilia), crisi dalla quale discende una aggiuntiva gravosità dell'impegno lavorativo.
Nella ratio legis il diritto all'indennità è correlato, cioè, ad un complesso di fattori obiettivi riconducibili non già alle caratteristiche soggettive e/o alle qualità personali del singolo Magistrato impegnato nello svolgimento delle funzioni, ma alla obiettiva situazione di disagio in cui venga a trovarsi qualsiasi Magistrato chiamato a svolgere le funzioni d'istituto nell'area dichiarata disagiata.
Se ciò è vero - come indubitabilmente appare - ne consegue la assoluta irrilevanza della circostanza che l'area venga dichiarata disagiata in un momento precedente o successivo rispetto a quello di adozione del provvedimento di assegnazione.
Appare - infatti - ingiustificabile che a parità di condizioni (obiettivamente disagiate), il diritto all'indennità debba essere riconosciuto al Magistrato che sia stato assegnato alla sua sede di servizio successivamente al provvedimento ricognitivo della condizione disagiata; e negato - invece - al Collega che si trovi già a svolgere analoghe funzioni, con pari impegno e non minor gravosità di carichi, nella stessa sede.
Come se in quest'ultimo caso il disagio pesasse meno.
Mentre è vero, casomai - e per quanto possa contare - proprio il contrario; e cioè che il soggetto che sceglie una sede disagiata o che decide di accettarla (al plausibile scopo di acquisire titoli di merito utilmente spendibili nel corso della carriera) ben sa di trovare condizioni di lavoro più difficili; contrariamente a quanto accade - invece - nel caso in cui una sede ordinaria divenga disagiata successivamente, per circostanze sopravvenute.
1.2.2. La tesi non merita accoglimento, comunque - come già cennato - anche perché non vi è alcun "appiglio" testuale su cui fondarla.
L'art. 2, comma 1, della l. n. 133 del 1998 stabilisce, infatti, che ai Magistrati destinati d'ufficio a sedi allocate in Basilicata, Calabria, Sardegna e Sicilia, ritenute "disagiate" in ragione di riscontrate carenze di organico o di aggravio di contenzioso penale o civile (individuate ogni anno entro il 31 gennaio dal CSM), spetta per quattro anni la particolare indennità prevista dalla stessa legge; ed il successivo comma 2 del predetto articolo soggiunge che l'indennità in questione "è corrisposta anche ai magistrati che sono stati destinati agli uffici di cui al comma 2 dell'art.1 quali uditori giudiziari con funzioni, dopo il primo biennio di permanenza in tali uffici...".
L'art. 8 della citata legge stabilisce, inoltre - in funzione transitoria - che l'indennità in questione spetta anche agli uditori giudiziari che siano stati destinati alle sedi giudiziarie a decorrere dall'1 gennaio 1996; e cioè da un periodo, ben circoscritto, anteriore alla data di entrata in vigore della legge.
Sicché dall'analisi testuale delle norme in esame non è dato affatto ricavare - contrariamente a quanto sostenuto dall'Avvocatura dello Stato - che l'indennità spetti esclusivamente "ai magistrati resisi disponibili a coprire una sede che già all'atto della nomina era stata individuata come 'disagiata'".
Con specifico riferimento agli uditori giudiziari, emerge, anzi, esattamente il contrario, posto che - come previsto dal comma 2 del più volte citato art. 1 della legge in esame - ad essi l'indennità va corrisposta "dopo il primo biennio di permanenza" nella sede disagiata e cioè proprio a decorrere da un momento certamente successivo a quello della prima assegnazione.
1.2.3. Né potrebbe sostenersi che l'indennità in questione può essere corrisposta solamente in caso di "trasferimento" e non già in caso di "originaria destinazione" presso una sede disagiata.
Invero, come già visto, la già citata norma relativa agli uditori giudiziari smentisce espressamente tale tesi.
1.2.4. Le superiori osservazioni si conformano ad un orientamento già assunto da questo Consiglio di Giustizia Amministrativa, dal quale il Collegio non ha motivo di discostarsi.
Ed invero, in precedenti analoghi è stato affermato che "decorso (...) il biennio di permanenza necessaria nella sede di assegnazione, l'uditore giudiziario con funzioni - in luogo di richiedere il trasferimento presso altro ufficio più 'agevole', lasciando in tal modo il posto scoperto - può decidere di permanere nella sede disagiata per godere del citato beneficio premiale" (CGA, nn. 139, 140, 155, 156 e 181 del 2005).
2. In considerazione delle superiori osservazioni, l'appello va respinto con conseguente conferma della sentenza impugnata, e dichiarazione dell'obbligo dell'Amministrazione di corrispondere alla ricorrente, odierna appellata (o di non ripetere dalla stessa, ove già corrisposte) le competenze dovutele a titolo di indennità per sede disagiata per il periodo richiesto, oltre alla rivalutazione monetaria ed agli interessi maturati e maturandi dalla data di maturazione dei singoli ratei fino all'effettivo soddisfo.
Alla soccombenza dell'Amministrazione non può che conseguire - in mancanza di esimenti che il Collegio non ravvisa - la sua condanna al pagamento delle spese processuali in favore dell'appellata, spese che si liquidano in complessivi Euro 2000,00 oltre accessori eventualmente dovuti ex lege.
P.Q.M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, respinge l'appello dell'Amministrazione; e, per l'effetto, dichiara l'obbligo dell'Amministrazione di corrispondere alla Dott.ssa Iolanda A. (o di non ripetere dalla stessa, ove già corrisposte) le competenze dovutele a titolo di indennità per sede disagiata per il periodo richiesto, oltre alla rivalutazione monetaria ed agli interessi maturati e maturandi dalla data di maturazione dei singoli ratei fino all'effettivo soddisfo.
Condanna l'Amministrazione soccombente al pagamento delle spese processuali in favore dell'appellata, in misura di Euro 2000,00, oltre accessori eventualmente dovuti ex lege.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.