Consiglio di Stato
Sezione VI
Sentenza 24 luglio 2017, n. 3665

Presidente: Santoro - Estensore: Lopilato

FATTO

1. Il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha adottato il decreto 12 gennaio 2017 (Adeguamento delle soprintendenze speciali agli standard internazionali in materia di musei e luoghi della cultura, ai sensi dell'articolo 1, comma 432, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, e dell'articolo 1, comma 327, della legge 28 dicembre 2015, n. 208), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 10 marzo 2017, n. 58, con il quale è stato istituto il Parco archeologico del Colosseo. Il Direttore generale del Ministero, con atto 27 febbraio 2017, n. 149, ha indetto una selezione pubblica internazionale per il conferimento dell'incarico di direttore del suddetto Parco.

2. Roma Capitale ha impugnato tali atti innanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio.

In particolare, con un primo motivo si è affermato che la normativa di disciplina della materia (riportata nella parte in diritto), non avrebbe consentito la riorganizzazione degli uffici ministeriali, con un atto non regolamentare volto alla creazione ex novo di uffici dirigenziali e con aggravio di oneri per la finanza pubblica.

Con un secondo motivo, la ricorrente ha dedotto la violazione della normativa di disciplina della materia (riportata nella parte in diritto) la quale, in relazione al settore della valorizzazione dei beni culturali di proprietà pubblica, attribuirebbe una posizione qualificata a Roma Capitale, che ne avrebbe reso necessaria la partecipazione al procedimento concluso con l'adozione del decreto istitutivo del Parco. Si è dedotta anche la violazione dell'accordo di valorizzazione del 21 aprile 2015. Infine, la ricorrente ha dedotto l'illegittimità in via derivata del bando n. 149 del 2017, in quanto emanato prima della pubblicazione del presupposto decreto ministeriale del 12 gennaio 2017.

3. Il Tribunale amministrativo, con sentenza in forma semplificata 7 giugno 2017, n. 6720, ha accolto il ricorso.

In relazione al secondo motivo, il primo giudice ha affermato che Roma Capitale, alla luce della disciplina del settore, avrebbe dovuto essere coinvolta, in attuazione del principio di leale collaborazione, nel procedimento di creazione del nuovo ufficio dirigenziale. In particolare, si è sottolineato che «è evidente che pur avendo il Ministero proceduto alla riorganizzazione dei propri uffici, ha inciso sulle prerogative di Roma capitale in relazione alla assoluta unicità della disciplina relativa al Colosseo e all'area dei Fori, considerato che la quantità degli incassi derivanti da tale area limitata ma rilevantissima sul piano dell'interesse (culturale ed economico) nazionale, comporta che anche solo la differente ripartizione delle risorse tra diversi uffici del Ministero influisce sulla valorizzazione di tutti i beni culturali situati all'interno dell'intero territorio di Roma capitale».

In relazione al primo motivo, si è affermato che il Ministero avrebbe dovuto adottare, sempre alla luce della disciplina di settore, un decreto di natura regolamentare.

Infine, si è ritenuto che «l'annullamento del decreto ministeriale 12 gennaio 2017 comporta, in via derivata, la illegittimità (ed il conseguente annullamento) del decreto del direttore generale dell'organizzazione del 27 febbraio 2017, con cui è stata bandita la selezione pubblica internazionale per il conferimento dell'incarico di direttore del parco archeologico del Colosseo».

4. Il Ministero ha impugnato la suddetta sentenza, rilevando l'inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio per difetto di legittimazione ad agire in capo a Roma Capitale e nel merito prospettando censure che verranno indicate nella parte in diritto.

4.1. Si è costituita in giudizio Roma Capitale, chiedendo il rigetto dell'appello.

5. La causa è stata discussa alla camera di consiglio del 20 luglio 2017, fissata per la trattazione della domanda cautelare. Il Collegio ha avvertito i difensori che la presente controversia sarebbe stata definita con sentenza in forma semplificata.

DIRITTO

1. Le questioni poste all'esame del Collegio attengono alla legittimità del decreto 12 gennaio 2017 del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (Adeguamento delle soprintendenze speciali agli standard internazionali in materia di musei e luoghi della cultura, ai sensi dell'articolo 1, comma 432, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, e dell'articolo 1, comma 327, della legge 28 dicembre 2015, n. 208), con il quale è stato istituto il Parco archeologico del Colosseo, nonché del bando 27 febbraio 2017, n. 149, con cui il Direttore generale del Ministero ha indetto una selezione pubblica internazionale per il conferimento dell'incarico di direttore del suddetto Parco.

Le tematiche poste sono due. La prima riguarda il ruolo di Roma Capitale nell'ambito di un procedimento amministrativo finalizzato alla creazione di un ufficio dirigenziale statale di livello generale. La seconda riguarda la natura dell'atto, regolamentare o non regolamentare, con cui tale ufficio deve essere istituito.

2. L'appello è fondato.

3. Con un primo motivo l'appellante deduce l'erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto illegittimo il decreto ministeriale, per non avere esso assicurato il rispetto del principio di leale collaborazione mediante il coinvolgimento nell'ambito del procedimento di Roma Capitale. In particolare, il primo giudice ha richiamato: i) la giurisprudenza costituzionale che ha ritenuto necessario assicurare il rispetto del principio di leale collaborazione in presenza di una "concorrenza di competenze" statali e regionali, quali sono la tutela dei beni culturali e la loro valorizzazione; ii) la normativa di settore che, disciplinando le funzioni amministrative nella materia in esame, attribuisce un ruolo rilevante a Roma Capitale nelle scelte statali che coinvolgono il patrimonio culturale.

Il Ministero appellante ritiene inconferenti tali richiami in quanto, venendo in rilievo l'organizzazione di un ufficio statale, non sarebbe necessario assicurare il rispetto, in questo ambito, del principio di leale collaborazione.

Il motivo è fondato.

Sul piano costituzionale, è necessario ricostruire il quadro di riparto delle competenze legislative e amministrative mettendo in rilievo quale sia la valenza del principio di leale collaborazione.

In relazione alle competenze legislative, la giurisprudenza costituzionale è costante nel ritenere che, ai fini della individuazione del pertinente ambito materiale, occorre avere riguardo «all'oggetto o alla disciplina» dettata dalla singola disposizione «sulla base della sua ratio, senza tenere conto degli aspetti marginali e riflessi» (Corte cost. n. 229 del 2013).

Le competenze legislative esclusive statali, ai sensi del secondo comma dell'art. 117 Cost., che vengono in rilievo sono costituite da: i) «ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali» (lettera g); ii) «tutela dei beni culturali» (lettera s).

Le competenze regionali, ai sensi del terzo comma dell'art. 117 Cost., sono rappresentate dall'ambito materiale concorrente della «valorizzazione dei beni culturali».

La Corte costituzionale, con orientamento costante, ritiene che quando si realizza una "concorrenza di competenza" e non è possibile individuare un titolo di legittimazione, statale o regionale, prevalente è necessario assicurare il rispetto del principio di leale collaborazione. Si tratta di un principio generale - non definito e disciplinato dalla Costituzione che lo richiama espressamente soltanto in relazione a taluni settori - il quale opera, di regola, nella fase di attuazione amministrativa della legge che di volta in volta viene in rilievo.

Limitando l'analisi a quanto rileva in questa sede, la Corte costituzionale - muovendo dalle finalità e dall'oggetto di disciplina contenuta, in particolare, negli artt. 3 e 6 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) - ha affermato che la tutela dei beni culturali «sia materia dotata di un proprio àmbito, ma nel contempo contenente l'indicazione di una finalità da perseguire in ogni campo in cui possano venire in rilievo beni culturali». Essa riguarda «la disciplina e l'esercizio unitario delle funzioni destinate alla individuazione dei beni costituenti il patrimonio culturale nonché alla loro protezione e conservazione». La «valorizzazione dei beni culturali» ricomprende, invece, «la disciplina e l'esercizio delle funzioni dirette alla migliore conoscenza, utilizzazione e fruizione di quel patrimonio». La Corte ha aggiunto, però, che «nonostante tale diversificazione, l'ontologica e teleologica contiguità delle suddette aree determina, nella naturale dinamica della produzione legislativa, la possibilità (...) che alla predisposizione di strumenti concreti di tutela del patrimonio culturale si accompagnino contestualmente, quali naturali appendici, anche interventi diretti alla valorizzazione dello stesso» (Corte cost. n. 140 del 2015). Si può realizzare, pertanto, un concorso di competenze statali e regionali risolto secondo le tecniche della prevalenza o, come nella fattispecie decisa con la sentenza sopra citata, della leale collaborazione.

In relazione alle competenze amministrative e alla posizione degli enti locali, l'art. 114 Cost. prevede che: i) «La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato»; ii) «I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione»; iii) «Roma è la capitale della Repubblica. La legge dello Stato disciplina il suo ordinamento».

L'art. 118 Cost., letto in combinato disposto con l'art. 114, ha previsto che: i) «Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza» (primo comma); ii) il conferimento delle funzioni ai diversi livelli istituzionali di governo avviene con legge statale o regionale «secondo le rispettive competenze» (secondo comma); iii) la legge statale disciplina «forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali» (terzo comma).

Tale disposizione ha costituzionalizzato il principio di sussidiarietà amministrativa verticale, che impone che le funzioni pubbliche vengano preferibilmente attribuite agli enti territoriali che si trovano in una posizione di maggiore vicinanza con i cittadini. La concreta allocazione di tali funzioni ai diversi livelli istituzionali di governo avviene con legge statale o regionale, a seconda della materia che viene in rilievo, e tali compiti vengono poi gestiti, normalmente, in via unilaterale dall'ente territoriale, ferma la preferenza per forme di cooperazione nella materia della tutela dei beni culturali e l'eventuale esercizio del potere sostitutivo statale o regionale.

Sul piano legislativo, occorre ricostruire il quadro normativo rilevante distinguendo il profilo di disciplina afferente all'organizzazione del Ministero e quello relativo allo svolgimento delle funzioni amministrative.

In relazione al primo aspetto organizzativo, deve rilevarsi, in generale, come la posizione del Mibact è stata sempre connotata da specialità nelle relazioni tra uffici centrali e periferici. In particolare, gli uffici periferici, anche se in modo diversificato nel corso degli anni, hanno assunto un ruolo importante, con creazione anche di modelli organizzativi peculiari, quali sono gli istituti dotati di autonomia speciale.

Nell'evoluzione della disciplina di organizzazione si possono distinguere tre fasi.

La prima fase è coincidente con l'istituzione del Ministero avvenuta con il decreto-legge 14 dicembre 1974, n. 657 (Istituzione del Ministero per i beni culturali e per l'ambiente), convertito, con modificazioni, in legge 29 gennaio 1975, n. 5.

La seconda fase è quella della riforme degli anni 1998-2001, che si è protratta sino al 2014, che ha visto l'adozione del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368 (Istituzione del Ministero per i beni e le attività culturali, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59).

In particolare, l'art. 1, comma 404, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2007) autorizzava l'adozione di un regolamento al fine di riformare taluni aspetti dell'assetto organizzativo del Ministero.

In attuazione di tale legge è stato emanato il decreto del Presidente della Repubblica 26 novembre 2007, n. 233 (Regolamento di riorganizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali, a norma dell'articolo 1, comma 404, della legge 27 dicembre 2006, n. 296), il quale aveva previsto che: i) a livello di amministrazione centrale, il Ministero: «si articola in otto uffici dirigenziali di livello generale centrali e in diciassette uffici dirigenziali di livello generale regionali, coordinati da un Segretario generale, nonché in due uffici dirigenziali di livello generale presso il Gabinetto del Ministro per i beni e le attività culturali» (art. 1); ii) a livello di amministrazione periferica, organi del Ministero fossero: «a) le Direzioni regionali per i beni culturali e paesaggistici; b) le soprintendenze: 1) per i beni archeologici; 2) per i beni architettonici e paesaggistici; 3) per i beni storici, artistici ed etnoantropologici; c) le soprintendenze archivistiche; d) gli archivi di Stato; e) le biblioteche statali; f) i musei» (art. 16). In particolare, le suindicate Soprintendenze (disciplinate, nel dettaglio, dall'art. 18) erano configurate come articolazioni delle Dirigenze regionali. L'art. 16 dello stesso decreto disciplinava gli «Istituti centrali, nazionali e dotati di autonomia speciale».

La terza fase è quella in atto iniziata nel 2014.

L'art. 14 del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83 (Disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo), modificando l'art. 54 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, ha previsto, al primo comma, che: «Il Ministero si articola in uffici dirigenziali generali centrali e periferici, coordinati da un segretario generale, e in non più di due uffici dirigenziali generali presso il Gabinetto del Ministro».

Tale articolo ha poi autorizzato l'adozione di un decreto del Mibact, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione volto: i) a trasformare i poli museali, gli istituti e luoghi della cultura statali e gli uffici competenti su complessi di beni distinti da eccezionale valore archeologico, storico, artistico o architettonico in Soprintendenze dotate di autonomia scientifica, finanziaria, contabile e organizzativa (comma 2); ii) a individuare i poli museali e gli istituti della cultura statali di rilevante interesse nazionale che costituiscono uffici di livello dirigenziale «al fine di adeguare l'Italia agli standard internazionali in materia di musei e di migliorare la promozione dello sviluppo della cultura, anche sotto il profilo dell'innovazione tecnologica e digitale» (comma 2-bis, il quale ha previsto anche le modalità di svolgimento della procedura di selezione per il conferimento degli incarichi dirigenziali).

L'art. 16 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 (Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale), convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, legge 23 giugno 2014, n. 89 ha disposto che: «Al solo fine di realizzare interventi di riordino diretti ad assicurare ulteriori riduzioni della spesa, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e fino al 15 ottobre 2014, i regolamenti di organizzazione dei Ministeri, ivi inclusi quelli degli uffici di diretta collaborazione, possono essere adottati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione e con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa delibera del Consiglio dei ministri».

In attuazione di tali disposizioni, sostanziali (la prima) e formali (la seconda), è stato adottato il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 29 agosto 2014, n. 171, che ha ridisegnano la complessiva struttura organizzativa del Ministero.

In particolare, a livello di amministrazione centrale, sono state istituite tre nuove direzioni generali: «Educazione e ricerca», «Musei» e «Turismo».

A livello di amministrazione periferica l'art. 31 ha previsto che sono organi periferici del Ministero: «a) i Segretariati regionali del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo; b) le Soprintendenze Archeologia; c) le Soprintendenze Belle arti e paesaggio; d) i Poli museali regionali; e) i Musei; f) le Soprintendenze archivistiche; g) gli Archivi di Stato; h) le Biblioteche». In particolare, le Soprintendenze, quali uffici di livello dirigenziale non generale, hanno mutato configurazione con una attenuazione della precedente distinzione tipologica a favore di competenze più ampie che agevolano l'interazione. Esse non sono più articolazioni delle Direzioni generali ma sono state poste in diretto collegamento con le Direzioni generali competenti.

L'art. 30 dello stesso decreto, nel regolare gli istituti centrali e dotati di autonomia speciale, ha incluso, tra gli altri, quali uffici di livello dirigenziale generale, «1) la Soprintendenza speciale per il Colosseo, il Museo Nazionale Romano e l'area archeologica di Roma»; «2) la Soprintendenza speciale per Pompei, Ercolano e Stabia» (comma 2, lettera a, n. 1 e 2).

L'art. 1, comma 327, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (Disposizione per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato) ha previsto che: «con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 4-bis, lettera e), della legge 23 agosto 1988, n. 400, e dell'articolo 4, commi 4 e 4-bis, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, si provvede (...) senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, alla riorganizzazione, anche mediante soppressione, fusione o accorpamento, degli uffici dirigenziali, anche di livello generale, del medesimo Ministero».

In attuazione di detta disposizione è stato adottato il decreto ministeriale 23 gennaio 2016 (Riorganizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ai sensi dell'articolo 1, comma 327, della legge 28 dicembre 2015, n. 208). Si tratta di un provvedimento, che come risulta dalla sua stessa denominazione, ha inciso profondamente sulla organizzazione centrale e periferica del Ministero.

L'art. 1, comma 432, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019) ha previsto che: i) «ai fini della razionalizzazione della spesa del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e dell'efficientamento delle modalità di bigliettazione degli istituti e luoghi della cultura di rilevante interesse nazionale, le Soprintendenze speciali di cui all'articolo 30, comma 2, lettera a), del regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 agosto 2014, n. 171, si adeguano, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, agli standard internazionali in materia di musei e luoghi della cultura, di cui all'articolo 14 del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2014, n. 106»; ii) «entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge sono apportate, con le modalità di cui all'articolo 1, comma 327, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, le necessarie modificazioni al decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo 23 gennaio 2016, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 59 dell'11 marzo 2016, nei limiti delle dotazioni organiche del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, di cui alle tabelle A e B allegate al citato regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 171 del 2014».

In attuazione di tale disposizione è stato adottato il decreto ministeriale 12 gennaio 2017, oggetto di impugnazione, il quale ha modificato il precedente decreto ministeriale 23 gennaio 2016. In particolare, è stato aggiunto il comma 2-bis all'art. 1 del predetto decreto del 2016, prevedendosi che «è istituito il Parco archeologico del Colosseo, ufficio dirigenziale di livello generale periferico del Ministero; conseguentemente, la Soprintendenza per il Colosseo e l'area archeologica centrale, ufficio dirigenziale di livello generale periferico del Ministero, assume la denominazione di Soprintendenza speciale Archeologia, belle arti e paesaggio di Roma». L'art. 3 dello stesso decreto ha attributo al suddetto Parco i seguenti siti: «Anfiteatro Flavio (Colosseo) - Roma; Arco di Costantino - Roma; Domus Aurea - Roma; Foro romano e Palatino - Roma Meta Sudans - Roma».

In relazione al secondo aspetto relativo alle funzioni amministrative, l'art. 112 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), ha previsto che: «Lo Stato, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali stipulano accordi per definire strategie ed obiettivi comuni di valorizzazione, nonché per elaborare i conseguenti piani strategici di sviluppo culturale e i programmi, relativamente ai beni culturali di pertinenza pubblica. Gli accordi possono essere conclusi su base regionale o subregionale, in rapporto ad ambiti territoriali definiti, e promuovono altresì l'integrazione, nel processo di valorizzazione concordato, delle infrastrutture e dei settori produttivi collegati».

Con riferimento alla posizione di Roma Capitale in relazione alle competenza afferenti al settore del patrimonio culturale, l'art. 24 legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione) ha disposto che «oltre a quelle attualmente spettanti al comune di Roma, sono attribuite a Roma capitale», tra le altre, le funzioni amministrative relative al «concorso alla valorizzazione dei beni storici, artistici, ambientali e fluviali, previo accordo con il Ministero per i beni e le attività culturali» (comma 3, lettera a).

In attuazione della suddetta legge è stato emanato il decreto legislativo 17 settembre 2010, n. 156 (Disposizioni recanti attuazione dell'articolo 24 della legge 5 maggio 2009, n. 42, e successive modificazioni, in materia di ordinamento transitorio di Roma Capitale) il quale reca «disposizioni fondamentali dell'ordinamento di Roma Capitale» (art. 1). In particolare, l'art. 4, comma 2, dispone che «Il Sindaco di Roma Capitale può essere udito nelle riunioni del Consiglio dei Ministri all'ordine del giorno delle quali siano iscritti argomenti inerenti alle funzioni conferite a Roma Capitale».

Successivamente è stato adottato il decreto 18 aprile 2012, n. 61 (Ulteriori disposizioni recanti attuazione dell'articolo 24 della legge 5 maggio 2009, n. 42, in materia di ordinamento di Roma Capitale), il quale ha previsto, riprendendo quanto già contenuto nel d.lgs. n. 42 del 2004, che: i) «Al fine di assicurare il concorso alla valorizzazione dei beni storici e artistici, è istituita, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, la Conferenza delle Soprintendenze ai beni culturali del territorio di Roma capitale, con funzioni di coordinamento delle attività di valorizzazione della Sovraintendenza ai beni culturali di Roma capitale e degli organi centrali e periferici del Ministero per i beni e le attività culturali aventi competenze sul patrimonio storico e artistico presente in Roma» (art. 5); ii) «in materia di beni storici e artistici sono conferite a Roma capitale, previa definizione dell'accordo con il Ministero per i beni e le attività culturali di cui all'articolo 24, comma 3, lettera a), della legge delega e secondo le modalità operative di esercizio congiunto definite dalla Conferenza delle Soprintendenze di cui all'articolo 5, le funzioni amministrative concernenti il concorso alla valorizzazione dei beni presenti nel territorio di Roma capitale appartenenti allo Stato, con le modalità e nei limiti stabiliti dal presente decreto» (art. 6, comma 1); iii) «l'attività di valorizzazione è svolta in conformità alla normativa di tutela e nel rispetto dei principi stabiliti dal codice dei beni culturali e del paesaggio» (art. 6, comma 2).

La normativa primaria sopra riportata costituisce una peculiare attuazione dei principi costituzionali che tiene conto della particolarità della materia. Si è ritenuto, infatti, che le funzioni amministrative riferite alla valorizzazione di beni presenti nel territorio di Roma e appartenenti allo Stato non vengano assegnate a Roma capitale in via esclusiva consentendone una gestione unilaterale ma si è prevista una forma di cogestione mediante il ricorso allo strumento, disciplinato dall'art. 15 della legge n. 241 del 1990, degli accordi pubblici tra amministrazione statale e locale. Essi costituiscono pertanto una particolare attuazione dello stesso principio di leale collaborazione.

Il Ministero e Roma capitale hanno stipulato, in data 21 aprile 2015, il suddetto accordo di valorizzazione.

Tale accordo ha: i) come oggetto, la definizione delle strategie e degli obiettivi comuni di «valorizzazione dell'Area Archeologica Centrale di Roma» (art. 1); ii) come finalità, promuovere la conoscenza, sostenere la conservazione e assicurare le migliori condizioni di uso e fruizione pubblica dell'area predetta «attraverso un'azione programmatica comune improntata alla collaborazione tra i soggetti sottoscrittori nell'individuazione degli obiettivi comuni e nell'attuazione dei relativi interventi» (art. 2, comma 1); iii) sempre come finalità, la creazione di un «apposito ente, di natura consortile non imprenditoriale di diritto pubblico denominato "Consorzio Fori Romani"», al quale affidare il compito di elaborare e sviluppare il piano strategico di sviluppo culturale e di valorizzazione delle aree in questione (art. 2, comma 2).

Le altre disposizione dell'accordo disciplinano: i) «le linee strategiche», che vengono specificate e che attengono alla attuazione di misure di valorizzazione dell'area in questione (art. 3); ii) gli «obiettivi» da conseguire, che vengono anch'essi specificati (art. 4); iii) la disciplina del Consorzio (artt. 5, 6 e 8); iv) la durata, le risorse e gli impegni (artt. 7, 9, 10).

Alla luce del quadro normativo sin qui esposto occorre accertare se il decreto impugnato si ponga con esso in contrasto.

Il suddetto decreto, come sopra sottolineato, ha creato un apposito ufficio dirigenziale: il Parco archeologico del Colosseo.

Questo Collegio ritiene che si tratti di un provvedimento che attiene specificamente all'organizzazione ministeriale.

L'evoluzione della disciplina rilevante, sopra riportata, ha dimostrato come vi siano stati percorsi normativi differenti che hanno riguardato sia l'organizzazione del Mistero sia le modalità di esercizio delle funzioni amministrative.

In particolare, in relazione al primo percorso normativo relativo all'organizzazione, si è messo in rilevo come, a partire del 2014, è iniziata una fase nuova finalizzata a ridefinire il complessivo assetto centrale e periferico del Ministero, inclusi gli istituti dotati di autonomia speciale. La creazione di un apposito ufficio dirigenziale, il Parco archeologico, si iscrive in questo ambito. In particolare, l'istituzione di tali uffici attiene al proprium dell'organizzazione in quanto serve ad individuare organi di rilevanza esterna con competenze specifiche che pongono in essere attività imputabile al Ministero. La titolarità delle competenze legislative e amministrative spetta in via esclusiva al soggetto istituzionale che crea e articola la propria organizzazione. Si è esposto come, già a livello costituzionale, l'art. 117 Cost. è chiaro nel ripartire tra Stato e Regioni le funzioni legislative esclusive in materia di organizzazione statale e organizzazione delle autonomie regionali e locali. Non sono previste forme di cooperazione proprio perché il disegno organizzativo spetta al soggetto che quel disegno vuole attuare. Tale esclusività nell'esercizio delle funzioni legislative, si proietta anche a livello di competenze amministrative. Le leggi statali e regionali di regolazione dell'organizzazione assegnano a propri atti la regolazione della fase di attuazione. Non sarebbe conforme al modello delineato, in mancanza di una espressa e giustificata previsione, postulare, evocando il principio di leale collaborazione, un coinvolgimento delle Regioni o degli enti locali (nella specie Roma Capitale) nel momento di regolazione della fase afferente all'organizzazione degli uffici statali e alla costruzione delle relazioni organizzative tra gli uffici stessi. Diverso è il piano, che non rileva in questa sede, afferente al rapporto tra soggetti, statali, regionali e locali, e delle relative organizzazioni, successivamente alla loro creazione. In relazione a questa fase il sistema, anche al fine di semplificare i rapporti pubblici, prevede diverse forme di collaborazione e coordinamento.

In relazione al secondo percorso normativo relativo alle funzioni amministrative, si è messo in rilievo come l'ordinamento si muova nella direzione del decentramento delle funzioni amministrative, in attuazione del principio di sussidiarietà. Ed è in questo ambito che il legislatore ha contemplato forme di leale cooperazione nella fase concreta afferente all'attività amministrativa nel settore del patrimonio culturale. Si tratta, pertanto, di una cooperazione che attiene all'esercizio delle funzioni amministrative e non, si ribadisce, a quella a monte della creazione dell'ufficio che quelle funzioni poi dovrà espletare. Lo stesso contenuto dell'Accordo, sopra riportato, non riguarda la fase di organizzazione degli uffici ma quella di svolgimento comune di attività amministrativa di gestione dell'Area individuata ai fini della sua valorizzazione. L'unico aspetto di rilevanza organizzativa ha riguardato la prevista creazione di un "Consorzio", quale «ente di natura consortile non imprenditoriale di diritto pubblico», che, però, non è stato ancora creato e la cui previsione non incide comunque sull'ambito di rilevanza organizzativa che interessa la presente controversia.

Questa Sezione non ignora come, su un piano di teoria generale, si è messa più volte in evidenza la stretta connessione esistente tra organizzazione e attività amministrativa ma ciò nel senso che una efficiente ed efficace organizzazione amministrativa è strettamente funzionale ad assicurare il principio di buon andamento nella fase di svolgimento delle funzioni amministrative. Tale connessione non può, però, consentire che si spostino a livello organizzativo le regole che la Costituzione e le fonti primarie hanno previsto a livello di attività amministrativa.

Né varrebbe evocare, per giungere ad una conclusione diversa, come sostenuto dall'amministrazione resistente, la circostanza che la disposta riorganizzazione degli uffici dirigenziali comporterebbero l'attribuzione al Parco della maggiore parte degli introiti derivanti dalla vendita dei biglietti di accesso al Parco e conseguente riduzione delle risorse per la Soprintendenza speciale. Si tratta, infatti, di profili che non coinvolgono Roma Capitale, atteso che vengono in rilievo risorse statali che, con il nuovo atto, sono diversamente distribuite tra uffici appartenenti all'amministrazione ministeriale. L'affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo cui «anche solo la differente ripartizione delle risorse tra diversi uffici del Ministero influisce sulla valorizzazione di tutti i beni culturali situati all'interno dell'intero territorio di Roma capitale» costituisce una deduzione non dimostrata e comunque non rilevante ai fini della legittimità degli atti impugnati.

Né, infine, varrebbe richiamare, come ha fatto il primo giudice, la giurisprudenza costituzionale che ha sancito la regola del rispetto del principio di leale collaborazione nei casi in cui vi sia una concorrenza di competenza in materia di tutela e valorizzazione dei beni culturali che non possa essere risolta secondo la tecnica della prevalenza. Si tratta, infatti, di una affermazione svolta con riferimento all'esercizio delle funzioni legislative con applicazione della regola collaborativa tra Stato e Regioni nella fase di attuazione della legge e dunque nel momento di concreto esercizio delle funzioni amministrative. In altri termini, l'orientamento della giurisprudenza costituzionale chiama in causa le Regioni e le funzioni amministrative e non Roma capitale e l'organizzazione statale.

4. Con un secondo motivo l'appellante contesta la sentenza nella parte in cui ha ritenuto che il decreto ministeriale impugnato sia illegittimo perché non adottato nelle forme del regolamento e dunque nel rispetto delle procedure di adozione contemplate per gli atti normativi. In particolare, si assume che la normativa di disciplina della materia, che viene riportata nell'atto di appello, autorizzerebbe l'adozione di un decreto non regolamentare.

Il motivo è fondato.

Sul piano costituzionale, l'art. 97 ha disposto che: «I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione». La norma prevede "una riserva di legge relativa". È, conseguentemente, autorizzata, in assenza di una previsione costituzionale che contempli una "riserva di regolamento", l'adozione di provvedimenti di attuazione normativi o non normativi.

Sul piano normativo generale, l'art. 17, comma 4-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministeri) ha disposto che l'organizzazione e la disciplina degli uffici dei Ministeri sono determinati con regolamenti emanati, ai sensi del comma 2 dello stesso art. 17, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti in materia, «su proposta del Ministero competente d'intesa con il Presidente del Consiglio dei Ministeri e con il Ministro del tesoro». Tali regolamenti devono essere adottati «nel rispetto dei princìpi posti dal decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni» (normativa in materia di rapporto di lavoro pubblico) con i contenuti e con l'osservanza di taluni criteri indicati dalla norma stessa.

L'art. 4 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 (Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59) ha disposto che: i) «L'organizzazione, la dotazione organica, l'individuazione degli uffici di livello dirigenziale generale ed il loro numero, le relative funzioni e la distribuzione dei posti di funzione dirigenziale, l'individuazione dei dipartimenti (...) e la definizione dei rispettivi compiti sono stabiliti con regolamenti o con decreti del ministro emanati ai sensi dell'articolo 17, comma 4-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400» (comma 1); ii) l'individuazione «degli uffici di livello dirigenziale non generale di ciascun ministero e la definizione dei relativi compiti, nonché la distribuzione dei predetti uffici tra le strutture di livello dirigenziale generale», avviene «con decreto ministeriale di natura non regolamentare» (comma 4); «la disposizione di cui al comma 4 si applica anche in deroga alla eventuale distribuzione degli uffici di livello dirigenziale non generale stabilita nel regolamento di organizzazione del singolo Ministero» (comma 4-bis).

L'art. 16 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 (Misure urgenti per la competitività e la giustizia) ha previsto che: «al solo fine di realizzare interventi di riordino diretti ad assicurare ulteriori riduzioni della spesa, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e fino al 15 ottobre 2014, i regolamenti di organizzazione dei Ministeri, ivi inclusi quelli degli uffici di diretta collaborazione, possono essere adottati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione e con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa delibera del Consiglio dei ministri». Tal decreti «sono soggetti al controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti» e in relazione ad essi «il Presidente del Consiglio dei ministri ha facoltà di richiedere il parere del Consiglio di Stato».

Su un piano normativo specifico, relativo all'organizzazione del Mibact, sono state già riportate tutte le normative primarie e secondarie rilevanti.

Alla luce di quanto sin qui esposto, dall'analisi del piano normativo generale risulta come, nell'impostazione della legge n. 400 del 1988, il potere di organizzazione dei Ministeri deve essere esercitato nella forma dei "regolamenti di delegificazione" e dunque di atti secondari normativi, il che implica che la loro entrata in vigore, in virtù dell'autorizzazione generale contenuta nella fonte primaria in esame, comporta abrogazione delle leggi che disciplinavano la materia. Nell'impostazione del decreto legislativo n. 300 del 1999 l'organizzazione degli uffici di livello dirigenziale generale può avvenire sia con decreti aventi natura regolamentare sia con decreti non aventi tale natura. Nell'impostazione del decreto-legge n. 66 del 2014, anche per ragioni di riduzione di spesa, i regolamenti di organizzazione dei Ministeri possono essere adottati nella forma del decreto del Presidente del Consiglio di Ministri in relazione ai quali è prevista, tra l'altro, soltanto la facoltà di richiedere il parere del Consiglio di Stato.

Dall'analisi del piano normativo specifico relativo all'organizzazione del Mibact risulta la volontà del legislatore, in coerenza con le peculiarità del Ministero, di seguire un percorso normativo, in parte, differente.

In primo luogo, il d.l. n. 83 del 2014, per il contenuto, e il d.l. n. 66 del 2014, per la forma, ha autorizzato l'adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. In attuazione di tali normative è stato emanato il d.P.C.M. n. 171 del 2014, che ha dato l'avvio, come esposto in premessa, ad una nuova fase di riorganizzazione complessiva del Ministero.

In secondo luogo, la l. n. 208 del 2015 ha autorizzato l'adozione di decreti ministeriali non regolamentari per continuare nel processo di riorganizzazione «anche mediante soppressione, fusione o accorpamento degli uffici dirigenziali, anche di livello generale», del Ministero. In attuazione di tale norma è stato adottato il decreto ministeriale 23 gennaio 2016, non impugnato.

Infine, la legge n. 232 del 2016 ha autorizzato, richiamando le «modalità» di cui alla legge n. 208 del 2015, l'adozione di decreti ministeriali non regolamentari al fine, tra l'altro, di adeguare agli standard internazionali le Soprintendenze speciali e, più in generale, modificare il decreto ministeriale 23 gennaio 2016. In attuazione di tale legge è stato adottato l'impugnato decreto 12 gennaio 2017.

La valutazione complessiva e sistematica di tale percorso normativo speciale rende evidente come il legislatore e il Governo abbiano inteso intervenire con una progressione di atti, incidenti su una materia omogenea, finalizzati alla riforma dell'organizzazione ministeriale che si sono innestati sull'impianto generale definito con il d.P.C.M. del 2014. In questo contesto il decreto censurato, che rappresenta una singola fase di tale percorso, è stato adottato in attuazione della legge n. 232 del 2016 e quindi nella legittima forma non regolamentare da essa prevista. La relazione normativa tra la suddetta fonte primaria e il decreto ministeriale risulta non solo all'esito della suddetta valutazione complessiva ma anche alla luce del contenuto specifico della legge di autorizzazione. Quest'ultima, infatti, espressamente delegava il Ministero, da un lato, ad adottare atti di adeguamento agli standard internazionali delle Soprintendenti speciali, dall'altro, a modificare il decreto ministeriale 23 gennaio 2006. Il decreto impugnato, in aderenza alla fonte primaria, ha provveduto, a seguito dell'istituzione del Parco archeologico del Colosseo, alla riorganizzazione della Soprintendenza speciale per il Colosseo e l'area archeologica centrale che è stata rinominata «Soprintendenza speciale Archeologia, belle arti e paesaggio di Roma».

Deve, pertanto, ritenersi, contrariamente a quanto sostenuto dal primo giudice, che la fonte primaria di autorizzazione non debba rinvenirsi nella disciplina generale di cui all'art. 17, comma 4-bis, ma nelle fonti primarie di autorizzazione speciale, con conseguente legittima adozione di un atto non regolamentare. A tale proposito, si tenga conto, inoltre, che se fosse stata effettivamente corretta la ricostruzione effettuata dal Tribunale amministrativo il relativo regolamento avrebbe dovuto avere anche una funzione di delegificazione in un settore, quale quello dei beni culturali, in cui, come esposto, la disciplina generale è oggi contenuta in fonti non legislative e in particolare nel più volte citato d.P.C.M. n. 171 del 2014.

5. La fondatezza dei motivi sopra riportati e il conseguente rigetto del ricorso di primo grado, comporta la riforma anche del capo della sentenza con cui è stato dichiarato invalido, in via derivata, il d.m. 12 gennaio 2017, con cui è stata bandita la selezione pubblica internazionale per il conferimento dell'incarico di direttore del parco archeologico del Colosseo.

6. Per le ragioni sin qui esposte l'appello è fondato. Il giudizio di fondatezza esime questo Collegio dall'esaminare le censure di inammissibilità del ricorso di primo grado per difetto di legittimazione che riprendono, sostanzialmente, le stesse ragioni poste a fondamento delle argomentazioni di merito.

7. La novità delle questioni trattate giustifica l'integrale compensazione tra le parti delle spese di entrambi i gradi del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando:

a) accoglie l'appello proposto e, per l'effetto, in riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Roma, 7 giugno 2017, n. 6720, rigetta il ricorso di primo grado;

b) dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

R. Garofoli

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