Corte di cassazione
Sezione II penale
Sentenza 14 settembre 2017, n. 45630

Presidente: Fumu - Estensore: Recchione

RITENUTO IN FATTO

1. Il Giudice per le indagini preliminari di Verona, all'esito dell'udienza camerale fissata in seguito all'opposizione all'archiviazione, disponeva l'archiviazione del procedimento a carico del M., indagato per il reato di cui all'art. 393 c.p., riconoscendo la speciale tenuità del fatto nonostante la causa di non punibilità prevista dall'art. 131-bis c.p. non fosse stata invocata dal pubblico ministero nella richiesta di archiviazione.

2. Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione il difensore delle persone offese che deduceva violazione del diritto al contraddittorio in quanto la causa di non punibilità prevista dall'art. 131-bis c.p. non sarebbe stata invocata dal pubblico ministero a sostegno della richiesta di archiviazione e su tale tema non si era sviluppato il contraddittorio.

3. Il procuratore generale con requisitoria scritta concludeva per l'annullamento senza rinvio.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.

1.1. Il collegio condivide la giurisprudenza secondo cui se il giudice per le indagini preliminari riconosce la particolare tenuità del fatto in assenza di una richiesta specifica in tal senso del pubblico ministero il provvedimento è nullo, in quanto non rispetta la specifica disposizione contenuta nel comma 1-bis del citato art. 411 c.p.p., in cui si richiede che lo stesso sia preceduto da apposita richiesta in tal senso del pubblico ministero, richiesta che deve essere portata a conoscenza delle parti (sia dell'indagato sia della persona offesa, anche se quest'ultima non ne ha fatto, in precedenza, esplicita richiesta), in modo che, all'udienza in camera di consiglio, il contradditorio fra le parti si svolga proprio su tale questione (Cass., sez. 5, n. 36857 del 7 luglio 2016, Rv. 268323).

La necessità di una espressa devoluzione al giudice del possibile riconoscimento della causa di non punibilità prevista dall'art. 131-bis c.p. costituisce una deroga alla disciplina ordinaria dell'archiviazione che, nella condivisa interpretazione offerta dalla Cassazione, prevede che una volta garantito il contraddittorio camerale, non possono essere oggetto di censura le valutazioni espresse dal giudice a fondamento della ordinanza di archiviazione e, in particolare, né il fatto che il giudice decida sulla base di argomenti diversi da quelli devoluti essendo egli libero di motivare il proprio convincimento anche prescindendo dalle valutazioni dell'organo titolare dell'azione penale (Cass., sez. 6, n. 3016 del 28 settembre 1999, Rv. 215272; Cass., sez. 1, n. 8842 del 7 febbraio 2006, Rv. 233582).

Tale deroga trova condivisibile giustificazione nel fatto che la richiesta di riconoscimento della causa di non punibilità prevista dall'art. 131-bis c.p. presuppone una valutazione positiva in ordine alla responsabilità e dunque, si distingue dai casi "ordinari" di archiviazione per mancanza della condizione di procedibilità o infondatezza della notizia di reato quando il provvedimento di archiviazione non si esprime, neppure implicitamente, sulla responsabilità che, invece, è il presupposto del riconoscimento della causa di non punibilità.

Chiarita la specificità della archiviazione per particolare tenuità del fatto si comprende come essa non possa essere decisa dal giudice senza una specifica richiesta del pubblico ministero: ammettere tale potere significherebbe consegnare all'organo giudicante la facoltà di riconoscere "direttamente" la responsabilità penale senza alcuna richiesta (spontanea o anche indotta con l'ordine di imputazione coatta) da parte della Procura, ovvero dell'unico organo cui spetta il potere di invocare il riconoscimento della responsabilità penale, anche quando la stessa si manifesta nella dimensione "lieve" prevista dall'art. 131-bis c.p. La legittimazione della contrazione procedimentale conseguente alla possibilità di archiviare il procedimento a causa della natura lieve del reato (che pur implicitamente si afferma) non deve far dimenticare che alla base della scelta di inazione c'è comunque la valutazione della responsabilità, sicché la progressione procedimentale non può essere indipendente dall'impulso del pubblico ministero, organo a cui sono devolute le scelte "originarie" in ordine al riconoscimento della responsabilità penale.

Peraltro il legislatore nel disciplinare questo particolare percorso di definizione del procedimento ha previsto che alle parti interessate, ovvero all'indagato ed alla persona offesa, sia offerta la possibilità di partecipare al contraddittorio camerale su tale specifico punto. L'assenza di una richiesta specifica, oltre a inibire il potere di autonomo accertamento del giudice sulla responsabilità penale, seppure nella dimensione "lieve", incide sul diritto di difesa sia dell'indagato che dell'offeso i quali, assente la richiesta specifica, sono privati della facoltà di esprimere le ragioni del loro eventuale dissenso.

1.2. Si ritiene pertanto che sia inibita al giudice per le indagini preliminare la archiviazione giustificata dal riconoscimento della lieve entità del fatto se non via stata una specifica richiesta in tal senso del pubblico ministero; riconoscere al giudice tale facoltà comporterebbe infatti, da un lato, l'assegnazione allo stesso di un potere di riconoscimento della responsabilità, seppure nella dimensione "lieve", in assenza di richiesta della procura e, dall'altro, la lesione del diritto di difesa dell'indagato e della persona offesa, che hanno diritto al contraddittorio sul punto.

1.3. Nel caso di specie il giudice disponeva l'archiviazione riconoscendo la lieve entità del fatto in assenza di una esplicita richiesta del pubblico ministero. Il provvedimento deve pertanto essere annullato senza rinvio con trasmissione degli atti al Tribunale di Verona per l'ulteriore corso.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Verona per l'ulteriore corso.

Depositata il 4 ottobre 2017.