Consiglio di Stato
Sezione III
Sentenza 20 ottobre 2017, n. 4855
Presidente: Frattini - Estensore: Noccelli
FATTO E DIRITTO
1. Con il ricorso iscritto in primo grado al R.G. n. 349/2015, la Federazione Italiana della Caccia (di qui in avanti, per brevità, Federcaccia) ha impugnato avanti al T.A.R. per il Friuli Venezia Giulia il decreto del Presidente della Regione Friuli Venezia Giulia n. 0140/Pres. del 2015, pubblicato sul BUR del 15 luglio 2015, recante l'approvazione del Piano Faunistico Regionale (PFR), congiuntamente al Parere motivato di valutazione ambientale strategica (di qui in avanti, per brevità, VAS) e alla valutazione di incidenza del medesimo e agli altri atti presupposti, meglio in epigrafe indicati, chiedendone l'annullamento sulla scorta di quattordici motivi di illegittimità.
1.1. Con il primo motivo di impugnazione la ricorrente ha dedotto la violazione o la falsa applicazione di legge - in relazione agli artt. 13, 16 e 42 della l.r. n. 6 del 2008 nonché alla l.r. n. 56 del 1986, alla l.r. n. 24 del 1996 e alla l. n. 157 del 1992 - con riguardo al numero 8, terzo, quarto, quinto e settimo punto e al Cap 11.7.2 del PFR, riguardante la sottoposizione dei Piani Venatori Distrettuali (di qui in avanti, per brevità, PVD) alla valutazione d'incidenza, alle limitazioni alla caccia agli ungulati con cani da seguita, all'istituzione di registri, ed alla limitazione nell'uso del cane da ferma.
1.2. In estrema sintesi, la parte ricorrente con tale motivo ha lamentato che, a suo dire, illegittimamente:
a) si sia imposto di sottoporre sempre i PVD a verifica di incidenza per stabilire se assoggettarli o meno a valutazione di incidenza;
b) siano state introdotte alla caccia con cani da seguita degli ungulati, rispetto a quanto consentito dalla disciplina di rango legislativo;
c) siano stati introdotti i registri di braccata, che costituirebbero un'inutile duplicazione del tesserino regionale di caccia di cui all'art. 30 della l.r. n. 6 del 2008.
2. Con il secondo motivo di impugnazione, rubricato «Violazione o falsa od erronea applicazione di legge con specifico riguardo agli artt. 3, 6 e 7 della l.r. n. 24 del 1996 concernente la limitazione delle giornate di caccia alla Tortora ed all'Allodola del Punto 4, quinto e settimo capoverso, della delibera di VAS e dei punti 6.11.3.2 e 6.15.1.4.2 del PFR. Difetto di motivazione», Federcaccia ha stigmatizzato le limitazioni apportate alla caccia della tortora e dell'allodola, perché immotivate e contrastanti con quanto previsto dalla normativa regionale.
3. Con il terzo motivo di impugnazione Federcaccia ha dedotto in primo grado la «violazione o falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 8 comma 3 e 7 comma 2 della l.r. n. 6 del 2008, con particolare riguardo al capitolo 9 del PFR avente ad oggetto "determinazione del numero massimo di cacciatori che possono esercitare l'attività venatoria in ciascun distretto venatorio" e all'allegato 3/5 "Sintesi ed obiettivi gestionali e numero di cacciatori". Difetto di istruttoria e di motivazione. Illogicità».
3.1. Con riguardo al numero di cacciatori assegnabili a ciascun Istituto di gestione (Riserva di caccia e Distretto), più in particolare, la parte ricorrente ha lamentato in primo grado come non fossero stati fissati i criterî di cui all'art. 8 della l.r. n. 6 del 2008 e che l'allegato con l'indicazione dei posti disponibili non fosse stato portato all'esame del Comitato faunistico per il parere obbligatorio.
4. Con il quarto motivo di impugnazione la ricorrente ha dedotto la «violazione di legge in relazione all'art. 8 della l.r. n. 6 del 2008. Eccesso di potere per omessa motivazione, difetto d'istruttoria dell'intero capitolo 4 del PFR Punto 4.2.».
4.1. In riferimento alla perimetrazione degli istituti di gestione, infatti, Federcaccia ha lamentato nuovamente che non fossero stati fissati i criterî di cui all'art. 8 della l.r. n. 6 del 2008, e, inoltre, che fossero stati conservati i confini di quaranta anni fa e, infine, che non fossero state indicate le oasi di protezione e le zone di ripopolamento e cattura.
5. Con il quinto motivo di impugnazione, intitolato «Violazione o falsa od erronea applicazione di legge in relazione all'art. 12 della l.r. n. 24 del 1996, numero 7, terzo punto e Cap 13.3.4 del PFR sui criteri per prove e gare cinofile ai Caprioli con cani da seguita ed in violazione dell'art. 7 della l.r. n. 56/86 relativamente ai galliformi alpini. Difetto di istruttoria e di motivazione. Eccesso di potere per contraddittorietà e illogicità manifeste», la ricorrente in primo grado ha censurato l'eliminazione delle prove e gare cinofile con il cane da seguita su capriolo e delle gare cinofile su galliformi alpini.
6. Con il sesto motivo di impugnazione Federcaccia ha dedotto la «violazione o falsa applicazione di legge con specifico riferimento al capitolo 8 dedicato a consistenze obiettivo N.O. e con riguardo al D.O. Difetto di istruttoria. Motivazione illogica».
6.1. La ricorrente ha sostenuto con tale motivo che il PFR fosse illogico e affetto da difetto di istruttoria con riguardo all'individuazione delle consistenze obiettivo (N.O.) per gli Istituti di gestione e per le specie cacciabili, nonché con riferimento alla densità ottimale (DO) perché, in particolare, mancherebbe l'analisi delle serie storiche.
7. Con il settimo motivo di impugnazione è stato in primo grado dedotto un «ulteriore difetto di istruttoria con riferimento all'abnormità delle N.O. Insufficiente disamina dei dati reali. Contraddittorietà e illogicità delle scelte in rapporto a dati faunistici insussistenti o erronei. Sindacabilità della dell'esercizio manifestamente erroneo della discrezionalità tecnica».
7.1. Ha evidenziato Federcaccia l'abnormità delle N.O. fissate dal PFR con riguardo alla specie del cervo nei territori di Paluzza e Prato Carnico e alla specie della lepre nei territori di Povoletto, Cervignano e Belvedere Pineta.
8. Con l'ottavo motivo di impugnazione, rubricato «Violazione di legge in relazione all'art. 18 della l. n. 157 del 1992 all'art. 3 della l.r. n. 24 del 1996 per la limitazione del calendario relativamente alle specie Tordo Cesena Beccaccia del Punto 4 secondo e terzo capoverso della delibera di VAS e dei punti 6.15.8.13; 6.15.8.12 e 6.10.2.6 nonché per eccesso di potere per travisamento dei fatti, illogicità e contraddittorietà interna. Omessa o insufficiente motivazione. Violazione e falsa applicazione art. 7 Direttiva 2009/147/CE e art. 7 Direttiva 79/409/ECC; Violazione e falsa applicazione Guida Interpretativa della Direttiva 2009/147/CE; Violazione e falsa applicazione artt. 8 e 18, comma 1-bis, l. 157/1992; Violazione e falsa applicazione della "Guida per la stesura dei calendari venatori" ai sensi della legge 157/1992», sono state contestate le scelte operate dalla PFR con riferimento al calendario venatorio per le specie del tordo bottaccio, della cesena e della beccaccia.
9. Con il nono motivo di impugnazione è stata da Federcaccia censurata, in primo grado, la «violazione di legge in relazione all'art. 8 della l.r. n. 6 del 2008 dell'intero capitolo 6 UCCELLI del PFR oltre che eccesso di potere per grave difetto d'istruttoria e travisamento dei fatti», in quanto essa ha sostenuto, con riguardo a tutta una serie di specie (e, segnatamente, l'oca granaiola, l'oca lombardella, l'orchetto marino, l'orco marino e l'aquila reale), che l'istruttoria fosse stata effettuata sulla base di dati molto risalenti nel tempo.
10. Con il decimo motivo di impugnazione, rubricato «Violazione o falsa od erronea applicazione della legge ed in particolare della l.r. 14 giugno 2007, n. 14 nonché dell'art. 46 della l.r. n. 6/08, delle delibere 1250/15 e 1309/15, nonché del decreto 140/Pres con particolare riguardo alle munizioni di piombo. Incompetenza. Grave difetto di motivazione», sono state censurate le limitazioni imposte dal PFR all'utilizzo delle munizioni al piombo e anche laddove nichelate.
11. Con l'undicesimo motivo di impugnazione, intitolato «Violazione di legge in relazione all'art. 8 della l.r. n. 6 del 2008 dell'intero capitolo 7 Mammiferi del PFR oltre che eccesso di potere per difetto d'istruttoria e travisamento dei fatti anche in merito alla Zona di Eradicazione», Federcaccia ha riproposto le doglianze dedotte con il nono motivo di ricorso sull'utilizzo, nella redazione del PFR, di dati non aggiornati, con riferimento, tuttavia, ad altre specie (lepre bruna europea e volpe rossa).
11.1. È stata poi stigmatizzata, siccome illogica rispetto all'obiettivo della eradicazione in determinati ambiti territoriali della specie del cinghiale, la differenziazione di regolamentazione tra caccia tradizionale e caccia di selezione.
12. Con il dodicesimo motivo di impugnazione è stata in primo grado dedotta la «violazione di legge in relazione all'art. 8 comma 3 lett. f) della legge n. 6 del 6 marzo 2008, all'art. 3, comma 2, lett. i) della l.r. n. 14 del 1987, all'art. 10, comma 7, secondo capoverso ed art. 17, comma 1, della l. 157/92, del numero 6 della delibera n. 1250 del 26/06/2015 parere motivato di VAS e dei paragrafi 10 e 14.4 del PFR del decreto 140/15 e delibera 1309/15 in punto limitazioni al ripopolamento mediante esemplari delle specie Fagiano e Quaglia nonché eccesso di potere per difetto d'istruttoria illogicità e contraddittorietà».
12.1. Federcaccia ha censurato le limitazioni imposte al ripopolamento delle specie della quaglia e del fagiano, che non terrebbero in considerazione la diversificazione normativa fra la selvaggina cd. "pronta caccia" e la fauna selvatica.
13. Con il tredicesimo motivo di impugnazione la ricorrente in primo grado ha dedotto la «violazione di legge in relazione all'art. 33, comma 5, 34, comma 2, della legge n. 6 del 6 marzo 2008, all'art. 6 della l.r. n. 21 del 1993, all'art. 3 e 4 della l.r. 14 del 2007, all'art. 19 della l.r. n. 24 del 1996, del numero 1 della delibera n.1250 del 26 giungo 2015 (parere motivato di VAS) e dei paragrafi 5.5.3 del PFR approvato con decreto 140/15 e delibera 1309/15 in punto di limitazioni agli inviti, alle zone di caccia, al numero di appostamenti in ZPS/ZSC, alla creazione di aree di rispetto, nonché eccesso di potere per difetto d'istruttoria illogicità e contraddittorietà».
13.1. Federcaccia ha con tale motivo contestato le restrizioni introdotte all'attività venatoria nella laguna di Grado e Marano, nelle more dell'entrata in vigore del Piano di Gestione.
14. Con il quattordicesimo motivo di impugnazione, infine, è stata da Federcaccia dedotta la «illegittimità costituzionale degli artt. 14 e 17 della l.r. n. 6 del 2008 per violazione degli artt. 10 e 14-15 della l. n. 157 del 1992 quali norme interposte rispetto all'art. 117, comma 1, lettera s), della Costituzione».
14.1. La ricorrente ha sostenuto che gli artt. 14 e 17 della l.r. n. 6 del 2008, concernenti, rispettivamente, la suddivisione del territorio in Riserve di caccia e i Distretti venatori, sarebbero incostituzionali per derivazione, essendo già stato dichiarato incostituzionale, con sentenza della Corte costituzionale, n. 165 del 2009, l'art. 19 della medesima legge regionale.
15. Si sono costituiti in tale giudizio il Distretto Venatorio n. 3 "Valli del Natisone" e il Distretto Venatorio n. 2 "Carnia", ai quali pure il contradditorio era stato esteso, sostanzialmente aderendo alle prospettazioni e alle conclusioni di Federcaccia, e si è altresì costituita, come si dirà, la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, opponendosi all'accoglimento del ricorso.
15.1. Non si sono, invece, costituiti in giudizio gli altri soggetti, parimenti evocati in causa.
16. Con ricorso iscritto al R.G. n. 353/2015, ancora, le Riserve di caccia di Forgaria del Friuli, di Trasaghis e di Ragogna, unitamente a Sandro L., quale socio della Riserva di caccia di Taipana, hanno impugnato anch'esse avanti al medesimo T.A.R. per il Friuli Venezia Giulia il decreto del Presidente della Regione Friuli Venezia Giulia n. 0140/Pres., pubblicato sul BUR del 15 luglio 2015, di approvazione del PFR, congiuntamente agli atti presupposti, tutti compiutamente indicati in epigrafe, chiedendone del pari l'annullamento.
17. Avverso gli atti gravati i predetti ricorrenti in prime cure hanno fatto valere cinque motivi di illegittimità, in parte sovrapponibili a quelli sollevati da Federcaccia nel proprio ricorso, di cui si è brevemente detto, e in parte diversi.
18. Con il primo motivo di impugnazione, rubricato «Violazione di legge - art. 8, comma 6, 7 e 12, l.r. n. 6 del 2008 - eccesso di potere per incongrua e insufficiente istruttoria», è stata dai ricorrenti in primo grado contestata la violazione delle norme procedurali per l'approvazione del piano in questione e, segnatamente, la pretermissione delle prerogative partecipative da parte degli interessati.
19. Con il secondo motivo di impugnazione, intitolato «Violazione di legge - artt. 13 e 32 del d.lgs. n. 152 del 3 aprile 2006 - Violazione dell'art. 8 della l.r. n. 6 del 2008 - Eccesso di potere per difetto di istruttoria», è stato stigmatizzato il mancato rispetto della disciplina sui piani di impatto transfrontaliero, pur occupandosi il PFR dei grandi carnivori, la cui tutela avviene a livello ultranazionale.
20. Con il terzo motivo di impugnazione, rubricato «Violazione di legge - artt. 1, comma 3 e 4, l.r. n. 6 del 2008 - Eccesso di potere per difetto di istruttoria, irragionevolezza e disparità di trattamento», è stato censurato il § 11.7.2. del PFR, riguardante il prelievo degli ungulati, nella parte in cui prevede la creazione di una fascia di rispetto al confine con le aree protette e gli istituti di produzione della fauna selvatica, in cui non è consentita la caccia con cani da seguita.
21. Con il quarto motivo di impugnazione, rubricato «Violazione di legge - art. 26 della l.r. n. 6 del 2008, art. 7 della l.r. 19 dicembre 1986 n. 56 e art. 12 della l.r. 17 luglio 1996 n. 24 - Eccesso di potere per difetto di istruttoria, irragionevolezza, sviamento e disparità di trattamento», i ricorrenti hanno censurato il § 13.3.4 del PFR, concernente le gare e le prove cinofile, nella parte in cui esclude che durante tali eventi possa essere utilizzata come preda la specie del capriolo.
22. Con il quinto motivo di impugnazione, intitolato «Eccesso di potere per irragionevolezza e disparità di trattamento», infine sono state contestate le limitazioni poste alla caccia tradizionale al cinghiale, rispetto alla caccia di selezione e alla caccia con il metodo della girata di tale specie.
23. Nel giudizio così incardinato non si è costituita in giudizio l'Associazione Nazionale Libera Caccia, alla quale pure il contraddittorio era stato esteso.
24. Si è costituita sia in questo che nell'altro giudizio incardinato da Federcaccia, come si è già accennato, la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, la quale ha premesso un'ampia ricostruzione del quadro normativo di riferimento e ha offerto una puntuale ricostruzione dell'iter procedurale che ha condotto all'emanazione del Piano gravato.
25. Con riferimento al ricorso R.G. n. 349/2015, l'Amministrazione resistente ha eccepito preliminarmente l'inammissibilità della questione di legittimità costituzionale, promossa dalla Federcaccia con il quattordicesimo motivo di impugnazione, in quanto non sarebbe indicato il parametro violato e non sarebbe stata specificata la violazione denunciata.
25.1. Sempre preliminarmente, inoltre, la difesa regionale ha eccepito l'inammissibilità del ricorso, perché diretto a censurare scelte che configurano esercizio di discrezionalità tecnica, senza dimostrarne la irrazionalità e/o illogicità.
25.2. Nel merito, e più specificamente, la Regione ha preso posizione su ognuna delle doglianze proposte da Federcaccia, argomentando in ordine all'infondatezza delle stesse e concludendo per la conseguente reiezione del ricorso avversario.
25.3. Con riferimento al ricorso R.G. n. 353/2015, la difesa della Regione ha eccepito preliminarmente l'inammissibilità dell'impugnazione sia per carenza di un interesse concreto e attuale sia perché volto a censurare scelte dell'Amministrazione di carattere tecnico-discrezionale, che, come tali, non sarebbero sindacabili da parte del giudice amministrativo, ove non macroscopicamente illogiche o irrazionali.
25.4. Nel merito, e specificamente, l'Amministrazione ha replicato a ciascuna delle censure svolte dai ricorrenti, assumendone l'infondatezza e concludendo, anche in questo caso, per il rigetto del ricorso.
26. Il T.A.R. per il Friuli Venezia Giulia, con la sentenza n. 189 del 23 maggio 2016, dopo avere riunito i due ricorsi R.G. n. 349/2015 e R.G. n. 353/2015, ha annullato il Piano Faunistico Regionale del Friuli Venezia Giulia e gli atti, gravati in prime cure, in quanto ha accolto, con efficacia assorbente, le censure, radicalmente invalidanti, di cui al motivo I del ricorso n. 353/2015, proposto dalle Riserve e da Sandro L., e di cui al motivo IX e, in parte, al motivo XI del ricorso R.G. n. 349/2015, proposto da Federcaccia.
27. Avverso tale sentenza ha proposto appello la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, deducendo quattro distinti motivi, e ne ha chiesto, previa sospensione anche inaudita altera parte dell'esecutività, la riforma, con la conseguente integrale reiezione di tutti i motivi proposti in primo grado con i ricorsi R.G. n. 349/2015 e R.G. n. 353/2015, anche quelli erroneamente accolti dal primo giudice.
28. Si sono costituiti, con separate memorie, sia l'appellata Federcaccia che gli appellati Riserva di Caccia di Forgaria del Friuli, Riserva di Caccia di Trasaghis, Riserva di Caccia di Ragogna e Sandro L., entrambi per chiedere la reiezione dell'appello, di cui hanno dedotto l'infondatezza, nonché della connessa domanda cautelare, ed entrambi hanno riproposto, ai sensi dell'art. 101, comma 2, c.p.a., i motivi rispettivamente articolati in primo grado ed assorbiti dalla sentenza impugnata.
29. Si è altresì costituito, per chiedere la reiezione dell'appello, anche il Distretto Venatorio n. 3 "Valli del Natisone".
30. Con il decreto monocratico n. 2089 del 9 giugno 2016 è stata sospesa l'esecutività della sentenza impugnata ed è stata fissata la camera di consiglio del 7 luglio 2016 per la trattazione collegiale della domanda cautelare proposta dalla Regione appellante ai sensi dell'art. 98 c.p.a.
31. Con la successiva ordinanza n. 2683 dell'11 luglio 2016, all'esito di tale camera di consiglio, il Collegio ha sospeso l'esecutività della sentenza impugnata ritenendo la sussistenza sia del fumus boni iuris che del periculum in mora, atteso il grave ed irreparabile danno che l'attività venatoria regionale, già programmata nel Piano, avrebbe subito in conseguenza del totale annullamento di questo statuito dal primo giudice.
32. Infine, nella pubblica udienza del 5 ottobre 2017, il Collegio, sentiti i difensori delle parti, ha trattenuto la causa in decisione.
33. L'appello della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia è fondato, in relazione al primo e al secondo motivo che qui di seguito, per la loro centralità, si esaminano prioritariamente, e merita accoglimento.
33.1. Non è inutile ricordare, in premessa, che, secondo l'art. 8 della l.r. n. 6 del 2008, il Piano faunistico regionale, quale atto di programmazione generale, deve perseguire due fondamentali obiettivi e, cioè, la tutela, la conservazione, la riproduzione e il miglioramento della fauna selvatica e della biodiversità, da un lato, e la gestione del patrimonio faunistico e del prelievo venatorio nel rispetto del principio di pari dignità di ogni forma di esercizio venatorio e delle culture, della storia, degli usi, delle tradizioni e dei costumi del Friuli Venezia Giulia, dall'altro.
33.2. Ancora in via preliminare, sul piano, tuttavia, processuale, deve essere respinta l'eccezione di inammissibilità dell'appello, sollevata dalle Riserve e da Sandro L. nella loro memoria (pp. 15-16), laddove sostengono che l'atto di appello sarebbe nullo o inammissibile, per la pretesa violazione dell'art. 101, comma 2, c.p.a., perché non richiede espressamente il rigetto dei ricorsi proposti in primo grado, che si articolano in plurimi motivi e non si riducono solo a quelli accolti dal T.A.R. per il Friuli Venezia Giulia.
33.3. L'eccezione è infondata perché la Regione appellante ha chiesto, nell'atto di gravame, la reiezione dei motivi accolti in primo grado, ma ciò non implica certo acquiescenza rispetto ai motivi assorbiti dalla sentenza impugnata che infatti, una volta riproposti ritualmente dalle appellate ai sensi dell'art. 101, comma 2, c.p.a. ed entrate, quindi, a far parte del thema decidendum per l'effetto devolutivo di tale disposizione, sono stati puntualmente contestati dalla Regione, che ha chiesto espressamente, ed inequivocabilmente, la reiezione anche di questi.
34. Con il primo motivo (pp. 24-26 del ricorso), ciò premesso in limine litis, la Regione appellante censura la sentenza impugnata per avere accolto il nono e, in parte, l'undicesimo motivo del ricorso R.G. n. 349/2015, proposto in primo grado da Federcaccia, e per avere stigmatizzato un presunto difetto istruttorio del PFR, consistente nel riferimento a dati del tutto obsoleti e inidonei, perché «assolutamente risalenti nel tempo», in alcuni casi finanche ad un decennio prima, con una istruttoria ritenuta «del tutto inadeguata, specie se si considera che è compito del PFR (e dei PVD adottati sulla base di esso) quantificare i prelievi venatori in ipotesi ammessi per ciascuna specie, nonché fissare gli obiettivi di conservazione, di contenimento e di crescita delle popolazioni animali».
34.1. L'errore nel quale sarebbe incorso il primo giudice, secondo la Regione, consisterebbe nella mancata considerazione che i dati presi a riferimento non riguardano specie cacciabili, ma sono inseriti nei capp. 6 e 7 del PFR, dedicato agli uccelli e ai mammiferi, il cui solo scopo è quello di descrivere lo stato delle varie specie presenti sul territorio regionale e di indicarne misure gestionali per la loro conservazione.
34.2. La pianificazione puntuale per le specie cacciabili è riportata, invece, nei capitoli 8 e 11 e nell'allegato 3 del PFR ed è basata sugli ultimi dati disponibili (annata venatoria 2013/2014) riportati esplicitamente al capitolo 8, dedicato alla «Definizione dei risultati gestionali per il quinquennio 2015-19» e all'allegato 3 del PFR.
34.3. Inoltre, per le specie cacciabili stanziali i monitoraggi vengono svolti annualmente e, pertanto, tutta la pianificazione si basa su dati costantemente aggiornati, mentre l'attività venatoria per le specie cacciabili migratrici si basa, come in tutta Italia, sul calendario venatorio, che stabilisce il periodo di caccia, il numero di giornate e il carniere massimo giornaliero.
34.4. Federcaccia, nella propria memoria di costituzione (v., in particolare, pp. 8-9), ha obiettato che l'elemento cronologico rimarcato dalla sentenza, diversamente da quanto sostiene la Regione appellante, è vero, perché i dati riferiti ad alcune specie - come, ad esempio, alla lepre bruna e alla volpe rossa - risalgono a diversi anni addietro e se il quadro faunistico, per essere esauriente, deve essere aggiornato, nel caso di specie non lo è, specie ove si consideri che i dati relativi alle specie cacciabili non esauriscono il quadro faunistico, essendovi specie non cacciabili che condizionano gli equilibri biologici delle specie cacciabili (come accade, per esempio, per l'aquila reale, il cormorano, la gazza e la cornacchia, a loro volta predatori).
34.5. Nemmeno sarebbe corretto affermare, come deduce invece la Regione appellante, che i dati riportati nei capp. 6 e 7 avrebbero una mera valenza bibliografica e, per così dire, cronachistica, poiché i capp. 6 e 7 non si compongono solo della parte ricognitiva delle singole specie, ma anche delle misure volte al miglioramento dello stato faunistico e dell'habitat, ai metodi di censimento e ai monitoraggi e ai criterî per il rilascio dei provvedimenti di deroga al regime di tutela, e hanno dunque anche un'efficacia dispositiva, come mostrano le misure di contenimento del cinghiale nelle zone di eradicazione, individuate solo nel cap. 7.
34.6. Una disciplina tecnico-scientifica e programmatoria - ancor prima della logica provvedimentale - vorrebbe, secondo l'appellata, che il miglioramento degli habitat e della situazione delle popolazioni passi attraverso un esame delle diverse specie e una analisi delle loro dinamiche quantomeno coeva alla redazione del PFR soprattutto se, pur in astratto solo migratrici, sono cacciabili e sovente stanziali, mentre nel caso del documento, approvato dalla Giunta Regionale, sia i dati considerati nei censimenti che quelli delle consistenze delle diverse specie - cacciabili o non - sono quelli relativi agli anni antecedenti al 2010 e, quando nel testo sono state richiamate raramente le annualità successive, non sono state citate le consistenze delle specie né i riferimenti, anche solo bibliografici, da cui sono state tratte.
34.7. Il motivo di appello deve essere accolto, in quanto Federcaccia non ha dimostrato né in primo grado né in questa sede, anche con mere esemplificazioni relative a dati reali e, quindi, con un principio di prova adeguato, se e in quale modo la risalenza dei dati relativi alle diverse specie abbia influenzato negativamente le previsioni del PFR, falsandone o distorcendone il contenuto programmatorio e gli effetti precettivi rispetto all'attualità di un quadro faunistico ben diverso, in ipotesi, da quello che il PFR ha "fotografato" sulla base di detti dati.
34.8. Sul punto, fondamentale per ritenere in concreto sussistente il vizio istruttorio, le deduzioni dell'appellata tacciono del tutto, come del resto la sentenza appellata incorsa, al riguardo, in error in iudicando, e si appoggiano invece ad una considerazione meramente tautologica e, cioè, la mera "vetustà" di tali dati, senza che in alcun modo sia stato dimostrato che i diversi dati reali, e attuali, divergerebbero di molto da quelli posti a base del PFR e denoterebbero l'esistenza di un quadro faunistico ben diverso da quello del PFR, che così avrebbe inciso irragionevolmente e/o erroneamente su di esso con disposizioni "inattuali", salvo quanto si dirà, in seguito, sulle N.O., che non risultano decisive ai fini che qui rilevano.
34.9. Meramente astratta, dunque, è la censura dedotta da Federcaccia con il nono e, in parte, l'undicesimo motivo del ricorso proposto in primo grado, accolta invece dal primo giudice, e persino irrealistica, al di là della sua apparente ragionevolezza, laddove pretende che i dati posti a base del PFR debbano essere quantomeno coevi alla redazione dello stesso PFR, quando le sono ben noti, non fosse altro per avervi preso parte, e comunque ben evidenti a livello legislativo regionale la complessità e la lunghezza dell'iter procedimentale nelle sue diverse fasi per l'approvazione del PFR, sicché richiedere la contestualità dei dati all'approvazione di questo, senza avere provato l'inattendibilità di quelli più risalenti, è pretesa non solo infondata, ma contraria alle stesse disposizioni che, secondo una lunga e articolata sequenza procedimentale, regolano nel loro complesso l'approvazione del Piano, a cominciare da quelle, qui invocate, della l.r. n. 6 del 2008.
34.10. Di qui, con evidenza, l'infondatezza dei motivi accolti in primo grado dal T.A.R., invece da respingersi.
35. Con il secondo motivo (pp. 26-28 del ricorso) la Regione appellante contesta la decisione gravata nella parte in cui ha ritenuto che il PFR già adottato nel 2012 è stato riadottato in un testo profondamente diverso nel novembre 2014, senza che quest'ultimo sia stato sottoposto a consultazione e concertazione pubblica.
35.1. Il primo giudice, in particolar modo, ha ritenuto che risulta profondamente innovato il cap. 5, intitolato "Rete Natura ed Aspetti Venatori", e risulta modificato il cap. 8, che non definisce più i risultati gestionali per il quinquennio 2012-2016, ma per il quinquennio 2015-2019.
35.2. Il T.A.R. per il Friuli Venezia Giulia, nell'accogliere il primo motivo del ricorso R.G. n. 353/2013, ha osservato che risultano introdotti ex novo nel piano approvato nel 2015 i capitoli dal 7.31. al 7.3.6. compresi, relativi all'orso bruno, al lupo, allo sciacallo dorato, al gatto selvatico europea, alla lontra euroasiatica e alla lince, mentre della tutela di tali specie non vi è traccia né nel piano adottato nel 2012 né in quello adottato nel 2014, e ne ha concluso che si tratta di modifiche di non poco conto, idonee, sia sul versante degli obiettivi da raggiungere nello svolgimento della pratica venatoria, sia su quello della tutela della fauna e, in particolare, delle specie a rischio di estinzione (quali quelle dei grandi carnivori), ad incidere profondamente sull'assetto dell'intero piano.
35.3. Poiché la procedura di approvazione del PFR prevede, al pari di quanto avviene per gli strumenti di pianificazione territoriale generale, la sottoposizione della proposta di piano alle osservazioni e ai contributi partecipativi degli interessati, il primo giudice ha ritenuto di estendere le conclusioni, alle quali la giurisprudenza è pervenuta in tema di PRG, alla pianificazione della caccia ed è pervenuto all'affermazione che debba essere riadottato il piano, anche quello faunistico regionale, con la conseguente riapertura della fase di pubblicazione e di quella delle osservazioni e opposizioni, laddove risulti profondamente modificato rispetto al testo originariamente adottato.
35.4. La sentenza impugnata ha dunque ritenuto illegittimo, annullandolo, il PFR per avere omesso tale ineludibile passaggio procedimentale e aver, conseguentemente, impedito agli interessati di fornire il proprio apporto con eventuali osservazioni ed opposizioni.
35.5. Questa conclusione è fortemente avversata dalla Regione appellante che, nel ricordare - v., in particolare e dettagliatamente, pp. 19-22 e, poi, pp. 26-27 del ricorso - il lungo e assai complesso iter procedimentale di approvazione del PFR che è stato necessario coordinare anche con la procedura della VAS, rappresenta come tale iter abbia conosciuto, diversamente da quanto hanno assunto le ricorrenti nel giudizio R.G. n. 353/2015, un'ampia attività di consultazione e di concertazione, che ha portato l'Amministrazione regionale a valutare ben 73 osservazioni.
35.6. Molte delle modifiche intervenute in itinere e qui contestate, peraltro, costituivano mero adempimento di direttive europee, quali, ad esempio, le misure di conservazione dei siti Natura 2000, o il risultato dell'aggiornamento dei dati al quinquennio 2015-19, su precisa indicazione del Comitato faunistico regionale, quali, ad esempio, le modifiche introdotte nel cap. 8.
35.7. Le Riserve di caccia appellate - e con esse anche Sandro L., parimenti appellato - hanno replicato e ribadito, nella loro memoria di costituzione depositata il 4 luglio 2016 (v., in particolare, pp. 19-20), che la fase di adozione (e successiva approvazione) del PFR sarebbe senza dubbio avvenuta su testi non omogenei, con ciò inficiando irrimediabilmente il procedimento che ha, poi, condotto prima alla positiva definizione della VAS e, successivamente, all'approvazione del PFR stesso.
35.8. Esse deducono, più specificamente, che le modifiche apportate non sarebbero state conseguenti o conformi all'attività di concertazione e consultazione, di cui all'art. 8, comma 12, della l.r. n. 8 del 2006, ma dettate da «diverse logiche» (p. 20 della memoria), non meglio specificate, «probabilmente connesse all'indebito prolungamento temporale dell'iter procedimentale», poiché sarebbe difficile pensare che l'integrale sostituzione del cap. 8 con quello relativo ai risultati gestionali per il quinquennio 2015-1019 sia il frutto di osservazioni o consultazioni e ciò varrebbe anche, a dire delle appellate, per il capitolo del PFR relativo alla «Rete Natura 2000».
35.9. Anche il motivo di appello in esame, proposto dalla Regione, è fondato e va accolto.
35.10. La censura sollevata dalle Riserve di caccia con il primo motivo del loro ricorso R.G. n. 353/2015 e accolta dal primo giudice pecca anch'essa, infatti, di astrattezza e genericità, come comprova la sua articolazione in forma ipotetica e congetturale quale traspare dalle difese esposte anche avanti a questo Consiglio, in quanto essa non ha dimostrato se e, particolarmente, in che modo si sarebbe sostanziata la lesione della partecipazione procedimentale, anche nella più ampia e generalizzata forma della consultazione quale prevista dall'art. 8, comma 12, della l.r. n. 6 del 2008, soprattutto a fronte del complesso iter procedimentale, anche nelle sue fasi partecipative, quale ricostruito e riassunto dalla Regione nelle proprie difese.
35.11. Al di là di tale aspetto, poi, sta il determinante rilievo della natura meramente formalistica della censura, perché, anche sul piano contenutistico e a livello sostanziale, le Riserve di caccia appellate non hanno offerto alcun principio di prova circa l'apporto procedimentale che, in una nuova ipotetica fase di consultazione e concertazione pubblica quanto alle parti del PFR asseritamente modificate, esse - o, comunque, i soggetti chiamati a rendere i pareri di cui all'art. 12, comma 7, della l.r. n. 6 del 2008 - avrebbero potuto fornire all'Amministrazione, al cospetto di previsioni conseguenti all'adeguamento alla normativa europea o dall'aggiornamento dei dati, come la Regione ha convincentemente dedotto e dimostrato, senza peraltro essere smentita, se non in forma dubitativa, dalle stesse appellate.
35.12. Sul punto, del resto, non possono soccorrere, diversamente da quanto ha ritenuto il T.A.R. per il Friuli Venezia Giulia, i principî generali valevoli nella fase di consultazione che precede l'adozione del PRG, poiché è evidente che la materia in esame ha carattere speciale ed è regolata da un'apposita legge della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, la l.r. n. 6 del 2008, che contiene principî anche parzialmente derogatori rispetto a quelli della normativa nazionale.
35.13. Discende da quanto rilevato, ad avviso del Collegio, l'infondatezza della censura nella misura in cui essa, denunciando formalisticamente la violazione dell'art. 8, comma 12, della l.r. n. 6 del 2008, non dà dimostrazione alcuna o, comunque, non offre nemmeno un principio di prova circa quello che sarebbe stato il fattivo apporto procedimentale della partecipazione (o, comunque, degli eventuali pareri di cui all'art. 8, comma 7) proprio nello spirito e secondo la ratio che anima la consultazione pubblica, intesa ad arricchire e a potenziare, all'esito di una compiuta dialettica procedimentale e secondo «l'iter di approvazione di cui ai commi 6 e 7», le previsioni del PFR nella sua essenziale funzione regolatoria dello sviluppo faunistico e dell'attività venatoria.
35.14. Ne discende che anche per tale riguardo l'appello della Regione merita accoglimento.
36. Le considerazioni appena esposte, in riferimento al primo e al secondo motivo dell'appello regionale, impongono la integrale riforma della sentenza impugnata, laddove ha accolto il nono e, in parte, l'undicesimo motivo del ricorso R.G. n. 349/2015 e il primo motivo del ricorso R.G. n. 353/2015, e la conseguente necessità di esaminare, in questa sede, tutti i motivi proposti in primo grado, con i ridetti ricorsi, e qui riproposti dalle parti appellate nelle rispettive memorie.
37. Necessariamente preliminare a tale esame, che sin d'ora si premette verrà condotto, per un ordinato esame della materia controversa, secondo la numerazione dei motivi appunto dedotti ed esposti nei due ricorsi R.G. n. 349/2015 e R.G. n. 353/2015 di primo grado, è tuttavia l'esame del terzo motivo (pp. 28-30 del ricorso) e del quarto motivo (pp. 30-31 del ricorso), proposti dalla Regione nel proprio atto di appello, con i quali si contestano, rispettivamente, l'inammissibilità del ricorso R.G. n. 353/2015, proposto dalle Riserve di caccia e dai cacciatori (nel caso di specie Sandro L.), per l'asserita carenza di interesse, stante la mancanza di una lesione attuale e concreta al loro interesse, per effetto del solo PFR, lesione che deriverebbe dalla sola, e successiva, adozione del PVD, e l'inammissibilità di entrambi i ricorsi, sia il ricorso R.G. n. 349/2015 che il ricorso R.G. n. 353/2015, perché investenti aspetti di discrezionalità tecnica o, addirittura, di discrezionalità pura che non potrebbero essere sindacati se non nella misura, qui nemmeno dedotta, della loro manifesta illogicità e/o irrazionalità.
37.1. Ambedue i motivi, in estrema sintesi, vanno respinti.
37.2. Quanto al terzo motivo d'appello, infatti, basti qui rilevare, come ha anche osservato la sentenza impugnata sul punto, a p. 14, con motivazione non oggetto, invero, di specifica contestazione, che le Riserve di caccia, chiamate dagli artt. 15 e 16 della l.r. n. 6 del 2008 a gestire la caccia nel territorio loro affidato, hanno interesse concreto e attuale ad impugnare il PFR, sia sotto il profilo procedimentale che quello contenutistico, che ha immediate ed evidenti ricadute sulla propria attività, anche prima che venga adottato il PVD.
37.3. Un'analoga conclusione, come pure ha rilevato il primo giudice, si impone per l'appellato Sandro L. che, quale cacciatore, ha tutto il concreto ed attuale interesse a censurare le previsioni del Piano, a suo avviso penalizzanti, per il concreto svolgimento, da parte sua, dell'attività venatoria.
37.4. Quanto al quarto ed ultimo motivo, proposto dalla Regione appellante, anche per esso è sufficiente, in sintesi, rilevare, come ha pure osservato la sentenza impugnata nel respingere l'eccezione regionale in primo grado, che molte delle censure sollevate dalle ricorrenti in prime cure, ed oggetto, come ora si dirà, del successivo esame da parte di questo Collegio, attengono a violazioni di legge, oltre che all'eccesso di potere, e anche quelle che deducono una scelta irrazionale o illogica, nella pianificazione regionale, intendono non sostituirsi alla valutazione dell'Amministrazione, ma censurare la prospettata irrazionalità, illogicità o contraddittorietà di tale valutazione, in riferimento a singole previsioni del Piano, alla stregua di una quantomeno dedotta palese "deviazione" del potere esercitato dai canoni di legge o da razionali criterî di settore nella regolazione del settore faunistico-venatorio.
38. Di qui, per le ragioni vedute, la reiezione del terzo e del quarto motivo di appello e la conseguente necessità di riesaminare, nell'ordine in cui sono stati proposti in primo grado, i motivi assorbiti dal primo giudice e qui ritualmente riproposti dalle parti appellate, nelle loro rispettive memorie di costituzione, ai sensi e per gli effetti dell'art. 101, comma 2, c.p.a., con l'ovvia e preliminare precisazione che per i motivi, accolti dal primo giudice e sopra già esaminati, il Collegio, ove possibile, si richiamerà o si raccorderà essenzialmente senza inutili ripetizioni, in ossequio all'obbligo di sintesi prescritto dal codice di rito (art. 3, comma 2, c.p.a.), alle ragioni già supra esposte.
39. Vengono qui esaminati ad uno ad uno, nell'ordine espositivo di primo grado, i singoli motivi proposti da Federcaccia nel ricorso R.G. n. 349/2015 avanti al T.A.R. per il Friuli Venezia Giulia, motivi il cui contenuto essenziale è stato ricordato, supra, nei §§ 1.1.-14, ai quali il Collegio si richiama e rimanda, ad evitare inutili ripetizioni ed un conseguente superfluo appesantimento dell'apparato motivazionale, riportando solo accanto a ciascuno di essi le pagine nelle quali essi sono stati riproposti e, talvolta, meglio precisati e/o riformulati nella memoria di costituzione di Federcaccia depositata in questa sede, anche in replica delle difese regionali.
I motivo di primo grado (pp. 12-17 della memoria di costituzione).
39.1. Si tratta, come già anticipato (v. §§ 1.1.-1.2.), di un motivo complesso, articolato in plurime sottocensure, rispettivamente vertenti su:
a) l'introduzione della verifica di incidenza anche per il PVD, in asserito contrasto con l'art. 13 della l.r. n. 6 del 2008;
b) i diversi limiti previsti dal PFR, da introdursi con PVD, all'attività di caccia agli ungulati con i cani da seguita e, in particolare (e senza pretesa di esaustività delle numerose censure e deduzioni svolte dall'appellata alle pp. 14-16 della loro memoria), la previsione di un numero massimo di cani e di cacciatori per singola cacciata e per squadra; il numero massimo di giornate; l'obbligo del recupero dei cani al termine della cacciata; l'istituzione di una fascia di rispetto dove non possono essere effettuate le braccate al confine di aree protette e di istituti di produzione della fauna selvatica di dimensioni idonee ad evitare sconfinamento dei cani (1 km), in asserito contrasto con diverse disposizioni regionali, tra le quali l'art. 7 della l.r. n. 24 del 1996 e gli artt. 7-bis e 7-ter della l.r. n. 56 del 1986;
c) la previsione della VAS, al numero 8, settimo punto, della delibera n. 1250 del 26 giugno 2015, di una ulteriore fascia di rispetto di 50 e 100 metri dalle aree protette in cui rispettivamente vietare la caccia con i cani da ferma e la caccia alla selvaggina migratoria, in asserito contrasto con l'art. 7, comma 3, della l.r. n. 24 del 1996;
d) l'adozione dei registri di braccata negli istituti che praticano la caccia con il segugio e di analoghi registri negli istituti che praticano la caccia di selezione, in asserito contrasto con l'art. 16 della l.r. n. 6 del 2008.
39.1.2. Tutte le censure sono infondate, in quanto secondo l'ordine appena esposto occorre rilevare che:
a) la valutazione di significatività dell'incidenza non contrasta con la previsione testuale dell'art. 13 della l.r. n. 6 del 2008, che non esclude affatto tale verifica, né ancor meno con la sua ratio, attesa peraltro anche l'attuale previsione, nel comma 10, lett. g), di tale disposizione, siccome modificata dall'art. 28, comma 1, lett. i), punto 3), della l.r. n. 3 del 2016, secondo cui il PVD contiene anche «la relazione di verifica di significatività dell'incidenza che il PVD può avere sui siti compresi nella rete "Natura 2000", predisposto nel rispetto della disciplina nazionale e regionale»;
b) i diversi e qui contestati limiti introdotti nel PFR per l'attività di caccia agli ungulati con i cani da seguita non contrastano con le disposizioni regionali evocate, le quali non escludono espressamente ragionevoli e motivate limitazioni, quali sono quelle in esame, all'esercizio della caccia nella riserva, né introducono ulteriori generalizzate restrizioni all'esercizio dell'attività venatoria, ma intendono meglio regolamentare l'esercizio di tale attività venatoria, secondo un esercizio del potere regolatorio che non appare manifestamente illogico o irrazionale, in quanto le pregresse modalità di caccia non apparivano alla Regione perfettamente in grado di soddisfare i requisiti minimi necessari per una corretta realizzazione dei piani di prelievo;
c) il richiamato parametro normativo dell'art. 7, comma 3, della l.r. n. 24 del 1996 non pare al Collegio sia stato violato dalla previsione qui contestata, che deve essere comunque interpretata alla stregua di un fondamentale canone conservativo, magis ut valeat quam ut pereat;
d) l'introduzione del registro di braccata non contrasta con le previsioni dell'art. 16 della l.r. n. 6 del 2008, il cui comma 4, peraltro, non esiste, come ha a ragione dedotto la Regione appellante.
II motivo di primo grado (pp. 17-19 della memoria di costituzione).
39.2. Si contestano, come si è già ricordato sopra (§ 2), le limitazioni alle giornate di caccia alla tortora e all'allodola, di cui ai punti 4, 5 e 7 della delibera VAS, e dei §§ 6.11.3.2. e 6.15.1.4.2. del PFR, per la dedotta violazione degli artt. 3, 6 e 7 della l.r. n. 24 del 1996, e comunque per l'assenza di qualsivoglia «cenno di motivazione riduttiva» (p. 19 della memoria di costituzione).
39.2.1. Il motivo va respinto.
39.2.2. La normativa regionale invocata dall'appellata - in particolare, gli artt. 3, 6 e 7 della l.r. n. 24 del 1996 - consente la caccia in determinati periodi, ma non vieta talune limitazioni in detti periodi, laddove finalizzate, come quelle qui contestate, a limitare ragionevolmente e proporzionatamente la pressione venatoria per la salvaguardia delle due specie (allodola e tortora).
39.2.3. Il motivo deve essere respinto, dunque, considerando che peraltro le disposizioni contestate fanno salvo il rispetto dei vincoli normativi vigenti, comunque non violati da queste.
III motivo di primo grado (pp. 19-20 della memoria di costituzione).
39.3. Si contesta il cap. 9 del PFR, dedicato al numero di cacciatori assegnabili a ciascun istituto di gestione (riserva di caccia e distretto), sia perché non sono indicati i criterî indispensabili per determinare il numero massimo di cacciatori che possono esercitare l'attività venatoria in ciascuna riserva di caccia sia perché le tabelle di cui all'allegato 3/5, con l'indicazione dei posti disponibili, non sono state portate all'esame del Comitato Faunistico per il parere obbligatorio, non essendo esse mai state discusse.
39.3.1. Il motivo va respinto.
39.3.2. Il cap. 9 riporta i criterî (ripartizione equilibrata della pressione venatoria e riduzione di questa nelle riserve di caccia che presentano siti della rete Natura 2000, dimensione complessiva delle aree precluse all'attività venatoria presenti all'interno del territorio della riserva di caccia, estensione del territorio agro-silvo-pastorale (TASP) di ciascuna riserva di caccia) ed è stato sottoposto al Comitato Faunistico nella seduta del 28 marzo 2012, come si evince dal relativo verbale.
39.3.3. In ogni caso la censura, anche laddove fosse fondato l'assunto secondo cui il cap. 9 non è stato sottoposto al parere del Comitato, sarebbe comunque infondata, per il suo senso generico e il suo tenore formalistico, poiché non dimostra, da un lato, né quali sarebbero stati i criterî in ipotesi più determinati e precisi, per determinare il numero dei cacciatori, né quale sarebbe stato l'apporto che, proprio in virtù di tali più precisi criterî, il Comitato faunistico avrebbe potuto fornire a livello procedimentale.
39.3.4. La censura, pertanto, va in ogni caso respinta, anche laddove la dedotta violazione procedimentale, sul piano formale, si fosse consumata senza la dimostrazione, tuttavia, di un suo pur plausibile effetto sostanziale.
IV motivo di primo grado (pp. 20-21 della memoria di costituzione).
39.4. Si lamenta, come si è già ricordato supra al § 4, la violazione dell'art. 8 della l.r. n. 6 del 2008 per la mancata determinazione dei criteri di individuazione degli istituti di gestione venatoria, degli istituti destinati alla produzione della fauna selvatica e degli istituti di protezione.
39.4.1. La censura è priva di giuridico fondamento.
39.4.2. Il PFR si deve occupare, infatti, di individuare le dimensioni spaziali e faunistiche dei territori destinati alla protezione della fauna selvatica e non già di tutti gli istituti di gestione venatoria.
39.4.3. Detti criterî sono indicati chiaramente nei §§ 4.3.1., 4.3.1.1., 4.3.1.2. e 4.3.1.3 del PFR.
39.4.4. Per quanto concerne gli istituti venatori (distretti venatori, riserve di caccia), il PFR recepisce, in sintonia con quanto prevedono l'art. 14, comma 1, e 17, comma 1, della l.r. n. 6 del 2008, l'individuazione di tali unità territoriali, che secondo la normativa regionale deve essere però effettuata con specifica deliberazione della Giunta Regionale e non, invece, con il PFR stesso.
39.4.5. La censura, pertanto, è priva di fondamento.
V motivo di primo grado (pp. 21-22 della memoria di costituzione).
39.5. Si contesta la previsione di cui al numero 7, punto terzo, della delibera n. 1250 del 26 giugno 2015, laddove avrebbe "inaspettatamente" - p. 21 della memoria di costituzione di Federcaccia - imposto la modifica del § 13.3.4. del PFR, relativo alle Prove e gare cinofile, stralciando le prove e gare cinofile con il cane da seguita su capriolo e le gare cinofile sui galliformi alpini.
39.5.1. La prima parte del motivo, peraltro, è comune al IV motivo del ricorso R.G. n. 353/2015, che verrà pure esaminato infra, con identiche considerazioni, nel § 40.4.
39.5.2. È ben vero che l'art. 26, comma 3, della l.r. n. 6 del 2008 - ora modificato dall'art. 88, comma 1, della l.r. n. 28 del 2017 - prevede espressamente che le gare e le prove cinofile possano riguardare, oltre alle lepri e ai cinghiali, anche i caprioli, ma l'esclusione di tali gare per i caprioli, disposta dal PFR, non pare contrastare con la previsione dell'art. 26, comma 3, della l.r. n. 6 del 2008, che comunque consente espressamente al PFR di regolamentare tali gare, e nemmeno con la previsione dell'art. 12, comma 4, della l.r. n. 24 del 1996, secondo cui le norme concernenti l'addestramento e l'effettuazione di gare cinofile dei cani da seguita trovano applicazione anche nei confronti dei caprioli, senza tuttavia escludere l'applicazione dello stesso art. 26, comma 3, della l.r. n. 6 del 2008, nella formulazione al tempo vigente, che in quanto successiva deroga alla precedente, ove in parte incompatibile.
39.5.3. Del resto, come ricordano anche le appellate Riserve nella loro memoria (p. 12), la caccia al capriolo è generalmente ammessa in Friuli, salva la ragionevole e legittima limitazione qui introdotta e, come ora si dirà, non più attuale e bisognosa di aggiornamento.
39.5.4. La questione è superata ora, infatti, dalla nuova formulazione dell'art. 26, comma 3, della l.r. n. 6 del 2008, che non consente più al PFR di eventualmente limitare, con la propria regolamentazione, le prove cinofile con cani da seguita su lepri, cinghiali e caprioli.
39.5.5. Il motivo, con queste precisazioni de futuro, va dunque respinto.
39.5.6. Per quanto concerne, ancora, i galliformi alpini, specie che - nella valutazione della competente Amministrazione - necessita di adeguata protezione, la previsione del PFR, diversamente da quanto assume l'appellata, non contrasta con l'art. 7 della l.r. n. 56 del 1986, che non vieta - né potrebbe vietare in assoluto per la sua generica e amplissima formulazione permissiva - eventuali limitazioni alle gare cinofile nelle riserve per talune specie bisognose di protezione, come i galliformi alpini.
39.5.7. La censura va dunque complessivamente respinta.
VI e VII motivo di primo grado (pp. 22-26 e pp. 26-30 della memoria di costituzione).
39.6. I due motivi, che possono essere unitariamente esaminati per la sostanziale identità del loro contenuto argomentativo, vanno respinti.
39.6.1. Si tratta forse del profilo, nel merito, indubbiamente più delicato e problematico dell'intero assetto programmatorio sotteso al PFR.
39.6.2. L'appellata Federcaccia deduce, in sintesi, che i N.O. - ovvero le Consistenze Obiettivo - costituirebbero l'architrave dell'intero PFR, influenzando e determinando il contenuto di molti capitoli, ma sostiene che si tratterebbe di dati lacunosi, inadeguati, risalenti nel tempo, che richiedono molte precisazioni e correzioni.
39.7. I dati riportati dal censimento del 2013, che dimostrerebbero l'abnormità dei N.O. per il loro scostamento dal dato reale (v., in particolare, pp. 26-28 della memoria di Federcaccia), sono certo molto suggestivi, ma niente affatto decisivi, per accogliere la censura, perché, come ha rilevato la Regione nella propria difesa senza sul punto essere stata adeguatamente e convincentemente contraddetta e/o smentita da Federcaccia, il piano di prelievo faunistico non si fonda sui N.O., che fungono solo da criterio orientativo e da elemento di confronto per i censimenti annuali, ma sui censimenti aggiornati forniti dagli istituti di gestione e sui prelievi effettuati nell'annata venatoria precedente.
39.7.1. In ogni caso la portata della questione è notevolmente dequotata, per non dire ormai superata e priva di interesse attuale, dalle recenti modifiche con la l.r. n. 28 del 21 luglio 2017, che ha abrogato la norma che prevedeva le N.O. e la ha sostituita con un parametro più flessibile ed adattabile («indicare gli obiettivi faunistici delle specie cacciabili per ciascuna unità territoriale»), come rileva Federcaccia nella propria memoria di replica (pp. 14-15), sicché è presumibile ritenere che la Regione, nell'aggiornare il PFR, eliminerà ogni riferimento a tale contestato criterio.
39.7.2. Le due censure, con queste doverose precisazioni anche de futuro, vanno dunque respinte.
VIII motivo di primo grado (pp. 30-36 della memoria di costituzione).
39.8. Federcaccia, come si è già ricordato al § 8, contesta con tale motivo, con dovizia di dati ed argomentazioni, alcune restrizioni temporali del calendario venatorio, anticipatamente chiuse per alcune specie, quali il tordo, al 31 dicembre, e per altre, come la cesena e la beccaccia, al 20 gennaio, sia per l'asserita violazione dell'art. 18 della l. n. 157 del 1992 e della l.r. n. 24 del 1996 sia per l'illogicità e la contraddittorietà di tale decisione rispetto anche alle stesse prescrizioni dei capp. 6.15.8.13, 6.15.8.13 e 6.10.2.6 del PFR, considerando, peraltro, che le tre specie migratrici in esame sono riconosciute o in stabile stato di conservazione (la beccaccia) o, addirittura, a più basso rischio (tordo bottaccio e cesena) e che la loro migrazione prenuziale avviene in data successiva al 31 gennaio.
39.8.1. Il motivo, che peraltro richiama pur pregevoli considerazioni e dati scientifici attinenti alla tutela della fauna, deve essere respinto.
39.8.2. La chiusura anticipata dell'annata di caccia rispetto a tali tre specie è stata adottata dalla Regione, come essa ricorda nelle proprie difese, in seguito alla diffida del Presidente del Consiglio dei Ministri indirizzata alla Regione.
39.8.3. È vero poi che tale diffida, come ricorda la difesa di Federcaccia, è stata annullata, in contenziosi che hanno visto quali parti altre Regioni (Liguria e Toscana), sia dal T.A.R. per la Toscana con la sentenza n. 390 del 4 marzo 2016 che dal T.A.R. per la Liguria con la sentenza n. 105 del 5 febbraio 2016.
39.8.4. Entrambe le sentenze sono state, tuttavia, impugnate dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e i relativi appelli pendono avanti alla IV Sezione di questo Consiglio di Stato.
39.8.5. La diffida della Presidenza del Consiglio, tesa a limitare la caccia di queste specie di uccelli selvatici nel periodo della nidificazione anticipando la chiusura della stagione venatoria, risponde all'esigenza di evitare una procedura di infrazione a seguito di dialogo instaurato sul punto con la Commissione nella c.d. procedura EU-Pilot e del resto, come ricorda la stessa Federcaccia (p. 35 della memoria di costituzione), successivamente il Parlamento europeo ha archiviato la procedura di infrazione nei confronti dell'Italia per aver verificato il corretto recepimento della Direttiva n. 2009/147/CE da parte del Governo italiano (e, su suo intervento, dalle varie Regioni), che proprio nel senso qui contestato si era mosso.
39.8.6. La limitazione del calendario venatorio è dunque necessitata, al tempo, dal rispetto della normativa europea e delle indicazioni provenienti dalla Commissione per evitare addirittura una procedura di infrazione, infatti poi archiviata, tanto che in Liguria e in Toscana, seppure con provvedimenti contestati e ancora sub iudice, il Governo ha esercitato il potere sostitutivo di cui all'art. 120, comma 2, Cost.
39.8.7. La censura, allo stato, va quindi respinta.
IX motivo di primo grado (pp. 8-10 della memoria di costituzione).
39.9. Il motivo, erroneamente accolto dal T.A.R. per il Friuli Venezia Giulia, è invece infondato e deve essere respinto per tutte le ragioni già sopra esposte, ai §§ 34.-34.10., da intendersi qui richiamate per obbligo, e insieme opportunità, di sintesi, salvo aggiungere brevemente quanto segue.
39.9.1. Secondo il primo giudice, come si è detto, i dati sarebbero risalenti nel tempo ed evidenzierebbero una carenza di istruttoria nell'adozione del PFR.
39.9.2. Senonché, come correttamente osserva la Regione appellante (v., in particolare, p. 25 del ricorso), i dati presi a riferimento dal PFR nei capp. 6 e 7, dedicati ai mammiferi e agli uccelli, hanno il precipuo, per quanto - e ciò è innegabile - non esclusivo, scopo di descrivere lo stato delle varie specie presenti sul territorio regionale e di indicarne misure gestionali per la loro conservazione.
39.9.3. Il vero "cuore" della programmazione regionale e la pianificazione puntuale per le specie cacciabili, invece, stanno principalmente nei capitoli 8 e 11 e all'allegato 3 del PFR e sono basati sugli ultimi dati disponibili (annata venatoria 2013/2014) riportati esplicitamente al capitolo 8, "Definizione dei risultati gestionali per il quinquennio 2015-19" e all'allegato 3 del PFR.
39.9.4. Anche sotto tale profilo dunque la censura, al di là dei profili dirimenti sopra evidenziati, non merita accoglimento.
X motivo di primo grado (pp. 36-39 della memoria di costituzione).
39.10. Il motivo, con il quale l'appellata, in primo grado (v. § 4), ha dedotto un fondamentale vizio di incompetenza regionale sulla materia delle armi (art. 13 della l. n. 157 del 1992) e, comunque, il contrasto delle previsioni del PFR con l'art. 3 della l.r. n. 14 del 2007 e con l'art. 46 della l.r. n. 6 del 2008, deve essere respinto interpretando le previsioni del PFR, alla stregua di un fondamentale canone conservativo, secundum Constitutionem e, del pari, secundum legem, sia a livello statale che regionale.
39.10.1. Federcaccia contesta infatti la previsione, di cui al § 11.6. del PFR, che fa divieto di utilizzare munizioni contenenti piombo, anche nichelato, salvi i limiti.
39.10.2. È in abstracto corretto il rilievo di Federcaccia, secondo cui il PFR, atto di programmazione faunistico-venatoria, non può spingersi sino al punto di negare l'uso di munizioni di piombo in contrasto con la disposizione statale che permette l'uso di tali munizioni al di fuori delle ZPS e, anche in queste, quando si tratti di munizioni nichelate, come del resto prevedono l'art. 3 della l.r. n. 14 del 2007 e l'art. 46 della l.r. n. 6 del 2008.
39.10.3. Va d'altra parte notato, come ricorda la difesa della Regione, che la normativa regionale in materia di rete Natura 2000, limitatamente all'utilizzo del piombo, ha introdotto il divieto di utilizzo del piombo nei siti di importanza comunitaria (SIC), non sempre coincidenti con il perimetro delle ZPS, dove è consentito l'utilizzo dei pallini di piombo, purché nichelato, e sul punto il rilievo della difesa regionale non è stato in alcun modo contestato o superato da Federcaccia, sicché la previsione del PFR deve essere interpretata conformemente alla normativa nazionale e regionale, anche in ossequio alle previsioni comunitarie, e nei limiti da queste stabiliti, come essa pure si premura di chiarire.
39.10.4. Sarebbe comunque auspicabile de futuro che la Regione la riformuli in modo più chiaro e preciso, eliminando qualsivoglia dubbio o ambiguità.
39.10.5. Il motivo, con le doverose precisazioni fatte in ordine al divieto di utilizzare munizioni contenenti piombo (zone ZPS, anche se con l'eccezione delle munizioni ove nichelate, e siti SIC), va dunque respinto, adottando l'interpretazione conservativa di cui si è detto, nel senso che il PFR deve essere interpretato secondo le norme, statali e regionali, vigenti in materia e raccomandando, comunque, alla Regione di intervenire sul testo per meglio riformulare la disposizione senza che si presti a dubbi di sorta, né sul piano costituzionale né su quello legislativo.
XI motivo di primo grado (pp. 8-10 e pp. 39-43 della memoria di costituzione).
39.11. Il motivo, in parte erroneamente accolto dal T.A.R. per le ragioni già sopra viste anche in riferimento al nono motivo (§§ 34-34.10 e 39.9.2.-39.9.3.), è infondato e va respinto.
39.11.1. Va qui inoltre aggiunto che nel cap. 7 del PFR si contestano, da un lato, i dati giudicati, come inadeguati e risalenti, relativi alla lepre bruna europea e alla volpe rossa e, dall'altro, la scelta programmatoria inerente all'utilizzo della caccia selettiva nei confronti del cinghiale al fine di eliminarne la presenza nelle zone di eradicazione.
39.11.2. Si tratta di contestazioni che, al di là della genericità che le connota a tal punto da rasentare una inammissibile sostituzione alle valutazioni tecnico-discrezionali dell'Amministrazione regionale, sono del tutto infondate, perché, ancora una volta e come già chiarito in riferimento al nono motivo sopra esaminato, i dati di censimento, di cui al cap. 7, non hanno contribuito in modo incisivo e, comunque, determinante alla determinazione delle misure gestionali e tantomeno alla determinazione del prelievo venatorio.
39.11.3. Non appaiono manifestamente illogiche né erronee, per altro aspetto, nemmeno le previsioni relative alla caccia selettiva del cinghiale nelle zone di eradicazione e al contenimento dei quantitativi di foraggiamento per attrarre i cinghiali nei destinati punti di abbattimento.
39.11.4. La censura, dunque, va respinta.
XII motivo (pp. 43-48 della memoria di costituzione).
39.12. Il motivo, nonostante la sua suggestiva formulazione, è destituito di fondamento.
39.12.1. Si contestano le previsioni della VAS e del PFR relative all'abbandono delle immissioni di fagiano comune e di quaglia (c.d. prontacaccia) al di fuori delle zone cinofile e delle aziende agri-turistico venatorie.
39.12.2. Le contestazioni sono prive di pregio perché la prontacaccia, come rileva la Regione appellata, è una pratica consumistica che, alla stregua dei criteri di pianificazione faunistico-venatoria più moderni ed aggiornati, prevede la liberazione di un gran numero di animali in periodo di attività venatoria, indipendentemente dalla capacità portante del territorio, in modo da poterli abbattere facilmente dopo il loro rilascio.
39.12.3. Nelle riserve di caccia tale pratica rischia di alterare l'equilibrio tra la produttività naturale ed il prelievo.
39.12.4. Il PFR qui contestato, comunque, non vieta l'immissione del fagiano "prontacaccia", in quanto tale immissione è consentita senza limitazioni nelle aziende agri-turistico venatorie, mentre nei restanti istituti di caccia ne è prevista la semplice, progressiva, diminuzione annua del 10%.
39.12.5. Anche le censure relative alla limitazione del ripopolamento e del prelievo del fagiano, sviluppate nel motivo, al di là della loro suggestività, non sembrano al Collegio convincenti né idonee a dimostrare la presunta illogicità e/o irrazionalità della scelta regionale.
39.12.6. La questione, comunque, perde molta della sua attualità, per non dire totalmente di interesse, alla luce della normativa sopravvenuta di cui alla l.r. n. 28 del 2017, che pare avere consentito l'immissione di fagiani adulti su ampie zone del territorio di ciascun istituto di gestione (riserve) non faunisticamente vocate all'ambientamento della specie.
39.12.7. Con queste doverose precisazioni anche de futuro, dunque, il motivo deve essere respinto.
XIII motivo di primo grado (pp. 48-53 della memoria di costituzione).
39.13. Il motivo deve essere respinto.
39.13.1. Con tale censura si contestano da parte di Federcaccia, in particolare, le limitazioni alla pressione venatoria adottate nel PFR in relazione al sito Natura 2000 "Laguna di Marano e Grado" per il mancato puntuale rispetto di molti parametri della normativa regionale generale (v., in particolare, gli artt. 33 e 34 della l.r. n. 6 del 2008) e di quella particolare, relativa alle zone ZPS/ZSC (artt. 3 e 4 della l.r. n. 14 del 2007).
39.13.2. Ritiene il Collegio che le richiamate speciali disposizioni, per la loro generica amplissima formulazione permissiva, non vietino però alla Regione, né espressamente né implicitamente, di introdurre particolari specifici limiti nel PFR, come quelli in esame, che consentano la preservazione della fauna e/o un più attento prelievo venatorio.
39.13.3. Il motivo, con la doverosa precisazione che le zone ZPS/ZSC sono soggette a particolari e più stringenti limiti per l'esercizio dell'attività venatoria, deve quindi essere respinto, adottando l'interpretazione conservativa già seguita dal Collegio per altre disposizioni del PFR e non senza significare comunque alla Regione l'opportunità, eventualmente, di una più accurata riformulazione, sul punto, del PFR che non si presti a dubbi o ambiguità.
XIV motivo (pp. 53-56 della memoria di costituzione).
39.14. Il motivo deve essere dichiarato inammissibile, perché la questione di costituzionalità con esso proposta, peraltro in modo oscuro e generico, è stata dichiarata inammissibile dal primo giudice (v., in particolare, i §§ 2.4.1., 2.4.2. e 2.4.3. della sentenza impugnata), che sul punto non è stata oggetto di appello incidentale da parte di Federcaccia, non potendo essa limitarsi a riproporlo solo nei motivi assorbiti tra i quali esso, evidentemente, non rientra per l'espressa statuizione del primo giudice sul punto.
39.14.1. Su tale statuizione, pertanto, si è formato il giudicato interno, con conseguente inammissibilità del motivo di primo grado qui pedissequamente riproposto da Federcaccia.
40. Il Collegio, dopo avere esaminato singolarmente i motivi dedotti nel ricorso R.G. n. 349/2015, passa ora all'esame, nell'ordine espositivo del primo grado, dei motivi proposti dalla Riserve di Caccia di Folgaria del Friuli (UD), dalla Riserva di Caccia di Trasaghis (UD), dalla Riserva di Caccia di Ragogna (UD) e da Sandro L. con il ricorso R.G. n. 353/2015 proposto avanti al T.A.R. per il Friuli Venezia Giulia, il cui contenuto è stato già sopra ricordato nei §§ 18-22, ai quali il Collegio si richiama e rimanda, ad evitare inutili ripetizioni e il conseguente appesantimento dell'apparato motivazionale, riportando solo accanto a ciascuno di essi le pagine nelle quali essi sono stati riproposti nella memoria di costituzione delle predette parti appellate.
I motivo di primo grado (pp. 5-8 della memoria di costituzione).
40.1. Il primo motivo, erroneamente accolto dal primo giudice, si fonda sull'assunto secondo cui le modifiche intervenute tra i vari progetti di PFR non potrebbero certo definirsi marginali e avrebbero pregiudicato i soggetti indicati nell'art. 8, comma 12, della l.r. n. 6 del 2008, impossibilitati ad esprimere le proprie osservazioni sul testo effettivamente utilizzato sia per la procedura di VAS che per la successiva approvazione.
40.1.1. Si tratta di censura formalistica, generica, non adeguatamente circostanziata e, per le ragioni già sopra ampiamente esposte supra, nei §§ 35.1.-35.13., alle quali il Collegio si richiama e rimanda per obbligo di sintesi, non provata, rispetto alla quale la difesa della Regione ha convincentemente replicato con l'esposizione del lungo e travagliato iter di approvazione del PFR e della sua intersezione procedimentale con la VAS.
II motivo di primo grado (pp. 8-10 della memoria di costituzione).
40.2. Il motivo, non esaminato dal primo giudice, si fonda sull'assunto secondo cui la Regione avrebbe violato gli artt. 13 e 32 del d.lgs. n. 152 del 2006, per quanto concerne i grandi carnivori (orso bruno, lupo, sciacallo dorato, gatto selvatico europeo, lontra euroasiatica e lince), perché, pur avendone disciplinato lo sviluppo nel PFR, avrebbe completamente pretermesso la procedura di cui al citato art. 32, con la conseguente affermata violazione dei suoi obblighi procedimentali per quanto concerne la conservazione faunistica di tali specie.
40.2.1. La censura va respinta perché il PFR non ha inteso disciplinare le delicate problematiche afferenti ai grandi carnivori, ma si è limitato ad indicare lo stato di conservazione e le misure di gestione che sono state già oggetto di valutazione e i documenti esistenti e condivisi a livello internazionale.
40.2.3. Ne consegue che il PFR non ha inteso regolamentare quella parte che riguarda i grandi carnivori, bensì ha inteso semplicemente richiamare quelli che sono i documenti condivisi a livello internazionale, che la Regione riconosce e applica, con conseguente infondatezza della censura relativa alla violazione dell'art. 32 del d.lgs. n. 152 del 2006.
III motivo di primo grado (pp. 10-11 della memoria di costituzione).
40.3. Gli odierni appellati hanno contestato in primo grado, con tale motivo che qui ripropongono, la previsione, di cui al § 11.7.2. del PFR, secondo cui, al fine di salvaguardare la fauna nelle aree protette, i PDV devono prevedere l'istituzione di una fascia di rispetto dove non possono essere effettuate le braccate al confine di aree protette e istituti di produzione della fauna selvatica (almeno 1 km) per l'asserito contrasto con l'art. 2, comma 1, della l.r. n. 6 del 2008 e, comunque, per la sua irragionevolezza rispetto ad alcune riserve, come quelle di Ragogna, Folgaria e Trasaghis, dove l'applicazione del divieto determinerebbe la concreta impossibilità di esercitare la caccia.
40.3.1. La censura va respinta: la contestata previsione non contravviene alle disposizioni dell'art. 2 della l.r. n. 6 del 2008, in quanto nella fascia di rispetto non viene interdetta l'attività venatoria, ma solo il ricorso al cane - c.d. braccate - rimanendo, peraltro, inalterate le quote di territorio assegnate alla protezione della fauna.
40.3.2. Il PFR rinvia poi al PVD per determinare, in concreto, l'istituzione delle fasce di rispetto dove non potranno essere effettuate le braccate al confine di aree protette e istituti di produzione della fauna selvatica (almeno 1 km).
40.3.3. Sulla questione, comunque, ora è intervenuto l'art. 99 della l.r. n. 28 del 2017, che ha modificato l'art. 7-ter della l.r. n. 56 del 1986, sicché essa viene a perdere la sua attualità rispetto alla nuova previsione normativa che comporterà, prevedibilmente, una modifica del PFR.
40.3.4. Valga comunque qui richiamare, sempre per evitare inutili ripetizioni e per l'obbligo di sintesi, anche quanto precisato nel § 39.1., sub lett. b).
IV motivo di primo grado (pp. 11-12 della memoria di costituzione).
40.4. Anche questo motivo, con il quale si contesta dagli appellati, come già da parte di Federcaccia, il divieto di gare cinofile riguardanti i caprioli, deve essere respinto.
40.4.1. Occorre qui richiamare, per l'identità delle censure, e comunque ripetere quanto già precisato nei §§ 39.5.2. e 39.5.3. in relazione all'analoga censura di Federcaccia.
40.4.2. È ben vero, va qui ribadito, che l'art. 26, comma 3, della l.r. n. 6 del 2008 - ora modificato dall'art. 88, comma 1, della l.r. n. 28 del 2017 - prevede espressamente che le gare e le prove cinofile possano riguardare, oltre alle lepri e ai cinghiali, anche i caprioli, ma l'esclusione di tali gare per i caprioli, disposta dal PFR, non pare contrastare con la previsione dell'art. 26, comma 3, della l.r. n. 6 del 2008, che comunque nella formulazione ratione temporis applicabile consente espressamente al PFR di regolamentare tali gare, e nemmeno con la previsione dell'art. 12, comma 4, della l.r. n. 24 del 1996, secondo cui le norme concernenti l'addestramento e l'effettuazione di gare cinofile dei cani da seguita trovano applicazione anche nei confronti dei caprioli, senza tuttavia escludere l'applicazione dello stesso art. 26, comma 3, della l.r. n. 6 del 2008, nella formulazione al tempo vigente, che in quanto successiva deroga alla precedente, ove in parte incompatibile.
40.4.3. Del resto, come ricordano anche le appellate Riserve nella loro memoria (p. 12), la caccia al capriolo è generalmente ammessa in Friuli, salva la ragionevole e legittima limitazione qui introdotta e, come ora si dirà, non più attuale e bisognosa di aggiornamento.
40.4.4. La questione è superata ora, infatti, dalla nuova formulazione dell'art. 26, comma 3, della l.r. n. 6 del 2008, che non consente più al PFR di eventualmente limitare, con la propria regolamentazione, le prove cinofile con cani da seguita su lepri, cinghiali e caprioli.
40.4.5. Il motivo, pertanto, va respinto.
V motivo di primo grado (pp. 12-13 della memoria di costituzione).
40.5. Si contesta con tale motivo, come si è già accennato (§ 22), la scelta regionale, per presunta irragionevolezza e disparità di trattamento, di non consentire la tradizionale caccia con il segugio per il cinghiale e il cervo, ma solo la c.d. caccia selettiva.
40.5.1. La censura, che per la sua genericità invade l'ambito discrezionale dell'Amministrazione, è comunque infondata, perché il PFR prevede, in modo del tutto ragionevole e condivisibile, che nelle zone di rimozione sia preferibile la caccia selettiva, che meglio consente il conseguimento degli obiettivi gestionali (l'eradicazione delle specie dannose in quelle zone) rispetto alla caccia col bracco.
40.5.2. Il motivo, dunque, va respinto.
41. Concludendo, per tutte le ragioni esposte, l'appello della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia deve essere accolto, sicché, in riforma della sentenza impugnata, esaminati - come si è visto - nel merito tutti i motivi dedotti in primo grado, anche quelli assorbiti e/o non esaminati dal primo giudice, essi vanno tutti respinti, con la conseguente integrale reiezione dei ricorsi R.G. n. 349/2015 e R.G. n. 353/2015.
42. Le spese del doppio grado del giudizio, attesa, comunque, la estrema complessità e dubbiezza di molte delle questioni esaminate, possono essere interamente compensate tra le parti.
42.1. Rimane definitivamente a carico delle parti appellate il contributo unificato rispettivamente versato per la proposizione dei loro ricorsi in primo grado, mentre esse devono essere in solido condannate al rimborso del contributo unificato corrisposto dalla Regione per la proposizione dell'appello.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto dalla Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, lo accoglie e per l'effetto, in integrale riforma della sentenza impugnata, respinge interamente, in tutti i loro motivi, sia il ricorso R.G. n. 349/2015, proposto in primo grado da Federazione Italiana della Caccia, che quello R.G. n. 353/2015, proposto in primo grado dalla Riserva di Caccia di Forgaria del Friuli, dalla Riserva di Caccia di Trasaghis, dalla Riserva di Caccia di Ragogna e da Sandro L.
Compensa interamente tra le parti le spese del doppio grado del giudizio.
Pone definitivamente e rispettivamente a carico della Federazione Italiana della Caccia il contributo unificato richiesto per la proposizione del ricorso R.G. n. 349/2015 in primo grado e a carico della Riserva di Caccia di Forgaria del Friuli, della Riserva di Caccia di Trasaghis, della Riserva di Caccia di Ragogna e di Sandro L. il contributo unificato richiesto per la proposizione del ricorso R.G. n. 353/2015 in primo grado.
Condanna in solido la Federazione Italiana della Caccia, la Riserva di Caccia di Forgaria del Friuli, la Riserva di Caccia di Trasaghis, la Riserva di Caccia di Ragogna e Sandro L. a rimborsare in favore della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia il contributo unificato richiesto per la proposizione dell'appello.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.