Corte di cassazione
Sezione V penale
Sentenza 6 dicembre 2017, n. 642
Presidente: Bruno - Estensore: Morosini
RITENUTO IN FATTO
1. Con l'ordinanza impugnata il Tribunale di Verona ha dichiarato inammissibile, per carenza di interesse, l'istanza di riesame proposta da C. Marco avverso il decreto di sequestro preventivo di beni immobili, consistenti in vari complessi alberghieri, disposto dal giudice per le indagini preliminari di Verona, nell'ambito di un procedimento penale che vede il C. indagato, in concorso con altri, per vari reati tra cui quello di bancarotta fraudolenta patrimoniale in relazione al fallimento della Soglia Hotel Group s.r.l.
2. Avverso l'ordinanza ricorre l'indagato, a mezzo del proprio difensore, articolando un solo motivo, con il quale deduce violazione di legge.
Assume il ricorrente di avere interesse alla impugnazione del provvedimento, pur non essendo egli intestatario formale dei beni sottoposti alla cautela reale, in quanto: sarebbe il titolare sostanziale dei beni e dunque vorrebbe rientrarne in possesso, conservando la gestione delle strutture alberghiere per garantirla al meglio; vorrebbe ottenere una pronunzia favorevole sulle censure proposte in merito alla sussistenza sia del fumus commissi delicti - che, laddove escluso, «costituirebbe il presupposto per una definizione del procedimento in tempi brevi» - sia del periculum in mora, in relazione al riconoscimento del valore assunto dalle condotte riparatorie.
Il ricorrente lamenta, infine, che la motivazione del provvedimento impugnato sarebbe soltanto apparente, in quanto il Tribunale del riesame avrebbe fondato la decisione solo sugli scritti difensivi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Secondo consolidato orientamento della Corte di cassazione, l'indagato non titolare del bene oggetto di sequestro preventivo è legittimato a presentare richiesta di riesame del titolo cautelare solo qualora vanti un interesse concreto ed attuale alla proposizione del gravame che, dovendo corrispondere al risultato tipizzato dall'ordinamento per lo specifico schema procedimentale, va individuato in quello alla restituzione della cosa come effetto del dissequestro (ex multis Sez. 5, n. 22231 del 17 marzo 2017, Paltrinieri, Rv. 270132; Sez. 3, n. 9947 del 20 gennaio 2016, Piances, Rv. 266713; Sez. 3, n. 35072 del 12 aprile 2016, Held, Rv. 267672; Sez. 5, n. 20118 del 20 aprile 2015, Marenco, Rv. 263799).
2.1. Tale principio, che ha guidato la decisione del Tribunale di Verona, trova il suo fondamento nella disciplina dettata dagli artt. 568, comma 4, e 591, comma 1, lett. a), c.p.p.
L'art. 322 c.p.p. riconosce all'imputato/indagato, in via generale e astratta, la legittimazione a promuovere il riesame avverso il decreto di sequestro.
Oltre alla legittimazione processuale, occorre anche, a mente dell'art. 568, comma 4, c.p.p., l'interesse alla proposizione del gravame.
È necessario cioè che il soggetto sia titolare dell'interesse, attuale e concreto, ad ottenere un risultato utile, giuridicamente rilevante e non conseguibile se non con l'intervento del giudice. Interesse che, nel caso del riesame reale, «non può che coincidere con il risultato pratico cui è rivolto il rimedio processuale e cioè il recupero della piena disponibilità del bene assoggettato alla cautela reale» (Sez. 5, n. 22231 del 17 marzo 2017, Paltrinieri, in motivazione).
2.2. Nella specie, l'istanza di riesame nulla deduceva al riguardo. Anzi, in quell'atto, il ricorrente affermava espressamente che gli immobili alberghieri erano «di proprietà di soggetti certamente diversi dagli indagati» (pagine 5 e 6).
Pertanto risulta corretta la decisione assunta dal Tribunale del riesame, che, in base alle stesse prospettazioni della difesa, ha rilevato il difetto di interesse nei termini come sopra ricostruiti.
Il ricorrente non può dolersi di quanto è conseguito dalla propria impostazione difensiva. Né può pretendere che il Tribunale accogliesse il riesame e disponesse la restituzione all'indagato di beni, che lo stesso affermava essere estranei alla propria sfera dominicale.
Neppure è consentito prospettare l'interesse ex post, mediante l'allegazione di profili nuovi, dedotti per la prima volta in cassazione, peraltro di segno diametralmente opposto rispetto alla linea difensiva coltivata con il gravame.
2.3. Ferma la decisività dei rilievi che precedono, deve rilevarsi che le circostanze, tardivamente dedotte, non integrerebbero comunque un interesse giuridicamente apprezzabile alla restituzione.
I beni sono intestati a una persona giuridica, il cui socio non può vantare, in quanto tale, un interesse alla restituzione.
Le altre circostanze delineano mere utilità di carattere fattuale o indiretto.
L'interesse non può identificarsi con quello ad ottenere una pronunzia favorevole in ordine alla eccepita insussistenza del fumus commissi delicti, «giacché questa non determinerebbe alcun effetto giuridico vincolante nel procedimento principale, stante l'autonomia dell'incidente cautelare» (Sez. 5, n. 22231 del 17 marzo 2017, Paltrinieri, 270132).
Principio analogo vale in relazione al periculum in mora, poiché, anche in tal caso, l'interesse viene prospettato in relazione alla spendibilità, nel procedimento principale, dell'esito favorevole di quello incidentale.
3. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma, ritenuta congrua, di euro 2.000,00, a favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 2.000,00, a favore della Cassa delle ammende.
Depositata il 10 gennaio 2018.