Corte di cassazione
Sezione I penale
Sentenza 12 settembre 2017, n. 5322

Presidente: Di Tomassi - Estensore: Magi

IN FATTO E IN DIRITTO

1. Il Tribunale di Sorveglianza di Roma, con provvedimento del 13 ottobre 2016 ha dichiarato inammissibile - per sopravvenuta carenza di interesse - il reclamo proposto da M. Pietro avverso il silenzio-rifiuto maturato su istanza di revoca anticipata del regime differenziato di cui all'art. 41-bis ord. pen.

1.1. In fatto, M. Pietro, sottoposto a detto regime dal 4 settembre 2014, risulta aver proposto domanda di revoca anticipata al Ministro della Giustizia - anche per fatti sopravvenuti - in data 21 aprile 2016, con maturazione del silenzio-rifiuto in data 26 maggio 2016.

A parere del Tribunale il reclamo giurisdizionale, in origine ammissibile e tempestivo, non può essere trattato in virtù della sopravvenienza di un provvedimento esplicito di rigetto della richiesta di revoca, adottato dal Ministro della Giustizia il 6 luglio del 2016.

Si precisa, sul tema, che il presupposto del particolare reclamo è la perdurante inerzia dell'Amministrazione inadempiente, sicché una volta emesso il provvedimento in questione, anche se negativo, non vi sarebbe sopravvivenza dell'interesse, né risulta - peraltro - autonomamente impugnato il provvedimento espresso.

2. Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione - a mezzo del difensore - M. Pietro, deducendo erronea applicazione della disciplina regolatrice (art. 568 e 591 c.p.p.) e nullità della decisione.

Il ricorrente denunzia l'erroneità della conclusione cui è pervenuto il Tribunale, posto che l'interesse del reclamante non è individuabile nella mera emissione del provvedimento da parte del Ministro ma nell'ottenimento di una statuizione giurisdizionale di permanenza o meno dei presupposti applicativi del regime differenziato. In presenza di impugnazione del silenzio, ritualmente proposta, non può dunque ritenersi che l'emissione del diniego determini una sopravvenuta carenza di interesse.

Peraltro, si evidenzia che nel caso concreto il provvedimento espresso di diniego non solo non determina alcun mutamento della situazione di fatto ma è del tutto sfornito di motivazione (se ne allega copia).

3. Il ricorso è fondato e va accolto, per le ragioni che seguono.

3.1. Va premesso che questa Corte di legittimità (v. Sez. I, n. 47919 del 9 novembre 2012, ric. Attanasio, rv. 253856) ha già precisato che sussiste, pure a seguito delle modifiche legislative intervenute nel 2009 (con l. n. 94 del 15 luglio 2009) il diritto del soggetto sottoposto al regime differenziato di chiedere la revoca anticipata del provvedimento di sottoposizione al regime differenziato di cui all'art. 41-bis ord. pen., anche in ragione dei contenuti della decisione emessa dalla Corte costituzionale in data 28 maggio 2010, n. 190. Corollario di tale diritto è l'esistenza della facoltà di impugnazione del provvedimento di diniego, sia formatosi in virtù dell'inerzia (silenzio-rifiuto) che espresso. La linea interpretativa, cui si presta adesione, pone in evidenza che l'ammissibilità del reclamo giurisdizionale è imposta dai principi generali di tutela della condizione giuridica del detenuto, nonché dai principi generali dello stesso procedimento amministrativo.

Ciò posto, il Tribunale di Sorveglianza di Roma non smentisce tale approdo ma ritiene che, in ipotesi di reclamo avverso il silenzio, il successivo adempimento dell'obbligo di provvedere - da parte dell'Amministrazione - renda inammissibile il reclamo per la sopravvenuta carenza di interesse.

L'interesse, in tale prospettiva, viene identificato nell'interesse ad ottenere la decisione sull'originaria istanza, anche se la risposta dell'Amministrazione non produca alcuna modifica favorevole della posizione giuridica iniziale.

3.2. L'assunto del Tribunale è erroneo.

In sede di giustizia amministrativa la impugnazione del silenzio della pubblica amministrazione è concepita come strumento essenzialmente teso a far dichiarare l'obbligo dell'amministrazione di provvedere (v. art. 31 d.lgs. n. 104 del 2010, disposizione che al comma 1 testualmente recita: decorsi i termini per la conclusione del procedimento amministrativo, chi vi ha interesse può chiedere l'accertamento dell'obbligo dell'amministrazione di provvedere). L'azione è - in quella sede - costruita come azione di accertamento dell'obbligo e non come azione di annullamento dell'atto, fermo restando che eccezionalmente il giudice amministrativo può pronunziarsi sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio, lì dove si tratti di attività vincolata o quando risulti che non residuano ulteriori margini di esercizio della discrezionalità e non sono necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti dall'amministrazione (ai sensi del comma 3 della disposizione citata). Già in tale campo, pertanto, vi sono casi in cui l'interesse "primario" del soggetto che chiede tutela può essere, eventualmente, soddisfatto in via immediata dal giudice amministrativo adito in sede di ricorso avverso il silenzio, lì dove ricorrano i citati presupposti (si tratta, per lo più di decisioni giurisdizionali che tengono luogo del provvedimento omesso e che producono effetti ampliativi di facoltà spettanti al privato).

Ma, al di là di tale aspetto, è erronea la ratio decidendi espressa dal Tribunale di Sorveglianza lì dove non viene considerata la diversità della materia trattata in sede penale (le restrizioni imposte al regime detentivo ordinario) e la natura giuridica di impugnazione del reclamo giurisdizionale (del tutto pacifica, tra le molte v. Sez. I, n. 46904 del 10 novembre 2009, rv. 245683), con necessaria applicazione dei principi e delle regole contenute nel codice di rito penale. L'effetto devolutivo correlato alla proposizione della impugnazione - di cui all'art. 597, comma 1, c.p.p. - trasferisce, infatti, al Tribunale di Sorveglianza il potere di decidere sulla domanda (dunque quello di valutare gli argomenti addotti dal reclamante in chiave di idoneità o meno a determinare la revoca del provvedimento di sottoposizione) e non quello di accertare l'illegittimità del silenzio serbato dall'amministrazione.

In tale contesto, l'interesse del reclamante va identificato - per le ragioni suddette - in quello ad ottenere la pronunzia giurisdizionale auspicata come favorevole, con rimozione del regime differenziato (interesse concreto alla utilità dell'impugnazione), e può ipotizzarsi una sopravvenuta carenza del medesimo solo quando l'accadimento successivo (emissione dell'atto amministrativo prima della decisione sul reclamo) elimini del tutto la condizione sfavorevole di partenza (con accoglimento della domanda di revoca del regime differenziato).

Vale, dunque, il principio espresso da Sez. un., n. 6624 del 27 ottobre 2011, dep. 2012, Marinaj, secondo cui la nozione della "carenza d'interesse sopraggiunta" va individuata nella valutazione negativa della persistenza, al momento della decisione, di un interesse all'impugnazione, la cui attualità è venuta meno a causa della mutata situazione di fatto o di diritto intervenuta medio tempore, assorbendo la finalità perseguita dall'impugnante, o perché la stessa abbia già trovato concreta attuazione, ovvero in quanto abbia perso ogni rilevanza per il superamento del punto controverso.

Nel caso in cui il provvedimento espresso sia meramente reiterativo del silenzio (già impugnato) ciò non determina alcuna modifica della condizione sfavorevole di partenza e pertanto non influisce sul giudizio di impugnazione in corso, anche per la prevalenza della statuizione giurisdizionale sulle (eventuali) ragioni contrarie addotte dall'amministrazione nel provvedimento in questione (prevalenza ribadita dalla legge, con particolare pregnanza, al comma 2-sexies, ultimo periodo, dell'art. 41-bis ord. pen.; si veda, sul tema, Sez. V, n. 43113 del 4 novembre 2004, ric. Mazzitelli). Non può pertanto ritenersi necessaria alcuna impugnazione ulteriore dell'eventuale provvedimento espresso, atteso che - ferma restando la facoltà dell'amministrazione di provvedere anche in epoca successiva alla proposizione della impugnazione - l'effetto devolutivo ha comunque trasferito al giudice il potere di stabilire la permanenza o meno dei presupposti della restrizione, sicché una eventuale decisione favorevole travolgerebbe anche il provvedimento emesso medio tempore. Del resto, il procedimento sul reclamo si svolge in contraddittorio con l'ufficio del Pubblico Ministero legittimato ai sensi del comma 2-sexies e, pertanto, eventuali elementi in fatto, tesi a contrastare la originaria domanda di revoca possono, se del caso, essere prospettati ed acquisiti nel corso del procedimento e formare oggetto di cognizione in quella sede.

Va pertanto disposto l'annullamento del provvedimento impugnato, con rinvio al Tribunale di Sorveglianza di Roma per nuovo esame.

P.Q.M.

Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Sorveglianza di Roma.

Depositata il 5 febbraio 2018.