Corte di cassazione
Sezione I penale
Sentenza 22 dicembre 2017, n. 18166

Presidente: Carcano - Estensore: Siani

RITENUTO IN FATTO

1. Con l'ordinanza in epigrafe, emessa in data 15-24 marzo 2017, il Tribunale di sorveglianza di Genova ha respinto l'opposizione proposta da Sami M. avverso il decreto reso il 15 novembre 2016 dal Magistrato di sorveglianza di Genova con cui era stata ordinata l'espulsione del M., ai sensi dell'art. 16, comma 5, d.lgs. n. 286 del 1998, quale sanzione sostitutiva della detenzione residua che il medesimo doveva espiare in forza del provvedimento di cumulo emesso dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di La Spezia in data 8 giugno 2016.

2. Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso il difensore del M. chiedendone l'annullamento e lamentando, con unico, articolato motivo, violazione di legge, in riferimento all'art. 19 d.lgs. n. 286 del 1998 ed all'art. 16, comma 5, d.lgs. cit., nonché insufficienza, mancanza e contraddittorietà della motivazione.

Secondo il ricorrente, era da evidenziarsi che la ritenuta sussistenza dei presupposti dell'applicazione della sanzione dell'espulsione alternativa alla detenzione, ai sensi dell'art. 16, comma 5, d.lgs. n. 286 del 1998 non era stata verificata in modo logicamente corretto al fine dell'accertamento dell'insussistenza delle situazioni ostative all'espulsione di cui all'art. 19 d.lgs. cit.

Al riguardo era stato dedotto e documentato che il condannato, cittadino extracomunitario, era unito in matrimonio con la cittadina italiana Sabrina Z. e che egli era anche padre di S.M., cittadina italiana, nata - dal matrimonio con la Z. - a Modena, il 5 luglio 2004, minorenne, convivente con i predetti genitori prima dell'arresto del M. Epperò, nonostante tali dati oggettivi, il Tribunale aveva rigettato l'opposizione ritenendo insussistente l'irreparabilità del danno all'unità familiare, per essere stata collocata alla minore nella suindicata Casa-famiglia.

Così opinando, l'ordinanza impugnata aveva palesato malgoverno della legge, in spregio al principio secondo il quale sussisteva un vero e proprio divieto di espulsione dello straniero unito in matrimonio, ancora convivente con una cittadina italiana e padre di una minore, anch'ella cittadina italiana. Non sussistevano dubbi circa il fatto che l'espulsione era vietata quando lo straniero fosse convivente con il coniuge e/o con figli minori: e tale divieto era coerente con l'art. 8 CEDU, come interpretato dalla giurisprudenza della Corte europea, ai fini della salvaguardia dell'unità familiare.

Inoltre, così disponendo, il Tribunale di sorveglianza aveva sancito una sorta di declaratoria di cessazione degli effetti civili della responsabilità genitoriale: sul punto la motivazione era stata evidentemente illogica, con l'emanazione di un provvedimento dettato per mero giustizialismo teso ad appagare, con l'ingiusto stravolgimento delle norme, il diffuso bisogno di sicurezza dell'opinione pubblica.

3. Il Procuratore generale ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso, con l'emissione della statuizioni consequenziali, in quanto il ricorrente aveva prospettato una tesi carente di specificità e manifestamente infondata: il dato essenziale per l'applicazione della normativa ostativa all'espulsione era la convivenza dello straniero con il coniuge e/o con i figli di nazionalità italiana; di conseguenza, l'esclusione di tale presupposto da parte dei giudici di sorveglianza, trovando rispondenza negli atti di polizia acquisiti, aveva legittimato l'affermazione espressa nel provvedimento impugnato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. L'impugnazione è per quanto di ragione fondata e va, di conseguenza, accolta.

2. Si premette che a ragione del provvedimento emesso il Tribunale di sorveglianza ha osservato che il decreto del Magistrato di sorveglianza era stato emesso sulla scorta degli elementi acquisiti anche in forza della nota della Questura di Imperia e della comunicazione della Questura di Modena, Ufficio Immigrazione, mentre la deduzione a base del reclamo - consistente nel fatto che il M., essendo coniugato con la cittadina Sabrina Z. ed essendo padre della minore S.M., convivente con i genitori prima dell'arresto, ove espulso, avrebbe visto pregiudicare in modo grave ed irreparabile l'unità familiare - non risultava adeguatamente documentata, in quanto il predetto M. in udienza aveva confermato che si era avuta la collocazione della figlia minore presso una Casa-famiglia, come peraltro era risultato dall'informativa della Questura di Modena dell'11 novembre 2016, già all'epoca la figlia minore risultando ospitata presso l'Istituto religioso Paola e Paolo Cozzani di La Spezia.

Il Tribunale, in definitiva, ha ritenuto che, attesa questa situazione, non risultasse provata alcuna situazione ostativa all'espulsione ai sensi dell'art. 19 d.lgs. n. 286 del 1998.

L'assunto sotteso a tale approdo è che, considerato l'esito delle indicate informative, non possa reputarsi sufficiente a dimostrare l'integrazione della condizione ostativa di cui all'art. 19 cit. la produzione da parte dell'espulso dell'estratto dell'atto di matrimonio e della certificazione di nascita della figlia, occorrendo, invece, documentare il presupposto della convivenza.

3. È da osservare che l'art. 19, comma 2, lett. c), d.lgs. n. 286 del 1998 stabilisce che non è consentita l'espulsione, salvo che nei casi previsti dall'art. 13, comma 1, dello stesso d.lgs., degli stranieri conviventi con parenti entro il secondo grado o con il coniuge di nazionalità italiana.

L'eccezione richiamata, con riguardo al succitato art. 13, concerne l'espulsione per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato disposta dal Ministro dell'Interno.

La condizione ostativa fissata dall'art. 19, comma 2, lett. c), si applica - secondo l'opinione che il Collegio condivide e riafferma - a tutte le espulsioni giudiziali (in tal senso Sez. 1, n. 40529 del 9 maggio 2017, Hassine, Rv. 270983; Sez. 6, n. 3516 del 12 gennaio 2012, Farid Nn, Rv. 251580; Sez. 2, n. 3607 del 18 gennaio 2011, Messaoud, Rv. 249160).

Le cause ostative dell'art. 19 si applicano in ogni caso all'espulsione sostitutiva dell'art. 16, comma 5, come stabilisce testualmente il successivo comma 9.

Nell'ambito delle considerazioni di sistema svolte dagli arresti richiamati, appare utile soltanto ribadire che la stessa giurisprudenza della Corte EDU ha evidenziato come certamente spetti agli Stati contraenti assicurare l'ordine pubblico, in particolare nell'esercizio del loro diritto di controllare l'ingresso ed il soggiorno degli stranieri, per cui gli Stati hanno, per svolgere tale funzione, hanno diritto di espellere coloro, tra questi, che delinquono, ma ha sottolineato, in pari tempo, che le loro decisioni in materia, siccome possono incidere sui diritti protetti dall'art. 8 della CEDU, devono riferirsi a casi previsti dalla legge ed essere necessarie in una società democratica, vale a dire giustificate da un "bisogno sociale imperioso" e, dunque, proporzionate allo scopo che perseguono.

In mancanza di tali presupposti, può venire meno, a fondamento della misura dell'espulsione, il giusto equilibrio tra gli interessi in gioco - il diritto dello straniero al rispetto della sua vita privata e familiare, da un lato, e la protezione dell'ordine pubblico e la prevenzione dei reati, dall'altro - e lo sbilanciamento a favore di questo secondo interesse può rappresentare un'ingerenza nel diritto al rispetto della vita familiare (tale impostazione è sottesa a varie decisioni fra cui Corte EDU 7 aprile 2009, Cherif ed altri c. Italia, n. 1860/2007; Corte EDU 30 giugno 2005, Bove c. Italia, n. 30595/2002).

Il diritto al rispetto della vita familiare di matrice convenzionale è stato condivisibilmente collegato alla tutela offerta anzitutto dall'art. 2 e, poi, anche dagli artt. 29, 30 e 31 Cost.

In tale direzione vanno sempre considerate le riflessioni svolte dalla Corte costituzionale circa l'estensione agli stranieri della speciale protezione garantita dal richiamato tessuto della Carta fondamentale alla famiglia in generale ed ai figli minori in particolare, che hanno il diritto di essere educati all'interno del nucleo familiare per conseguire un idoneo sviluppo della loro personalità (cfr. Corte cost. n. 376 del 2000, anche per la ricognizione delle ulteriori fonti sovranazionali, quali l'art. 10 del Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali aperto alla firma a New York il 16 dicembre 1966, e gli artt. 23 e 24 del Patto internazionale relativo ai diritti civili politici aperto alla firma il 19 dicembre 1966, resi esecutivi in Italia dalla l. n. 881 del 1977, nonché gli artt. 3, 9 e 10 della Convenzione di New York del 20 novembre 1989 sui diritti del fanciullo, ratificata e resa esecutiva dalla l. n. 176 del 1991, ed anche la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea sottoscritta a Nizza il 7 dicembre 2000, recepita dal Trattato di Lisbona, agli artt. 7, 9 e 24). Per la garanzia della più ampia protezione ed assistenza del nucleo familiare nel momento della sua formazione ed in vista della responsabilità che entrambi i genitori hanno per il mantenimento e l'educazione dei figli minori, si è precisato che l'assistenza e la protezione non possono non prescindere dalla condizione, di cittadini o di stranieri dei genitori, afferendo esse a diritti umani fondamentali, la deroga dei quali può ammettersi soltanto in presenza di specifiche e motivate esigenze volte alla tutela delle stesse regole della convivenza democratica.

Il tutto, peraltro, va inquadrato nella prospettiva di un'esegesi aderente ai limiti fissati dalle norme di riferimento. È stato, sul tema, opportunamente precisato (da Sez. 1, n. 48684 del 29 settembre 2015, Bachtragga, Rv. 265387) che, in materia di espulsione dello straniero condannato e detenuto in esecuzione di pena, le cause ostative all'espulsione previste dall'art. 16, comma 9, d.lgs. n. 286 del 1998, hanno carattere eccezionale e non possono essere oggetto di applicazione analogica, con la conseguenza che, ai fini dell'applicazione della misura in questione, non rilevano i legami familiari diversi da quelli espressamente contemplati dall'art. 19 del d.lgs. cit. Sicché non sarebbero applicabili, ai fini dell'individuazione delle condizioni ostative all'espulsione quale sanzione sostitutiva alla detenzione, i criteri dettati, a differenti fini, dagli artt. 5, comma 5, e 13, comma 2-bis, d.lgs. cit.

4. Tenendo conto delle premesse considerazioni giuridiche di principio, è da rilevare nel caso di specie che - non obliterata la condizione di detenzione del cittadino extracomunitario che aveva contratto matrimonio con la cittadina italiana Sabrina Z. nell'anno 2003 ed aveva generato nel 2004 con la stessa la figlia S. (ancora minorenne) indicata in parte narrativa, oltre ad aver già generato sempre con la Z. l'altra figlia H. nel 2002 - la carenza del presupposto della convivenza del detenuto con i suddetti congiunti (ai fini dell'integrazione della fattispecie di cui all'art. 19, comma 2, lett. c, d.lgs. n. 286 del 1998) è stata ritenuta dal Tribunale con motivazione inadeguata.

Assodati sono i legami familiari sopra indicati, sulla scorta della documentazione attestativa rilasciata dal Comune di Modena.

Né sono stati esposti elementi idonei a far ritenere, per un verso, la natura fittizia del vincolo matrimoniale o, per altro verso, la cessazione di fatto dell'affectio coniugale.

Il richiamo alle note della Questura di Imperia e di Modena rende chiaro soltanto che si tratta di famiglia indigente che, nella sua interezza (e dunque, salva più approfondita indagine, da presumersi comprensiva di tutti i suoi componenti, compreso il ricorrente), in data 28 settembre 2012 è stata cancellata per irreperibilità dall'anagrafe di Modena, mentre poi la famiglia, qualificata sempre come indigente, è risultata gravitare nell'ambito della provincia di La Spezia: in particolare, la madre Sabrina e la figlia (non il figlio) S. sono risultati ospitati presso l'istituto religioso Paola e Paolo Cozzani di La Spezia.

Il M., con l'atto di opposizione, aveva dedotto di avere adempiuto ai propri obblighi coniugali e familiari rispetto a tale nucleo (mentre la figlia H. è stata da lui stesso indicata come affidata ad altri congiunti) trasferendosi da Mantova a La Spezia alla ricerca di lavoro come lavoratore dell'edilizia per restare collegato al nucleo familiare che aveva ottenuto l'ospitalità assistenziale sopra indicata, mentre era stato poi sottoposto a detenzione per espiazione di pena.

In ordine a tale situazione non si registra alcuna concreta verifica ed, in ogni caso, il Tribunale di sorveglianza, presa la stessa in considerazione, avrebbe dovuto fornire una risposta specifica sui relativi punti.

Tale essendo la situazione prospettata e considerati i limiti contenutistici delle note amministrative richiamate, in relazione alla questione proposta dall'atto di opposizione, relativa al punto se la convivenza del M. potesse ritenersi effettivamente cessata quando il titolo detentivo in corso di espiazione ha determinato il forzoso distacco del medesimo dalla situazione in cui egli viveva da libero, appare conseguente osservare che - limitandosi a ritenere inadeguata la prova della convivenza per avere l'opponente prodotto la sola documentazione anagrafica - il Tribunale ha basato la sua decisione su un discorso giustificativo carente, in quanto non ha preso in considerazione gli indicati elementi che esigevano l'effettuazione di un'indagine specifica al fine di stabilire se il fatto della convivenza del detenuto con la moglie e la figlia S. fosse effettivamente venuto meno al momento del suo passaggio alla condizione detentiva.

Si imponeva, invece, l'indicata risposta più approfondita, se del caso previa la disposizione di verifiche più penetranti, al fine di stabilire la sussistenza o meno del requisito della convivenza del ricorrente con i sopra identificati congiunti nello snodo rilevante temporale e spaziale sopra precisato, tenendo conto che al fine della determinazione del relativo stato rileva il luogo ove la persona dimora e comunque esercita in modo abituale gli atti quotidiani della vita, rivestendo le risultanze anagrafiche un mero valore presuntivo ed ulteriori elementi potendo desumersi da qualsiasi fonte di convincimento, affidata all'apprezzamento del giudice di merito.

4. Il ricorso, per tale ragione, deve essere accolto con il conseguente annullamento dell'ordinanza impugnata ed il rinvio al Tribunale di sorveglianza di Genova per il nuovo esame da svolgersi nell'osservanza degli indicati principi.

P.Q.M.

Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Genova.

Depositata il 24 aprile 2018.