Consiglio di Stato
Sezione VI
Sentenza 13 febbraio 2018, n. 931

Presidente: Santoro - Estensore: Lamberti

FATTO E DIRITTO

1. All'esito di una procedura di infrazione svolta dall'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (di seguito, anche "AGCM" o "Autorità"), con provvedimento del 25 gennaio 2007, veniva irrogata una sanzione pecuniaria nei confronti di Chugoku Boat Italy S.p.a. pari ad Euro 1.080.000,00.

1.1. Su ricorso della società, il Tar del Lazio, con sentenza di accoglimento parziale n. 14157/2007 del 29 dicembre 2007, rideterminava la sanzione irrogata in Euro 540.000,00, importo che la società provvedeva a pagare il 30 gennaio 2008.

1.2. Su appello dell'AGCM, il Consiglio di Stato, con sentenza n. 3189 del 29 maggio 2012, rideterminava la sanzione nell'importo di Euro 864.000,00.

1.3. La società provvedeva al pagamento della differenza dovuta, pari ad Euro 324.000,00, versati in data 10 settembre 2012, più interessi.

2. In data 11 settembre 2012, la società si vedeva notificare una comunicazione dell'AGCM, che le intimava di provvedere al pagamento, entro il termine di trenta giorni dal ricevimento, di Euro 648.000,00, comprensivo della sanzione e della maggiorazione di cui all'art. 27, comma 6, l. 689/1981.

2.1. In data 3 ottobre 2012, la società procedeva al pagamento della richiesta maggiorazione; tuttavia, contestava la legittimità della stessa, riservandosi di adire l'autorità giudiziaria. Con nota del 12 ottobre 2012, l'Autorità comunicava che l'Adunanza del 9 ottobre aveva ribadito la correttezza della richiesta di maggiorazione.

3. La società ha impugnato avanti il Tar Lazio tali provvedimenti. Con sentenza del 13 luglio 2015, n. 9352, il TAR ha accolto il ricorso. Avverso tale pronuncia ha proposto appello l'Autorità, deducendo l'erronea applicazione dell'art. 27, comma 6, l. 689/1981 alla luce della giurisprudenza della Corte di cassazione e del Consiglio di Stato.

4. L'appello è infondato e deve essere respinto.

4.1. In via preliminare, è utile ricordare il disposto dell'art. 27, comma 6, l. 689/1981 secondo il quale "in caso di ritardo nel pagamento la somma dovuta è maggiorata di un decimo per ogni semestre a decorrere da quello in cui la sanzione è divenuta esigibile e fino a quello in cui il ruolo è trasmesso all'esattore. La maggiorazione assorbe gli interessi eventualmente previsti dalle disposizioni vigenti". È evidente come la ratio della norma sia quella di scoraggiare le inadempienze e stimolare la spontanea osservanza delle sanzioni pecuniarie.

4.2. Più precisamente, il carattere di sanzione aggiuntiva, nascente al momento in cui diviene esigibile la sanzione principale, è stato affermato, tra gli altri, dalla Corte costituzionale con l'ordinanza 14 luglio 1999, n. 308, dichiarativa della manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 206 del d.l. 30 aprile 1992, n. 285, e 27, comma 6, l. 689/1981 nella parte in cui prevedono misure aggiuntive assai più gravose rispetto agli interessi moratori. Ne consegue che il presupposto per l'applicabilità della sanzione aggiuntiva, come disposto dalla norma, è costituito dall'esigibilità di quella principale e dal ritardo ultra semestrale.

5. Come argomentato dalla giurisprudenza di questo Consiglio citata anche dall'Autorità, il termine di decorrenza di tale ulteriore sanzione non muta laddove il provvedimento sanzionatorio sia impugnato, non potendosi tuttavia non considerare una eventuale pronuncia giurisdizionale intervenuta, come nel caso di specie, prima della scadenza del termine.

5.1. Più precisamente, la scadenza del termine è uno degli elementi costitutivi dell'autonomo illecito scaturente dal mancato pagamento della originaria sanzione amministrativa pecuniaria entro il primo semestre dalla esigibilità di quest'ultima, la cui integrazione comporta l'applicazione della maggiorazione de qua, costituente sanzione accessoria di natura afflittiva, che si «aggiunge» alla sanzione principale.

In altri termini, in applicazione dei principi generali che presiedono al diritto sanzionatorio amministrativo, ai fini dell'integrazione dell'autonomo illecito in oggetto occorre che sussistano: (i) il requisito oggettivo, rappresentato dal «ritardo» nel pagamento della sanzione; (ii) il requisito soggettivo, rappresentato dalla imputabilità del «ritardo» al comportamento doloso e colposo dell'agente (v., in tal senso, il recente precedente di questa Sezione, sentenza n. 5425/2015).

6. Nel caso di specie difettano tali requisiti, dal momento che non può dirsi decorso il termine di cui all'art. 27 cit.

6.1. Invero, con dispositivo di sentenza pubblicato in data 16 ottobre 2016, la sanzione è stata rideterminata dal TAR. Tale modifica della sanzione è intervenuta prima che fosse decorso il termine di cui all'art. 27 cit. Ne deriva che la sanzione concretamente esigibile, dopo la data del 16 ottobre 2016, non era più quella originaria. Dunque, è da tale data che ha iniziato nuovamente a decorrere il termine di cui all'art. 27, entro il quale, e dunque tempestivamente (30 gennaio 2008), la società ha pagato la sanzione dovuta. Egualmente, dopo che il Consiglio di Stato, con sentenza n. 3189 del 29 maggio 2012, ha rideterminato la sanzione nell'importo di Euro 864.000,00, la società ha provveduto tempestivamente al pagamento della differenza dovuta, pari ad Euro 324.000,00, in data 10 settembre 2012.

6.2. In altri termini, la rideterminazione giudiziale, intervenuta prima del decorso del termine di cui all'art. 27 cit., ha impedito la scadenza del relativo termine per il pagamento della sanzione principale quale determinata con il provvedimento originario e, dunque, l'esigibilità in senso tecnico della correlativa obbligazione pecuniaria ai fini della produzione dell'ulteriore autonomo effetto sanzionatorio della maggiorazione aggiuntiva.

Alla luce di tale peculiarità, è infondata la pretesa alla sanzione aggiuntiva di cui all'art. 27, comma 6, l. 689/1981, riferita al termine di adempimento stabilito nel provvedimento originario, attesa la non configurabilità di un inadempimento da ritardo all'obbligazione di pagamento della sanzione pecuniaria amministrativa quale rideterminata, in sequenze successive, in sede giudiziale, di volta in volta tempestivamente adempiuta dalla società obbligata.

7. La soluzione accolta è conforme ai precedenti di questo Consiglio, in riferimento a casi pressoché analoghi, dove si è argomentato nel senso che: l'esercizio del sindacato giurisdizionale di merito, che sfocia nella modificazione dell'entità della sanzione in sostituzione della correlativa determinazione dell'Autorità, si risolve nell'adozione di una sentenza ad efficacia costitutiva, a completamento della fattispecie sostanziale, con riferimento al quantum della sanzione quale rideterminata in sede giudiziale, con la conseguenza che, in forza della provvisoria esecutività che assiste la sentenza di primo grado, la prestazione esigibile oggetto della pretesa sanzionatoria principale, anche ai fini del computo della sanzione aggiuntiva, doveva ritenersi limitata all'ammontare della sanzione rideterminata nella sentenza di primo grado (cfr. C.d.S., sez. VI, n. 289/2016 in cui, analogamente al caso in esame: "si osserva, con riguardo alla fattispecie concreta dedotta in giudizio, che la sentenza di primo grado del T.a.r. Lazio n. 14157 del 29 dicembre 2007 (data di pubblicazione della sentenza completa di motivazione), preceduta dalla pubblicazione del dispositivo in data 10 ottobre 2007, è intervenuta (avuto riguardo alla data di pubblicazione del dispositivo, ex art. 23-bis l. n. 134 del 1971) prima che fosse scaduto il semestre decorrente dal termine di novanta giorni assegnato per il pagamento nel provvedimento dell'Autorità, e dunque prima che fosse maturata la pretesa dell'Autorità alla sanzione aggiuntiva della maggiorazione ex art. 27, comma 6, l. n. 689 del 1981").

8. In tali casi, da un differente punto di vista, si è messo in luce come l'annullamento giudiziale della sanzione principale determini la non esigibilità, anche sotto il profilo soggettivo, della pretesa sanzionatoria (v., in tal senso, C.d.S., Sez. VI, n. 636 del 2008, richiamata nell'ordinanza n. 10411 del 2014 delle Sezioni unite).

In altri termini, essendo la sanzione accessoria dovuta per il «ritardo» nel pagamento della sanzione principale, se una decisione giurisdizionale, ancorché non definitiva, dichiara che tale ultima sanzione non è dovuta nella misura originariamente determinata, non può ritenersi colpevole la condotta del soggetto che, in attesa della rideterminazione definitiva, non corrisponde la somma richiesta nella misura originaria, ormai oggetto di annullamento (cfr. C.d.S., sez. VI, n. 2422/2016).

9. In definitiva, l'appello deve essere rigettato, potendosi compensare le spese di lite, stante la peculiarità delle questioni trattate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando, respinge l'appello come in epigrafe proposto e compensa le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.