Consiglio di Stato
Sezione VI
Sentenza 29 marzo 2018, n. 1998
Presidente: Santoro - Estensore: Lamberti
FATTO
1. In data 23 ottobre 2013, perveniva una segnalazione all'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato da parte della RAI, con la quale quest'ultima denunciava possibili distorsioni concorrenziali verificatesi nell'ambito delle procedure selettive dalla stessa avviate, nel periodo compreso tra la prima settimana di agosto e la prima settimana di settembre 2013, per l'affidamento di servizi di post-produzione relativi a diversi programmi RAI per la stagione televisiva 2013-2014.
1.1. La segnalante faceva riferimento all'esistenza di un accordo volto a "spartirsi gli appalti di montaggio e riprese" tra le diverse società invitate dalla RAI alle suddette procedure negoziate in virtù della presentazione di offerte concordate, ad un prezzo più elevato di quello praticato nel passato, ovvero a condizioni economiche meno convenienti rispetto a quelle che avrebbero potuto determinarsi in presenza di un confronto concorrenziale.
2. A seguito di una articolata istruttoria, l'Autorità adottava il provvedimento n. 25489 del 27 maggio 2015 di chiusura del procedimento istruttorio n. 1/771 e deliberava: "a) che le condotte poste in essere da New Italian Broadcasting Association (NIBA), Barbieri Communication s.r.l., Capital Video s.r.l., D4 s.r.l., Digital Si s.r.l., Diva Cinematografica s.r.l., Etabeta s.p.a., Euro Group Line Production s.r.l., Futura s.r.l., Industria e Immagine s.r.l., MAV Television s.r.l., Menager2000 s.r.l., New Telecinema s.r.l., Obiettivo Immagine s.r.l., On Air Unipersonale s.r.l., Point Films s.r.l., Primopiano Tv s.r.l., Siri Video s.r.l., Studio Immagine s.r.l., Telecinema Production s.r.l., Unitelefilm s.r.l. e Video Etc s.r.l. consistenti in uno scambio di informazioni e nel coordinamento delle politiche di offerta in sede di partecipazione alle gare RAI con l'obiettivo di innalzare il livello dei prezzi praticato, costituiscono un'intesa restrittiva della concorrenza in violazione dell'articolo 2 della Legge n. 287/1990".
2.1. Dagli elementi acquisiti nel corso dell'istruttoria sarebbe emersa l'esistenza di un'intesa unica e continuata, avente ad oggetto il coordinamento delle politiche di offerta di talune imprese per la partecipazione alle procedure selettive indette dalla RAI relative alla fornitura dei servizi di post-produzione televisiva, con l'obiettivo di innalzare il livello dei prezzi praticato. Tale coordinamento sarebbe stato realizzato, da un lato, mediante la funzione di indirizzamento dei prezzi da praticare (di per sé illecita) da parte dell'associazione NIBA, nonché attraverso il coordinamento e lo scambio di informazioni dettagliato e articolato sulle condizioni commerciali applicate degli associati alla stessa aderenti e, dall'altro, mediante un coordinamento diretto tra le imprese con riferimento alle gare svolte nell'estate del 2013.
3. In riferimento all'analisi condotta, l'Autorità ha messo in luce che i servizi richiesti dalla Direzione Produzione TV (ed in particolare al Centro Produzione TV della Rai - "CPTV") si differenziano, per la specificità del servizio, rispetto a quelli richiesti dalle altre strutture dell'azienda (es. RAI Cinema, Televideo, Radiofonia). Ha, inoltre, precisato che l'Area Altre Strutture Editoriali del Centro Post-produzione ha la responsabilità di tutte le attività di montaggio, lavorazione e gestione per conto delle Reti generaliste e per i Canali specializzati. Essa esprime la domanda del CPTV della RAI che viene veicolata ai fornitori inclusi nell'apposito Albo Fornitori dell'azienda, attraverso procedure e condizioni espressamente individuate dall'ente stesso, in osservanza dei principi generali di trasparenza, non discriminazione e parità di trattamento ("Istruzioni interne per le procedure di affidamento dei contratti aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture" approvate dal C.d.A. RAI nel 2010). Al riguardo, ricorda che, sebbene il settore radiotelevisivo rientrasse tra i settori esclusi di cui all'art. 19 del Codice degli Appalti all'epoca vigente, la RAI era in ogni caso tenuta al rispetto dei principi generali di cui all'art. 27 del predetto Codice. Più precisamente, per gli affidamenti dei servizi di post-produzione, la RAI poteva procedere con negoziazione diretta per appalti inferiori a 40.000 euro. Altrimenti tali affidamenti avvenivano sulla base di una procedura selettiva ristretta, con invito ad almeno 5 fornitori iscritti all'Albo Fornitori della RAI, ai quali veniva richiesto di formulare un'offerta secondo prescrizioni contenute in una lettera di invito (richiesta di offerta cd. "RDO"), corredata dai documenti complementari (capitolato tecnico, schema di contratto, condizioni generali). L'affidamento avveniva secondo il criterio del prezzo più basso. La scelta dei fornitori iscritti all'Albo Fornitori da invitare a ciascuna procedura avveniva sulla base del principio di rotazione.
4. All'esito dell'istruttoria, l'Autorità imponeva dunque all'associazione e alle citate società di astenersi dal porre in essere comportamenti analoghi in futuro e deliberava, altresì, l'applicazione di sanzioni amministrative in ragione della gravità e della durata delle infrazioni accertate, rispetto a ciascuna.
5. Con distinti ricorsi al Tar Lazio, parte delle società sanzionate impugnavano il provvedimento, tra cui Group Line Production s.r.l.
5.1. Con sentenza del 6 giugno 2016, n. 6471/2016, il TAR Lazio accoglieva il ricorso della suddetta società con conseguente annullamento del provvedimento.
6. Avverso tale sentenza ha proposto appello l'Autorità per le ragioni di seguito esaminate.
DIRITTO
1. In via preliminare, deve rilevarsi la tardività delle memorie depositate dalla società in data 21 febbraio 2018 e 26 febbraio 2018. Sul punto, la giurisprudenza ha chiarito che i termini per il deposito di memorie e documenti di cui all'art. 74 c.p.a. sono perentori (C.d.S., sez. III, n. 1335 del 2015) e non derogabili, senza il consenso espresso anche del Collegio giudicante, neppure sull'accordo di tutte le parti; pertanto, dette memorie, considerata l'abbreviazione dei termini di cui all'art. 119, comma 2, c.p.a. non possono essere considerate da questo Collegio.
2. Con il primo motivo di appello si deduce il difetto di motivazione della sentenza del TAR, consistente nell'aver analizzato in modo parcellizzato i molteplici elementi probatori, raccolti nel corso dell'istruttoria, in punto di struttura del mercato e di condotte anticoncorrenziali delle imprese.
Al proposito, l'appellante ricorda che l'Autorità, con il provvedimento in esame, ha accertato l'esistenza di una unica intesa, consistente nel coordinamento delle offerte economiche di diverse imprese in relazione alle procedure selettive indette dalla RAI per la fornitura dei servizi di post-produzione per i programmi televisivi delle reti generaliste e dei canali tematici della stessa, nel periodo compreso tra il 2011 e il 2013, in violazione dell'art. 2 della l. 287/1990.
2.1. Secondo l'appellante, il TAR, non cogliendo la specificità e la continuità dell'intesa, si sarebbe soffermato su una artificiosa differenziazione tra la prima e la seconda fase, non cogliendo: né il ruolo strumentale dell'associazione NIBA rispetto alla realizzazione del coordinamento restrittivo in esame tra gli associati, né la natura illecita dello scopo perseguito dalle imprese nell'ambito delle riunioni svolte con riferimento ai servizi di post-produzione da esse offerti alla RAI.
2.2. Nella prospettazione dell'Autorità, viceversa, l'intesa è stata realizzata in un primo momento con il concorso dell'associazione di categoria NIBA, mediante la condivisione di informazioni commerciali sensibili fra i suoi associati, nonché la divulgazione di indicazioni relative ai prezzi minimi cui le diverse imprese dovevano attenersi nel formulare le proprie offerte per i servizi di post-produzione richiesti nelle gare indette dalla RAI. A tal fine, si evidenzia che tra le informazioni scambiate all'interno di NIBA vi è anche un listino prezzi per i servizi di post-produzione, trasmesso dalla stessa associazione agli associati al fine di coordinare le scelte commerciali future delle imprese sulla determinazione del prezzo. Tale coordinamento si sarebbe poi sviluppato nel tempo, raggiungendo il suo culmine con il coordinamento delle offerte economiche formulate in occasione delle gare indette da RAI fra luglio e ottobre 2013, attraverso apposite riunioni tra gli operatori attivi nel settore, volte a fornire indicazioni tese all'innalzamento dei prezzi ed in relazione alle quali, in effetti, si è rilevato un significativo innalzamento del livello dei prezzi offerti da parte di tutti i partecipanti alle medesime.
3. L'appello è fondato. Invero, non risulta condivisibile la valutazione del materiale probatorio effettuata dal Giudice di prime cure, che ha accolto il ricorso proposto da Group Line Production s.r.l. essenzialmente motivando sul fatto che le evidenze probatorie richiamate dall'Autorità nel provvedimento finale non fossero idonee a giustificare la sanzione.
3.1. Al riguardo, deve in primo luogo ricordarsi il principio in base al quale le singole condotte delle imprese vanno valutate tenendo conto del quadro complessivo e non in modo atomistico. Infatti, in materia di intese restrittive, i singoli comportamenti delle imprese (i quali, presi isolatamente, potrebbe[ro] apparire privi di specifica rilevanza), qualora si rivelino elementi di una fattispecie complessa, come nel caso di specie, debbono essere considerati quali "tasselli di un mosaico, i cui elementi non sono significativi di per sé, ma come parte di un disegno unitario, qualificabile quale intesa restrittiva della libertà di concorrenza... in tale ipotesi, è sufficiente che l'Autorità garante tracci un quadro indiziario coerente ed univoco, a fronte del quale spetta ai soggetti interessati fornire spiegazioni alternative alle conclusioni tratte nel provvedimento accertativo della violazione concorrenziale" (C.d.S., sez. VI, 1° marzo 2012, n. 1192, cfr. anche C.d.S., 30 giugno 2016, n. 2947; C.d.S., 11 luglio 2016, n. 3047).
3.2. Sempre sul piano della prova, non può inoltre trascurarsi come usualmente le attività derivanti da pratiche ed accordi anticoncorrenziali si svolgano in modo clandestino, che le riunioni siano segrete e che la documentazione ad esse relativa sia ridotta al minimo, sicché, anche qualora l'Autorità scopra documenti attestanti in modo esplicito un contatto illegittimo tra operatori, essi saranno di regola solo frammentari e sporadici, di modo che si rivela spesso necessario ricostruire taluni dettagli per via di deduzioni. Pertanto, nella maggior parte dei casi, l'esistenza di una pratica o di un accordo anticoncorrenziale deve essere inferita da un certo numero di coincidenze e di indizi che, considerati insieme, possono costituire, in mancanza di un'altra spiegazione coerente, la prova di una violazione delle norme sulla concorrenza.
In altre parole, tenuto conto della notorietà del divieto di partecipare ad accordi anticoncorrenziali, in conformità all'orientamento espresso dalla giurisprudenza comunitaria, non si può pretendere che l'Autorità produca documenti che attestino in modo esplicito un accordo tra gli operatori interessati, dovendo gli elementi frammentari e sporadici di cui l'Autorità potrebbe disporre, in ogni caso poter essere completati con deduzioni che permettano di ricostituire taluni dettagli, con la conseguenza che l'esistenza di una pratica o di un accordo anticoncorrenziale può essere dedotta da un certo numero di coincidenze e di indizi che, considerati nel loro insieme, possono rappresentare, in mancanza di un'altra spiegazione coerente, la prova di una violazione delle regole sulla concorrenza.
A questo riguardo, anche la giurisprudenza, consapevole della rarità dell'acquisizione della prova piena (cd. smoking gun, quali testo dell'intesa, documentazione inequivoca, confessione dei protagonisti) e della conseguente vanificazione pratica delle finalità perseguite dalla normativa antitrust che scaturirebbe da un atteggiamento troppo rigoroso, reputa sufficiente e necessaria in questa materia l'emersione di indizi, purché seri, precisi e concordanti, con la precisazione che la circostanza che la prova sia indiretta (o indiziaria) non comporta necessariamente che la stessa abbia una forza probatoria attenuata (cfr. C.d.S., Sez. VI, 30 giugno 2016, n. 294; C.d.S., Sez. VI, 18 maggio 2015, n. 2514).
3.3. Inoltre, circa l'intensità dell'onere probatorio, è utile ricordare che l'intesa restrittiva vietata può realizzarsi sia mediante un "accordo", sia mediante una "pratica concordata", nel cui ambito ben possono essere ricondotti i comportamenti imputati alle società nel caso di specie. Pertanto, è utile ricordare che le pratiche concordate emergono, come concetto del diritto antitrust, in qualità di prove indirette indicative dell'esistenza di un accordo, rappresentando dunque non tanto un'autonoma fattispecie di diritto sostanziale rigorosamente definita nei suoi elementi costitutivi, quanto una fattispecie strumentale operante sul piano probatorio in funzione dell'accertamento di una intesa restrittiva vietata dal diritto antitrust, indicativa dell'esistenza di una concertazione tra imprese concorrenti, le quali, invece, dovrebbero agire autonomamente sul mercato.
Come è già stato messo in luce dalla giurisprudenza, la pratica concordata corrisponde ad una forma di coordinamento fra imprese che, senza essere spinta fino all'attuazione di un vero e proprio accordo, sostituisce, in modo consapevole, un'espressa collaborazione fra le stesse per sottrarsi ai rischi della concorrenza, con la precisazione che i criteri del coordinamento e della collaborazione, che consentono di definire tale nozione, vanno intesi alla luce dei princìpi in materia di concorrenza, secondo cui ogni operatore economico deve autonomamente determinare la condotta che intende seguire sul mercato. Devono, dunque, ritenersi vietati i contatti diretti o indiretti aventi per oggetto o per effetto di creare condizioni di concorrenza non corrispondenti alle condizioni normali del mercato (cfr. C.d.S., Sez. VI, 4 settembre 2015, n. 4123).
Anche secondo la giurisprudenza comunitaria "accordi" e "pratiche concordate" sono forme collusive che condividono la medesima natura e si distinguono solo per la loro intensità e per le forme in cui esse si manifestano (cfr. CGUE, 5 dicembre 2013, C-449/11P), e possono coesistere anche nell'ambito di una stessa intesa, corrispondendo, in particolare, le "pratiche concordate" a una forma di coordinamento fra imprese che, senza essere stata spinta fino all'attuazione di un vero e proprio accordo, sostituisce consapevolmente una pratica collaborazione fra le stesse ai rischi della concorrenza.
3.4. Sempre al fine di evidenziarne i riflessi sul piano probatorio, è utile ricordare la distinzione tra intese anticoncorrenziali "per oggetto" e intese anticoncorrenziali "per effetto", contenuta nell'art. 101, § 1, TFUE e riprodotta nell'art. 2 della l. 287/1990.
Più precisamente, i termini "oggetto" ed "effetto" costituiscono semplicemente diverse prospettive di uno stesso fenomeno, che passa da un effetto anticoncorrenziale potenziale (oggetto) a un effetto anticoncorrenziale effettivamente prodotto (effetto), con i seguenti corollari sul piano del regime probatorio: per un verso, la prova dell'effetto concreto è sufficiente ai fini dell'accertamento della violazione del divieto e, per altro verso, il divieto può applicarsi anche in caso di effetto anticoncorrenziale solo potenziale.
4. Tanto precisato, conviene iniziare l'analisi della più ambia ricostruzione effettuata dall'Autorità, dall'ultimo segmento, ovvero quello relativo agli effetti concreti dell'intesa, la cui prova, come messo in luce dalla giurisprudenza citata, è di per sé dimostrativa dell'illecito anticoncorrenziale. Ciò solo per comodità espositiva e senza trascurare che, sin dalla costituzione di NIBA, l'Autorità ha ravvisato un'intesa di coordinamento delle offerte economiche, avente un oggetto restrittivo della concorrenza, dovendosi, infatti, ricordare che secondo giurisprudenza costante "sono vietate non solo le intese tramite le quali le imprese fissano i prezzi a livelli esattamente determinati o stabiliscono esattamente prezzi minimi al di sotto dei quali esse si impegnano a non vendere, ma, più in generale, tutte le intese che mirino o abbiano ad effetto di limitare la libera determinazione del prezzo e, quindi, la sua naturale flessibilità" (C.d.S., 22 marzo 2016, n. 1164).
4.1. Secondo l'impianto accusatorio, la concertazione tra le imprese sarebbe culminata con il coordinamento delle offerte economiche formulate in occasione delle gare indette da RAI fra luglio e ottobre 2013, in relazione alle quali, si sarebbe verificato un significativo innalzamento del livello dei prezzi offerti ("l'obiettivo di innalzare il livello dei prezzi, a soglie ben superiori a quelli praticati in precedenza, è stato perseguito con una concertazione delle offerte economiche praticate dai soggetti aggiudicatari delle gare condotte in quel periodo").
4.2. Secondo il TAR non sussisterebbero idonei elementi atti a dimostrare che vi sia stato un "anomalo" comportamento delle imprese partecipanti alle gare del 2013.
In generale, si osserva che, in un mercato caratterizzato da gare ristrette, ovvero tra imprese invitate di volta in volta a discrezione della RAI, l'intesa, sotto un profilo logico, avrebbe dovuto vedere il coinvolgimento di tutti i soggetti invitatati alle procedure. Viceversa, l'Autorità avrebbe immotivatamente valutato di non addebitare l'illecito ad imprese (AS Video, Soul Movie, Grande Mela, Worldvideo e Onera) che hanno partecipato alle 20 gare. Si osserva, inoltre, che l'Autorità non ha ritenuto di sanzionare nemmeno parte delle imprese che sono poi risultate effettive aggiudicatarie di dette gare, come Euroscena e RTS.
4.3. Tali considerazioni possono ritenersi valide solo in astratto ma, nel caso di specie, sono smentite dai fatti, che portano ragionevolmente a ritenere che vi sia stata una effettiva alterazione dei prezzi di aggiudicazione delle gare svoltesi tra luglio e ottobre 2013.
Al riguardo, l'Autorità mette in luce che le aggiudicazioni per i servizi di post-produzione realizzate prima di tale periodo, ovvero dal 1° luglio 2012 all'8 luglio 2013, sono avvenute con sconti quasi sempre superiori al 20% rispetto alla base d'asta, e uno sconto medio pari al 39,6%. Invece, da metà luglio 2013 e sino al 3 ottobre 2013, è iniziata una serie di gare contraddistinte da sconti meno che proporzionali: per 20 procedure, lo sconto della miglior offerta è risultato in media del 6,8%. L'Autorità ha precisato che i differenti sconti registrati nei vari periodi si riflettono sul prezzo praticato, quantificato da RAI nel costo orario delle offerte vincenti: per le 69 gare sino al luglio 2013 esso è stato di 26,99 euro/ora, mentre per le 20 procedure successive di 38,19 euro/ora, con un incremento dunque di quasi il 50%.
4.4. Le contestazioni di tali evidenze avanzate dalle società sanzionate non sono decisive.
In primo luogo, deve, infatti, rilevarsi che nei ricorsi introduttivi del giudizio nessuna contestazione specifica è stata rivolta nei confronti dei dati di prezzo relativi alle gare in questione. Solo in seguito sono stati avanzati dei dubbi circa l'attendibilità di tali dati, in quanto estratti da una tabella di esclusiva provenienza RAI.
L'obiezione è, comunque, priva di pregio, essendo pacifico che l'analisi dell'Autorità si è svolta su tutta la documentazione relativa alle gare messa a disposizione da RAI, oltretutto in gran parte prodotta nel corso del giudizio di primo grado, e non solo sulla tabella riassuntiva messa a disposizione da RAI.
La RAI ha, inoltre, precisato che nella contestata tabella viene riportato un "costo orario offerta" che va letto non come valore specifico dell'attività di montaggio, ma come dato derivato dalla ripartizione del costo complessivo per il numero delle ore relative ai turni di montaggio richiesti. Tale modalità di rappresentazione dei dati appare logica e coerente, ove si consideri che l'aggiudicazione deve intendersi riferita al costo complessivo di un servizio (quello della post-produzione) composto da diverse attività, ove la preminente è rappresentata dal montaggio, ma che include altri servizi, quali sala speaker, lavorazioni grafiche, spazi redazionali, doppiaggio etc.
A conferma dell'attendibilità dei dati, la RAI ha altresì chiarito che è stato preso in considerazione il costo complessivo, in quanto a partire dal mese di agosto 2012 è stato modificato da Rai il modulo per la compilazione dell'offerta economica da parte dei fornitori, attribuendo un valore anche al costo unitario del turno offerto e differenziando il costo dei turni fissi da quelli variabili e dalle voci non direttamente riconducibili al montaggio (es. sala speaker), mentre la precedente formulazione era onnicomprensiva.
La coerenza e confrontabilità dei dati di cui alla tabella censurata è confermata dal fatto che i dati relativi ai costi orari delle offerte ivi contenuti sono stati calcolati tutti con lo stesso criterio sopra indicato, ossia utilizzando il prezzo complessivamente offerto.
In riferimento alla documentazione di gara prodotta nel corso del giudizio di primo grado, le obiezioni, mai avanzate prima di allora, si limitano a rilevare come dai documenti non sarebbe desumibile il costo orario di tutte le gare; mentre per le gare in cui è possibile effettuare tale verifica, i dati posti alla base del provvedimento sanzionatorio non sarebbero corretti.
Al riguardo, tenuto conto di quanto già innanzi precisato, deve ribadirsi come gli scostamenti rilevati debbono ragionevolmente attribuirsi alla diversa base di calcolo presa in considerazione (costo del solo montaggio, piuttosto che costo complessivo).
Inoltre la RAI, nella propria memoria di replica in primo grado, ha riscontrato in modo puntuale le contestazioni sollevate dalle società. In particolare, giova in questa sede ricordare che, ad esempio, in riferimento alla gara relativa al programma "Easy driver", rispetto al quale le ricorrenti avevano riscontrato la più consistente differenza di prezzo, la RAI ha chiarito come le contestazioni della società sarebbero fuorvianti, in quanto non includenti nella base di calcolo il servizio di doppiaggio, che faceva comunque parte dell'offerta complessiva. In modo analogo, anche le ulteriori gare rispetto alle quali è stato contestato il computo del prezzo hanno trovato una esaustiva replica da parte della RAI, cosicché l'attendibilità complessiva dei dati presi a riferimento nel provvedimento impugnato, al fine di dimostrare l'aumento di prezzo verificatosi nell'estate del 2013, non pare poter essere messa in discussione.
5. In ogni caso, per quanto concerne la prova dell'alterazione delle gare nell'estate del 2013, giova sin da ora evidenziare i seguenti elementi che, unitamente considerati, contribuiscono a corroborare la tesi dell'Autorità; precisamente: a) la RAI ha ricevuto proprio nel periodo considerato una serie di lettere anonime che anticipavano il vincitore ed il prezzo praticato (a volte risultato coincidente con quello effettivo); b) l'istruttoria svolta dall'Autorità ha fatto emergere comunicazioni ambigue con l'indicazione dei prezzi praticati durante le gare (doc. 15 dei documenti depositati in primo grado dall'Autorità); c) l'organizzazione di due riunioni, tenutesi nelle date del 2 luglio e del 17 settembre 2013, nello stesso periodo delle gare incriminate, che hanno coinvolto la gran parte delle imprese, aventi ad oggetto la discussione dei prezzi da praticare con la RAI (vedasi oltre); d) la confessione della società Primo Piano, secondo la quale il reale intento perseguito dalle imprese attraverso gli incontri tenutisi nel periodo estivo del 2013 sarebbe stato di "decidere a turno chi dovesse aggiudicarsi la commessa e senza farsi guerra e con la raccomandazione a non effettuare più prezzi bassi".
Gli elementi che precedono, alla luce della giurisprudenza innanzi citata a proposito del grado di intensità probatorio necessario, paiono di per sé sufficienti a dimostrare la collusione tra le imprese; nondimeno, rispetto alle specifiche censure con le quali si contesta la sussistenza di una effettiva alterazione delle gare dell'estate del 2013, il Collegio osserva, inoltre, quanto segue.
5.1. Con una prima censura si contesta nuovamente che i dati forniti dalla RAI non sarebbero attendibili, essenzialmente in quanto, ai fini del confronto con i dati delle gare del periodo precedente, mancherebbero alcune gare, in particolare non sarebbero sono stati considerati gli affidamenti diretti.
Al riguardo, deve osservarsi come l'esclusione degli affidamenti diretti dal confronto non appaia affatto illogica, dovendosi evidentemente effettuare la comparazione sulle transazioni svoltesi in modo similare a quelle incriminate, da cui esulano pacificamente gli affidamenti diretti. Tale esclusione non si pone affatto in contrasto con i principi del diritto antitrust, ed in specie con la nozione di mercato rilevante, avendo la giurisprudenza già sottolineato come il mercato rilevante possa essere identificato anche con una singola gara bandita dalla P.A., in quanto "l'ammissibilità di una coincidenza tra mercato rilevante e gara non può essere né affermata né negata in termini assoluti, dovendosi indagare in concreto le caratteristiche del mercato oggetto della gara". Pertanto, ove si tratti di un coordinamento nella partecipazione a più gare, è consentito circoscrivere l'ambito merceologico e territoriale all'insieme delle gare in cui si è riscontrata la concertazione anticoncorrenziale" (C.d.S. 13 giugno 2014, n. 3032).
5.2. Anche l'obiezione relativa al fatto che gli sconti più bassi sarebbero conseguenza della riduzione della base d'asta decisa dalla RAI, che aveva ridotto il margine per operare gli sconti, risulta del tutto irrilevante, dal momento che l'anomalia non attiene solo alle percentuali di sconto praticate in sede di offerta, bensì al prezzo finale che per le 69 gare sino al luglio 2013 è stato di 26,99 euro/ora, mentre per le 20 procedure successive di 38,19 euro/ora.
5.3. Parimenti, le considerazioni secondo cui i prezzi più alti deriverebbero dalla richiesta della RAI di adottare la tecnologia HD (dalla tecnologia AVID Adrenaline a AVID Nitris), che ha imposto alle imprese di acquistare costosissimi macchinari, non spiega il peculiare fenomeno relativo alla descritta anomalia dei prezzi per un periodo tutto sommato circoscritto, posto che è ragionevole supporre che i maggiori oneri derivanti dall'investimento si spalmino su un più ampio periodo rispetto al mese e mezzo in cui si sono celebrate le gare incriminate.
Non solo, la RAI, tra i documenti depositati in data 23 dicembre 2015 nel giudizio di primo grado, ha mostrato come il costo della nuova tecnologia si sia evoluto in senso favorevole alle imprese (doc. 26). Tali evidenze non sono state in alcun modo contestate dalle società.
Rispetto a tale argomento, inoltre, il Collegio non può esimersi dal rilevare come il tentativo di giustificare l'aumento dei prezzi, ne confermi invece l'effettivo incremento, smentendo così le critiche circa l'attendibilità dei dati utilizzati.
5.4. Anche le ulteriori considerazioni, secondo le quali non avrebbe senso comparare acriticamente le gare dello stesso programma televisivo bandite l'anno prima e l'anno dopo perché da un anno all'altro i servizi richiesti (turni festivi e/o straordinari, numero di sale, tipo di servizio, tecnologia e apparecchiature impiegate) possono notevolmente variare, non risulta affatto decisiva. Invero, non si specificano affatto quali sarebbero gli elementi accessori che avrebbero comportato l'incremento del prezzo proprio nelle 20 gare considerate dall'Autorità.
Anzi, al riguardo, deve osservarsi che nella tabella di cui alla memoria depositata in data 24 dicembre 2015 nel corso del giudizio di primo grado, emerge che in più di una gara i servizi offerti e le condizioni dell'offerta del 2012 erano addirittura superiori e/o più gravosi rispetto a quelli del 2013; ciononostante, i prezzi si sono mossi "inspiegabilmente" in senso opposto. Dalla medesima tabella emerge inoltre che la tecnologia AVID Nitris sia stata utilizzata in diverse gare già nel 2012, con ciò smentendo l'argomento in base al quale l'incremento del costo da luglio 2013, sarebbe legato all'utilizzo di tale nuova tecnologia.
6. In definitiva, a fronte dell'attendibilità complessiva dei dati di prezzo posti alla base dell'indagine, le contestazioni e giustificazioni addotte dalle società non appaiono affatto convincenti; pertanto, ai fini del presente giudizio, deve ritenersi provato l'effettivo aumento dei prezzi di aggiudicazione delle gare svoltesi tra luglio e ottobre 2013. Tale dato è, inoltre, di per sé dimostrativo della connotazione abusiva dell'incremento dei prezzi, in assenza di una plausibile spiegazione alternativa, essenzialmente per la compresenza di due dati oggettivi ed incontestabili: a) l'entità dell'aumento del prezzo di aggiudicazione; b) la tempistica con la quale tale incremento si è concretizzato per poi annullarsi; invero, non si è verificato un aumento progressivo del prezzo e quindi una sua degressione, bensì un immediato incremento a decorrere dalle gare di metà luglio, ed una altrettanto immediata discesa dopo la gara del 3 ottobre; opportunamente è stato evidenziato come l'abbassamento del prezzo, curiosamente, si è verificato proprio in concomitanza con l'avvio del procedimento da parte dell'Autorità.
6.1. Giova, inoltre, precisare che è alla luce di tale peculiarità che si giustifica la comparazione con i prezzi dei periodi immediatamente precedenti e successivi, evidenziandosi in tal modo il gap tra i prezzi praticati che, prendendo a riferimento i dati medi di un arco temporale più ampio, risulterebbe certamente meno evidente.
6.2. Infine, tenuto conto delle considerazioni che precedono, non appare plausibile che il parallelismo tra i comportamenti di prezzo possa trovare una possibile spiegazione nell'elevata trasparenza del mercato (vale a dire l'elevata circolazione delle informazioni e la mutua consapevolezza degli operatori circa le rispettive condizioni di offerta), stante la già rilevata entità dell'aumento dei prezzi e la tempistica con la quale questo si è concretizzato.
Come già osservato, tali elementi sono, invece, la chiara evidenza del turbamento anomalo che hanno subito i prezzi nel ridotto periodo considerato, ovvero gli effetti economici dell'intesa illecita posta in essere tra le imprese del settore.
6.3. In aderenza ai criteri elaborati dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale innanzi richiamata deve, dunque, pervenirsi alla conclusione della comprovata esistenza di una intesa restrittiva anticoncorrenziale riconducibile, da un lato, alla presenza di elementi oggettivi di riscontro - tra i quali figura in primis l'effettiva alterazione del mercato di riferimento - che rivelano l'esistenza di una collaborazione anomala (elementi esogeni) e, dall'altro lato, all'impossibilità di spiegare alternativamente le condotte parallele sub specie di frutto plausibile di iniziative imprenditoriali autonome delle parti (elementi endogeni).
7. Oltre che alle emergenze già innanzi ricordate - e cioè: a) lettere anonime che anticipavano il vincitore ed il prezzo praticato, b) comunicazioni ambigue con l'indicazione dei prezzi praticati durante le gare, c) confessione della società Primo Piano - è alla luce della riscontrata oggettiva alterazione del mercato nel periodo luglio-ottobre 2013 che devono, dunque, essere esaminati tutti gli ulteriori elementi portati dall'Autorità a supporto del proprio impianto accusatorio, i quali, oltretutto, devono essere valutati secondo i criteri già innanzi evidenziati, in base ai quali è sufficiente l'emersione di indizi, purché seri, precisi e concordanti, con la precisazione che la circostanza che la prova sia indiretta (o indiziaria) non comporta necessariamente che la stessa abbia una forza probatoria attenuata (cfr. C.d.S., Sez. VI, 30 giugno 2016, n. 294). In particolare, non rileva che ciascun singolo elemento possa trovare una giustificazione plausibile lecita. A fronte di una obiettiva alterazione anomala del mercato, tali elementi assumono, invece, il connotato della gravità e soprattutto della concordanza, rispetto ad un fine (l'aumento dei prezzi) che si è di fatto concretizzato (cfr. C.d.S., 11 luglio 2016, n. 3047).
7.1. A scanso di equivoci, anche a prescindere dall'effettiva alterazione del mercato, correttamente l'Autorità ha messo in luce l'illiceità dello scambio di informazioni avvenuto sin dalla costituzione di NIBA, in quanto da considerarsi di per sé illecito, indipendentemente dai concreti effetti che abbia prodotto.
Al riguardo, giova infatti ricordare che il coordinamento tra imprese ha un chiaro oggetto anticoncorrenziale ogni volta che le imprese danno luogo a una reciproca collaborazione allo scopo di sostituire la concorrenza con un meccanismo di concertazione delle rispettive politiche di prezzo, eliminando l'incertezza derivante dal dispiegarsi del libero gioco della concorrenza. Tale forma di collusione rientra tra le più gravi restrizioni della concorrenza già per il suo "oggetto" (c.d. hardcore), senza bisogno che ne sia provato l'effetto (C.d.S., 21 dicembre 2017, n. 5998 e 5997).
L'Autorità ha inoltre valorizzato l'organizzazione di due riunioni, tenutesi nelle date del 2 luglio e del 17 settembre 2013, avvenute nel medesimo periodo in cui si è riscontrata l'effettiva alterazione del prezzo di aggiudicazione, tra le imprese di post-produzione iscritte, e non, all'associazione NIBA, nell'ambito delle quali si sarebbe concordato di tenere una linea comune nella presentazione delle offerte.
Tanto precisato, di seguito si ricordano gli ulteriori elementi ritenuti più significativi, non potendosi citare tutti i numerosi documenti raccolti dall'Autorità nel corso dell'istruttoria, che correttamente interpretati portano alla ragionevole conferma della sussistenza di uno scambio di informazioni e di un coordinamento delle politiche di offerta in sede di partecipazione alle gare RAI con l'obiettivo di innalzare il livello dei prezzi praticato, costituenti un'intesa restrittiva della concorrenza in violazione dell'art. 2 della l. 287/1990.
8. Circa l'oggetto delle riunioni dell'estate 2013, è eloquente la "lettera aperta" del 5 luglio 2013 della società MAV, indirizzata alla generalità delle imprese sanzionate, dove, nel sintetizzare il contenuto della riunione del 2 luglio 2013, si afferma che "siamo riusciti con grande successo a riunire tutte le società; in quella sede si è ribadito di comune accordo che la linea da adottare è quella di essere tutti uniti ... per organizzare questa riunione abbiamo lavorato per circa un mese con dei punti fermi: tariffario, innalzamento del prezzo minimo e altro (...) la RAI non può risolvere i problemi delle imprese, bensì siamo noi con le nostre lotte a dover cambiare il nostro destino".
Inoltre, nel corso dell'attività ispettiva, MAV ha confermato che nella riunione del 2 luglio 2013 è stato discusso e consigliato "di rialzare il prezzo unitario dei servizi di post produzione offerti alla RAI per raggiungere livelli sostenibili, arrivando almeno ad un prezzo unitario oscillante da 29 a 31 euro/h".
È, inoltre, rilevante lo stesso contenuto del verbale dell'incontro del 2 luglio 2013, nel quale, tra l'altro, si legge: "sarebbe inutile andare in RAI e chiedere direttamente l'innalzamento dei prezzi (...) La nostra lotta sarà quella di andare tutti uniti ad una trattativa". Va, inoltre, rilevato che, al verbale sopra menzionato, risulta allegata una proposta di convenzione con un listino prezzi orari e un listino servizi accessori poi presentata alla RAI.
8.1. Il TAR ha ritenuto tali emergenze non significative, in quanto meri "atti unilaterali, di invito e di raccomandazione".
L'assunto non risulta condivisibile. In primo luogo, deve evidenziarsi come le dichiarazioni di MAV siano sostanzialmente in sintonia con quelle della società Primo Piano - che ha confessato gli addebiti - già innanzi ricordate, secondo cui la stessa nel giugno 2013 sarebbe stata in un primo momento "contattata telefonicamente da [...] dicendo «non dobbiamo farci la guerra, i prezzi sono troppo bassi dobbiamo contrastare Eurogroup che si sta portando via tutto il lavoro con Studio Immagine». Successivamente Eurogroup, Studio Immagine e MAV hanno raggiunto un accordo e hanno cercato nuovi contatti con tutti gli operatori. La sostanza era una raccomandazione a decidere a turno chi dovesse aggiudicarsi la commessa e senza farsi guerra e con la raccomandazione a non effettuare più prezzi bassi. Si pensi a Razza Umana che abbiamo vinto a 22 euro/h e Virus dove siamo dovuti arrivare a 20 euro/h".
Inoltre, come già sottolineato, tutte tali emergenze ricevono oggettivo riscontro nell'effettivo aumento dei prezzi praticati nelle gare immediatamente seguenti alla riunione del 2 luglio.
8.2. La valutazione del TAR, che ha ravvisato solo dei comportamenti unilaterali di singole imprese, non considera inoltre che ai fini dell'integrazione dell'illecito antitrust non è necessario dimostrare la sussistenza di un vero e proprio accordo, inteso come scambio di volontà tra le parti. Giova, inoltre, ricordare che nelle fattispecie di intesa anticoncorrenziale "risulta superfluo, al fine dell'an della responsabilità, indagare se il singolo partecipante all'intesa abbia avuto un ruolo maggiore o minore, attivo o addirittura meramente passivo. Ed infatti, l'intesa risulta contestabile anche nei confronti di chi si limiti a trarne un vantaggio assumendo un ruolo meramente passivo, dovendosi riconoscere l'esonero da responsabilità solo in caso di dissociazione espressa dall'intesa" (cfr. C.d.S., 30 giugno 2016, n. 2947. Nello stesso senso C.d.S., Sez. VI, 23 giugno 2014, n. 3167: "affinché sia provata la partecipazione di un'impresa all'intesa, è sufficiente la mera partecipazione della stessa a riunioni durante le quali siano stati conclusi accordi di natura anticoncorrenziale, senza esservisi manifestamente opposta).
9. A monte di tali emergenze, collocabili nell'estate del 2013, correttamente l'Autorità ha messo in luce la funzione svolta dall'associazione NIBA, al fine di delineare il contesto dal quale ha preso le mosse l'alterazione del mercato, poi di fatto verificatasi. Dagli elementi a tal fine raccolti dall'Autorità si desume chiaramente la funzione agevolatoria dell'attività di raccolta dati effettuata da NIBA rispetto all'alterazione del mercato. Non solo, anche a prescindere dalle gare dell'estate del 2013, gli elementi raccolti dall'Autorità dimostrano la sussistenza di un coordinamento tra imprese avente chiaro oggetto anticoncorrenziale, volto, cioè, ad eliminare l'incertezza derivante dal dispiegarsi del libero gioco della concorrenza. Come già sottolineato, tale forma di collusione rientra tra le più gravi restrizioni della concorrenza già per il suo "oggetto" (c.d. hardcore), senza bisogno che ne sia provato l'effetto.
9.1. Tanto precisato, con riferimento alla prima fase dell'intesa, il Giudice di primo grado ha ritenuto che l'attività di sollecitazione svolta da NIBA ben potesse avere una spiegazione che la ricondurrebbe ad una finalità di per sé legittima, quale quella di indurre la RAI ad adottare meccanismi di selezione competitiva che prevedessero dei correttivi al sistema del massimo ribasso. Inoltre, ha osservato che lo scambio di dati - che secondo la tesi dell'Autorità contribuirebbe a colorare di illiceità la più complessiva condotta delle imprese - è essenzialmente relativo ai prezzi di aggiudicazione delle singole gare già svolte; pertanto, da considerarsi "dati storici", ed inidonei a rivelare le future intenzioni commerciali dei partecipanti alle future gare.
9.2. Anche in questo caso, le valutazioni del TAR, seppur astrattamente sensate, alla luce degli elementi già ricordati, non risultano condivisibili, dovendosi inoltre evidenziare le ulteriori emergenze probatorie di seguito riportate.
In via preliminare, è opportuno ricordare che: "sono vietate non solo le intese tramite le quali le imprese fissano i prezzi a livelli esattamente determinati o stabiliscono esattamente prezzi minimi al di sotto dei quali esse si impegnano a non vendere, ma, più in generale, tutte le intese che mirino o abbiano ad effetto di limitare la libera determinazione del prezzo e, quindi, la sua naturale flessibilità" (C.d.S., 22 marzo 2016, n. 1164).
Inoltre, a dimostrazione dell'errata valutazione del Giudice di prime cure, secondo il quale lo scambio dei dati di prezzo sarebbero "storici" e in quanto tali inidonei ad influenzare il comportamento futuro delle imprese, si rammenta che lo scambio di informazioni può costituire restrizioni della concorrenza per oggetto "qualora riduca o annulli il grado di incertezza in ordine al funzionamento del mercato di cui trattasi, con conseguente restrizione della concorrenza tra le imprese", sicché una diffusione generalizzata, tra i soggetti che assicurano la maggior parte dell'offerta, di uno scambio di informazioni di prezzo dettagliate e recenti e a cadenze ravvicinate può alterare sensibilmente la concorrenza tra gli operatori economici (cfr. ex plurimis, CGUE, 19 marzo 2015, causa C-286/13 P, Dole Food Company Inc c. Commissione, sentenza 18 luglio 2013, causa C-449/11, The Dow Chemical Company e altri contro Commissione europea).
Nelle stesse indicazioni della Commissione, la natura strategica delle informazioni scambiate (ad esempio, prezzi effettivi, sconti, aumenti, riduzioni o abbuoni) viene desunta da una molteplicità di fattori, non richiedendosi necessariamente che i dati siano prospettici; in particolare, si pone l'accento sulle seguenti caratteristiche: a) se i dati vengono forniti alle parti in modo aggregato o individualizzati; b) l'età dei dati, c) la frequenza dello scambio di dati; d) se le informazioni sono pubbliche, ovvero facilmente accessibili per tutti i concorrenti e i consumatori (in termini di costi di accesso).
9.3. Alla luce dei ricordati criteri, e tenuto conto delle emergenze probatorie di seguito riportate, deve sin da ora osservarsi come tramite NIBA sia stata posta in essere una capillare attività di monitoraggio sui dati relative alle gare per l'affidamento dei servizi di post-produzione. I quali, anche se autonomamente accessibili da ciascuna impresa, avrebbero certamente comportato un dispiego non indifferente di risorse per la loro acquisizione ed elaborazione da parte di una singola impresa. Non solo, tramite NIBA è stata garantita la diffusione generalizzata di tali dati. Anche rispetto a tale circostanza, non vale rilevare che tali dati sarebbero stati comunque conoscibili dalle singole imprese, non potendosi sottovalutare il rischio connesso alla consapevolezza della generalizzata diffusione dei prezzi, nel senso che una impresa può essere influenzata nel determinare il proprio comportamento di prezzo, non solo dalla conoscenza del prezzo storico praticato dalle altre imprese nelle gare immediatamente precedenti, ma anche dalla consapevolezza che le concorrenti condividono i medesimi dati, così da orientare l'andamento complessivo dei prezzi in senso deteriore alla committente.
Non rileva neppure che i "listini di prezzo", siano stati di fatto trasmessi alla stessa RAI. Invero, il fatto che gli stessi vengano inoltrati alla committenza, nell'ambito di un confronto volto a sensibilizzare l'interlocutore sulle difficoltà che stava attraversando il settore, non esclude che, di fatto, gli stessi ben possono fungere da "indicazione di prezzo" al quale le imprese sono portate a conformarsi (o come nel caso di specie, esplicitamente invitate ad attenersi), indipendentemente dal recepimento o meno di tali indicazioni da parte dell'interlocutore. In altre parole, l'effettiva sussistenza di un confronto con la committenza, anche se improntato alla trasparenza dei dati, non toglie che la massiccia diffusione di dati strategici possa influenzare il comportamento di prezzo delle singole imprese, alterando il libero confronto concorrenziale.
9.4. In considerazioni di tali assunti, la natura strategica dei dati scambiati non è infine contraddetta dal fatto che gli stessi siano riferiti a comportamenti di prezzo storici, valendo in senso opposto una serie di ulteriori ragioni tra loro correlate: a) in generale, anche un dato storico può fungere da indicazione di prezzo futuro, laddove accompagnato dall'invito a non discostarsi dallo stesso, o comunque dall'invito a tenerne conto nelle transazioni future; b) nel caso di specie, trattasi di dati relativi a transazioni recenti, in grado di disvelare l'attuale comportamento di prezzo dei concorrenti; c) il contesto nel quale si colloca la loro generalizzata diffusione mira chiaramente ad evitare una rincorsa al ribasso dei prezzi, in tal modo orientando (in modo esplicito, come si evince dal materiale probatorio di seguito esaminato) il comportamento di prezzo di ciascun operatore.
9.5. È alla luce del quadro innanzi tratteggiato che emerge il fine dell'associazione NIBA di agevolare una condotta concertata tra le imprese che ne fanno parte. In particolare, giova evidenziare che, già a monte della costituzione di NIBA, con mail del 10 marzo 2010, trasmessa dall'impresa DIVA a varie imprese con allegati un elenco delle potenziali associate e una lettera a firma della società Futura del 5 marzo 2010, si discuteva l'ipotesi di costituire un'associazione, al fine di "individuare una strategia d'azione per ottenere la fissazione di un tetto dell'offerta più bassa attraverso incontri diretti con le dirigenze RAI; ... quando possibile, coordinare eventuali accordi diretti tra associati per concordare anticipatamente le aggiudicazioni delle gare d'appalto".
Inoltre, diversi documenti acquisiti nel corso dell'istruttoria attestano le finalità effettivamente assunte da NIBA; di seguito si citeranno, solo sommariamente per evidenti ragioni espositive, solo quelle più significative:
- verbale di una riunione NIBA del 3 settembre 2012, dove si legge: "Quando tutto è cominciato avevo l'ambizioso obiettivo di spingere il nostro settore a muoversi nella più totale trasparenza e legalità, affinché al lavoro di tutti venisse dato il giusto valore. Il solo modo di farlo era spingere la Rai, muovendoci tutti nella stessa direzione, a rialzare i prezzi in modo congruo (...) I prezzi molto bassi, presentati nelle ultime gare di appalto da alcuni soci, sono stati ai miei occhi un segnale di come manchi proprio alla base la coesione di intenti, fondamentale per raggiungere quello che era il nostro scopo";
- mail del 3 agosto 2012 della società Menager 2000 e del 10 agosto 2012 di Unitelefilm a NIBA ed agli altri associati ove si ribadisce che: "lo scopo dell'associazione fosse [era] quello di cercare di far rialzare i prezzi di aggiudicazione delle commesse Rai. E ancora: "Per le ultime offerte fatte intorno ai 25 euro, ha di fatto risposto il Presidente, inviando il 20.08.2012 una mail che invitava tutti gli associati a non fare sconti eccessivi";
- comunicazione di NIBA del 20 agosto 2012 inviata a tutti gli associati ove si legge: "Apprendiamo che le ultime offerte presentate alla Rai, per l'aggiudicazione degli appalti di montaggio, sono state di importi molto vicini al costo del lavoro. Ricordiamo che, nella perizia effettuata dalla Ernst&Young, a suo tempo inviatavi, il costo industriale per l'uso di un'ora di montaggio è stimato in Euro 43,00 circa, cifra al di sotto della quale qualsiasi azienda si troverebbe in sofferenza. È comprensibile che le società, per eventi non da loro determinati sono costrette a praticare forti sconti per ottenere dei lavori, ma è consigliabile che le associate nelle loro offerte non si discordino molto dalla valutazione indicata per non danneggiare loro e le altre imprese, costringendole a praticare ribassi che oggettivamente sono finalizzati solo ad una breve sopravvivenza";
- comunicazione di NIBA agli associati del 24 settembre 2012 con indicazioni operative circa i comportamenti da assumere: "Nelle ultime richieste d'offerte la Rai invia l'allegato D (modulo per la compilazione dell'offerta economica) in cui a differenza del passato è richiesto il costo orario ordinario delle singole voci che la Società adotta come prezzo di listino. Ed è evidente che la richiesta è finalizzata alla conoscenza del quanto le aziende praticano sul mercato. Compilare l'allegato D non avendo determinato con esattezza l'importo totale costituito dal prezzo della W.S. Basic di 46,48 (maggiore del costo industriale di Euro 43,00 sotto il quale si va in sofferenza), più da quelli degli accessori, riconosciuti già circa 10 anni fa, che insieme possono essere scontati su vostra decisione autonoma, equivale a dare all'appaltante la possibilità di contestare le richieste economiche dell'Associazione in quanto molto più alte di quelle indicate dalla singola azienda. Per non entrare in contraddizione tra le proposte della Niba e l'indicato dalle Società, inviamo il nostro listino prezzi dei mezzi tecnici extra W.S. (consegnato alla Rai dal [omissis] personalmente a [omissis) il 02/08/12) a cui le associate dovrebbero attenersi nel compilare le offerte e alcuni esempi di redazione riferiti ai recenti appalti con i criteri che consigliamo di adottare". In allegato a tale mail venivano trasmessi alcuni esempi di redazione di listino prezzi riferiti ad appalti recenti (ovvero alle trasmissioni "Geo&Geo" e "Chi l'ha visto"), che venivano consigliati per formulare le proprie offerte;
- mail del 31 gennaio 2011 da Industria Immagine con sotto riportata la precedente mail inviata dalla medesima a MAV con la situazione delle aggiudicazioni degli appalti per società e gli importi di aggiudicazione al 27 gennaio 2011;
- mail del 6 dicembre 2011 inviata da MAV a varie società con cui si sollecita l'invio del prospetto delle gare a cui le imprese hanno "partecipato e quelle vinte con gli importi sia a base d'asta che quelli di aggiudicazione onde evitare spiacevoli equivoci. Attendiamo una vostra risposta urgentemente";
- mail di NIBA del 24 agosto 2012 a Studio Immagine con oggetto: "partecipazioni di agosto '12" in cui nel corso della stagione delle gare dell'estate 2012, la NIBA comunica il numero di chiamate che ciascuna impresa ha ricevuto dalla RAI e in cui si legge quanto segue: "Salve, Le invio il conto delle società che sono state chiamate da inizio agosto ad oggi. Escludendo Geo&Geo e Easy driver, ancora non consegnate, sono state chiamate 11 gare. Ancora non sono venuta a conoscenza dell'esito della prova del cuoco (consegna il 10 ago)" e con indicati gli importi precisi di aggiudicazione per ciascuna impresa;
- mail di NIBA del 29 agosto 2012 che contiene il prospetto aggiornato delle società che sono state chiamate in gara da inizio agosto e sempre con il dettaglio degli importi offerti da ciascuna società, di quelli a base d'asta e di quelli di aggiudicazione;
- mail di NIBA a diversi associati del 23 gennaio 2013 con indicate tutte le gare svoltesi ad agosto 2012 e con i prezzi di aggiudicazione e le percentuali di sconto applicate;
- mail del NIBA a tutti gli associati del 14 giugno 2013, con un listino prezzi per servizio con scritto: "La condivisione tra le operanti nel nostro settore può favorire un diverso approccio all'attuale logica di mercato".
9.6. Contrariamente all'assunto del TAR, per le ragioni già spiegate (vedasi 9.2-9.3), l'oggetto delle comunicazioni citate, tenuto conto del contesto nel quale le stesse si inseriscono, è costituito da dati potenzialmente idonei ad incidere sulle determinazione di prezzo di ciascuna impresa, consentendo di svelare i recenti e dettagliati comportamenti di mercato dei concorrenti, al fine di orientare i prezzi delle offerte future. A questo riguardo, la giurisprudenza ha avuto modo di argomentare nel senso che quando un'impresa riceve dati strategici da un concorrente, "si presupporrà che abbia accettato le informazioni ed abbia adattato il proprio comportamento sul mercato di conseguenza, a meno che non reagisca con una dichiarazione chiara del fatto che non desidera ricevere tali dati", senza che sia esimente ai fini della configurazione dell'illecito o della commisurazione della sanzione il carattere non segreto delle medesime, in particolare con riferimento alle informazioni diffuse in sede associativa (ex plurimis: CGUE, 19 marzo 2015, causa C-286/13 P, Dole Food Company Inc c. Commissione, sentenza del 1° settembre 2014, causa C-67/13 P, Groupement des cartes bancaires).
Nel loro complesso, quindi, gli elementi sopra descritti provano come l'associazione NIBA e gli associati alla medesima aderenti abbiano di fatto condiviso i prezzi e gli sconti offerti alla RAI, allo scopo di coordinare il loro comportamento, in violazione dell'art. 2 della l. 287/1990. Ne consegue che deve ritenersi sussistente un'intesa di carattere orizzontale volta in modo illecito a determinare un allineamento tra le politiche di prezzo dei partecipanti, la quale concreta ex se un elemento sufficiente a giustificare l'esercizio dei poteri repressivi e sanzionatori dell'Autorità, non rilevando in senso opposto nemmeno l'eventuale mancato allineamento (cfr. C.d.S., 23 giugno 2014, n. 3170).
10. A nulla rileva che tali sollecitazioni dell'associazione alle singole imprese si inseriscano nella più ampia attività finalizzata a sensibilizzare la RAI sulla sofferenza del settore determinata da richieste di servizi che non avrebbero consentito di coprire i costi sostenuti. In questo contesto, NIBA commissionò una perizia ad una società di consulenza finalizzata all'individuazione dei costi sostenibili a fronte dei servizi richiesti, così da trasmetterli secondo una logica di piena trasparenza alla stessa RAI.
Al riguardo, giova, infatti, ricordare l'orientamento secondo cui ciò che rileva a fini antitrust è "la portata anticoncorrenziale di una serie di atti, anche, in tesi, in sé legittimi", e quindi l'uso al quale la stessa è preordinata, potendo risultare illecito un uso strumentale di strumenti di diritto leciti, laddove colorati di un intento anticoncorrenziale (cfr. C.d.S., sentenza 15 maggio 2015, n. 2479).
10.1. Da un altro punto di vista, la concertazione perpetrata non può certo trovare giustificazione nel momento di crisi che stava vivendo il settore. Al riguardo, la giurisprudenza si è già espressa nel senso che "l'obiettivo di un cartello ben può consistere anche soltanto nell'attenuare in maniera collusiva la riduzione dei prezzi di taluni beni o servizi in un contesto caratterizzato da fattori esogeni quali ad esempio la progressiva crisi di un settore o la riduzione della domanda" (C.d.S., 11 luglio 2016, n. 3047).
11. Inoltre, non possono essere favorevolmente apprezzati gli argomenti delle imprese che lamentano un sostanziale abuso di mercato da parte della RAI, che obbligherebbe i soggetti fornitori ad operare sottocosto e in spregio alle norme di tutela del lavoratore. Invero, ciascun operatore economico deve determinare in modo del tutto autonomo la propria condotta commerciale; eventuali violazioni di norme fiscali o a tutela del lavoro ben possono essere perseguite nelle forme di legge, non certo concertando i comportamenti di prezzo da tenere rispetto alla committenza. In altre parole, la violazione delle norme poste a presidio della concorrenza non può mai essere considerata una risposta lecita nemmeno ad un asserito comportamento illecito altrui (cfr. C.d.S., 4 settembre 2015, n. 4123; CGUE, 22 ottobre 2015, C-194/14P, AC Treuhand; CGUE, C-49/92, Anic).
In argomento, si segnala che, in casi parzialmente analoghi, la giurisprudenza ha ritenuto che le indicazioni di associazioni di imprese di tenere un determinato livello di prezzi, anche laddove non vincolanti e costituenti una mera raccomandazione, costituiscono intese restrittive della concorrenza, anche nell'ipotesi in cui richiamino a giustificazione della propria condotta la dignità della professione o la qualità della prestazione (cfr. C.d.S., 22 gennaio 2015, n. 238; CGUE, 18 luglio 2013, C-136/12, Consiglio nazionale dei geologi).
Alla luce delle considerazioni che precedono, la chiave di lettura offerta nella sentenza impugnata, secondo cui, in ragione della struttura del mercato, si sarebbe dovuta concentrare l'indagine al fine di verificare l'esistenza di una spiegazione economica alternativa alla concertazione, non risulta condivisibile.
12. Anche la carenza di prova circa una espressa dichiarazione di consenso da parte della generalità delle imprese - richiamata dal TAR - come già evidenziato, non è elemento che può inficiare le conclusioni dell'Autorità circa il coinvolgimento all'intesa accertata. Al riguardo, non può che richiamarsi la giurisprudenza già citata, secondo la quale, nelle fattispecie di intesa anticoncorrenziale, "risulta superfluo, al fine dell'an della responsabilità, indagare se il singolo partecipante all'intesa abbia avuto un ruolo maggiore o minore, attivo o addirittura meramente passivo. Ed infatti, l'intesa risulta contestabile anche nei confronti di chi si limiti a trarne un vantaggio assumendo un ruolo meramente passivo, dovendosi riconoscere l'esonero da responsabilità solo in caso di dissociazione espressa dall'intesa" (C.d.S., 18 maggio 2015, n. 2513, n. 1701; nonché, ex multis, C.d.S., VI, 20 maggio 2011, n. 3013).
13. Anche alla luce di tale principio, i criteri utilizzati dall'Autorità ai fini dell'imputazione di ciascuna singola impresa, appaiono ragionevoli.
Più precisamente, rispetto al momento iniziale dell'intesa, l'imputabilità di ciascuna impresa è stata desunta sulla base dei seguenti criteri: partecipazione all'elaborazione delle comunicazioni di NIBA e scambio di mail; aver rivestito cariche sociali all'interno di NIBA; aver partecipato alle riunioni di NIBA. Per quanto riguarda i fatti accaduti nell'estate del 2013, il criterio di imputazione è dato dalla partecipazione alle riunioni, tra le quali spicca per rilevanza quella del 2 luglio, nonché la partecipazione alle 20 gare durante le quali si sono verificati i ribassi anomali e l'alterazione dei prezzi.
Alla luce di tali criteri, valutate durata e contributo di ciascuna impresa, l'Autorità ha modulato la relativa sanzione di ciascuna.
13.1. A questo riguardo, il TAR, nella propria decisione assolutoria, ha valorizzato l'esclusione, da parte dell'Autorità, dell'imputabilità di alcune imprese, nonostante le stesse abbiano di fatto partecipato alle gare dell'estate del 2013 (AS Video, Soul Movie, Grande Mela, Worldvideo e Onera), o ne siano risultate aggiudicatarie (Euroscena e RTS).
Il rilievo non appare risolutivo, posto che l'esclusone dal provvedimento sanzionatorio di tali imprese deriva dall'incrocio dei menzionati criteri. In particolare, tali società sono andate esenti da responsabilità in ragione della loro estraneità rispetto all'attività di NIBA o della loro mancata partecipazione alla riunione del 2 luglio. Ne consegue che la scelta dell'Autorità non può essere di per sé censurata, rientrando nell'ambito delle facoltà discrezionali dell'Autorità valutare i soggetti da sottoporre a procedimenti, non apparendo, oltretutto, né illogica, né arbitraria, basandosi, come già osservato, su criteri oggettivi di analisi.
13.2. Inoltre, per ciò che più rileva in questa sede, il modus procedendi seguito dall'Autorità non inficia la scelta di imputare l'illecito alla società appellata, la quale risulta aver svolto un ruolo di primo piano all'interno dell'associazione NIBA, ricoprendo cariche sociali e partecipando alla diffusione delle informazioni tra le associate. La stessa ha inoltre partecipato alla riunione del 2 luglio 2013 ed ha partecipato a più di una gara tra quelle svoltesi tra luglio e settembre 2013, risultando altresì tra le aggiudicatarie.
14. In definitiva, la valutazione degli elementi di prova "esogeni" ed "endogeni" acquisiti in sede procedimentale e la ricostruzione in chiave unitaria e globale dell'intero quadro indiziario, contrariamente a quanto affermato dal TAR, rispondono al regime della distribuzione dell'onere della prova e agli standard probatori, quali elaborati dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale in tema di accertamento di fatto di un'intesa anticoncorrenziale, come già innanzi ricordati. Infatti, dette operazioni valutative si rivelano aderenti alla realtà dei fatti accertati e agli elementi di prova acquisiti, analiticamente esaminati e ricomposti in una ricostruzione completa, i cui singoli passaggi si connotano per la loro coerenza inferenziale interna e non-contraddittorietà, e la quale, nella sua globalità e secondo un approccio metodologico olistico combinato a quello analitico, si connota per la congruità narrativa rispetto ai fatti, pervenendo alla corretta conclusione della comprovata sussistenza dell'illecito anticoncorrenziale sub specie di intesa restrittiva della concorrenza di tipo orizzontale, perpetrata dalle parti con variegate forme di condotta (accordi, scambi di informazione, pratiche concordate in senso stretto), sfociate nell'effettiva alterazione degli esiti delle gare svolte dalla RAI nel periodo luglio-ottobre 2013.
Inoltre, e per mero scrupolo, giova ricordare che nel quadro del "canone di "congruenza narrativa", l'eventuale sussistenza di alcuni profili di discrasia nel quadro indiziario non sarà idonea a travolgere la complessiva tenuta dell'impianto accusatorio, salvo nelle ipotesi - che qui non sussistono - in cui le incongruenze risultino di tale gravità e rilevanza da compromettere la coerenza complessiva del quadro ricostruttivo delineato dall'Autorità" (C.d.S., 18 maggio 2015, n. 2514).
15. In conclusione, l'appello deve trovare accoglimento e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve essere rigettato il ricorso di primo grado. Le spese di lite di entrambi i gradi di giudizio possono essere compensate in ragione della complessità dell'accertamento e del riferimento a principi giurisprudenziali di non immediata applicazione.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando, accoglie l'appello e per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.
Spese di lite compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Note
V. anche Consiglio di Stato, sezione VI, sentenze 29 marzo 2018, dalla n. 1999 alla n. 2006.