Consiglio di Stato
Sezione V
Sentenza 26 aprile 2018, n. 2537

Presidente: Giovagnoli - Estensore: Lotti

FATTO

Il Tribunale Amministrativa Regionale per il Lazio, Roma, sez. II, con la sentenza 19 gennaio 2017, n. 989 ha accolto in parte il ricorso proposto dalla parte appellata Nexive s.c.a.r.l. e, per l'effetto, ha annullato i provvedimenti impugnati nella parte in cui dispongono l'escussione della cauzione provvisoria.

Il TAR ha rilevato sinteticamente che:

- in sede di memoria conclusionale, Nexive ha espressamente precisato di voler limitare lo scrutinio del provvedimento di esclusione ad un accertamento incidenter tantum mentre la domanda di annullamento investe esclusivamente la determinazione di escussione della cauzione provvisoria;

- nel merito vanno respinte tutte le censure espressamente dedotte in via subordinata;

- ai fini dell'applicazione delle sanzioni previste, il presupposto determinante (e dunque assorbente) è rappresentato dall'esclusione. Ciò che è quindi possibile censurare, innanzi al giudice amministrativo, è la legittimità dell'esclusione, non - una volta che questa sia intervenuta (e sia ritenuta legittima) - l'adozione dei conseguenti atti di incameramento della cauzione e di segnalazione, essendo questi conseguenze automatiche, previste ex lege;

- è fondata la censura secondo cui la stazione appaltante ha proceduto all'esclusione senza verificare se il consorzio Nexive potesse procedere all'esecuzione del contratto direttamente, mediante un processo di riorganizzazione interna, idoneo a garantire la copertura territoriale del servizio, così come dallo stesso rappresentato con la comunicazione in data 14 giugno 2016;

- nell'ipotesi di modificazione "in riduzione" non vi sia ragione di disporre l'esclusione del consorzio, in caso di insussistenza di un requisito generale da parte di una consorziata, se il consorzio possa senz'altro provvedere all'esecuzione diretta della prestazione oggetto di affidamento, ovvero attraverso un'altra consorziata indicata in sede di offerta;

- nel caso di specie in cui non vi è alcun subentro di un'impresa ad un'altra, ma l'esecuzione diretta o tramite altra consorziata indicata in sede di offerta (i cui requisiti, quindi, sono stati verificati in sede di ammissione) di una parte della prestazione, prima affidata ad altro soggetto.

La parte appellante contestava la sentenza del TAR, deducendone l'erroneità per errore di fatto e diritto, per violazione di legge e, in particolare, degli artt. 35 e 36 d.lgs. n. 163/2006; artt. 94 e 207 d.P.R. n. 207/2010.

Con l'appello in esame chiedeva, quindi, l'integrale reiezione del ricorso di primo grado.

Si costituiva la parte appellata che chiedeva la reiezione dell'appello e proponeva appello incidentale contro la sentenza del TAR nella parte in cui ha respinto le ulteriori doglianze argomentate dall'odierna esponente sub I e nei successivi motivi di ricorso sub II, III e IV e, per l'effetto, per l'annullamento, in ogni caso, dei provvedimenti impugnati in primo grado.

All'udienza pubblica del 29 marzo 2018 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Il Collegio rileva preliminarmente che i provvedimenti di archiviazione adottati da ANAC con le delibere n. 332, 334 e 652 del 2017 (docc. 1, 2 e 5 di Consip), nei confronti delle consorziate escluse, non incidono sul presente giudizio, considerato che il procedimento sanzionatorio dell'Autorità è finalizzato esclusivamente ad accertare la sussistenza dei presupposti per l'applicazione di una sanzione e non incide sull'accertamento della legittimità dell'esclusione adottata dalla Stazione Appaltante che qui viene contestato e costituisce l'oggetto del presente giudizio di appello.

2. In relazione all'appello principale, giova richiamare le argomentazioni già formulate da questa Sezione del Consiglio di Stato in un caso analogo (cfr. C.d.S., sez. V, 23 febbraio 2017, n. 849).

Infatti, ai sensi degli artt. 35-36 d.lgs. n. 163/2006 e 277 del regolamento di esecuzione (d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207) il consorzio si qualifica in base al cumulo dei requisiti delle consorziate e tale disciplina si giustifica in ragione del patto consortile che si instaura nell'ambito di un organizzazione stabile, caratterizzato da un rapporto durativo ed improntato a stretta collaborazione tra le consorziate e dalla comune causa mutualistica, nell'ambito del quale la consorziata che si limiti a conferire il proprio requisito all'ente cui appartiene non partecipa all'esecuzione dell'appalto, al quale rimane estranea, tant'è che non sussiste alcuna responsabilità di sorta verso la stazione appaltante.

Uno statuto ben diverso è invece quello delle consorziate che, al contrario, siano state indicate per l'esecuzione dell'appalto, per le quali è prevista l'assunzione della responsabilità in solido con il consorzio stabile nei confronti della stazione appaltante (art. 94, comma 1, del citato d.P.R. n. 207/2010), e nei confronti delle quali la giurisprudenza ha quindi ritenuto applicabili gli obblighi dichiarativi dell'art. 38 d.lgs. n. 163/2006 (come da ultimo ricordato da questa Sezione, nella sentenze 27 aprile 2015, n. 2157 e 9 aprile 2015, n. 1824).

Al consorzio stabile è nondimeno imputabile l'esecuzione delle prestazioni contrattuali dedotte nell'appalto, poiché è esso che stipula il contratto in nome proprio, sebbene per conto delle consorziate, con la conseguenza che ai fini della verifica dei requisiti di qualificazione, atti a comprovare la capacità tecnica e la solidità generale il consorzio può cumulare quelli posseduti dalle imprese consorziate e usufruirne in proprio (principio pacifico presso la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, da ultimo ribadita nelle sentenze della V Sezione, 22 gennaio 2015, n. 244, 19 dicembre 2012, n. 4969; VI, 13 ottobre 2015, n. 4703).

Nondimeno, il possesso dei requisiti di ordine generale ex art. 38 cod. contratti pubblici deve comunque essere posseduto dalle imprese consorziate in un consorzio stabile, donde gli obblighi dichiarativi poc'anzi richiamati, al fine di impedire che queste si giovino della copertura dell'ente collettivo, eludendo i controlli demandati alle stazioni appaltanti (ex multis: C.d.S., Ad. Plen., 4 maggio 2012, n. 8; V, 17 maggio 2012, n. 2582; VI, 13 ottobre 2015, n. 4703).

In ragione di ciò si giustifica l'obbligo per il consorzio stabile ai sensi dell'art. 36, comma 5, del previgente codice dei contratti pubblici di "indicare in sede di offerta per quali consorziati il consorzio concorre" - come anche per l'art. 37, comma 7, riguardante i consorzi fra società cooperative di produzione e lavoro costituiti a norma della l. 25 giugno 1909, n. 422.

Quindi, l'obbligo in questione risponde non solo al fine di consentire il controllo del divieto di partecipazione dei consorziati alla medesima gara cui concorre il consorzio del quale fanno parte, ma anche al generale principio dell'immodificabilità dei partecipanti e che in particolare affinché sia rispettato l'obbligo assunto dal consorzio stabile già in sede di procedura di affidamento di avvalersi in sede esecutiva dell'impresa specificamente designata per tale fase.

Alla regola generale ritraibile dall'art. 36, comma 5, fa eccezione il caso disciplinato dall'art. 37, comma 19, del medesimo d.lgs. n. 163 del 2006 per i raggruppamenti temporanei di imprese, e relativi al caso di fallimento di una delle imprese mandanti o di morte, interdizione, inabilitazione allorché questa rivesta forma individuale, o ancora nei casi previsti dalla normativa antimafia (non viene invece in rilievo nel presente giudizio l'ipotesi prevista dal precedente comma 18, riguardante il fallimento della mandataria); infatti, nei casi ora accennati, il mandatario che "non indichi altro operatore economico subentrante che sia in possesso dei prescritti requisiti di idoneità è tenuto alla esecuzione, direttamente o a mezzo degli altri mandanti, purché questi abbiano i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori o servizi o forniture ancora da eseguire".

Tuttavia, va sottolineato che in queste evenienze sopravvenute alla partecipazione alla gara non assume rilevanza il comportamento dell'operatore economico, ma il dato oggettivo della sua insolvenza giudizialmente dichiarata, mentre nel caso di difetto dei requisiti di ordine generale altrettanto non può predicarsi: in particolare, l'irregolarità fiscale ha un'ineliminabile coefficiente soggettivo di imputabilità nei confronti dell'operatore economico che versi nella situazione prevista dalla citata disposizione.

Pertanto, in ragione di tali rilievi, i principi di par condicio che presiedono allo svolgimento di procedure di affidamento di contratti pubblici ostano ad una modifica soggettiva finalizzata a rimuovere una situazione di irregolarità accertata nella stessa.

Non si può, quindi, utilizzare l'autonomia sul piano giuridico e organizzativo del consorzio come "schermo" rispetto all'esistenza di cause ostative alla partecipazione a procedure di affidamento di contratti pubblici.

L'argomentazione sottende dunque un impiego dell'ente collettivo in funzione elusiva nei termini affermati dall'Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato nella citata sentenza del 4 maggio 2012, n. 8.

Lo stesso presupposto del rilievo meramente interorganico della consorziata di un consorzio stabile è peraltro smentito dal già citato art. 94, comma 1, d.P.R. n. 207/2010, secondo cui la prima assume responsabilità solidale con la seconda nell'esecuzione dell'appalto, oltre che dal successivo comma 4, a mente del quale i requisiti di qualificazione maturati dal consorzio sono assegnati ai consorziati indicati come esecutori dei contratti.

Non deve del resto trascurarsi che ancorché dotato di autonoma organizzazione, qualificazione e soggettività, il consorzio stabile costituisce comunque un ente collettivo che attua una causa mutualistica delle imprese consorziate tipizzata all'art. 2602 c.c.; si tratta dunque di un ente costituito per realizzare gli scopi di comune interesse di queste ultime.

Di conseguenza, una volta che si accerti che le stesse non possiedono i requisiti di affidabilità morale per partecipare ad una procedura di affidamento di un contratto pubblico viene meno qualsiasi possibilità di sanare questa causa ostativa, a meno di non volere ritenere - in assenza di addentellati normativi - che l'indicazione in sede di gara del consorziato esecutore ex art. 36, comma 5, d.lgs. n. 163 del 2006 costituisce una designazione con facoltà alternativa.

Del tutto condivisibilmente, quindi, nella citata sentenza del 3 maggio 2016, n. 1717, la IV Sezione di questo Consiglio di Stato ha escluso la possibilità di estromettere la consorziata "colpita" da una causa di ostativa ex art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006 (la stessa Pulistar Professional) e di consentire al consorzio stabile (la stessa Manital) di assumere l'esecuzione dell'appalto in proprio.

Infine, deve rilevarsi che, per quanto riguarda l'ipotizzato recesso delle consorziate, lo stesso art. 48, comma 19, d.lgs. n. 50/2017, espressivo di un principio generale antielusivo certamente preesistente, dispone che è ammesso il recesso di una o più imprese raggruppate, anche qualora il raggruppamento si riduca ad un unico soggetto, esclusivamente per esigenze organizzative del raggruppamento e sempre che le imprese rimanenti abbiano i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori o servizi o forniture ancora da eseguire. In ogni caso la modifica soggettiva di cui al primo periodo non è ammessa se finalizzata ad eludere la mancanza di un requisito di partecipazione alla gara, come invece si verificherebbe all'evidenza nel caso in esame.

3. Nel caso di specie, due consorziate di Nexive s.c.a.r.l. indicate nell'offerta come esecutrici, in fase di verifica dei requisiti, prima dell'aggiudicazione definitiva, erano risultate prive del requisito della regolarità contributiva che, come è noto, deve essere posseduto dal concorrente senza soluzione di continuità per tutta la durata della gara.

Inoltre la Sepost s.r.l. (altra consorziata), era risultata in liquidazione per fallimento, ed il Consorzio non aveva provveduto a comunicarlo alla stazione appaltante, malgrado la comunicazione fosse imposta dalla lex di gara.

A ciò si deve aggiungere che anche a carico di detta impresa, in ragione di richiesta di Consip, in data 11 luglio 2016, veniva riscontrata una posizione di "irregolarità nel versamento di contributi e accessori per l'importo di Euro 51.282,00" (doc. 30 Consip).

Poiché, dunque, le consorziate indicate in un consorzio stabile debbono possedere individualmente i requisiti di partecipazione di ordine generale di cui all'art. 38 d.lgs. n. 163/2006, al fine di evitare che le stesse consorziate possano beneficiare dello schermo costituito dal consorzio per eludere tanto la disposizione sostanziale enunciata dal citato art. 38 e dalla lex di gara, quanto i controlli da parte della stazione appaltante, legittimamente è stata disposta l'esclusione qui contestata, atteso che tre consorziate esecutrici del Consorzio stabile Nexive s.c.a.r.l., durante la procedura di gara, certamente avevano perso i requisiti di cui all'art. 38 d.lgs. n. 163/2006.

Infine, deve rilevarsi che la stessa Corte di Giustizia nella decisione 24 maggio 2016, C-396/14, ha sottolineato che i principi di parità di trattamento e di non discriminazione, nonché l'obbligo di trasparenza, non consentendo trattative fra le amministrazioni aggiudicatrici e gli operatori economici, escludono la possibilità di modificare le offerte dopo il loro deposito, ad eccezione delle ipotesi di semplici chiarimenti o della correzione di errori materiali manifesti. Da un punto di vista soggettivo, ciò implica che l'amministrazione aggiudicatrice non può autorizzare una modifica della composizione soggettiva del raggruppamento attraverso la sostituzione di un'impresa terza che ne fa parte e che ha perduto una qualificazione richiesta a pena di esclusione in quanto costituirebbe una modifica sostanziale dell'offerta e dell'identità stessa del raggruppamento.

Pertanto nel caso de quo non si sarebbe potuta verificare alcuna riduzione della compagine consortile, proprio perché ciò avrebbe determinato una palese violazione della par condicio.

4. L'appello incidentale è, invece, infondato, potendosi dunque prescindere dal previo esame della sua tempestività, contestata da Consip.

Infatti, in primo luogo, sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo riguardo all'accertamento circa la regolarità del DURC quando tale giudice è adito per la definizione di una controversia avente ad oggetto l'aggiudicazione di un appalto pubblico e tale accertamento rappresenta un atto interno della fase procedimentale di verifica dei requisiti di ammissione dichiarati dal partecipante ad una gara (cfr. Ad. Pl. n. 10/2016).

In questo caso il DURC, viene in rilievo non in via principale, ma in qualità di presupposto di legittimità di un provvedimento amministrativo adottato dalla stazione appaltante.

Peraltro, l'istituto dell'invito alla regolarizzazione (il c.d. preavviso di DURC negativo) può operare solo nei rapporti tra impresa ed Ente previdenziale, ossia con riferimento al DURC chiesto dall'impresa e non anche al DURC richiesto dalla stazione appaltante per la verifica della veridicità dell'autodichiarazione (cfr. Cass., Sez. un. civ., sent. 29 marzo 2017, n. 8117).

Solo ai fini della presentazione della domanda di partecipazione ad una gara pubblica, in una logica concorrenziale e collaborativa, è consentito al concorrente di estinguere la propria posizione debitoria o di irregolarità; consentendosi anche alla stazione appaltante di verificare agevolmente la regolarità e affidabilità del concorrente.

Altro è dirsi in corso di procedura di gara, posto che in tale fase il concorrente non può non assumersi il rischio del proprio inadempimento.

Il corretto adempimento degli obblighi contributivi è obbligo primario posto a carico degli operatori economici, i quali ben conoscono le conseguenze del mancato pagamento.

Quindi, il corretto assolvimento degli obblighi datoriali di pagamento dei contributi in favore del personale dipendente non è elemento estraneo all'impresa, né circostanza accidentale; concretizzando un dovere generale connesso con tutta evidenza a profili di tutela dell'ordine pubblico economico e sociale.

Il mancato adempimento degli oneri previdenziali concretizza quindi inadempimento di una obbligazione di legge; ne consegue che i pregiudizi connessi con l'inadempimento non possono che ricadere sull'inadempiente medesimo anche secondo la logica della traslazione del rischio.

5. La nozione di "definitivo accertamento" della posizione di irregolarità che viene in rilievo nell'ambito del Codice dei contratti pubblici deve essere ricostruita in maniera autonoma rispetto alla disciplina dell'ordinamento previdenziale, pertanto, essa prescinde "dalla necessità della previa attivazione di meccanismi di regolarizzazione postuma", come quelli di cui si discute nel presente giudizio.

Anche dopo l'entrata in vigore dell'art. 31, comma 8, del d.l. 21 giugno 2013, n. 69, (Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia), convertito con modificazioni dalla l. 9 agosto 2013, n. 98, non sono consentite regolarizzazioni postume della posizione previdenziale, dovendo l'impresa essere in regola con l'assolvimento degli obblighi previdenziali ed assistenziali fin dalla presentazione dell'offerta e conservare tale stato per tutta la durata della procedura di aggiudicazione e del rapporto con la stazione appaltante, restando dunque irrilevante, un eventuale adempimento tardivo dell'obbligazione contributiva.

Anche il d.m. 30 gennaio 2015 e, soprattutto, la successiva circolare interpretativa del Ministero del Lavoro (n. 19/2015) precisano che le Amministrazioni aggiudicatrici procederanno, pertanto, a decorrere dal 1° luglio 2015, alla verifica delle dichiarazioni sostitutive con le stesse modalità di cui all'art. 6 del d.m. restando precluso, pertanto, dalla medesima data, come precisato nella circolare ministeriale, la possibilità per le Amministrazioni in fase di richiesta di specificare la data nella quale ciascuna dichiarazione è stata resa. Ciò stante l'obbligo generale di invito alla regolarizzazione, previsto dall'art. 4 del d.m., anche ai fini di qualificare come definitivamente accertate le violazioni gravi alle norme in materia di contributi previdenziali ai sensi dell'art. 38, comma 1, lett. i), del d.lgs. n. 163/2006.

Pertanto, una volta che l'accertamento degli enti previdenziali si compie e il DURC acquisito in una gara risulta irregolare, la stazione appaltante non deve compiere alcuna ulteriore attività di indagine e deve considerare definitivamente accertata l'assenza del requisito.

Nel caso di specie, alla luce di quanto accertato dalle competenti amministrazioni previdenziali, è emerso che le due Consorziate Fiume di Servizi s.r.l. e A.L.A. Post s.r.l. non hanno posseduto il requisito di regolarità contributiva continuativamente dalla presentazione dell'offerta (6 agosto 2015) all'esito della gara.

La situazione di irregolarità contributiva delle consorziate Fiume di Servizi s.r.l. e A.L.A. Post s.r.l., certificata dall'Inps, rispettivamente, in data 11 febbraio 2016 e 21 marzo 2016, non è stata contestata mediante l'impugnativa, in via incidentale, di siffatta certificazione; ne deriva che, indipendentemente dalla successiva presentazione di un ricorso giurisdizionale, risulta un vulnus nel possesso dei requisiti di regolarità contributiva, il quale, al parti degli altri requisiti di ordine generale, deve essere posseduto dal concorrente senza soluzione di continuità per tutta la durata della gara.

6. Dalla visura della CCIAA della Sepost s.r.l. (altra società consorziata indicata tra le esecutrici da Nexive s.c.a.r.l.), è risultato che la società ha cessato la propria attività "per dichiarazione di fallimento del 17.3.2016; l'atto di scioglimento e liquidazione è del 30.12.2015 con efficacia dal 15.1.2016; l'iscrizione della procedura di fallimento è del 17.3.2016, con numero del Fallimento assegnato dal Tribunale di Gorizia 9-2016".

È noto che lo stato di fallimento e liquidazione durante la procedura di gara di una consorziata esecutrice implica il venir meno del suddetto requisito generale in capo al Consorzio stabile/Società Consortile.

Nel caso di specie, inoltre, ai sensi del punto 6.3. del disciplinare di gara, il concorrente RTI avrebbe dovuto comunicare tempestivamente alla Consip le eventuali variazioni alle dichiarazioni di cui ai n. 1, 2, 3 e 7 dell'allegato 1 al disciplinare, producendo apposita dichiarazione resa, in conformità al medesimo allegato 1, dal legale rappresentante o da persona dotata di poteri di firma.

Invece, nulla di tutto questo è avvenuto e nessuna comunicazione è stata mai eseguita dalla Nexive s.c.a.r.l.

Legittimo, pertanto, anche sotto quest'aspetto, è il provvedimento di esclusione adottato da Consip nei confronti del RTI Nexive s.c.a.r.l.

7. Quanto asserito dall'appellante incidentale Nexive s.c.a.r.l. sulla possibilità offerta dalla stazione appaltante di ritirare l'offerta una volta riscontrate le suddette irregolarità contrasta con l'art. 11, comma 6, d.lgs. n. 163/2006, secondo cui l'offerta è vincolante per il periodo indicato nel bando o nell'invito e, in caso di mancata indicazione, per centottanta giorni dalla scadenza del termine per la sua presentazione. La stazione appaltante può chiedere agli offerenti il differimento di detto termine.

Nel caso di specie, inoltre, il Disciplinare prevedeva che "anche ai sensi di quanto disposto dall'art. 2, comma 2, della l. n. 241/1990 e dell'art. 11, comma 6, d.lgs. n. 163/2006, in ragione della particolare complessità delle offerte che verranno presentate dai partecipanti e del numero di concorrenti che si prevede interverranno alla presente gara che potrebbe comportare un prolungamento delle attività della Commissione di gara, la durata del presente procedimento e della relativa garanzia è fissata in 360 (trecentosessanta) giorni naturali e consecutivi dalla data di scadenza del termine ultimo per la presentazione delle offerte".

Nella dichiarazione di offerta per il Lotto 1 gli stessi concorrenti, incluso il RTI Nexive s.c.a.r.l., hanno dichiarato che "la presente offerta è irrevocabile ed impegnativa sino al 360° (trecentosessantesimo) giorno successivo alla data di scadenza fissata per la presentazione delle offerte".

L'impregno negoziale era quindi irrevocabile sino alla scadenza (che sarebbe intervenuta solo il 31 luglio 2016).

Consip con la propria comunicazione del 12 luglio 2016 ha soltanto chiesto il differimento del termine di validità dell'offerta, oltre la sua naturale scadenza del 31 luglio 2016 (come il citato art. 11, comma 6, consente), ma non ha in alcun modo consentito ad alcun concorrente la revoca della propria offerta prima di tale momento, che non è dunque mai avvenuta se non il giorno stesso in cui è stata disposta l'esclusione e, dunque, inammissibilmente.

Infatti, entro il 22 luglio 2016 risulta pervenuta soltanto la comunicazione della mandataria, laddove, trattandosi di un raggruppamento non ancora costituito, erano necessarie anche le firme di tutti i legali rappresentanti delle mandanti, le cui ulteriori dichiarazioni di non conferma sono pervenute in data 28 luglio 2016, lo stesso giorno dell'esclusione.

8. Infine, deve ribadirsi che l'escussione della cauzione provvisoria è una conseguenza sanzionatoria del tutto automatica del provvedimento di esclusione, come tale non suscettibile di alcuna valutazione discrezionale con riguardo ai singoli casi concreti ed in particolare alle ragioni meramente formali ovvero sostanziali che l'amministrazione abbia ritenuto di porre a giustificazione dell'esclusione medesima.

L'escussione della cauzione costituisce infatti una conseguenza della violazione dell'obbligo di diligenza gravante sull'offerente, tenuto conto che gli operatori economici, con la domanda di partecipazione, sottoscrivono e si impegnano ad osservare le regole della relativa procedura, delle quali hanno piena contezza.

La tesi è stata più volta ribadita anche dall'AVCP (cfr., da ultimo, le linee guida per l'applicazione dell'art. 48, di cui alla determinazione n. 1 del 15 gennaio 2014) e quindi consacrata dalla pronuncia dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 10/2014.

Infatti, nel quadro delle sanzioni conseguenti all'esclusione, l'istituto della cauzione provvisoria si profila come garanzia del rispetto dell'ampio patto d'integrità cui si vincola chi partecipa a gare pubbliche, ed il suo incameramento, sussistendone i presupposti, risulta coerente con tale finalità, avendo esso la funzione di garantire la serietà e l'affidabilità dell'offerta, sanzionando la violazione dell'obbligo di diligenza gravante sull'offerente, mediante l'anticipata liquidazione dei danni subiti dalla stazione appaltante. E ciò tenuto conto del fatto che, con la domanda di partecipazione alla gara, l'operatore economico sottoscrive e si impegna ad osservare le regole della relativa procedura, delle quali ha, dunque, contezza (cfr. anche Corte costituzionale 13 luglio 2011, n. 211).

9. Conclusivamente, alla luce delle predette argomentazioni, l'appello principale deve essere accolto e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve essere respinto il ricorso di primo grado; l'appello incidentale, invece, deve essere respinto in quanto infondato.

Le spese di lite del doppio grado di giudizio possono essere compensate, sussistendo giusti motivi.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello principale, come in epigrafe indicato, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.

Respinge l'appello incidentale.

Compensa le spese di lite del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.