Corte di cassazione
Sezione V civile (tributaria)
Ordinanza 24 aprile 2018, n. 10013

Presidente: Bruschetta - Relatore: Corbo

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza depositata in data 24 marzo 2010, la Commissione Tributaria Regionale di Napoli, respingendo l'appello dell'Agenzia delle Entrate Ufficio di Nola, ha confermato la decisione di primo grado, che aveva accolto il ricorso di Gaetano R. avverso cartella di pagamento per iscrizione a ruolo di IRPEF e di addizionali per il 2003 in relazione ad euro 26.326,79, oltre sanzioni ed interessi, a seguito del controllo automatizzato del modello unico 2004, a norma dell'art. 36-bis d.P.R. n. 600 del 1973.

La cartella di pagamento è stata emessa per il mancato riconoscimento di crediti di imposta indicati in dichiarazione e portati in compensazione e per mancati versamenti.

La Commissione Tributaria Provinciale ha annullato la cartella esattoriale per la mancata evidenziazione dei criteri giustificativi della pretesa tributaria, e, in particolare, delle ragioni determinative del mancato riconoscimento del credito di imposta indicato in dichiarazione.

La Commissione Tributaria Regionale ha confermato la decisione di primo grado. I giudici di secondo grado hanno sì osservato che l'appello è specifico, e che, effettivamente, la cartella di pagamento contiene tutti gli elementi necessari per individuare in modo preciso la pretesa tributaria; hanno però rilevato che la cartella di pagamento non spiega né le ragioni del mancato riconoscimento dei crediti di imposta indicati in dichiarazione e provenienti dalla precedente dichiarazione dei redditi, né le modalità di determinazione delle imposte ritenute dovute.

2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale indicata in epigrafe l'Avvocatura Generale dello Stato per l'Agenzia delle Entrate.

Gaetano R. ha resistito con controricorso e presentato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso dell'Agenzia delle Entrate è articolato in due motivi.

1.1. Con il primo motivo, si lamenta violazione di legge, in riferimento agli artt. 25, commi 2 e 2-bis, d.P.R. n. 602 del 1973 e 1 e 6 d.m. n. 321 del 1999, a norma dell'art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., avendo riguardo al contenuto della cartella di pagamento.

Si deduce che il contenuto della cartella di pagamento è specificamente determinato a norma degli artt. 25, commi 2 e 2-bis, d.P.R. n. 602 del 1973 e 1 e 6 d.m. n. 321 del 1999, che la sinteticità del contenuto della cartella si spiega perché questo atto si basa su dati o definitivamente accertati o certi ab origine, in quanto fondati sul dichiarato, e che, pertanto, non possono pretendersi adempimenti ed indicazioni aggiuntivi a quelli prescritti dalla legge e dalle disposizioni di attuazione.

1.2. Con il secondo motivo, si lamenta violazione di legge, in riferimento all'art. 36-bis d.P.R. n. 600 del 1973, nonché omessa o insufficiente motivazione, a norma dell'art. 360, comma 1, nn. 3) e 5), c.p.c., avendo riguardo al contenuto della cartella di pagamento.

Si deduce che la pretesa impositiva azionata si fonda non su un accertamento, ma sulla dichiarazione di parte, di cui realizza una correzione meramente formale. Si precisa che si trattava di ipotesi di omesso versamento, derivante o da semplice mancato pagamento evincibile già dall'esame della dichiarazione dei redditi, o dal mancato riconoscimento del credito di imposta opposto in compensazione; si aggiunge che il quadro RU della dichiarazione dei redditi per il 2003 non reca alcuna annotazione di "credito di imposta residuo dalla precedente dichiarazione". Si rappresenta, poi, che la sentenza impugnata: a) incorre in una grave contraddizione quando ammette che la cartella di pagamento contiene tutti gli elementi necessari per individuare in modo preciso la pretesa tributaria e, poi, lamenta l'assenza di ulteriori precisazioni; b) è immotivata quando afferma la mancata indicazione delle ragioni del disconoscimento del credito in compensazione o della modalità della determinazione dell'imposta ritenuta dovuta, in quanto il credito non è stato indicato in dichiarazione ed il dovuto è stato individuato esplicitamente nella differenza tra il dichiarato ed il pagato.

2. Nel controricorso presentato nell'interesse di Gaetano R. sono esposti argomenti avverso tutte le censure.

Con riferimento al primo motivo del ricorso, si deduce che correttamente è stata ritenuta insufficiente la mera indicazione dei codici tributo e delle somme ritenute dovute, perché deve ritenersi necessaria l'espressa indicazione degli errori di calcolo o delle indebite detrazioni rilevate.

Con riferimento al secondo motivo, si deduce, innanzitutto, che l'indicazione degli elementi di fatto posti a fondamento della pretesa era necessaria, e che il contribuente, contrariamente a quanto assume l'ente impositore, e come invece risulta dalla sentenza di primo grado, aveva portato in compensazione un proprio credito di imposta per euro 5.214,00 derivante dal modello Unico 2003, rigo RU78, residuo a riporto, riportato al rigo RU66 del modello Unico 2004. Si deduce, poi, che non sussiste alcun vizio della motivazione, sia perché è chiara la ratio decidendi della sentenza impugnata, sia perché le argomentazioni da questa addotte non sono tra loro inconciliabili: in particolare, riconoscere che la cartella di pagamento abbia assicurato al contribuente la possibilità di svolgere le sue difese non significa affermare che abbia provato gli elementi di fatto da cui emerge la sussistenza del debito.

3. Dopo l'integrazione del contraddittorio nei confronti di Equitalia Servizi di Riscossione s.p.a., effettuata a seguito di ordinanza del Collegio, nell'interesse di Gaetano R. è stata depositata memoria nella quale si ribadiscono gli argomenti esposti nel controricorso.

4. Sono fondati entrambi i motivi di ricorso.

5. Il primo motivo deduce fondatamente che il contenuto della cartella di pagamento è sufficientemente specifico, perché, facendo seguito ad un controllo automatizzato a norma dell'art. 36-bis d.P.R. n. 600 del 1973, è in linea con le previsioni di cui all'art. 25, commi 2 e 2-bis, d.P.R. n. 602 del 1973 e di cui agli artt. 1 e 6 d.m. n. 321 del 1999.

In questo senso precise indicazioni sono desumibili dalla giurisprudenza di legittimità. È diffusa, infatti, l'affermazione secondo cui la cartella di pagamento emessa all'esito di un procedimento di controllo cd. formale o automatizzato, a cui l'Amministrazione finanziaria ha potuto procedere attingendo i dati necessari direttamente dalla dichiarazione, può essere motivata con il mero richiamo a tale atto, atteso che il contribuente è già in grado di conoscere i presupposti della pretesa, anche qualora si richiedano somme maggiori di quelle risultanti dalla dichiarazione (così Cass. 27 luglio 2016, n. 15564, Rv. 640655/01, ma anche Cass. 29 novembre 2014, n. 25329, Rv. 633304/01, in materia di disconoscimento di credito IVA indicato dal contribuente con riferimento all'anno precedente e per il quale, però, non risultava presentata dichiarazione). Si osserva, inoltre, che la cartella con cui l'Amministrazione chiede il pagamento delle imposte, dichiarate dal contribuente e non versate, non necessita di specifica motivazione, in quanto la pretesa tributaria scaturisce dalla pura e semplice obbligazione di pagamento delle imposte, determinate nella dichiarazione del contribuente, sicché, eventualmente, spetta a quest'ultimo, in relazione ai principi generali in tema di onere della prova, allegare e provare di avere effettuato in tutto o in parte i versamenti richiesti, in adempimento dell'obbligo in questione (così, in particolare, Cass. 16 dicembre 2011, n. 27140, Rv. 620941/01, e Cass. 30 ottobre 2014, n. 23133, Rv. 632704/01).

6. Il secondo motivo, poi, è fondato per l'evidente apoditticità della motivazione della sentenza impugnata.

La decisione della Corte d'appello si limita ad osservare che, sebbene «la cartella di pagamento contenga tutti gli elementi necessari per individuare in modo preciso la pretesa tributaria», l'Amministrazione finanziaria non «spiega i motivi per cui non riconosce al R. il credito di imposta proveniente dalla precedente dichiarazione dei redditi, né come determina le imposte che ritiene dovute». Tuttavia, l'atto di appello aveva espressamente indicato che dai documenti depositati si evincevano i mancati pagamenti ed il mancato riporto del credito di imposta nella dichiarazione relativa all'anno precedente a quello in contestazione, ed aveva allegato nuovamente stampa della dichiarazione presentata dal contribuente e stampa dei versamenti effettuati.

È evidente, quindi, l'assenza di qualunque motivata risposta alle censure formulate con l'atto di appello.

7. In conclusione, la sufficiente specificità del contenuto della cartella di pagamento e l'assenza di una reale motivazione in ordine alle censure formulate con l'atto di appello, impongono la cassazione della sentenza impugnata per nuovo giudizio che accerti se il provvedimento dell'Agenzia delle Entrate possa dirsi correttamente emesso, all'esito di una verifica effettiva delle doglianze esposte dall'Amministrazione.

Il giudice del rinvio, che si individua nella Commissione Tributaria Regionale della Campania in diversa composizione, provvederà anche alla determinazione delle spese per il giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese del giudizio di legittimità alla Commissione Tributaria Regionale della Campania in diversa composizione.