Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
Sezione I
Sentenza 1° giugno 2018, n. 6103

Presidente: Volpe - Estensore: Brancatelli

FATTO

1. Con il ricorso introduttivo il dott. [omissis], premesso di avere assunto l'incarico di Presidente del [omissis] a far data dal 12 gennaio 2012, impugna il trasferimento per incompatibilità ambientale dal suddetto Tribunale, disposto il 10 maggio 2017 dal Consiglio Superiore della Magistratura ai sensi dell'art. 2, comma 2, del r.d.lgs. n. 511/1946.

2. Dopo avere rappresentato che parte dei fatti posti a fondamento del trasferimento impugnato con il presente ricorso hanno portato anche all'adozione della delibera di non conferma nell'incarico direttivo conferitogli nonché all'esercizio nei suoi confronti dell'azione disciplinare da parte del Procuratore Generale presso la Corte di cassazione, il ricorrente chiede l'annullamento del succitato trasferimento, articolando i seguenti motivi:

I. Violazione e falsa applicazione dell'art. 2, comma 2, del r.d.lgs. n. 511/1946. Eccesso di potere per sviamento.

Alla luce della novella legislativa che ha riguardato la materia del trasferimento ambientale, il ricorrente sostiene che gli atti impugnati sarebbero illegittimi per avere posto a fondamento del trasferimento amministrativo, in violazione delle norme di legge regolanti la materia, gli stessi comportamenti valutabili sotto il profilo disciplinare e, quindi, cause non indipendenti da colpa del magistrato. Inoltre, si duole dei giudizi negativi circa il suo profilo personale, caratteriale, relazionale e morale che sarebbero presenti nelle valutazioni conclusive della delibera impugnata, che ritiene incompatibili con una valutazione "asettica" della sua condotta, richiesta ai fini del giudizio sulla capacità di continuare a svolgere le funzioni giurisdizionali presso il [omissis] con indipendenza e imparzialità.

II. Ancora violazione dell'art. 2 del r.d.lgs. n. 511/1946 (in ordine al requisito della attualità delle ragioni poste a base del trasferimento ad altra sede giudiziaria). Eccesso di potere per arbitrarietà, irragionevolezza della motivazione e difetto di motivazione. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti.

Secondo il ricorrente, la motivazione che fonda gli atti impugnati sarebbe carente e, in ogni caso, arbitraria e non ragionevole. In particolare, formula censure sulle valutazioni espresse dal CSM sulle condotte scrutinate e relative, rispettivamente, ai rapporti con il [omissis] e con i colleghi del Tribunale, che non sarebbero idonee a supportare un giudizio "attuale" circa la sussistenza delle condizioni per disporre il trasferimento.

3. Il Consiglio Superiore della Magistratura e il Ministero della giustizia si sono costituiti in giudizio chiedendo la reiezione del ricorso siccome infondato.

4. Alla camera di consiglio del 1° agosto 2017 la domanda cautelare presentata dal ricorrente è stata respinta per assenza del requisito del periculum in mora.

5. Con successivi motivi aggiunti, il dott. [omissis] ha impugnato gli atti con i quali è stato disposto il suo trasferimento d'ufficio alla [omissis] con funzioni di consigliere, ritenuti viziati - in via derivata - per le medesime ragioni e censure introdotte con il gravame introduttivo.

6. L'esigenza cautelare prospettata nei motivi aggiunti è stata soddisfatta alla camera di consiglio del 18 ottobre 2017 attraverso la fissazione della data di trattazione del merito della controversia.

7. Alla pubblica udienza del 9 maggio 2018, uditi per le parti i difensori presenti come da verbale e su loro conforme richiesta, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Il presente giudizio ha ad oggetto la legittimità degli atti con i quali è stato disposto il trasferimento d'ufficio del ricorrente, [omissis], per incompatibilità ambientale, alla [omissis] con funzioni di consigliere, ex art. 2, comma 2, del r.d.lgs. 31 maggio 1946, n. 511.

2. La materia è disciplinata dall'art. 2 del r.d.lgs. n. 511/1946 (c.d. legge sulle guarentigie), il cui testo è stato novellato dall'art. 26, comma 1, del d.lgs. 23 febbraio 2006, n. 109.

Nella originaria formulazione, i primi due commi dell'articolo 2 così disponevano "1. I magistrati di grado non inferiore a giudice, sostituto procuratore della Repubblica o pretore, non possono essere trasferiti ad altra sede o destinati ad altre funzioni, se non col loro consenso. 2. Essi tuttavia possono, anche senza il loro consenso, essere trasferiti ad altra sede o destinati ad altre funzioni, previo parere del Consiglio superiore della magistratura, quando si trovino in uno dei casi di incompatibilità previsti dagli articoli 16, 18, e 19 dell'Ordinamento giudiziario approvato con regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, o quando, per qualsiasi causa anche indipendente da loro colpa, non possono, nella sede che occupano, amministrare giustizia nelle condizioni richieste dal prestigio dell'ordine giudiziario. Il parere del Consiglio superiore è vincolante quando si tratta di magistrati giudicanti".

Dopo la riforma legislativa, il primo comma è rimasto inalterato mentre il secondo è stato così riformulato: "2. Essi tuttavia possono, anche senza il loro consenso, essere trasferiti ad altra sede o destinati ad altre funzioni, previo parere del Consiglio superiore della magistratura, quando si trovino in uno dei casi di incompatibilità previsti dagli articoli 16, 18 e 19 dell'Ordinamento giudiziario approvato con regio decreto 30 gennaio 1941, numero 12, o quando, per qualsiasi causa indipendente da loro colpa, non possono, nella sede occupata, svolgere le proprie funzioni con piena indipendenza e imparzialità. Il parere del Consiglio superiore è vincolante quando si tratta di magistrati giudicanti".

La giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di chiarire che l'intento del legislatore della riforma è stato quello «di rendere residuali le ipotesi di trasferimento amministrativo del magistrato, disancorandole da qualsiasi contestazione di condotte colpevoli allo stesso ascrivibili e riconducendole esclusivamente a situazioni oggettive e incolpevoli, fra le quali sono specificamente richiamate le ipotesi di incompatibilità di cui agli artt. 16, 18 e 19 del r.d. n. 12 del 1941 (che però non esauriscono l'area delle possibili situazioni in cui può crearsi un'incompatibilità del magistrato): in tal senso dovendo leggersi l'espunzione della congiunzione "anche" prima dell'inciso "indipendente da loro colpa"» (così Tar Lazio, sez. I, 26 luglio 2012, n. 2972; in termini, Tar Lazio, sez. I, 29 aprile 2009, n. 4454; C.d.S., sez. IV, 13 giugno 2011, n. 3587). E ciò in quanto la novella legislativa è ricollegabile alla contestuale riforma della responsabilità dei magistrati, incentrata, da un lato, sulla tipizzazione degli illeciti disciplinari (che sono oggi analiticamente elencati, a fronte della atipicità che connotava il regime precedente) e, dall'altro, sulla previsione di nuove sanzioni disciplinari, fra le quali ora rientra anche il trasferimento coattivo (anche in via cautelare) del magistrato.

Si è, quindi, affermato che nel nuovo contesto normativo si assiste a una mutata valutazione delle circostanze che possono determinare il trasferimento per incompatibilità, che ora presuppongono, sul versante oggettivo, una reale compromissione della serenità di giudizio del magistrato, tale da impedirgli di "svolgere le proprie funzioni con piena indipendenza e imparzialità". È stato, invece, eliminato il riferimento all'impossibilità di "amministrare giustizia nelle condizioni richieste dal prestigio dell'ordine giudiziario", dato che appariva di connotazione puramente "esteriore", in quanto riconducibile alla sola immagine di imparzialità e autorevolezza del magistrato.

In relazione al profilo soggettivo, il trasferimento d'ufficio è stato circoscritto alle sole ipotesi di incompatibilità "incolpevole", onde distinguere nettamente i trasferimenti che conseguono a veri e propri procedimenti disciplinari e i trasferimenti amministrativi. L'incolpevolezza deve essere intesa nel senso che la situazione che determina il trasferimento d'ufficio del magistrato può anche essere causalmente riconducibile a una sua condotta volontaria, purché essa sia valutata nella sua oggettività e «al di fuori di ogni giudizio di "riprovevolezza"» (così C.d.S., n. 3587/2011, cit.).

3. Nel primo motivo di impugnazione, il ricorrente sostiene che il trasferimento d'ufficio avrebbe arbitrariamente posto a fondamento fatti che hanno condotto all'avvio di un procedimento disciplinare a suo carico e che, comunque, non sarebbero stati valutati "asetticamente" ma attraverso reiterati giudizi di riprovevolezza.

L'assunto non convince.

Il provvedimento impugnato dà conto dell'apertura di tre procedimenti disciplinari nei confronti del ricorrente e ne descrive brevemente il contenuto. Delle tre condotte ivi considerate, due attengono a questioni totalmente estranee a quelle oggetto del trasferimento d'ufficio (aver intrattenuto rapporti asseritamente impropri con un soggetto nominato come curatore in varie procedure e non avere comunicato una situazione di incompatibilità con un familiare).

Il terzo procedimento disciplinare a carico del dott. [omissis] riguarda una particolare vicenda intercorsa tra il ricorrente e il dott. [omissis], collega del medesimo Tribunale, riguardante presunte interferenze del dott. [omissis] nell'esercizio delle funzioni giurisdizionali svolte dal dott. [omissis]. Tale procedimento ha ad oggetto anche il comportamento del dott. [omissis] ritenuto "gravemente irrispettoso", nei confronti degli avvocati, componenti del [omissis].

Viene, in particolare, contestato al ricorrente uno specifico episodio, avvenuto il 29 gennaio 2016, in cui egli "si è doluto pubblicamente del parere non favorevole reso dal Consiglio dell'Ordine degli [omissis] circa la sua conferma nelle funzioni di presidente del Tribunale, usando termini sconvenienti e sarcastici e «ringraziando» il medesimo Consiglio dell'Ordine ed il suo Presidente per il detto parere, con ciò nuocendo alla distensione dei rapporti col foro locale".

4. Osserva il Collegio che taluni dei fatti sopra descritti presentano profili di vicinanza con quelli di cui il CSM ha tenuto conto ai fini del trasferimento d'ufficio del ricorrente; tuttavia, i limitati elementi di sovrapposizione rinvenibili tra le condotte considerate non presentano una ampiezza tale da inficiare la validità del provvedimento impugnato, che si basa sulla presenza di ulteriori fatti, non oggetto di vaglio in sede disciplinare, da soli sufficienti, nella loro consistenza oggettiva, a fungere da condizione impediente all'esercizio indipendente e imparziale da parte del dott. [omissis].

La delibera impugnata, infatti, oltre a fare riferimento ai rapporti conflittuali con il [omissis] a causa della "pubblica, plateale ed impropria reprimenda che lo stesso dott. [omissis] ha ritenuto di rivolgere all'Ordine degli avvocati", circostanza questa che risulta, come sopra rappresentato, già oggetto di procedimento disciplinare, richiama anche i "rapporti conflittuali" con i colleghi del [omissis].

Il provvedimento descrive, in proposito, una vicenda in qualche modo originatasi da quella riguardante i rapporti del dott. [omissis] con il collega [omissis] ma che non coincide con i fatti ritenuti rilevanti ai fini del giudizio disciplinare avviato contro il ricorrente.

Si tratta, segnatamente, del rifiuto opposto da "gran parte dei magistrati [omissis]" alla richiesta formulata dal dott. [omissis] a seguito delle tensioni verificatesi con il dott. [omissis], di sottoscrivere un "documento di solidarietà con il presidente"; tale richiesta aveva ingenerato, secondo il giudizio espresso dal CSM, una situazione di forte disagio tra i magistrati del Tribunale.

Parte ricorrente in proposito si duole del "giudizio di riprovevolezza" insito nelle valutazioni espresse dal CSM, che sarebbe dimostrato dall'utilizzo di alcune espressioni (quali quella di avere "impropriamente sollecitato" la sottoscrizione del documento di solidarietà) implicanti la contrarietà della condotta riferita a norme di diligenza, che avrebbe conseguentemente dovuto essere contestata nell'ambito disciplinare.

La censura non può essere condivisa in quanto, a prescindere dalla presenza di singole espressioni lessicali adoperate nel provvedimento, ciò che si evince è la volontà di esprimere un giudizio sulla (in)sussistenza delle condizioni per un corretto esercizio della funzione giudiziaria in condizioni di indipendenza e imparzialità.

Invero, il CSM ha constatato come la situazione descritta, fonte di oggettiva tensione con i colleghi del [omissis], "non può non ripercuotersi sull'esercizio indipendente della giurisdizione, quanto meno sotto il profilo dell'apparenza esterna. Infatti, con rapporti personali così deteriorati, rischiano di essere inadeguate, e magari influenzate da rancori personali, la discussione nelle camere di consiglio e le decisioni sulle impugnazioni, anche proposte ai sensi dell'art. 669-terdecies c.p.c. Inoltre, deve rimarcarsi che, quale giudice anziano (...) il dott. [omissis] presiederebbe con ogni probabilità i collegi cui si troverebbe a partecipare (salva la compresenza del presidente del Tribunale, carica attualmente vacante ad [omissis], o di un presidente di sezione)".

Si tratta, quindi, di valutazioni afferenti al profilo della inopportunità della presenza del dott. [omissis], ritenuta non compatibile con il sereno esercizio della funzione giurisdizionale, e non involgente aspetti di potenziale negligenza professionale.

5. Il provvedimento richiama, ad ulteriore conferma della necessità di disporre il trasferimento, anche le "patologiche interferenze denunciate dal dott. [omissis]". In relazione a ciò, parte ricorrente lamenta, oltre la sovrapposizione della contestazione effettuata con quella pendente in sede disciplinare, il riferimento operato alla "inopportunità" della sua condotta, che confermerebbe la volontà di sanzionarlo, attraverso un uso improprio dello strumento del trasferimento ambientale.

Tuttavia, lo stesso provvedimento fa presente che le interferenze denunciate sono già al centro di uno dei tre procedimenti disciplinari gravanti sul dott. [omissis] e non richiama tale condotta, in sé considerata, per giustificare la necessità del trasferimento, bensì in relazione alla "percezione" di un rischio di interferenza che gli altri componenti del collegio potrebbero ricevere, così "forzatamente inducendoli a rapporti non sereni e di natura difensiva".

Anche in questo caso, quindi, il giudizio espresso non si sostanzia in una celata e non consentita contestazione di stampo disciplinare, ma rimane circoscritto alla valutazione della possibile compromissione, a causa delle particolari vicende che hanno visto coinvolti nel [omissis] il dott. [omissis] e il dott. [omissis], di quei valori fondamentali tutelati dall'art. 2 del r.d.lgs. n. 511/1946.

Si tratta, poi, di una situazione di incompatibilità che, seppure originatasi nel contesto dell'esercizio delle funzioni direttive (successivamente non confermate) di Presidente del [omissis] svolte dal ricorrente, si ripercuote, come descritto nelle parti del procedimento sopra richiamate, nel generale esercizio della funzione giurisdizionale.

6. Pertanto, non possono essere accolte neppure quelle doglianze del ricorrente, formulate nel secondo mezzo del gravame introduttivo, relative alla mancanza di "attualità" del giudizio sull'incompatibilità, che non terrebbe conto della perdita dell'incarico di [omissis].

Anche sotto questo aspetto, la delibera impugnata è adeguatamente motivata, in quanto esprime plurime valutazioni, che nell'ambito del sindacato consentito a questo giudice non risultano né illogiche né arbitrarie, sulla persistente incompatibilità ambientale del ricorrente, quale consigliere anziano del Tribunale, che non può considerarsi superata a seguito della perdita, sotto il diverso profilo funzionale, dell'incarico direttivo svolto.

7. Per le medesime considerazioni fin qui svolte non possono trovare accoglimento neppure i successivi motivi aggiunti, con i quali è stato impugnato, in relazione ai vizi già prospettati nel ricorso introduttivo, il successivo trasferimento del ricorrente alla [omissis].

8. Le spese di lite, attesa la novità delle questioni sottoposte, possono essere integralmente compensate.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, integrato da motivi aggiunti, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Vista la richiesta dell'interessato e ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1, d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte interessata.