Consiglio di Stato
Sezione V
Sentenza 9 luglio 2018, n. 4193

Presidente: Saltelli - Estensore: Rotondano

FATTO

1. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per la Calabria - sezione distaccata di Catanzaro, Serragiumenta Agricola s.n.c. (d'ora in avanti soltanto "Serragiumenta") ha domandato l'annullamento dei provvedimenti della Regione Calabria che ne hanno disposto la non ammissione ai finanziamenti di cui all'avviso pubblico POR Calabria FESR-FSE 2014-2020 "per l'acquisizione di servizi per l'innovazione da parte delle imprese regionali esistenti".

In particolare sono stati impugnati: a) il decreto del dirigente generale n. 101 del 28 febbraio 2017, di aggiornamento della graduatoria approvata con DDG n. 15517 del 7 dicembre 2016 e di approvazione definitiva dell'elenco delle domande ammesse per punteggio uguale o superiore a 60/100 e finanziabili; b) il verbale n. 15 della commissione di valutazione del 22 febbraio 2017 sotteso al provvedimento DG n. 101 del 28 febbraio 2017; c) il provvedimento di esclusione implicita disposta nei suoi confronti mediante inserimento della sua domanda nell'elenco di quelle non ammesse alla valutazione.

2. Con la sentenza semplificata segnata in epigrafe, nella resistenza della Regione, il tribunale adito ha: a) dichiarato improcedibile il ricorso per carenza di interesse in ragione dell'intervenuta adozione di un secondo provvedimento confermativo della esclusione, ma autonomamente lesivo, in quanto fondato su ragioni diverse (mancanza del documento di identità dei soggetti fornitori) da quelle poste a fondamento del provvedimento impugnato con il ricorso principale; b) dichiarato inammissibile per nullità ex art. 44, comma 1, lett. a), c.p.a. il ricorso per motivi aggiunti per omessa sottoscrizione del procuratore in quanto "l'atto processuale depositato telematicamente in data 14 aprile 2017, quale allegato n. 2 del foliario, è infatti privo di qualunque sottoscrizione, sia in forma digitale, modalità imposta a pena di nullità per il combinato disposto dell'art. 136, comma 2-bis, c.p.a., sia autografa (e mancherebbe in questo caso comunque l'asseverazione ex art. 22, comma 2, del d.lgs. n. 82/2005 Codice dell'amministrazione digitale C.A.D.", così che non sussisteva alcuna sottoscrizione "tale da rendere certa la imputabilità dell'atto depositato al suo autore" e non si poneva neppure la questione dell'applicabilità dell'art. 136, comma 2-ter, c.p.a. anche ad atti successivi all'entrata in vigore del PAT formati in analogico.

3. Avverso tale sentenza la società ricorrente ha proposto appello, deducendone l'erroneità e chiedendone pertanto la riforma, contestando la declaratoria di inammissibilità del ricorso per motivi aggiunti e riproponendo poi i motivi di censura non esaminati.

Si è costituita in giudizio la Regione la quale ha depositato memorie difensive e resistito al gravame avversario, deducendone l'inammissibilità e l'infondatezza.

4. Abbinata al merito su istanza di parte appellante la trattazione della domanda cautelare, all'udienza del 12 aprile 2018, all'esito della discussione, nel corso della quale il difensore dell'appellante è tornato a dolersi della mancata assegnazione nel giudizio di primo grado di un termine per procedere alla regolarizzazione del ricorso, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

4. Con il primo motivo di gravame l'appellante contesta la pronuncia di inammissibilità del ricorso per motivi aggiunti ai sensi dell'art. 44, comma 1, lett. a), c.p.a., per la mancata sottoscrizione con firma digitale del difensore, in quanto apposta con il sistema CAdES (che si caratterizza per un'estensione *pdf.p7m) e non con il formato PAdES-Bes (che si caratterizza per un'estensione *pdf). La questione centrale posta dall'odierno appello concerne, infatti, le modalità di deposito degli atti processuali nel Processo Amministrativo Telematico ("PAT"), così come disciplinato dall'art. 136 c.p.a., dagli artt. 13 e 13-bis delle relative disposizioni di attuazione e dal d.P.C.M. 16 febbraio 2016, n. 40 (Regolamento recante le regole tecnico-operative per l'attuazione del processo amministrativo telematico), cui rinvia l'art. 13, comma 1, disp. att.

4.1. Al riguardo si osserva quanto segue.

L'art. 136, commi 2 e 2-bis, c.p.a. prescrive che: "2. I difensori, le parti nei casi in cui stiano in giudizio personalmente e gli ausiliari del giudice depositano gli atti e i documenti con modalità telematiche. In casi eccezionali, anche in considerazione della ricorrenza di particolari ragioni legate alle posizioni delle parti o alla natura della controversia, il presidente del Tribunale o del Consiglio di Stato, il presidente della sezione se il ricorso è già incardinato o il collegio se la questione sorge in udienza possono dispensare, previo provvedimento motivato, dall'impiego della modalità di sottoscrizione e di deposito di cui al comma 2-bis; 2-bis. Salvi i casi di cui al comma 2, tutti gli atti e i provvedimenti del giudice, degli ausiliari, del personale degli uffici giudiziari e delle parti sono sottoscritti con firma digitale".

L'art. 9, commi 1 e 2, del d.P.C.M. n. 40 del 2016, recante regole tecnico-operative e specifiche tecniche per l'attuazione del PAT in esecuzione dell'art. 13 delle disposizioni di attuazione al c.p.a., così dispone: "1. Salva diversa previsione, il ricorso introduttivo, le memorie, [...] e qualsiasi altro atto del processo anche proveniente dagli ausiliari del giudice sono redatti in formato di documento informatico sottoscritto con firma digitale conforme ai requisiti dell'art. 24 del CAD. 2. Salvo quanto previsto nei commi 8 e 9, il deposito degli atti processuali e dei documenti avviene esclusivamente per via telematica".

Inoltre, gli artt. 6, comma 4 e 5 dell'allegato A al d.P.C.M. n. 40 del 16 febbraio 2016 prescrivono l'utilizzo della firma digitale secondo lo standard PAdES che riguarda la sottoscrizione del "ModuloDepositoAtto", stabilendo in particolare che: "Il ModuloDepositoRicorso e il ModuloDepositoAtto sono in formato PDF, sottoscritti con firma digitale PAdES. 5. I documenti digitali da allegare ai moduli di cui ai commi 1 e 2, compreso il ricorso, sono inseriti in un unico contenitore. La firma digitale PAdES, di cui al comma 4, si intende estesa a tutti i documenti in essi contenuti". Infine, l'art. 12, nel disciplinare il funzionamento del "ModuloDepositoAtto", dopo aver evidenziato la possibilità di depositare atti e documenti secondo diverse estensioni digitali, prescrive al comma 6 che la struttura del documento con firma digitale è PAdES-BES.

4.2. Secondo l'appellante le due modalità di apposizione della firma digitale, pur differenti nella forma, sono del tutto equivalenti nella sostanza, sia in base al diritto comunitario (si veda il c.d. Regolamento eIDAS - Reg. UE n. 910 del 23 luglio 2014 che, al fine di garantire una disciplina uniforme della firma digitale nei Paesi dell'UE, ha adottato standard europei tra i quali figurano in egual modo sia il formato CAdES, sia quello PAdES, nonché la decisione della Commissione UE dell'8 settembre 2015), sia alla stregua dell'ordinamento nazionale, come dimostrerebbe pure la circostanza per cui entrambi i formati, contraddistinti da una differente estensione, sono ammessi sia nei depositi telematici del Processo Telematico Civile, sia nelle notifiche.

Di conseguenza, sempre secondo l'appellante, diversamente da quanto ritenuto dal tribunale (che avrebbe richiamato giurisprudenza non prevalente e comunque smentita anche da quella del giudice di appello), la fattispecie in esame non sarebbe riconducibile all'ipotesi di mancata apposizione della firma digitale per impossibilità di imputabilità certa del deposito al suo autore ed in ogni caso si verterebbe in un'ipotesi di mera irregolarità che quindi avrebbe consentito - ed anzi imposto - la regolarizzazione previa assegnazione di un termine perentorio, circostanza questa in concreto non verificatasi.

4.3. Il motivo di appello è fondato.

4.3.1. La Sezione, come già avvenuto in altri precedenti (cfr. C.d.S., V, 7 febbraio 2018, n. 817), condivide e intende dare continuità all'orientamento prevalente maturato nella giurisprudenza di questo Consiglio in base al quale se, per un verso, "per mantenere intatte le finalità proprie del PAT ed impedirne la pratica elusione - che rischierebbe di tramutarsi in una fuga sistematica dalla forma digitale (con grave pregiudizio per le esigenze di correntezza della gestione informatica del processo amministrativo) - deve ... ritenersi che, se il ricorso e il deposito sono irregolari perché non assistiti, il primo, dalla forma e dalla sottoscrizione digitale, il secondo, dalla modalità telematica, l'irregolarità che si verifica (diversa da quella per così dire "ordinaria") non possa essere sanata dalla costituzione degli intimati in base allo schema divisato dalla norma sancita dall'art. 44, comma 3, c.p.a., secondo cui, in caso di atto irregolare, la costituzione dell'intimato - indipendentemente dalla tempestività della costituzione medesima rispetto al termine concesso al ricorrente per espletare l'adempimento (non venendo in rilievo una fattispecie di nullità) - comporterebbe sempre e comunque la sanatoria dell'atto irregolare" (Consiglio di Stato 1541 del 4 aprile 2017), per altro verso, accertata l'irregolarità dell'atto nel senso di cui si è detto, il giudice - ai sensi del comma 2 dell'art. 44 c.p.a. - deve in ogni caso fissare al ricorrente un termine per la sua regolarizzazione nelle forme di legge, termine che, in quanto assegnato dal giudice (e in difetto di diversa previsione), è perentorio (art. 52, comma 1, c.p.a.) e alla cui mancata osservanza segue l'irricevibilità del ricorso (cfr. C.d.S., sez. III, 26 febbraio 2016, n. 788).

Come già chiarito dalla richiamata giurisprudenza tali principi, pur formulati con riguardo agli atti di impulso di parte (ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, ricorso incidentale, motivi aggiunti, appello principale e incidentale), sono con gli adattamenti del caso suscettibili di essere estesi a tutte le fattispecie in cui un atto del processo sia redatto in forma cartacea, anziché in forma digitale. La conseguenza, anche in questi casi, non può che essere, infatti, la semplice irregolarità dell'atto con il correlato onere di regolarizzazione secondo termini (sempre dati dal giudice, quanto agli atti di parte), modalità ed effetti propri di ciascuna categoria di atti.

Tali affermazioni si fondano sul quadro normativo sopra delineato.

Ed invero le "specifiche tecniche" di cui al d.P.C.M. 40 del 2016 rispondono a esigenze eminentemente operative, legate alla peculiare configurazione del sistema informatico della giustizia amministrativa (cd. S.I.G.A.): ne consegue che, come già affermato dalla giurisprudenza in fattispecie analoghe, la mera violazione di norme tecniche non può comportare la invalidità degli atti di procedura compiuti qualora non vengano in rilievo la violazione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione finale (si veda T.a.r. Campania, Napoli, 4 aprile 2017, n. 1799).

In tal senso, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che "le forme degli atti del processo non sono prescritte dalla legge per la realizzazione di un valore in sé o per il perseguimento di un fine proprio ed autonomo, ma sono previste come lo strumento più idoneo per la realizzazione di un certo risultato, il quale si pone come l'obiettivo che la norma disciplinante la forma dell'atto intende conseguire" (Cass. civ., sez. II, 12 maggio 2016, n. 9772); conseguentemente, la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali "non tutela l'interesse all'astratta regolarità dell'attività giudiziaria, ma garantisce solo l'eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione" (Cass. civ., sez. trib., 18 dicembre 2014, n. 26831).

L'applicazione di simili principi a fattispecie assimilabili alla presente ha condotto a salvaguardare l'efficacia di atti che, per quanto irregolari rispetto alle norme che regolano il processo civile telematico, avessero raggiunto il proprio scopo (Cass. civ., sez. un., 18 aprile 2016, n. 7665 in tema di notifica del controricorso, effettuata a mezzo PEC, ma in formato word anziché in formato pdf come previsto dalle norme tecniche).

4.3.2. Infine, alla stessa conclusione di efficacia del deposito telematico in esame e della sottoscrizione ivi apposta, sebbene effettuata in un formato non conforme alle menzionate specifiche tecniche, conduce l'esame della normativa comunitaria in materia.

Al fine di garantire una disciplina uniforme della firma digitale nell'U.E., sono stati adottati degli standard europei mediante il cd. regolamento eIDAS (Regolamento UE n. 910 del 23 luglio 2014) e la decisione esecutiva della Commissione europea 2015/1506 dell'8 settembre 2015: tali atti normativi comunitari impongono agli Stati membri di riconoscere le firme digitali apposte secondo determinati standard tra i quali figurano sia il CAdES sia il PAdES.

Le specifiche tecniche del processo amministrativo, aventi valore regolamentare, assumono, quindi, un carattere eccezionale rispetto alla disciplina generale di matrice europea.

4.3.3. Anche alla luce della menzionata normativa comunitaria, non può pertanto essere condivisa la tesi fatta propria dal giudice di prime cure secondo cui la sottoscrizione digitale apposta mediante il formato CAdES sia da considerare nulla così da impedirne la sanatoria secondo gli ordinari meccanismi processuali (art. 44, comma 3, del c.p.a.), essendo l'obbligo di utilizzare il formato di sottoscrizione PAdES, prescritto dalla citate norme regolamentari, correlato a ragioni strettamente "tecniche" legate alla configurazione del sistema informatico della giustizia amministrativa e non potendo negarsi la generale affidabilità degli altri formati di sottoscrizione digitale ammessi a livello comunitario.

4.3.4. Né appare meritevole di favorevole considerazione l'assunto della Regione la quale ha sostenuto che il tribunale, alla camera di consiglio del 10 maggio 2017, avesse assegnato il termine per regolarizzare l'invio telematico con le modalità Pades-BES, rinviando la trattazione e che a tale adempimento il ricorrente non avrebbe ottemperato: l'affermazione non trova riscontro nella lettura del verbale telematico d'udienza, dal quale risulta soltanto che alla predetta udienza camerale, alla presenza degli avvocati delle parti, il tribunale ha rilevato "la possibile inammissibilità del deposito dei motivi aggiunti per mancanza di firma digitale sull'atto depositato e, su istanza di parte ricorrente, rinvia la trattazione della causa alla camera di consiglio del giorno 25 maggio 2017", non potendo in ciò ritenersi implicito l'assegnazione di un termine per provvedere alla regolarizzazione, fattispecie quest'ultima che, per le conseguenze prodotte e stante la natura perentoria del termine assegnato, richiede sempre l'utilizzo di modalità espressive esplicite e univoche.

4.3.5. In definitiva la fattispecie in esame non può essere inquadrabile in quella della nullità, né dà luogo a mancanza di sottoscrizione, ma costituisce una mera irregolarità sanabile previa concessione alla parte di un apposito termine: peraltro, anche laddove si voglia riconoscere un valore alla divergenza tra i due formati con riguardo al Processo Amministrativo Telematico, tale divergenza, di carattere solamente formale e non sostanziale, comporterebbe esclusivamente un'irregolarità sanabile e di fatto sanata dalla sottoscrizione in PAdES del "ModuloDepositoAtto" che si estenderebbe a tutti i documenti in esso contenuti ai sensi dell'art. 6, comma 5, Allegato A al d.P.C.M. 40/2016, non potendo condividersi l'assunto del primo giudice circa l'assenza di imputabilità certa della sottoscrizione e del deposito telematico all'autore dell'atto, tanto più che, come osservato dall'appellante, nel ricorso per motivi aggiunti notificato il 13 aprile 2017 vi erano precisi riferimenti alla procura già in calce al ricorso introduttivo, agli atti del processo già pendente, oltre che la sottoscrizione PAdES del "ModuloDepositoAtto": elementi tutti che consentono di imputare il ricorso per motivi aggiunti ex art. 43 c.p.a. al difensore costituito.

5. Alla fondatezza del motivo esaminato consegue l'accoglimento dell'appello e l'annullamento della sentenza con rimessione della causa al primo giudice, ai sensi dell'art. 195, comma 1, c.p.a. per violazione del diritto di difesa, per la decisione del ricorso di primo grado nel merito, previa assegnazione alla parte di un termine per la sua regolarizzazione.

Sussistono giusti motivi, in ragione delle oscillazioni giurisprudenziali esistenti e dei contrapposti orientamenti espressi sulla questione giuridica trattata, per disporre l'integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale amministrativo regionale.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

G. Basile

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