Consiglio di Stato
Sezione V
Sentenza 7 agosto 2018, n. 4849
Presidente: Severini - Estensore: Barreca
FATTO E DIRITTO
1. Con la sentenza impugnata il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sezione seconda, ha respinto il ricorso proposto dalla Gestione Servizi Integrati s.r.l., per l'annullamento dell'aggiudicazione, in favore della Ladisa s.r.l., da parte della Consip s.p.a., della procedura di gara per l'affidamento del servizio di ristorazione, a ridotto impatto ambientale, da erogarsi mediante mense aziendali ed altre tipologie di servizio presso le sedi Sogei in Roma, per la durata di sei anni e valore annuale stimato pari ad Euro 2.667.058,20.
1.2. La società ricorrente, seconda graduata dopo l'aggiudicataria, aveva formulato due motivi di impugnazione:
- con il primo, erano stati prospettati plurimi profili di violazione di legge e di eccesso di potere, in quanto la stazione appaltante non avrebbe dato corretta applicazione al punto III.1.3, lett. e), del bando di gara che individuava quale requisito di capacità tecnica richiesto a pena di esclusione quello di "aver gestito in uno degli ultimi tre anni dalla data di pubblicazione del presente Bando (da novembre 2013 a novembre 2016), in media almeno 3.200 pasti al giorno ripartito in un numero che varia da 9 a 16 mense (attraverso uno o più contratti)"; secondo la ricorrente, le dichiarazioni dei soggetti committenti dei servizi di mensa, prodotte da Ladisa al fine di comprovare il requisito inizialmente auto-certificato dall'aggiudicataria, non avrebbero comprovato l'effettiva gestione di un numero non inferiore a 3.200 pasti giornalieri, prodotti nell'ambito di nove mense differenti, in quanto due delle attestazioni - precisamente quelle relative ai servizi prestati presso l'Azienda Ospedaliero Universitaria Consorziale Policlinico di Bari e presso il Comune di Torino, per un numero complessivo di 1.825 pasti al giorno - si sarebbero riferite, in realtà, al servizio di produzione di pasti veicolati, con preparazione in un centro cottura esterno nella disponibilità dell'impresa; si sarebbe trattato perciò di un servizio completamente diverso (e nient'affatto assimilabile) al servizio di gestione di un certo numero di pasti preparati presso la mensa aziendale, richiesto dalla disciplina di gara;
- con il secondo, era stato allegata l'inadeguatezza dell'indicazione dei costi aziendali concernenti l'adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.
1.3. Il Tribunale Amministrativo Regionale - ritenuto di poter prescindere, per la ritenuta infondatezza del ricorso, dallo scrutinio delle eccezioni in rito - ha respinto, nel merito, entrambe le censure ed ha condannato la ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore della Consip s.p.a. e della Ladisa s.r.l.
2. Per ottenere la riforma della sentenza, ha avanzato appello la società Gestione Servizi Integrati s.r.l., riproponendo il primo soltanto dei motivi del ricorso introduttivo e prestando acquiescenza al rigetto del secondo.
Consip s.p.a. e la società Ladisa s.r.l. si sono costituite per resistere al gravame; sono state riproposte le eccezioni in rito non esaminate dal primo giudice.
Le parti hanno depositato memorie e repliche.
Alla pubblica udienza del 14 giugno 2018 la causa è stata trattenuta in decisione.
3. Preliminarmente va detto che, in ragione della manifesta infondatezza del gravame, si può prescindere anche in sede di appello dalla delibazione dell'eccezione di inammissibilità, in riferimento al primo motivo di ricorso in primo grado, qui riproposto, nuovamente avanzata dalle appellate (deducendo che sarebbe stato tardivamente formulato rispetto al termine di cui all'art. 120, comma 2-bis, c.p.a.).
3.1. Per le stesse ragioni si prescinde anche dall'esame dell'eccezione di improcedibilità dell'appello per sopravvenuta carenza di interesse, sollevata dalla stazione appaltante in ragione dell'avvenuta stipulazione del contratto con Ladisa s.r.l., nel quale l'appellante non avrebbe espressamente chiesto di subentrare.
4. Con l'unico articolato motivo di gravame l'appellante censura la decisione di rigetto del primo motivo del ricorso introduttivo, premettendo, in punto di fatto, quanto agli attestati di comprova del requisito di cui al punto III.1.3, lett. e), del bando, già contestati in primo grado, che:
a) l'attestato prodotto dall'Azienda Ospedaliero Universitaria Consorziale Policlinico di Bari, per un numero di pasti giornalieri pari a 1.706, chiariva espressamente che la Ladisa aveva svolto "... in gestione totale il servizio di ristorazione degenti di questa Azienda mediante fornitura di pasti preparati giornalmente in un centro cottura della medesima società...", laddove l'art. 2 - rubricato "oggetto dell'appalto" - dell'allegato al medesimo attestato, precisava che l'appalto in questione aveva per oggetto "... l'affidamento in gestione totale del servizio di ristorazione mediante la fornitura di pasti, preparati giornalmente in un centro cottura [...]"; pertanto, non vi sarebbe l'attestazione della gestione di un servizio di mensa aziendale;
b) l'attestato prodotto dal Comune di Torino, per un numero di pasti giornalieri pari a 119, precisava che la Ladisa era stata aggiudicataria «... del servizio di fornitura di pasti veicolati con preparazione presso le cucine dell'appaltatore agli ospiti della Residenza "Domenico Cimarosa"».
4.1. Il Tribunale amministrativo regionale ha interpretato la clausola del bando in contestazione come richiedente soltanto la gestione di un certo numero di pasti al giorno, nonché la ripartizione degli stessi in un certo numero di mense, ma non anche la produzione in loco; ha ritenuto siffatta interpretazione più coerente col significato letterale e col principio del favor partecipationis, "... atteso che la lex specialis non contiene la restrizione affermata dalla ricorrente, ma si limita a richiedere la gestione di un certo numero di pasti (3.200), articolati in un dato numero di mense, e non invece la gestione di un certo numero di servizi di mensa mediante il necessario utilizzo di cucine messe a disposizione del committente. La specificazione inerente al luogo di produzione dei pasti (interno o esterno ai locali del committente) non è prevista dal bando e non può, quindi, essere ricavata ex post, sulla base di un'interpretazione non suffragata da alcun elemento letterale..."; ha aggiunto che il significato comune del termine "mensa" attiene alla refezione organizzata in favore di una collettività ed è compatibile con diverse modalità di articolazione della fase di preparazione dei pasti; ha concluso che al medesimo risultato interpretativo si dovrebbe giungere anche in caso di ritenuta ambiguità del bando, in quanto la clausola non potrebbe che essere letta secondo la sua portata più ampia in ossequio al principio del favor partecipationis; infine, ha constatato come l'interpretazione preferita fosse coerente anche con l'oggetto dell'appalto e, perciò, rispondente all'interesse del committente, dato che l'appaltatore era chiamato non solo all'erogazione del servizio di ristorazione aziendale, ma anche, tra l'altro, alla "gestione del Servizio di Catering per la Commissione Totocalcio", eventualmente con la preparazione del pasto in strutture esterne, nonché alla "gestione del Servizio Catering per eventi straordinari", per il quale pure era prevista la facoltà di utilizzare cucine esterne; pertanto tale utilizzazione non era affatto estranea all'oggetto dell'appalto, "per cui non è irragionevole che la stazione appaltante si sia limitata a richiedere... l'esperienza nella gestione di un certo numero di pasti, senza specificarne le modalità di preparazione...".
5. L'appellante sostiene che proprio i canoni ermeneutici richiamati dalla sentenza condurrebbero ad un risultato opposto a quello ivi raggiunto, per le seguenti ragioni:
- quanto al criterio letterale, il tenore della norma sarebbe chiaro nel riferirsi alla gestione dei pasti nell'ambito di un certo numero di mense variabile da 9 a 16, sicché la tipologia di servizio utile ai fini del possesso del requisito sarebbe appunto quella della gestione di mense aziendali (pubbliche o private);
- la stessa amministrazione, con nota del 10 maggio 2017, aveva richiesto la presentazione di dichiarazioni che avrebbero dovuto riguardare, non un numero minimo di pasti giornaliero, nell'ambito di un generico "servizio di fornitura pasti", bensì la gestione del "servizio mensa".
5.1. In riferimento al significato attribuito dal primo giudice al termine "mensa" (cioè di refezione organizzata in favore di una collettività), la controinteressata sarebbe priva del requisito quanto ai pasti giornalieri forniti ai degenti dell'Azienda Ospedaliero Universitaria Consorziale Policlinico di Bari, perché oggetto di un servizio consistente nella consegna del pasto veicolato da un centro cottura esterno fino al letto del degente, e non di un servizio "mensa", nel significato predetto.
5.2. Diversamente da quanto affermato dal primo giudice, l'oggetto dell'appalto confermerebbe la correttezza delle censure dell'appellante, perché la lettura del capitolato tecnico dimostrerebbe che la clausola del bando si sarebbe riferita al numero di pasti preparato nelle mense, deponendo in tale senso i punti 2.1 e 2.1.4 del capitolato, mentre il servizio di catering per la commissione Totocalcio sarebbe di carattere eventuale e di modeste dimensioni (come da punti 2.2.3 e 2.2.4 del capitolato tecnico); parimenti eventuale sarebbe il servizio catering per eventi straordinari e comunque riferito ad un'utenza assai modesta (come da punti 2.4.1 e 2.4.4 del capitolato); ancora, per entrambi tali ultimi servizi, l'indicazione della dimensione presunta dell'utenza è riferita al numero di servizi e non al numero di pasti erogati nelle singole mense, come nel caso della ristorazione aziendale e come richiesto nel requisito di cui al punto III.1.3, lett. e), del bando. Ciò posto, l'appellante deduce che è del tutto illogico e irragionevole commisurare l'entità e l'ampiezza di tale requisito sulla base delle due attività meramente eventuali, come avrebbe fatto il giudice di prime cure, mentre il requisito andrebbe "commisurato" esclusivamente all'attività di ristorazione aziendale.
6. Il motivo è infondato sotto tutti i profili.
Malgrado con l'atto di appello la difesa della società GSI s.r.l. abbia parzialmente modificato il tenore delle censure, riferendo il possesso del requisito in contestazione non tanto al luogo di produzione dei pasti (sul quale si è intrattenuta la sentenza), quanto alle modalità del servizio nel cui ambito fossero stati forniti, il risultato dell'interpretazione letterale della clausola del bando continua a non essere favorevole all'appellante.
6.1. Il requisito di capacità tecnica richiesto a pena di esclusione, infatti, non è letteralmente riferito alla gestione di un "servizio mensa", bensì alla gestione di "in media almeno 3.200 pasti" al giorno: così come la clausola non prevede il luogo di produzione dei pasti (per come ben argomentato in sentenza), analogamente non prevede che le referenze dei precedenti committenti dovessero essere riferite alla gestione di servizi di mense aziendali.
6.2. L'appellante vorrebbe trarre siffatta conclusione dal riferimento, contenuto nella clausola, alla necessaria ripartizione dei pasti "in un numero che varia da 9 a 16 mense (attraverso uno o più contratti)". Mancando tuttavia il riferimento letterale alle modalità di espletamento del servizio, l'interpretazione di tale inciso finale è condizionata dal significato che si ritenga di attribuire al termine "mense".
L'assunto dell'appellante secondo cui anche il significato di "refezione organizzata in favore di una collettività" sarebbe sostanzialmente coincidente con quello di gestione di una determinata tipologia di servizio nell'ambito di mense aziendali, con la produzione dei pasti in loco, non convince.
6.3. Esso è smentito, oltre che dalle considerazioni svolte nella sentenza, anche dai condivisibili argomenti difensivi delle parti appellate; e precisamente:
- il riferimento alle "mense" contenuto nel bando nulla dice in merito alle modalità organizzative della preparazione dei pasti, limitandosi ad indicarne il luogo di somministrazione e la destinazione della refezione organizzata in favore di una collettività;
- dal capitolato tecnico di gara (paragrafo 1.1, lett. r) si desume che la "mensa aziendale" deve intendersi come l'insieme dei "locali destinati alla fruizione del Servizio di Ristorazione Aziendale";
- sul punto, nel corso della gara, in data 13 gennaio 2017, sono intervenuti dei chiarimenti della stazione appaltante (non contestati dalla ricorrente), in risposta alle domande nn. 18, 19 e 37 (doc. 17 del fascicolo Consip), secondo cui il requisito di capacità tecnica avrebbe potuto essere comprovato con l'attività di gestione di "servizi di ristorazione collettiva in genere (non solo mense aziendali)", come ad esempio mense in ambito ospedaliero, scolastico e di altri enti come il Ministero della difesa, Guardia di Finanza, Polizia di Stato.
6.4. Sulla scorta di tali elementi, la clausola del bando è da intendersi riferita alla fornitura giornaliera di 3.200 pasti in media, nel contesto di diverse ristorazioni collettive (da nove a sedici), a prescindere dalle modalità organizzative del servizio e dal luogo di preparazione dei pasti. La pregressa attività di gestione dei pasti è, cioè, considerata utile dalla lex specialis per il solo fatto che la fornitura abbia riguardato almeno 3200 pasti giornalieri in media e sia stata organizzata ed erogata in favore di collettività di utenti e che ciò sia accaduto, anche in forza di differenti contratti, mediante ripartizione in una pluralità di "mense".
D'altronde, il bando non qualifica queste ultime come "aziendali" né, come già detto, si riferisce ad specifica tipologia di "servizio mensa".
6.5. L'interpretazione seguita dal primo giudice e qui preferita è perciò aderente al dato letterale e rispondente al principio, in tema di criteri di interpretazione dei bandi di gara, per il quale "l'interpretazione degli atti amministrativi, ivi compreso il bando de quo, soggiace alle stesse regole dettate dall'art. 1362 e ss. c.c. per l'interpretazione dei contratti, tra le quali assume carattere preminente quella collegata all'interpretazione letterale, in quanto compatibile con il provvedimento amministrativo, perché gli effetti degli atti amministrativi devono essere individuati solo in base a ciò che il destinatario può ragionevolmente intendere, anche in ragione del principio costituzionale di buon andamento, che impone alla P.A. di operare in modo chiaro e lineare, tale da fornire ai cittadini regole di condotte certe e sicure, soprattutto quando da esse possano derivare conseguenze negative" (così, tra le tante, C.d.S., V, 13 gennaio 2014, n. 72); con la conseguenza che "la dovuta prevalenza da attribuire alle espressioni letterali, se chiare, contenute nel bando esclude ogni ulteriore procedimento ermeneutico per rintracciare pretesi significati ulteriori e preclude ogni un'estensione analogica intesa ad evidenziare significati inespressi e impliciti, che rischierebbe di vulnerare l'affidamento dei partecipanti, la par condicio dei concorrenti e l'esigenza della più ampia partecipazione; mentre invece le ragioni immanenti, di matrice eurounitaria, di garanzia della concorrenza che presiedono al settore delle commesse pubbliche vogliono favorire la massima partecipazione delle imprese alla selezione, perché attraverso la massima partecipazione è raggiungibile il miglior risultato non solo per il mercato in sé, ma per la stessa amministrazione appaltante (cfr. C.d.S., V, 15 luglio 2013, n. 3811)" (così C.d.S., V, 12 settembre 2017, n. 4307).
Per contro, l'interpretazione sostenuta dall'appellante finisce per rendere più stringente il detto requisito, così integrando indebitamente il significato della clausola della lex specialis, in contrasto, oltre che con i principi di concorrenza e di favor partecipationis, con l'altra affermazione giurisprudenziale, che qui si intende ribadire, per la quale "le preminenti esigenze di certezza connesse allo svolgimento delle procedure concorsuali di selezione dei partecipanti impongono di ritenere di stretta interpretazione le clausole del bando di gara: ne va perciò preclusa qualsiasi lettura che non sia in sé giustificata da un'obiettiva incertezza del loro significato letterale. Secondo la stessa logica, sono comunque preferibili, a garanzia dell'affidamento dei destinatari, le espressioni letterali delle varie previsioni, affinché la via del procedimento ermeneutico non conduca a un effetto, indebito, di integrazione delle regole di gara aggiungendo significati del bando in realtà non chiaramente e sicuramente rintracciabili nella sua espressione testuale (cfr. C.d.S., IV, 5 ottobre 2005, n. 5367; V, 15 aprile 2004, n. 2162)" (così C.d.S., V, 12 settembre 2017, n. 4307).
7. Non depongono in senso contrario a quanto sin qui sostenuto le clausole del capitolato tecnico richiamate ai punti 5.1, 5.2 e 5.3 dell'atto di appello, al fine di censurare l'affermazione della sentenza secondo cui detta interpretazione risulta coerente con l'oggetto del contratto e, quindi, rispondente all'interesse del committente.
7.1. Non è decisiva la previsione secondo cui l'erogazione del servizio di ristorazione aziendale sarebbe stata effettuata attraverso la preparazione dei pasti nelle cinque cucine presenti presso le strutture gestite dalla committente nei locali attigui ai locali di consumo dei pasti, con distribuzione self service (punto 2.1 del capitolato tecnico).
La previsione è volta disciplinare le modalità di erogazione del servizio dell'appalto oggetto di affidamento, non i requisiti di partecipazione; essa comunque non è incompatibile con quanto previsto a proposito di questi ultimi, come dimostrato dal contenuto del paragrafo 2.1.1 del capitolato tecnico che prevede la possibilità, in caso di emergenza, di produrre i pasti in cucine esterne (della stessa committente o presso altra struttura), con veicolazione a norma di legge presso i terminali di consumo.
7.2. In ogni caso, come ben detto nella sentenza (alla cui motivazione sul punto è qui sufficiente fare rinvio), la previsione richiamata dall'appellante si completa con quelle relative ai servizi catering, non rilevando l'occasionalità di questi ultimi, atteso che, inequivocabilmente, concorrono a configurare l'oggetto dell'appalto (individuato nel bando come appalto complesso in quanto riguardante l'esecuzione di "servizio di ristorazione, a ridotto impatto ambientale, da erogarsi mediante mense aziendali ed altre tipologie di servizio...").
8. Entrambi gli attestati prodotti dalla Ladisa s.r.l., contestati dall'appellante, sono idonei a dimostrare in capo all'aggiudicataria il possesso del requisito di cui al punto III.1.3, lett. e), del bando di gara, in quanto:
- ai sensi del contratto col Policlinico di Bari, ha svolto "il servizio ristorazione mediante la fornitura di pasti, preparati giornalmente in un centro cottura" (art. 2 del capitolato tecnico), con svolgimento di attività di ristorazione/mensa rivolta ai degenti, ai ricoverati ed ai dipendenti dell'azienda ospedaliera (cfr. art. 1 del capitolato tecnico), che comprendeva, oltre alla preparazione dei pasti, la loro consegna e distribuzione, quindi un'attività di refezione organizzata in favore di collettività, come richiesto dal bando della gara in oggetto;
- analogamente, ai sensi del contratto col Comune di Torino, ha svolto il servizio di ristorazione mediante "preparazione, confezionamento, veicolazione e distribuzione dei pasti" (art. 1.1 delle prescrizioni tecniche) nei confronti di collettività di utenti (ospiti della struttura, utenti dei servizi sociali e personale dipendente del comune: arg. ex art. 1.2 delle dette prescrizioni).
9. In conclusione, l'appello va respinto.
9.1. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l'appellante al pagamento delle spese processuali che liquida, in favore di ciascuna delle appellate, nell'importo di Euro 3.000,00, oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.