Consiglio di Stato
Sezione V
Sentenza 24 ottobre 2018, n. 6042

Presidente: Severini - Estensore: Lotti

FATTO

Il Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna, sez. II, con la sentenza 5 dicembre 2017, n. 789, ha respinto il ricorso proposto dall'attuale parte appellante per l'annullamento della deliberazione n. 13 del 31 luglio 2017, con la quale il Consiglio comunale di Carloforte ha approvato il rendiconto di gestione dell'anno 2016 e relativi allegati e, per quanto occorrer possa, dei pareri resi dal dirigente del servizio in ordine alla regolarità contabile e tecnica del sopra indicato provvedimento, del parere reso dall'organo di revisione, degli atti di convocazione del Consiglio comunale per la seduta del 31 luglio 2017, della deliberazione della Giunta di approvazione della relazione sulla gestione e dello schema di rendiconto dell'esercizio 2016.

Per la sentenza:

- il competente servizio comunale, fin dall'approvazione della relativa modifica regolamentare, era legittimato ad effettuare le comunicazioni ai consiglieri e le convocazioni per le sedute via PEC;

- al fine di assicurare l'anzidetto meccanismo di comunicazione il Comune (ai sensi dell'art. 22 modificato del Regolamento) ha fornito a ciascun consigliere comunale una casella PEC;

- in conformità a quanto previsto dalle norme regolamentari, per la seduta del 19 giugno 2017, di insediamento del nuovo consiglio comunale, alla quale hanno regolarmente partecipato i ricorrenti Simeone, Rivano, Feola e Cimmino, la convocazione dell'assemblea consiliare era avvenuta via PEC;

- pert[a]nto, in ordine all'avviso del deposito dei documenti, risulta senz'altro rispettato l'art. 227, comma 2, t.u.e.l. n. 267 del 2000;

- in ordine alla convocazione della seduta consiliare risulta rispettato l'art. 23 del Regolamento;

- l'assegnazione della casella di posta certificata ai singoli consiglieri effettuata dall'amministrazione comunale ai fini dell'effettuazione delle comunicazioni inerenti il funzionamento del consiglio comunale determina una presunzione di conoscenza delle stesse da parte dei destinatari ogni qual volta la regolare trasmissione risulti attestata dalla ricevuta di accettazione da parte del servizio di Posta Certificata utilizzato (art. 22 Reg.) e non vi è, dunque, sotto questo profilo, nessun onere di elezione di domicilio.

La parte appellante, contestava la sentenza deducendo, in sostanza, le medesime censure già formulate nel ricorso di primo grado.

Con l'appello in esame chiedeva l'accoglimento del ricorso di primo grado.

Si costituiva la parte appellata (Rombi Avv. Cesare, Salvatore Puggioni, Elisabetta Di Bernardo, Curcio Avv. Aureliana), chiedendo il rigetto dell'appello.

Si costituiva altresì la parte interveniente ad opponendum in primo grado (Giovanni Verderosa, Gianluigi Mario Penco, Angela Marina Strina, Gianfranco Grosso, Aureliana Magai, e Francesco Granara), chiedendo il rigetto dell'appello.

All'udienza pubblica del 20 settembre 2018 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Oggetto del presente giudizio è la legittimità della delibera 31 luglio 2017, n. 13 con la quale il Consiglio Comunale di Carloforte ha approvato il rendiconto di gestione dell'anno 2016.

I motivi del ricorso si incentrano:

- sull'avviso di deposito del rendiconto e dei relativi allegati che sarebbe avvenuto "ben oltre il termine minimo di 20 giorni prima dell'inizio della sessione consiliare";

- sull'omesso avviso di convocazione della seduta Consiliare per l'approvazione del rendiconto.

2. Come già ha affermato la sentenza circa il ricorso di primo grado, anche per l'appello l'infondatezza nel merito del ricorso consente al Collegio di prescindere dall'esame dell'eccezione di difetto di legittimazione attiva sollevata, con riguardo all'impugnazione degli atti connessi, dalla difesa dei controinteressati.

3. I profili di doglianza relativi alla mancata accettazione delle caselle di posta, al fatto che non siano state indicate come domicilio, nonché la violazione della privacy da parte degli amministratori, costituiscono motivi nuovi, dedotti per la prima volta in appello, e come tali inammissibili.

In ogni caso, come si dirà, sono anche infondati.

4. Il punto di fondo è costituito dalla vigente delibera 14 settembre 2012, n. 44, peraltro adottata dal precedente Consiglio con la partecipazione di 4 degli attuali appellanti, che ha integrato il "Regolamento del Consiglio Comunale", modificando in particolare l'art. 22, riguardante la "notifica ai Consiglieri" che espressamente stabilisce che, in assenza di specifiche richieste, l'avviso di convocazione avviene a mezzo PEC.

Pertanto, viene disposto che "l'Ente fornisce ciascun consigliere, se sprovvisto, di una casella di posta elettronica certificata. (...) Il corretto invio della convocazione risulta dal messaggio della ricevuta di accettazione".

Nel caso di specie è stato documentalmente provato, ed è nei fatti incontestato, che sia l'avviso di deposito degli atti, sia la convocazione per la seduta del Consiglio, sono stati comunicati ai ricorrenti via PEC in data 10 luglio 2017: gli attuali appellanti avevano le caselle PEC, proprio quelle loro assegnate dal Comune, che conservava i relativi indirizzi sin dalla precedente consiliatura.

La contestazione secondo cui le caselle di PEC sarebbero state assegnate solo per quella legislatura, e quindi non valgano per la successiva, anche se i destinatari vengano rieletti, pur trattandosi di un motivo non proposto, è comunque infondata.

Infatti, una volta assegnata ai consiglieri una specifica PEC essa rimane valida, per le finalità di cui al regolamento citato anche per le successive consiliature, non essendovi (né essendo state indicate) disposizioni che stabiliscono una decadenza di validità dell'assegnazione di PEC o della casella stessa, ovvero un obbligo di riassegnazione ad ogni successiva consiliatura, il che confliggerebbe, peraltro, con il principio di economicità e di efficienza che deve presiedere l'azione amministrativa.

5. Per quanto riguarda la conoscibilità degli atti comunicati via PEC, deve ricordarsi che l'art. 48 d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell'amministrazione digitale) equipara la trasmissione del documento informatico per via telematica alla notificazione per mezzo della posta.

Come ha affermato, per quanto riguarda il versante processuale, ma con considerazioni estensibili per ogni comunicazione via PEC, C.d.S., Ad. plen., 10 dicembre 2014, n. 33, l'inoltro ad una PEC assicura "l'assoluta affidabilità, in ordine all'indirizzo del mittente, a quello del destinatario, al contenuto della comunicazione e all'avvenuto recapito del messaggio".

Pertanto, è confermata l'assoluta equivalenza tra notificazione cartacea e comunicazione via PEC (digitale).

6. Gli appellanti affermano che le PEC assegnate dal Comune equivarrebbero al domicilio speciale disciplinato dall'art. 47 c.c.; pertanto l'Amministrazione avrebbe potuto comunicare gli avvisi ai consiglieri soltanto se ci fosse stata una espressa indicazione in tal senso per iscritto da parte degli stessi.

L'assunto non è fondato: la citata norma regolamentare concede esclusivamente all'interessato di scegliere uno specifico domicilio per "determinati atti o affari"; opzione di cui gli appellanti non si sono avvalsi.

In assenza di scelta, sopravviene la regola, applicata nel caso di specie, della notifica presso la PEC assegnata dall'Amministrazione, come è avvenuta nel caso concreto.

7. Gli appellanti hanno inoltre sostenuto che le caselle a cui sono state inviate le notifiche per cui è causa risultano appartenere ad un dominio ("comune.carloforte.ca.it"), il cui amministratore è il sindaco.

Le medesime caselle, appartenendo a quel dominio, sono nella titolarità dell'ente e non sono, quindi, nella disponibilità di soggetti diversi, come gli odierni appellanti.

Fermo restando che tale motivo non risulta dedotto in primo grado e, dunque dovrebbe ritenersi inammissibile, nel merito è anche infondato poiché il Sindaco non ha certo la possibilità di controllare le PEC istituzionali dei consiglieri, e non conosce le password che questi scelgono, mentre l'appartenenza del dominio non incide sull'assegnazione e sulla disponibilità della casella di posta elettronica, come è noto, in base ai principi generali di funzionamento tecnologico delle mail elettroniche.

Quanto alle considerazioni svolte sulla dottoressa Cimmino, per la quale si sostiene che la stessa è provvista di una casella PEC risultante dai pubblici registri, si deve ritenere che tale censura, ancorché inammissibile per difetto di formulazione in primo grado, è altresì infondata, poiché la circostanza dedotta può incidere per quanto riguarda l'ordinamento processuale, ma non incide ai fini delle comunicazioni previste dalla delibera regolamentare già citata per quanto riguarda le comunicazioni relative all'attività del Consiglio comunale.

8. Conclusivamente, alla luce delle predette argomentazioni, l'appello deve essere respinto, in quanto infondato.

Le spese di lite del presente grado, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello come in epigrafe indicato, lo respinge.

Condanna gli appellanti, in solido tra loro, al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, spese che liquida in euro 3.000,00, oltre accessori di legge, in favore di ciascuna parte processuale (Comune da una parte e controinteressati in solido tra loro, dall'altra).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

P. Valensise e al. (curr.)

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