Corte di cassazione
Sezione VI penale
Ordinanza 28 giugno 2018, n. 36066

Presidente ed Estensore: Di Stefano

MOTIVI DELLA DECISIONE

D.G. Matteo propone ricorso straordinario ex art. 625-bis c.p.p. avverso la sentenza di questa Corte, sezione feriale, 8 agosto 2017-17 ottobre 2017 che rigettava il suo ricorso avverso la sentenza della Corte di Appello di Potenza del 30 settembre 2015.

Tale ricorso va dichiarato inammissibile.

Il ricorso ex art. 625-bis c.p.p. ha carattere di "straordinarietà" ed è strettamente finalizzato a consentire la sola correzione di errori "percettivi", ed essenziali, sui presupposti sui quali è fondata la decisione di legittimità. È, invece, escluso che il ricorso straordinario possa, anche se sfruttando la "chiave" di effettivi errori che non siano di per sé determinanti, introdurre, in modo palesemente surrettizio e strumentalmente dilatorio, una sorta di pieno quarto grado del giudizio e secondo grado di legittimità.

Per questa ragione, prima dell'approfondimento del contenuto di un ricorso formalmente presentato ai sensi dell'art. 625-bis c.p.p., l'atto va interpretato per verificare che si tratti effettivamente di una impugnazione mirata alla data tipologia di errori e non, appunto, di un ricorso "pieno" contro la "prima" decisione di cassazione.

Se, all'esito di tale delibazione, il ricorso in quanto tale risulta avere il contenuto di una piena impugnazione della originaria decisione di legittimità, lo stesso andrà dichiarato del tutto inammissibile quale impugnazione non ammessa dall'ordinamento. A fronte di tale radicale irricevibilità dell'atto, non rileva neanche che in esso possano esservi anche delle segnalazioni di errori che, di per sé, avrebbero potuto fondare un regolare ricorso straordinario, non venendo meno la caratterizzazione dell'atto quale nuova impugnazione.

Una tale previa delibazione, di norma, non ha un momento separato ma finisce per corrispondere alla attività di verifica del contenuto.

Invece, in un caso come quello di specie, la diversità dei due momenti, la qualificazione del ricorso e, poi, il suo esame in concreto, non può che essere ben evidente.

Ci si trova, difatti, in presenza di un ricorso di 143 pagine e 16 motivi con 51 allegati che, già sulla scorta di questi numeri decisamente inconsueti, a fronte di una sentenza che non ha affatto dimenticato in toto la motivazione sulla posizione del ricorrente, non appare con immediatezza rientrare nell'ambito dei referenti strutturali dell'istituto previsto dall'art. 625-bis c.p.p., mirato a dedurre, si ripete, solo degli specifici errori percettivi che siano effettivamente incidenti sulla decisione di legittimità.

Ai fini della delibazione - con esito negativo sulla qualificazione del ricorso ex art. 625-bis c.p. - basta, invero, un rapido esame a campione dei motivi di ricorso straordinario per comprendere che non ci si trova dinanzi ad una sentenza di questa Corte così clamorosamente sbrigativa da dovere riportare con tale ampiezza i suoi "errori percettivi" ma ci si trova, invece, davanti ad una enorme serie di argomentazioni che intendono sostanzialmente ridiscutere il merito della sentenza.

Ad esempio:

- nel quindicesimo motivo di ricorso si parla di omessa considerazione dei motivi di ricorso relativi al capo G della imputazione, per poi affermarsi testualmente che la sentenza impugnata ha «omesso di considerare una miriade di prove favorevoli alla difesa» e che «la corretta lettura degli atti processuali rivela senza ombra di dubbio l'insussistenza dell'accordo corruttivo», riportandosi una serie di elementi in fatto che smentirebbero la correttezza della decisione. Chiaro che non solo la doglianza è riferita ad un errore di valutazione ma l'impugnazione sembra addirittura di merito e non di legittimità;

- con il motivo tredicesimo, il ricorrente spiega le (sue) ragioni per le quali andava configurato tutt'al più il delitto di induzione indebita e non quello di concussione, anche in questo caso senza segnalare un errore percettivo ma, rapportandosi direttamente alle valutazioni della fase di merito, chiedendo nuove valutazioni in fatto;

- il motivo undicesimo contesta che la Corte di cassazione non sia stata in grado di individuare il requisito della utilità per poter qualificare la condotta come concussione: anche in questo caso si tratta di una doglianza sulla valutazione del merito;

- nel sesto motivo si parla di omessa valutazione di circostanze di fatto, doglianza che, nello svolgimento del motivo, risulta essere una contestazione per il mancato adeguamento della Corte di cassazione alla lettura del materiale probatorio proposta dalla difesa.

Se a ciò si aggiunge la sovrabbondante trascrizione di una grande quantità di materiale probatorio, l'esito della delibazione è che si tratta di un nuovo ricorso "ordinario", peraltro, a prima vista, ampiamente caratterizzato da deduzioni di mero fatto, prefiguranti una non consentita rivalutazione delle fonti di prova (documentali e dichiarative), che di per sé non rientrerebbero neanche nei motivi ammessi dall'art. 606 c.p.p. per il "primo" ricorso.

La non riconoscibilità dell'impugnazione quale ricorso straordinario la rende intrinsecamente inammissibile ed esime da una pedissequa parcellare valutazione dei suoi contenuti alla ricerca di eventuali deduzioni che possano ricadere nel concetto di errore denunciabile ex art. 625-bis c.p.p.

Va disposta condanna del ricorrente alla sanzione pecuniaria nella misura determinata in dispositivo tenuto conto dei motivi della inammissibilità.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della cassa delle ammende.

Depositata il 27 luglio 2018.