Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
Sezione I
Sentenza 9 gennaio 2019, n. 53

Presidente: Atzeni - Estensore: Gisondi

FATTO E DIRITTO

Isam S.r.l., premesso: a) di essere risultata aggiudicataria della gara l'affidamento dell'acco[r]do quadro triennale per lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria del verde pubblico del comune di Sesto Fiorentino; b) che l'aggiudicazione intervenuta in suo favore sarebbe stata revocata dal predetto comune in ragione del fatto che la Società non avrebbe dichiarato in sede di domanda di partecipazione il rinvio a giudizio di un proprio amministratore in violazione del protocollo di legalità che si era obbligata ad osservare e degli obblighi di informazione preventiva di cui all'art. 80, comma 5, lett. c, del codice dei contratti pubblici, impugna il predetto provvedimento sostenendo che: 1) il protocollo di legalità, ancorché richiamato nel bando, non sarebbe applicabile alla gara di cui si discute in quanto concernente un appalto di servizi e non di lavori e, comunque, anche qualora lo fosse, non potrebbe introdurre cause di esclusione automatica; 2) il bando sanzionerebbe con la esclusione solo la mancata accettazione del protocollo; 3) la modulistica allegata al bando non avrebbe previsto dichiarazioni inerenti eventuali rinvii a giudizio ma solo condanne definitive; 4) i controlli inizialmente svolti dalla SA avrebbero riguardato solo la sussistenza di condanne definitive, per cui, anche ammesso che un obbligo dichiarativo di tal fatta sussistesse, la acquisizione della relativa dichiarazione ben avrebbe potuto essere disposta mediante soccorso istruttorio; 5) l'affidabilità di ISAM sotto il profilo morale sarebbe attestata dalla sua iscrizione nella c.d. white list della Prefettura di Viterbo; 6) il provvedimento adottato si baserebbe su una valutazione discrezionale circa la affidabilità della impresa non sorretta da elementi oggettivi.

Il ricorso è infondato.

L'obbligo di dichiarare l'intervenuto rinvio a giudizio di un proprio amministratore per il reato di turbata libertà degli incanti sussisteva a prescindere dalla intervenuta accettazione del protocollo di legalità che non ha fatto altro che rafforzarlo.

I più recenti arresti giurisprudenziali in materia, depongono, infatti, nel senso che - anche al di là dei casi in cui ricorra una fattispecie tipizzata dall'art. 80, comma 5, lett. c (illecito professionale che abbia dato luogo ad una risoluzione o ad altra sanzione giudizialmente "confermata") - residua in capo alla S.A. il potere di operare una valutazione discrezionale sulla gravità dell'illecito, fornendo adeguata motivazione sulla incidenza dell'inadempimento sull'affidabilità del concorrente.

Invero, l'elencazione dei gravi illeciti professionali rilevanti contenuta nella lett. c) del comma 5 dell'art. 80 del codice dei contratti pubblici è meramente esemplificativa e non esclude che la Stazione appaltante possa dare rilevo ad elementi gravi suscettibili di minare sulla integrità e/o affidabilità del concorrente in rapporto allo specifico contratto (C.d.S., sez. V, 2 marzo 2018, n. 1299).

In questo quadro si è stabilito che anche il rinvio a giudizio per fatti di grave rilevanza penale al pari della adozione di un'ordinanza di custodia cautelare a carico dell'amministratore della società interessata, ancorché non espressamente contemplato quale causa di esclusione dalle norme che regola la aggiudicazione degli appalti pubblici, può astrattamente incidere sulla moralità professionale dell'impresa con conseguente legittimità di un provvedimento di esclusione che previa adeguata motivazione ne abbia vagliato l'incidenza negativa sulla moralità professionale (T.A.R. Napoli, sez. VII, 26 giugno 2018, n. 4271, ma in senso analogo anche C.d.S., sez. VI, 1° febbraio 2013, n. 620).

Alla luce di tali premesse deve essere affermata la sussistenza di un obbligo della impresa di dichiarare la sottoposizione a giudizio penale per un reato sicuramente attinente allo specifico settore dei contratti pubblici (come la tentata turbativa degli incanti) trattandosi di circostanza rilevante sul giudizio di ammissione anche se non idonea a determinare in via automatica la esclusione (C.d.S., III, 4192/2017).

Nel caso di specie la sussistenza del predetto onere informativo era altresì rafforzata dalla sottoscrizione del protocollo di legalità (applicabile alla gara in forza del suo inoppugnato richiamo ad opera della lex specialis a prescindere dalla natura dell'appalto da aggiudicare) il quale prevedeva come causa di risoluzione del contratto [il rinvio] a giudizio per taluno dei delitti di cui agli artt. 317 c.p., 318 c.p., 319-bis c.p., 319-ter c.p., 319-quater c.p., 320 c.p., 322 c.p., 322-bis c.p., 346-bis c.p., 353 c.p., 353-bis c.p.

Sicché, pur non essendo il rinvio a giudizio espressamente contemplato nell'ambito della modulistica predisposta dalla Stazione Appaltante, gli obblighi di correttezza e buona fede imponevano alla concorrente di rendere la stessa edotta di circostanza di sicuro rilevo ai fini della stipula del contratto.

Sul punto va anche detto che la atipicità dei fatti suscettibili di determinare l'inaffidabilità morale della partecipante, non essendo tipizzabile a priori, ne impedisce la traduzione in moduli prestampati e richiede, invece, uno sforzo informativo ulteriore da parte della partecipante che, come detto, va apprezzato alla luce dei principi di correttezza e buona fede.

La ulteriore censura con cui la ricorrente si duole della mancata applicazione dell'istituto del soccorso istruttorio è priva di fondamento atteso che, essendo pacifico che al momento della presentazione della domanda di partecipazione l'amministratore della Isam si trovava nella condizione di sottoposto a giudizio, l'Amministrazione non aveva l'obbligo di compiere ulteriori accertamenti.

Né ha pregio la considerazione secondo cui tale circostanza non avrebbe potuto determinare un'automatica esclusione ma avrebbe dovuto essere discrezionalmente vagliata dalla SA.

Se ciò è vero in linea generale nel caso di specie il recepimento da parte della lex specialis del protocollo di legalità elevava la situazione di rinvio a giudizio per talune specifiche tipologie di reati a causa di risoluzione senza richiedere alcun particolare apprezzamento al riguardo.

Quanto poi alla dedotta differenziazione del regime delle cause di esclusione da quelle di risoluzione, il Collegio ritiene che essa non si rifletta sugli obblighi dichiarativi in quanto essi comprendono non solo i requisiti di partecipazione in senso stretto ma anche tutte quelle circostanze note e conoscibili al momento della presentazione della domanda che possono precludere la stipula del contratto.

Il ricorso deve essere, pertanto, respinto.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione I, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna la ricorrente alla refusione delle spese di lite che liquida in Euro 3.000 oltre IVA e c.p.a. per ciascuna parte intimata.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

L. Tramontano (cur.)

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