Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia-Romagna
Parma
Sentenza 6 marzo 2019, n. 58

Presidente: Conti - Estensore: Lombardi

FATTO

La società ricorrente ha chiesto l'annullamento, previa sospensione in via incidentale, dell'aggiudicazione disposta in favore del raggruppamento controinteressato, così come desumibile dall'intervenuto esercizio del diritto di prelazione, deducendone l'illegittimità per i seguenti motivi:

- violazione dell'art. 183, comma 15, del codice dei contratti pubblici, in quanto il promotore sarebbe incorso nella decadenza prevista dalla legge, non avendo notificato, entro quindici giorni dalla ricezione della comunicazione di avvenuta aggiudicazione, la dichiarazione di prelazione alla ricorrente, nella sua qualità di originaria aggiudicataria, ma in posizione di soggezione rispetto al diritto potestativo del promotore;

- violazione del comma 15 su citato, anche sotto il profilo del mancato pagamento, da parte del promotore che ha esercitato la promozione legale (ed entro il termine decadenziale di quindici giorni), dell'importo derivante dalle spese sostenute dall'originario aggiudicatario per la predisposizione dell'offerta.

Si sono costituiti in giudizio il Comune di Fidenza e Bertolotti Aldo e C. S.n.c., che hanno chiesto il rigetto del ricorso, e la causa è stata decisa con sentenza in forma semplificata, ad esito della discussione della domanda cautelare nel corso della camera di consiglio del 27 febbraio 2019.

DIRITTO

Il Collegio osserva, preliminarmente, che le controparti hanno eccepito l'inammissibilità del ricorso, sotto il duplice profilo del difetto di giurisdizione e della carenza di interesse attuale alla domanda di annullamento, connessa all'effettiva assenza, allo stato, di un provvedimento di aggiudicazione da annullare.

La risoluzione della questione giuridica posta a fondamento delle censure avanzate dalla ricorrente - questione che concerne, essenzialmente, la natura del diritto di prelazione accordato dal codice dei contratti pubblici al raggruppamento controinteressato - consente di decidere anche sulla fondatezza delle eccezioni formulate.

Nel nostro ordinamento giuridico, nel concetto di prelazione possono essere ricomprese tre accezioni:

- le cause legittime di prelazione;

- la prelazione volontaria;

- la prelazione legale.

Quanto alle prime, posto che l'art. 2741 c.c. fissa la regola per cui tutti i creditori hanno eguale diritto di essere soddisfatti sui beni del debitore (c.d. par condicio creditorum), la legge codifica della cause (cause di prelazione) in presenza delle quali il creditore che ne sia titolare (c.d. creditore privilegiato) è preferito, nel riparto del prezzo ricavato dalla vendita dei beni del debitore, rispetto agli altri creditori che non ne possano vantare (c.d. creditori chirografari).

La differenza tra i due tipi di creditori è, in via generale, che il creditore munito di causa di prelazione su di uno specifico bene ha il c.d. diritto di sequela (cioè può aggredirlo anche se successivamente acquistato da terzi), mentre il creditore chirografario deve avere prima esperito l'azione revocatoria, sussistendone i presupposti, per far dichiarare l'inefficacia del trasferimento di uno o più beni del patrimonio che lo garantiva dall'insolvenza del debitore.

La prelazione volontaria si ha invece quando un soggetto (c.d. promittente o concedente) promette ad un altro (c.d. prelazionario) di preferirlo, a parità di condizioni, rispetto a terzi, qualora in futuro decida di addivenire ad una certa contrattazione (ad esempio, la vendita della propria abitazione).

La promessa può essere gratuita o onerosa.

Il vincolo attiene solo alla scelta del contraente a parità di condizioni, ma è in ogni caso garantita la libertà in ordine all'an e al quomodo del contratto.

L'assoluta libertà di cui gode il concedente può consentirgli anche qualsivoglia comportamento da cui derivi l'impossibilità di addivenire alla conclusione del contratto (ad es. trasformazione del bene e successivo contratto non riguardante tutto il bene), salva l'eventuale violazione del dovere di correttezza.

Dal patto di prelazione non nasce dunque per il concedente un obbligo a contrarre condizionato alla volontà di concludere il contratto (ad es. vendita), ma due obblighi diversi:

- obbligo positivo, consistente nel rendere nota al prelazionario l'intenzione di concludere il contratto a certe condizioni (c.d. denuntiatio);

- obbligo negativo, consistente nel non stipulare il contratto stesso con terzi prima o in pendenza della denuntiatio.

Secondo l'orientamento prevalente, nel caso di prelazione volontaria, la denuntiatio è di regola soltanto un invito ad offrire entro un determinato termine, atto di adempimento di un obbligo di comunicazione delle condizioni per la vendita offerte dai terzi o stabilite dallo stesso concedente.

In questa prospettiva, in caso di risposta positiva, il contratto non si concluderebbe automaticamente, ma potrà essere stipulato in un secondo momento; poiché non c'è obbligo di contrarre, il promittente è infatti comunque libero di non vendere al prelazionario ma a condizione di non vendere nemmeno a terzi, e in caso di vendita senza denuntiatio il prelazionario avrà diritto al risarcimento dei danni da inadempimento, senza potere invocare l'art. 2932 c.c.

La prelazione volontaria, conseguentemente, salvo il caso della prelazione che può essere prevista negli atti costitutivi e statuti delle società di capitali in favore dei soci nel caso di vendite delle azioni, non è opponibile ai terzi né è suscettibile di trascrizione; il prelazionario ha soltanto diritto al risarcimento del danno, che può essere chiesto al concedente, in virtù della violazione dell'obbligo contrattuale assunto, e al terzo, se di mala fede (per interferenza illecita e violazione generale del principio del neminem laedere).

Quando infine il diritto di prelazione è previsto dalla legge si ha la c.d. prelazione legale. Tale prelazione, nelle sue fattispecie paradigmatiche (diritto di prelazione agraria e diritto di prelazione urbana) ha efficacia reale ed è quindi opponibile ai terzi.

Ciò significa che, nel caso di omessa denuntiatio, il titolare del diritto di prelazione può esercitare in ogni caso nei confronti dell'acquirente terzo del bene il diritto potestativo di riscatto, cui consegue non la risoluzione del contratto con formazione di un titolo di acquisto ex nunc in favore del riscattante o un nuovo trasferimento del bene dall'acquirente al riscattante stesso, ma la sostituzione con effetto ex tunc di costui all'acquirente, sulla base delle propria dichiarazione unilaterale recettizia, talvolta subordinata all'effettivo pagamento del prezzo o alla sua offerta reale (la dichiarazione può essere effettuata anche tramite citazione, volta ad ottenere una pronuncia di accertamento).

La denuntiatio deve, di regola, indicare le condizioni che individuano la sostanza giuridica economica del contratto, compreso il prezzo, essendo irrilevante la conoscenza che il prelazionario ne abbia aliunde.

Il diritto di prelazione, in questo caso, nasce de iure e quindi esiste già potenzialmente; prova ne è che può essere rinunziato, a prescindere dalla notifica della denuntiatio, dal prelazionario che sia a conoscenza delle condizioni della alienazione al terzo, anche se, secondo altra ricostruzione, la rinunzia alla prelazione non può in ogni caso essere fatta prima della denuntiatio, poiché tale rinunzia sarebbe nulla - in assenza della conoscenza delle condizioni che individuano la sostanza giuridica economica del contratto - per indeterminatezza dell'oggetto.

Casi di prelazione legale, da cui è possibile ricavare la disciplina generale, sono:

- la prelazione dei coeredi (c.d. retratto successorio di cui all'art. 732 c.c.);

- la prelazione del componente dell'impresa familiare ex art. 230-bis, comma 5, c.c., che richiama espressamente l'art. 732 c.c.;

- la prelazione agraria ex art. 8 della l. n. 590/1965;

- la prelazione urbana su immobile concesso in locazione per uso diverso da quello abitativo (art. 38, l. n. 392 del 1978);

- la prelazione artistica;

- la prelazione disciplinata dal codice dei contratti pubblici in materia di project financing.

Negli ultimi due casi la particolarità consiste nella circostanza che il diritto di prelazione legale non solo è connesso ad un interesse pubblico ma prevede anche la partecipazione essenziale nel procedimento di denuntiatio di un soggetto terzo portatore del predetto interesse pubblico.

Nel caso di prelazione artistica (artt. 60 e ss. del d.lgs. n. 42 del 2004), sono il Ministero dei beni culturali o gli enti pubblici territoriali interessati a rivestire la figura di prelazionari, rispetto all'acquisto di un bene culturale privato già alienato dal proprietario ad un terzo con atto di compravendita sottoposto alla condizione sospensiva del mancato esercizio del diritto di riscatto da parte dell'amministrazione pubblica.

Entro i termini di legge il provvedimento di prelazione deve essere notificato sia all'alienante che all'acquirente; la proprietà passa allo Stato dalla data dell'ultima notifica.

Nel caso della prelazione prevista dall'art. 183, comma 15, del d.lgs. n. 50 del 2016, il procedimento nasce da una proposta di un operatore economico privato rivolta ad un'amministrazione aggiudicatrice e tesa alla realizzazione in concessione di lavori pubblici o di lavori di pubblica utilità.

L'amministrazione aggiudicatrice, se ritiene di porre la proposta - con il relativo progetto di fattibilità - a base di un bando di gara, espleta la relativa procedura ad evidenza pubblica e aggiudica la concessione al soggetto classificatosi primo in graduatoria.

Se il promotore non risulta aggiudicatario, può esercitare, entro quindici giorni dalla comunicazione dell'aggiudicazione, il diritto di prelazione e divenire aggiudicatario, qualora dichiari di impegnarsi ad adempiere alle obbligazioni contrattuali alle medesime condizioni offerte dall'aggiudicatario.

Se il promotore non risulta aggiudicatario e non esercita la prelazione, ha diritto al pagamento, a carico dell'aggiudicatario, dell'importo delle spese per la predisposizione della proposta nei limiti di legge. Se invece il promotore esercita la prelazione, l'originario aggiudicatario ha diritto al pagamento, a carico del promotore, dell'importo delle spese per la predisposizione dell'offerta, nei limiti di cui al comma 9 dell'art. 183.

Dalla sintetica ma necessaria ricostruzione del sistema vigente, emerge dunque che il diritto di prelazione attribuito dal codice dei contratti pubblici al promotore ha delle connotazioni decisamente peculiari rispetto agli altri casi di prelazione legale, connotazioni non compatibili automaticamente con la disciplina generale evincibile in materia.

Innanzitutto, si tratta di un diritto di prelazione che ha come oggetto una posizione di primato nell'ambito di una graduatoria pubblica di cui fanno previamente parte sia prelazionario che terzo, e non il subentro automatico in un diritto che il concedente ha intenzione di trasferire ad un terzo estraneo all'obbligo legale, o che addirittura, come nel caso della prelazione artistica, è già stato alienato.

In secondo luogo, l'istituto della denuntiatio è sostituito de plano dalla ordinaria comunicazione dell'aggiudicazione della gara e l'unica formalità prevista a carico del prelazionario è la dichiarazione, entro il termine di quindici giorni dalla suddetta comunicazione, di impegnarsi ad adempiere alle obbligazioni contrattuali alle medesime condizioni offerte dall'aggiudicatario, mentre il pagamento, a carico del promotore, dell'importo delle spese sostenute dal terzo per la predisposizione dell'offerta è previsto dalla legge come obbligazione da adempiere successivamente all'esercizio del diritto di prelazione, senza la previsione di alcun termine di decadenza.

Da queste semplici annotazioni, e al di là delle stringate previsioni di legge, derivano due conseguenze logico-giuridiche.

Da un lato, l'esercizio del diritto di prelazione nelle forme previste dal comma 15 dell'art. 183 del d.lgs. n. 50 del 2016 fa nascere in capo all'amministrazione aggiudicatrice il mero obbligo di aggiudicare la gara al promotore, senza dunque generare alcun subentro automatico in un diritto da disporre o già acquisito da un terzo; dall'altro, il previo espletamento di una gara pubblica - in cui, tra l'altro, il diritto di prelazione legale del promotore è stato ribadito dal bando -, e la conclusione di tale gara con l'aggiudicazione provvisoria al terzo, in qualità di concorrente vincitore, esclude che la notificazione a costui del successivo esercizio del diritto di prelazione debba costituire un presupposto necessario per il perfezionamento di tale diritto.

In particolare, ostano ad una ricostruzione diversa del sistema - ovvero nel senso propugnato dalla ricorrente - due argomenti, uno di natura letterale e l'altro di natura sostanziale.

Invero, da un lato, l'art. 183, comma 15, del d.lgs. n. 50 del 2016 non ha espressamente previsto la necessità della notificazione dell'esercizio del diritto di prelazione anche al terzo, come invece disposto dall'art. 61 del d.lgs. n. 42/2004 in caso di prelazione artistica; dall'altro, nel caso di specie, l'esercizio del diritto di prelazione è inserito all'interno di una fase in cui la procedura ad evidenza pubblica non si è ancora conclusa e ha ad oggetto il mero subentro in un'aggiudicazione e non nel diritto all'esecuzione dei lavori.

Tale diritto nascerà soltanto a seguito del contratto stipulato tra affidatario ed amministrazione aggiudicatrice, e sempre che la stazione appaltante non ravvisi ostative e sopravvenute ragioni di interesse pubblico, l'illegalità della procedura espletata o il mancato rispetto, da parte del promotore, delle forme previste per l'esercizio del diritto di prelazione.

Il termine di decadenza è stato dunque previsto in diretto collegamento con il proseguimento della procedura ad evidenza pubblica e non con l'espropriazione, nei confronti del terzo, di un diritto già acquisito.

Da ciò derivano due conseguenze di natura processuale.

Per un verso, il Giudice amministrativo è fornito, nel caso di specie, di giurisdizione.

La società ricorrente ha infatti censurato un comportamento illegittimo della stazione appaltante, consistito nell'avere reso edotto l'aggiudicatario provvisorio dell'avvenuto esercizio del diritto di prelazione, senza previamente accertare l'intervenuta decadenza in cui sarebbe incorso il promotore; i motivi svolti e la domanda proposta rientrano a pieno titolo nell'oggetto di una delle controversie "relative a procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all'applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale", di cui all'art. 133, comma 1, lett. e), n. 1, del codice del processo amministrativo.

Si tratta di giurisdizione esclusiva, che ricomprende al suo interno, per consolidato orientamento giurisprudenziale, qualunque controversia, sia essa afferente a diritti soggettivi, sia essa afferente ad interessi legittimi, che insorga nell'ambito di una gara ad evidenza pubblica per l'affidamento di lavori, servizi o forniture, cui si applichino regole di derivazione euro-unitaria, dall'indizione della gara stessa fino alla stipulazione del contratto di diritto privato tra le parti.

Per altro verso, l'assenza, al momento dell'introduzione del giudizio, di un provvedimento di aggiudicazione al promotore prelazionario - provvedimento da ritenersi, secondo la ricostruzione operata, necessario e prodromico alla successiva stipula del contratto - rende carente di oggetto, e quindi di interesse attuale, la domanda di annullamento proposta dalla ricorrente.

D'altra parte, ferme le considerazioni di ordine sistematico che la particolare natura del contenzioso introdotto ha reso necessarie, è proprio e solo il successivo provvedimento di aggiudicazione della gara al promotore prelazionario che può recepire l'eventuale illegittimità o irritualità dell'intervenuto esercizio del diritto di prelazione, per cui, sotto questo specifico profilo, e in ossequio al limite imposto al Giudice amministrativo dall'art. 34, comma 2, del c.p.a., anche la domanda di accertamento deve ritenersi inammissibile.

Ad ogni modo, anche qualora si dovesse aderire alla tesi della ricorrente, secondo cui l'esercizio del diritto di prelazione implica un'aggiudicazione automatica della gara - senza dunque necessità di alcun provvedimento espresso - le considerazioni di ordine generale svolte in ordine al particolare diritto esercitato permettono di escludere che sia ravvisabile, allo stato, alcuna illegittimità nella condotta omissiva posta in essere dall'amministrazione.

Per concludere, dunque, il Collegio deve dichiarare l'inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, seppure con le precisazioni appena fornite, con spese del giudizio che devono essere peraltro compensate tra le parti, in ragione della novità della questione esaminata.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna, Sezione di Parma, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, ne dichiara l'inammissibilità, nei sensi e con le precisazioni di cui in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.