Consiglio di Stato
Sezione III
Sentenza 2 maggio 2019, n. 2854
Presidente: Frattini - Estensore: Ferrari
FATTO
1. I Centri di emodialisi Doma e s.r.l. prof. Domenico Cirillo operano in regime di accreditamento istituzionale ed erogano prestazioni specialistiche per i territori di pertinenza della Azienda sanitaria locale Na 3 Sud in regime ambulatoriale.
I requisiti minimi, generali e speciali, che le strutture devono possedere per il rilascio dell'autorizzazione per l'accreditamento istituzionale sono stati disciplinati dal Regolamento regionale del 31 luglio 2006, che ha stabilito le procedure di verifica e di vigilanza per l'eventuale sospensione e revoca dell'accreditamento, in caso di accertata carenza dei requisiti necessari. A tal fine sono stati istituiti i nuclei di valutazione regionali. Con l. reg. Campania 28 novembre 2008, n. 16 le funzioni istruttorie, di verifica e di rilascio degli attestati di accreditamento istituzionale sono state delegate alle Regioni. Con verbali del 31 marzo 2010, 29 aprile 2010 e 15 giugno 2010 il rilascio dell'accreditamento istituzionale ai Centri è stato subordinato al possesso di requisiti ulteriori rispetto a quelli previsti dal Regolamento n. 3 del 31 luglio 2006.
Con ricorso notificato il 14 marzo 2011 e depositato dinanzi al Tar Napoli i Centri appellanti hanno impugnato detti verbali deducendo l'impossibilità di introdurre ulteriori requisiti oltre quelli espressamente previsti dal Regolamento n. 3 del 2006.
Con sentenza n. 2938 del 28 maggio 2014 il Tar Napoli ha respinto il ricorso.
2. Avverso detta sentenza è stato proposto appello, notificato in data 29 dicembre 2014 e depositato il successivo 20 gennaio 2015, affermando che illegittimamente la Asl Na 3, nell'esercizio del potere delegato previsto dall'art. 8, l. reg. Campania n. 16 del 2008, ha introdotto requisiti aggiuntivi a quelli regolamentari, quali la quantificazione in sei ore, in luogo di quattro, del trattamento della seduta dialitica, ancorando a tale dato temporale la necessità di prestazione lavorativa del personale medico e infermieristico operante presso i centri di emodialisi. In effetti la finalità della delega è di accelerare le procedure di accreditamento disciplinate dal Regolamento n. 3 del 2006, con la conseguenza che l'attività di accertamento del possesso dei requisiti ulteriori deve essere necessariamente limitata alla sola verifica dei requisiti ulteriori imposti dagli allegati A, B e C del Regolamento regionale n. 3 del 2006.
Con riferimento, poi, alla discrezionalità di cui gode l'Azienda sanitaria, richiamata dal giudice di primo grado a supporto del proprio argomentare, giova ricordare che anche la discrezionalità tecnica incontra limiti.
3. L' Azienda sanitaria locale Na 3 Sud non si è costituita in giudizio.
4. Alla pubblica udienza del 21 marzo 2019 la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1. Come esposto in narrativa, l'appello, proposto da due Centri che erogano attività di assistenza specialistica di emodialisi, è volto alla riforma della sentenza del Tar Campania, sede di Napoli, sez. I, n. 2938 del 28 maggio 2014, che ha respinto il ricorso con il quale si chiedeva l'annullamento dei verbali dei coordinatori dei nuclei di valutazione che, con riferimento alle strutture private di emodialisi ambulatoriali operanti nel distretto della Asl Na 3 Sud, avrebbero introdotto, ai fini del rilascio dell'accreditamento istituzionale, requisiti aggiuntivi rispetto ai "requisiti ulteriori" individuati nell'Allegato C al Regolamento regionale n. 3 del 31 luglio 2006.
Si deduce, nella sostanza, che l'Azienda sanitaria sarebbe andata oltre la delega conferitale con l'art. 8, l. reg. Campania 28 novembre 2008, n. 16 esercitando poteri, nell'individuazione dei requisiti per ottenere l'accreditamento istituzionale, che non le erano propri, ad esempio quantificando in sei ore il trattamento della seduta dialitica ed ancorando a tale dato temporale la necessità di prestazione lavorativa del personale medico ed infermieristico operante presso i centri di emodialisi. Dalle finalità della delega, come individuate dal Legislatore regionale, deriverebbe, ad avviso di parte appellante, che l'attività di accertamento del possesso dei requisiti ulteriori deve essere necessariamente limitata alla sola verifica dei presupposti indicati negli allegati A, B e C del Regolamento regionale n. 3 del 2006.
Il primo motivo, con il quale si afferma che la Asl avrebbe esercitato un potere che non aveva perché esorbitante la delega ricevuta, non è suscettibile di positiva valutazione.
L'art. 8 (Delega alle Aziende sanitarie locali delle competenze in materia di accreditamento istituzionale delle strutture sanitarie e socio sanitarie), l. reg. Campania 28 novembre 2008, n. 16 ha previsto che "al fine di accelerare le procedure di accreditamento disciplinate dal regolamento n. 3 del 31 luglio 2006 ('Regolamento recante la definizione dei requisiti ulteriori e le procedure per l'accreditamento istituzionale dei soggetti pubblici e privati che erogano attività di assistenza specialistica di emodialisi e di riabilitazione ambulatoriale') e n. 1 del 22 giugno 2007 ('Regolamento recante la definizione dei requisiti ulteriori e le procedure per l'accreditamento istituzionale dei soggetti pubblici e privati che erogano attività di assistenza specialistica in regime ambulatoriale, in regime di ricovero ed in regime residenziale') e di semplificare i relativi procedimenti amministrativi, sono delegate alle Aziende sanitarie locali le competenze e le funzioni in ordine alla ricezione delle istanze di accreditamento dei soggetti interessati, alla verifica della funzionalità delle strutture richiedenti rispetto alla programmazione regionale, all'accertamento del possesso dei requisiti ulteriori e agli adempimenti connessi e conseguenti ivi compreso il rilascio dell'attestato di accreditamento istituzionale da parte del direttore generale...".
La legge regionale ha quindi delegato alle Aziende sanitarie locali le competenze e le funzioni in ordine alla ricezione delle istanze di accreditamento dei soggetti interessati, all'accertamento del possesso dei "requisiti ulteriori" e agli adempimenti connessi al rilascio dell'accreditamento istituzionale.
Si tratta, con tutta evidenza, di una delega finalizzata a garantire che le strutture accreditate abbiano tutti i requisiti, "ulteriori" rispetto a quelli minimi, necessari per assicurare alti livelli di prestazioni, in una branca di particolare delicatezza quale è quella della emodialisi. Può, quindi, ad avviso del Collegio, trattarsi anche di requisiti connessi a quelli previsti dal Regolamento n. 3 del 2006 e finalizzati, con imposizioni ulteriori, a raggiungere l'obiettivo sotteso alla prescrizione regolamentare.
Nella specie, le prescrizioni che esorbiterebbero la delega consistono nella previsione di un determinato monte ore per la presenza in servizio del personale dipendente, sulla base della stima della durata della seduta dialitica in sei ore; inoltre, è stata imposta la presenza dell'infermiere in caso di attivazione del posto rene contumaciale e la pronta disponibilità di un infermiere dedicato in caso di pazienti contumaciali.
Rileva il Collegio che, come affermato dal giudice di primo grado, si tratta di previsioni che si pongono in rapporto di specificità rispetto a quanto richiesto nell'Allegato C al Regolamento regionale n. 3 del 2006 nelle parti (peraltro richiamate dalle stesse appellanti) relative al requisito n. 4, per il quale deve esistere un protocollo per il trattamento dialitico secondo linee guida nazionali o internazionali; al requisito n. 18, per cui deve essere rispettato il tempo di intervallo minimo di 2 ore fra i turni di dialisi, per la sterilizzazione delle apparecchiature e per la pulizia della sala di dialisi; al requisito n. 19, per cui deve essere garantita, per le strutture private, la presenza di un infermiere professionale ogni 4 letti di dialisi. Tali previsioni, e in particolare la n. 19, attestano l'importanza che il Regolamento connette alla presenza del personale specializzato durante il trattamento. Ad avviso del Comitato di Coordinamento Aziendale per l'accreditamento tale vigilanza, con riferimento alle strutture della Asl Na 3 Sud, perché sia effettiva deve prevedere uno sforzo ulteriore di personale. A tale conclusione il Comitato è pervenuto - come risulta dal verbale del 31 marzo 2010 - al fine di affrontare "le problematiche evidenziate nei sopralluoghi effettuati".
Sotto questo profilo, e dunque nell'ottica di garantire un giusto equilibrio tra prestazione erogata e presenza di personale specializzato, le prescrizioni introdotto dalla Asl sono coperte dalla delega.
In altri termini, l'Allegato C prevede i requisiti minimi necessari per promuovere ed incentivare il miglioramento continuo della qualità (comma 1 dell'art. 49 del Regolamento regionale n. 3 del 2006), che è l'obiettivo primario che deve perseguire l'Amministrazione (la Regione o, su delega, l'Azienda sanitaria) nell'offrire all'utenza il servizio sanitario, anche servendosi di strutture private se con quelle pubbliche non riesce a coprire la domanda di prestazioni, ma non per questo abbassando il livello qualitativo. È quindi preminente la tutela dei profili pubblici, ontologicamente connessi alla attività sanitaria, quali il diritto alla salute ed alla accessibilità a cure di standard qualitativo adeguato, senza che sia particolarmente compromessa la concorrenza; pericolo, quest'ultimo, che non sussiste nella specie, atteso che gli oneri connessi ai "requisiti ulteriori" ricadono su tutte le strutture che erogano prestazioni di emodialisi operanti nella Asl Na 3 Sud.
Del resto gli operatori privati - in quanto impegnati, insieme alle strutture pubbliche, a garantire l'essenziale interesse pubblico alla corretta ed appropriata fornitura del primario servizio della salute - non possono considerarsi estranei alla necessità di raggiungere - in particolare per determinate branche relative a gravi patologie - livelli di efficienza massimi, anche a costo di un aggravio di impegni di uomini e di mezzi.
Tali conclusioni ben si armonizzano con i principi, costantemente elaborati dalla Sezione (18 gennaio 2018, n. 321) nella materia degli accreditamenti concessi a strutture private, secondo cui chi intende operare nell'ambito della sanità pubblica deve accettare le condizioni da questa imposte, dovendo comunque e in primo luogo assicurare, pur in presenza di restrizioni, beni costituzionali di superiore valore quale i livelli essenziali relativi al diritto alla salute. In alternativa, agli operatori resta la scelta di agire come privati nel privato.
Dunque, le strutture private che decidono di lavorare con il Servizio sanitario sanno bene di dover sacrificare parte della loro autonomia imprenditoriale ma accettano tale limitazione in cambio della sicurezza - assente nel libero mercato - di un minimo di prestazioni garantite. Si tratta dunque di una scelta consapevole e reversibile, perché lascia comunque sempre liberi - ove le condizioni imposte dalla Regione (o dalla Asl delegate) non siano ritenute più convenienti - di tornare ad operare solo in regime privatistico (C.d.S., sez. III, 23 agosto 2018, n. 5039).
2. Non è suscettibile di positiva valutazione neanche il secondo motivo, con il quale si denuncia l'irragionevolezza e l'illogicità dell'operato dell'Azienda sanitaria.
Il Collegio, nel richiamarsi a quanto già argomentato sub 1, aggiunge che, come condivisibilmente affermato dal giudice di primo grado, l'individuazione delle prescrizioni necessarie a garantire un efficiente servizio di assistenza specialistica di emodialisi da parte delle strutture private che chiedono l'accreditamento è rimessa alla discrezionalità dell'Amministrazione, sindacabile da questo giudice solo se manifestamente illogica, vizio questo che, contrariamente a quanto afferma parte appellante, non inficia la decisione dell'Azienda sanitaria. Non appare a questo giudice, infatti, palesemente illogico o irrazionale aver chiesto alle strutture che erogano attività specialistica ambulatoriale di emodialisi, proprio in considerazione della complessa branca in cui operano, un determinato monte ore per la presenza in servizio del personale dipendente, sulla base della stima della durata della seduta dialitica e della circostanza che non tutte dette sedute iniziano (attacco ai macchinari) e terminano contemporaneamente (con ciò trovando smentita che ci sarebbe personale infermieristico sistematicamente non occupato); la disponibilità dell'infermiere in caso di attivazione del posto rene contumaciale e l'obbligo di presenza di un infermiere dedicato in caso di pazienti contumaciali.
Non è prova della irrazionalità della decisione dell'Azienda sanitaria la circostanza che i requisiti aggiuntivi chiesti abbiano determinato un incremento di organico e, conseguentemente, dei costi affrontati dalla struttura privata, trattandosi, di contro, per la prima parte (id est, incremento dell'organico) dell'effetto diretto di quanto previsto per assicurare l'efficienza e la garanzia, per la salute del paziente, della prestazione, mentre per la seconda parte (id est, aumento dei costi) dell'effetto indotto, che deve affrontare la società che vende sul mercato pubblico prestazioni sanitarie, con la sicurezza di un numero di richieste garantite dal fatto di essere accreditata dal Servizio sanitario nazionale, e che dunque non affronta l'alea della crisi della domanda di prestazioni che avrebbe se, invece, operasse nel libero mercato.
Parte appellante non può essere seguita neanche allorché tenta di dimostrare l'illegittimità della decisione della Asl Na 3 Sud che si porrebbe in contrasto con l'obiettivo, perseguito dal Regolamento n. 3 del 2006, di omogeneizzare la materia sull'intero territorio regionale; come si è detto, il Regolamento fissa i principi e gli obiettivi minimi, fermo restando che la delega alle Aziende sanitarie ha proprio lo scopo di consentire adattamenti al sistema per raggiungere l'efficienza e l'efficacia del servizio.
3. Come comunicato in udienza ai sensi dell'art. 73, comma 3, c.p.a., è inammissibile il terzo motivo di appello che opera un mero rinvio, per tutte le questioni non affrontate dal Tar Napoli, ai motivi dell'atto introduttivo e ai due atti di motivi aggiunti del giudizio di primo grado.
Ai sensi del comma 2 dell'art. 101 c.p.a., infatti, si intendono rinunciate le domande e le eccezioni dichiarate assorbite o non esaminate nella sentenza di primo grado, che non siano state espressamente riproposte nell'atto di appello. Un indeterminato rinvio agli atti di primo grado, senza alcuna ulteriore precisazione del loro contenuto, si rivela inidoneo ad introdurre nel thema decidendum del giudizio d'appello i motivi in tal modo dedotti, dovendo di contro la riproposizione al Giudice di appello di una censura non delibata dal Giudice di primo grado richiedere la precisa enucleazione contenutistica della stessa, affinché il relativo portato argomentativo sia autonomamente percepibile dagli atti del giudizio, senza che sia necessario compulsare il fascicolo di prime cure.
4. Le questioni vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell'art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato. Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
L'appello deve dunque essere respinto, ma sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese e degli onorari del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa tra le parti in causa le spese e gli onorari del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.