Corte di cassazione
Sezioni unite civili
Sentenza 31 maggio 2019, n. 15047

Presidente: Curzio - Estensore: Garri

FATTI DI CAUSA

1. Clemente G. ha proposto ricorso avverso la sentenza del Consiglio di Stato che ha respinto i ricorsi avverso la sentenza del Tar del Lazio con la quale, in sede di ottemperanza, è stata dichiarata la nullità, per elusione del giudicato, del deliberato della Commissione Superiore di Avanzamento (C.S.A.) la quale, in sede di rivalutazione delle posizioni dei generali Antonio R. e Clemente G., a seguito di annullamento della procedura concorsuale per il conseguimento del grado superiore per l'anno 2009, aveva attribuito al primo il punteggio di 28,61 ed al secondo il punteggio di 28,63, di 1/100 inferiore a quello attribuito all'atto della prima valutazione annullata dal Tar del Lazio con sentenza poi confermata dal Consiglio di Stato.

2. Il Consiglio di Stato ha in primo luogo rammentato che in presenza di un giudicato di annullamento per difetto di motivazione, il provvedimento, espressione del potere discrezionale dell'amministrazione, è suscettibile di un duplice ordine di censure. Ove ci si dolga della violazione o elusione del vincolo conformativo, che il giudicato impone all'attività amministrativa da rinnovare, le censure vanno poste secondo il rito dell'ottemperanza. Laddove si censurino invece i contenuti del nuovo provvedimento, quali espressione di nuove scelte discrezionali non riconducibili a puntuali statuizioni della pregressa sentenza, allora occorre percorrere l'ordinario giudizio di cognizione. Tanto premesso ha ritenuto, nello specifico, che correttamente il Tribunale aveva ritenuto ammissibile il ricorso per ottemperanza con il quale era stato denunciato un contrasto tra le prescrizioni conformative delle sentenze di cognizione ed il provvedimento adottato dalla Commissione. Inoltre ha confermato le conclusioni cui era pervenuto il Tribunale il quale, a fronte di una sentenza che aveva accertato che il provvedimento era viziato da eccesso di potere avendo ravvisato "vistose incongruenze nell'attribuzione dei punteggi" all'ufficiale interessato ed a più suoi pari grado, sicché era risultata una disomogeneità ed incongruenza nel metro di valutazione di volta in volta adottato, aveva accertato che la Commissione, nel rinnovare la valutazione del Generale R., gli aveva attribuito il medesimo punteggio che aveva determinato la valutazione annullata così reiterando quella valutazione immotivatamente riduttiva della situazione di un ufficiale fisicamente pienamente prestante rispetto ad uno che, come il generale G., era affetto da una infermità fisica. Inoltre, nel procedere ad una nuova valutazione della posizione del Generale G., la C.S.A. avrebbe disatteso le indicazioni che le erano state impartite dalla sentenza di annullamento del primo provvedimento e frainteso l'esatta natura della patologia (otosclerosi bilaterale in luogo dell'ipoacusia totale bilaterale corretta dal 2006 con impianto cocleare cui si riferiscono le sentenze della fase di cognizione) tanto che non sarebbe stato possibile comprendere da cosa la Commissione avesse potuto trarre il convincimento dell'efficienza fisica dell'ufficiale. Ha ritenuto allora il Consiglio di Stato che tanto bastasse ai fini dell'accertamento dell'elusività del provvedimento adottato dalla Commissione rispetto al giudicato amministrativo di cui mostra di non aver compreso a fondo le indicazioni conformative che provenivano dalle sentenze di cognizione le quali, invece, avevano ben chiarito che in sede valutativa non si doveva premiare la maggiore o minore prestanza fisica dell'uno o dell'altro concorrente ma piuttosto spiegare come una patologia fisica così impediente sul piano relazionale potesse non ostare alla promozione al grado apicale dell'Arma ed all'assunzione dei conseguenti gravosi incarichi.

3. Avverso la sentenza del Consiglio di Stato in sede di ottemperanza propone ricorso Clemente G. affidato ad un unico motivo al quale resiste con controricorso Antonio R. Il Ministero della Difesa è rimasto intimato.

RAGIONI DELLA DECISIONE

4. Con un unico motivo di ricorso il Generale Clemente G. ha denunciato l'erroneo esercizio da parte del Consiglio di Stato dei poteri inerenti alla giurisdizione amministrativa di merito di ottemperanza stante l'assenza dei presupposti di legge e l'erronea sostituzione del Giudice amministrativo all'amministrazione con violazione degli artt. 7, comma 3, 3, 4 e 6, 29, 34, comma 1, lett. d), e comma 2, 112-115 e 134 d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104 (c.p.a.).

4.1. Sostiene il ricorrente che il Consiglio di Stato avrebbe, in sede di ottemperanza al giudicato, erroneamente esercitato la giurisdizione amministrativa di merito senza considerare che con il ricorso, sostanzialmente, erano state avanzate censure sindacabili soltanto nell'ambito della giurisdizione di legittimità tanto che, contestualmente al ricorso per ottemperanza avverso il provvedimento della C.S.A., era stato proposto anche un diverso ricorso di cognizione ordinaria.

4.2. Sostiene allora che disattendendo l'eccezione di inammissibilità del ricorso per ottemperanza, ed esprimendo valutazioni di merito, il Consiglio di Stato avrebbe travalicato i limiti della giurisdizione incorrendo nei vizi denunciati.

4.3. Inoltre sarebbe stato consentito l'ingresso nel giudizio di un vizio nuovo e diverso rispetto a quelli accertati dalla sentenza in ottemperanza della quale si pretendeva di agire. In quella sentenza si era imposto di rivalutare la posizione del Generale G. tenendo conto della sua infermità uditiva mentre nella sentenza di ottemperanza si sottolinea come non sia chiaro da cosa abbia tratto la commissione il giudizio di efficienza fisica dell'ufficiale in presenza di schede sanitarie che non fanno menzione della patologia. Il giudicato al quale si doveva dare esecuzione non richiedeva che al R. fosse attribuito un punteggio maggiore collocandolo in posizione superiore rispetto al G. ma solo di procedere ad una rivalutazione che tenesse conto della menomazione fisica del G. Ritenendo che l'attribuzione al R. di un punteggio uguale fosse trasgressiva del giudicato, il Consiglio si sarebbe sostituito all'amministrazione nell'esercizio del suo potere discrezionale ed avrebbe travalicato i limiti della giurisdizione.

4.4. In definitiva il ricorrente insiste nel ritenere che ciò che è stato effettivamente contestato non è tanto la violazione del contenuto conformativo del giudicato, e quindi dei limiti imposti al giudizio di rinnovazione, quanto gli esiti di tale giudizio con censure che investono la legittimità di quel giudizio e non il fatto che esso [si] sia discostato dal dictum della sentenza passata in giudicato (rinnovazione del giudizio dando evidenza all'infermità).

5. Il ricorso è inammissibile.

5.1. Costituisce principio consolidato, al quale si intende dare continuità, quello per cui "al fine di distinguere le fattispecie in cui il controllo sui limiti della giurisdizione in sede di giudizio di ottemperanza - nel quale al giudice amministrativo è attribuito un sindacato anche di merito - è consentito da quello in cui risulta invece inammissibile, è decisivo stabilire se la censura mossa con il ricorso investa il "modo" in cui il potere giurisdizionale di ottemperanza è stato esercitato, attenendo ciò ai limiti interni della giurisdizione (la cui violazione è sottratta al sindacato di questa Corte), oppure la "possibilità" stessa, in una determinata situazione, di fare ricorso al giudizio di ottemperanza, ciò attenendo invece ai limiti esterni (il cui superamento è soggetto al controllo di questa Corte regolatrice). In particolare, quando l'ottemperanza sia stata esperita a fronte di comportamenti elusivi del giudicato o manifestamente in contrasto con esso, afferiscono ai limiti interni della giurisdizione gli eventuali errori ascritti al giudice amministrativo nell'interpretazione del giudicato e nell'individuazione dei relativi effetti conformativi; afferiscono, invece, ai limiti esterni le doglianze che pongano in discussione il fatto che nel caso concreto un tal potere, con la peculiare estensione che lo caratterizza, spettasse o meno a detto giudice" (cfr. recentemente Cass., Sez. un., 14 gennaio 2019, n. 617 ed ivi le richiamate Sez. un., 18 giugno 2018, n. 16016, 30 maggio 2018, n. 13699, 30 marzo 2017, n. 8245, 9 gennaio 2013, n. 300).

5.2. Tanto premesso rileva il Collegio che nella specie, non si apprezza un travalicamento da parte del Consiglio di Stato dei limiti esterni della propria giurisdizione in sede di ottemperanza. Con la sentenza impugnata in questa sede, il giudice amministrativo si è limitato ad interpretare - in ragione dei poteri ad esso rimessi - la portata e gli effetti del giudicato formatosi ed ha verificato che l'amminis[t]razione non si era ad esso conformata. In sede valutativa infatti non si doveva premiare la maggiore o minore prestanza fisica dell'uno o dell'altro concorrente ma piuttosto spiegare come una patologia fisica così impediente sul piano relazionale potesse non ostare alla promozione al grado apicale dell'Arma ed all'assunzione dei conseguenti gravosi incarichi. Nel riscontrare un errore nell'interpretazione del giudicato e nella conseguente individuazione degli strumenti conformativi e dei relativi effetti, il giudice dell'ottemperanza si è perciò mantenuto nei limiti interni della sua giurisdizione con la conseguenza che la decisione non è sindacabile davanti a questa Corte.

5.3. In sintesi, ove le censure mosse alla decisione del Consiglio di Stato, riguardino l'interpretazione del giudicato, l'accertamento del comportamento tenuto dalla P.A. e la valutazione di conformità di tale comportamento rispetto a quello che essa avrebbe dovuto tenere, gli errori nei quali il giudice amministrativo può eventualmente essere incorso, essendo inerenti al giudizio di ottemperanza, restano interni alla giurisdizione stessa e non sono sindacabili dalla Corte di cassazione (cfr. anche Cass. 23 novembre 2018, n. 30421).

6. All'inammissibilità del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese del giudizio in favore del controricorrente liquidate nella misura indicata in dispositivo. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 va poi dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell'art. 13, comma 1-bis, del citato d.P.R.

P.Q.M.

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente che si liquidano in euro 6000,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie oltre agli accessori dovuti per legge.

Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell'art. 13, comma 1-bis, del citato d.P.R.

P. Gallo

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