Consiglio di Stato
Sezione IV
Sentenza 8 luglio 2019, n. 4778

Presidente: Forlenza - Estensore: Martino

FATTO E DIRITTO

1. Con istanza del 20 maggio 2011 la sig.ra Raffaella Giovannina G. chiedeva al Comune di Maratea il rilascio del permesso di costruire, finalizzato alla realizzazione di un fabbricato, destinato ad abitazione, sui terreni foglio di mappa n. 33, particelle nn. 820 e 821, ricadenti, ai sensi del vigente Programma di Fabbricazione, approvato con Decreto del Provveditore alle Opere Pubbliche della Basilicata n. 671 del 30 settembre 1971, e della successiva Variante, approvata con D.P.G.R. n. 634 del 18 maggio 1984, nella Zona "Singolarità Paesaggistica" con "vincolo di inalterabilità, salvo piccoli interventi per assicurarne, ove possibile, la fruibilità (piccoli moli, sentieri, rimboschimenti e simili), da acquisire al patrimonio delle aree consortili o demaniali in qualità di parchi turistici pubblici", con la puntualizzazione che "il vincolo di inalterabilità si applica anche agli scogli ed alle isolette che contornano il litorale".

Dopo aver ricevuto in data 13 gennaio 2016 una diffida, il Responsabile del Settore Urbanistica ed Edilizia del Comune di Maratea con nota prot. n. 1617 del 4 febbraio 2016 faceva presente alla signora G. che la predetta istanza doveva intendersi sospesa, in quanto, poiché il Piano Territoriale Paesistico prevedeva per la suddetta Zona di "Singolarità Paesaggistica" una limitata edificabilità, con nota prot. n. 1217 del 27 gennaio 2016 aveva chiesto all'Ufficio Urbanistica della Regione Basilicata se le suindicate prescrizioni dello strumento urbanistico comunale fossero compatibili con il citato Piano Territoriale Paesistico.

Con nota prot. n. 112221 dell'11 luglio 2016 il Dirigente dell'Ufficio regionale Urbanistica precisava che tali valutazioni rientravano "nelle prerogative" del Comune di Maratea.

Il Responsabile del Settore Urbanistica ed Edilizia, dopo aver ricevuto un ulteriore sollecito in data 4 aprile 2016, prima con nota prot. n. 6332 del 3 maggio 2016 si riservava di valutare la suddetta questione e poi con nota prot. n. 16233 del 23 novembre 2016, ai sensi dell'art. 10-bis l. n. 241/1990, comunicava alla signora G. che la suddetta domanda di permesso di costruire sarebbe stata respinta, perché contrastante con la suindicata normativa dello strumento urbanistico.

Dopo aver ricevuto la diffida del 5 maggio 2017, con determinazione n. 120 del 9 maggio 2017 il Responsabile del Settore Urbanistica ed Edilizia disponeva il rigetto definitivo della richiesta di permesso di costruire, presentata il 20 maggio 2011, richiamando i suddetti atti endoprocedimentali.

La signora Raffaella Giovannina G. con ricorso proposto innanzi al TAR per la Basilicata impugnava la predetta Determinazione n. 120 del 9 maggio 2017, unitamente agli atti presupposti, deducendo:

1) la violazione dell'art. 145, comma 3, del d.lgs. n. 42/2004, in quanto ai sensi di tale norma le previsioni del Piano Territoriale Paesistico prevalgono sulle difformi disposizioni degli strumenti urbanistici comunali;

2) la violazione dell'art. 9 del d.P.R. n. 380/2001, poiché la disciplina della Zona "Singolarità Paesaggistica" imporrebbe un vincolo di tipo espropriativo e avrebbe dovuto intendersi decaduta, essendo decorsi 10 anni, con conseguente applicabilità ai terreni di cui è causa il regime urbanistico delle c.d. zone bianche, cioè l'applicazione fuori dal perimento del centro abitato di Maratea dell'indice di fabbricabilità di 0,03 mc./mq., rispettato dalla ricorrente, come confermato anche dall'art. 3 delle NTA del vigente Programma di Fabbricazione, secondo cui le aree del territorio comunale non oggetto di specifica zonizzazione vanno assimilate alle Zone E del d.m. n. 1444/1968, con applicazione del predetto indice di fabbricabilità di 0,03 mc./mq.;

3) l'eccesso di potere per difetto di motivazione, in quanto l'impugnato diniego del permesso di costruire non risultava motivato;

4) l'eccesso di potere per contraddittorietà, in quanto con un precedente parere del 4 luglio 2000 l'Ufficio Urbanistica della Regione Basilicata aveva ritenuto che le prescrizioni del Programma di Fabbricazione del Comune di Maratea, relative alla Zona "Singolarità Paesaggistica", costituivano vincolo di natura espropriativa, soggetto alla decadenza quinquennale.

2. Nella resistenza della civica amministrazione, il TAR accoglieva il ricorso, ritenendo fondato il primo mezzo di gravame.

In particolare, pur condividendo l'orientamento giurisprudenziale, ai sensi del quale il Comune può emanare disposizioni urbanistiche che tutelano in modo più rigido rispetto al Piano Paesaggistico le zone di pregio ambientale e/o paesistico, lo stesso non avrebbe potuto trovare applicazione nel caso di specie, poiché il vincolo di inalterabilità, che tutela in modo più rigoroso il paesaggio "è stato introdotto con il Programma di Fabbricazione, approvato con Decreto del Provveditore alle Opere Pubbliche della Basilicata n. 671 del 30.9.1971 e poi modificato con la Variante approvata con D.P.G.R. n. 634 del 18.5.1984, prima del Piano Territoriale Paesistico, approvato con L.R. n. 3/1990 (e poi modificato con la Variante, approvata con L.R. n. 45/2001), il quale - con statuizioni che per legge "sono immediatamente prevalenti sulle disposizioni difformi eventualmente contenute negli strumenti urbanistici" - relativamente alla Zona, dove ricadono i terreni di cui è causa, prevede una densità fondiaria da 0,1 a 0,2 mc./mq.

Pertanto, poiché il vincolo di assoluta inedificabilità di cui è causa è stato apposto dal Comune di Maratea per finalità di tutela paesaggistica, ma in assenza del Piano Territoriale Paesistico, mentre tale Piano, emanato successivamente e per legge prevalente, ha stabilito che risulta compatibile con la tutela del paesaggio la densità fondiaria da 0,1 a 0,2 mc./mq., il Comune di Maratea non può più applicare le risalenti previsioni del P.D.F.

Qualora esso intenda confermare il precedente, più rigoroso, vincolo di inalterabilità deve, invero, adottare un nuovo provvedimento di esercizio delle sue potestà pianificatorie".

3. La sentenza è stata appellata dal Comune di Maratea, rimasto soccombente.

Nello specifico, il Comune ha dedotto:

I. Error in iudicando - Violazione dell'art. 145, comma 3, del d.lgs. n. 42 del 2004 - Violazione del vigente PdF - Zona di singolarità paesaggistica con vincolo di inedificabilità.

Il Comune sottolinea che se, come riconosciuto dallo stesso TAR, la finalità dell'art. 145, comma 3, del d.lgs. n. 42/2004, è quella di tutelare il paesaggio da previsioni peggiorative contenute negli strumenti urbanistici rispetto alle disposizioni del piano paesistico, sarebbe chiaro che le disposizioni del PTP prevalgono solo sulle disposizioni del PdF peggiorative per il paesaggio ma non su quelle di maggiore tutela, anche se emanate precedentemente all'entrata in vigore del PTP.

Diversamente opinando, verrebbe violata la ratio della norma di legge, incentivando la cementificazione di aree di assoluta valenza paesaggistica, tutelate dal PdF con una visione di tutela del territorio antesignana rispetto alla sensibilità per il paesaggio maturata solo nei decenni successivi.

La vigenza del vincolo contenuta nel pur risalente Pdf è tanto radicata che l'Ente comunale, sino all'emanazione dell'impugnata sentenza, non ha mai avvertito la necessità di rinnovarlo all'indomani dell'approvazione dei PTP, nell'assoluta convinzione che le aree di più elevata valenza paesaggistica del suo territorio fossero adeguatamente tutelate.

Né il suddetto vincolo può dirsi decaduto, poiché, come ritenuto dallo stesso TAR, si tratta di un vincolo conformativo e non espropriativo;

II. Error in iudicando - Violazione/erronea applicazione degli artt. 29 e 66 delle NTA del PTP.

Il Comune si duole anche della ritenuta applicabilità della densità fondiaria da 0,1 a 0,2 mc/mq prevista dal Piano Territoriale Paesistico (PTP).

Infatti, quand'anche si volesse condividere la tesi del superamento del vincolo di inalterabilità previsto dal PdF non se ne potrebbe automaticamente far discendere l'applicazione, quale indice di edificabilità urbanistico, della forbice di densità fondiaria da 0,1 a 0,2 mc/mq prevista dal citato strumento paesistico.

La suddetta forbice, infatti, costituisce solo il range di riferimento paesaggistico, generico e valido per l'intero territorio comunale, entro il quale individuare, mediante apposito strumento urbanistico o piano attuativo, l'indice di edificabilità urbanistico; indice che deve tener conto delle necessarie verifiche di carattere urbanistico connesse con i limiti di dimensionamento dei piani urbanistici, nel rispetto delle norme inderogabili contenute nel d.m. n. 1444 del 1968.

A ciò si aggiunga, che, con l'applicazione diretta anche del valore minimo di densità fondiaria previsto dal PTP, si giungerebbe all'assurdo di consentire, in zone ritenute di altissima valenza paesaggistica, un'edificazione incontrollata - poiché non preceduta da un dimensionamento e da una verifica degli standard - di oltre tre volte superiore all'indice previsto per le zone agricole o per quelle con i vincoli urbanistici decaduti, ossia 0,03 mc./mq.

4. La signora G. non si è costituita in giudizio.

5. L'appello è stato trattenuto per la decisione alla pubblica udienza del 23 maggio 2019.

6. La presente controversia attiene al rapporto tra gli strumenti urbanistici e la pianificazione paesaggistica.

Al riguardo, il primo giudice ha correttamente richiamato il prevalente orientamento interpretativo secondo cui, ai sensi dell'art. 145, comma 3, del d.lgs. n. 42/2004, gli strumenti urbanistici comunali non possono contemplare condizioni peggiorative rispetto alle disposizioni del Piano paesistico ma possono disciplinare le aree vincolate con previsioni che tutelano in modo più favorevole il paesaggio e/o l'ambiente, in quanto la predetta norma, rubricata "Coordinamento della pianificazione paesaggistica con altri strumenti di pianificazione", chiarisce espressamente che la sua finalità è quella di "salvaguardare" il paesaggio e/o l'ambiente "in attesa dell'adeguamento degli strumenti urbanistici" al piano paesistico ("Le previsioni dei piani paesaggistici di cui agli articoli 143 e 156 non sono derogabili da parte di piani, programmi e progetti nazionali o regionali di sviluppo economico, sono cogenti per gli strumenti urbanistici dei comuni, delle città metropolitane e delle province, sono immediatamente prevalenti sulle disposizioni difformi eventualmente contenute negli strumenti urbanistici, stabiliscono norme di salvaguardia applicabili in attesa dell'adeguamento degli strumenti urbanistici e sono altresì vincolanti per gli interventi settoriali. Per quanto attiene alla tutela del paesaggio, le disposizioni dei piani paesaggistici sono comunque prevalenti sulle disposizioni contenute negli atti di pianificazione ad incidenza territoriale previsti dalle normative di settore, ivi compresi quelli degli enti gestori delle aree naturali protette").

Questo Consiglio ha da tempo affermato che i beni costituenti bellezze naturali possono formare oggetto di distinte forme di tutela ambientale, anche in via cumulativa, a seconda del profilo considerato, con la duplice conseguenza che la tutela paesaggistica è perfettamente compatibile con quella urbanistica trattandosi di forme complementari di protezione, preordinate a curare, con diversi strumenti, distinti interessi pubblici (cfr., ex plurimis, sez. IV, sentenza n. 4818 del 20 settembre 2005).

In tale ottica, il Comune conserva la titolarità, nella sua attività pianificatoria generale, della competenza ad introdurre vincoli o prescrizioni preordinati al soddisfacimento di interessi paesaggistici.

Nel caso di specie, pur convenendo sul fatto che il Comune possa emanare disposizioni urbanistiche che tutelano in modo più rigido rispetto al Piano Paesaggistico le zone di pregio ambientale e/o paesistico, il primo giudice ha ritenuto dirimente la circostanza che la disciplina urbanistica vigente nel Comune di Maratea sia anteriore all'entrata in vigore del "Piano Territoriale Paesistico d'Area Vasta", approvato con legge regionale n. 3 del 12 febbraio 1990.

Al riguardo, non ha tuttavia considerato che, nel rapporto tra gli strumenti di pianificazione, il criterio gerarchico deve essere integrato con quello della competenza, come del resto messo in luce dalla stessa rubrica della disposizione in esame, che richiama il concetto di "coordinamento".

Non vi è, infatti, alcuna preclusione a che gli strumenti urbanistici dettino, nell'ambito di propria competenza, disposizioni aggiuntive anche più restrittive dello strumento sovraordinato.

In un certo senso, il rapporto che intercorre tra gli strumenti di pianificazione paesistica e i piani urbanistici, è simile a quello che caratterizza il rapporto tra le competenze statali in materia di tutela dell'ambiente e del paesaggio (ambito "trasversale" riservato alla potestà legislativa esclusiva dello Stato) e quelle delle Regioni nella materie di loro specifica attribuzione.

Infatti, ancorché la tutela paesaggistica apprestata dallo Stato costituisca un limite inderogabile (cfr., da ultimo, ad esempio, la sentenza n. 11 del 2016) tuttavia la Corte Costituzionale ha da tempo escluso l'illegittimità di norme regionali che non deroghino, in pejus, agli standard fissati a livello statale, bensì stabiliscano norme di tutela più rigorose, salvo il sindacato di ragionevolezza (cfr., tra le tante, la sentenza della Corte n. 12 del 2009, secondo la quale «accanto al bene giuridico ambiente in senso unitario, possono coesistere altri beni giuridici aventi ad oggetto componenti o aspetti del bene ambiente, ma concernenti interessi diversi, giuridicamente tutelati. Si parla, in proposito, dell'ambiente come 'materia trasversale', nel senso che sullo stesso oggetto insistono interessi diversi: quello alla conservazione dell'ambiente e quelli inerenti alle sue utilizzazioni» (vedi, ancora, la sentenza n. 378 del 2007). In tali circostanze, «la disciplina unitaria di tutela del bene complessivo ambiente, rimessa in via esclusiva allo Stato, viene a prevalere su quella dettata dalle Regioni o dalle Province autonome, in materia di competenza propria, che riguardano l'utilizzazione dell'ambiente, e, quindi, altri interessi. Ciò comporta che la disciplina statale relativa alla tutela dell'ambiente "viene a funzionare come un limite alla disciplina che le Regioni e le Province autonome dettano in altre materie di loro competenza", salva la facoltà di queste ultime di adottare norme di tutela ambientale più elevate nell'esercizio di competenze, previste dalla Costituzione, che vengano a contatto con quella dell'ambiente» (sentenza n. 104 del 2008)»).

Non va poi dimenticato che, a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso, il legislatore ha esteso il contenuto del piano regolatore generale anche all'indicazione dei "vincoli da osservare nelle zone a carattere storico, ambientale e paesistico" (art. 1 della l. n. 1187 del 1968).

Siffatta disposizione legittima l'autorità titolare del potere di pianificazione urbanistica a valutare autonomamente tali interessi ed eventualmente, nel rispetto dei vincoli già esistenti posti dalle amministrazioni competenti, ad imporre nuove e ulteriori limitazioni.

A fini della verifica del rispetto, da parte dello strumento urbanistico, dello standard di tutela fissato dalla pianificazione paesistica (sia attraverso limitazioni di carattere generale che prescrizioni particolari, aventi efficacia immediatamente precettiva), l'eventuale previgenza del primo è una circostanza del tutto ininfluente.

Nel caso di specie, deve poi convenirsi con il Comune appellante che la tesi del TAR, attribuendo valenza di disciplina urbanistica ad una distinta normativa d'uso (sia pure specificamente finalizzata alla tutela del paesaggio) non solo comporta l'edificabilità di una zona che la civica amministrazione ha invece da lungo tempo inteso salvaguardare (salvo modesti interventi connessi all'uso turistico, quali piccoli moli, sentieri, etc.), ma stravolge l'assetto voluto dallo strumento urbanistico.

L'indice fondiario previsto dal PTP per le zone classificate A.2 - in cui è ammesso l'"uso residenziale rado", con densità fondiaria da 0,1 a 0.2 mc/mq - costituisce infatti una "limitazione" più che "prescrizione", tanto da essere formulata, per usare l'espressione della difesa del Comune di Maratea, come un "range di riferimento" paesaggistico, valido per l'intero territorio comunale, laddove la scelta dell'indice di edificabilità urbanistica deve necessariamente tenere conto anche degli altri standard prescritti dal d.m. n. 1444 del 1968.

Da un punto di vista logico, non è poi chiaro perché il Comune dovrebbe "confermare" la volontà di mantenere l'attuale vincolo di inalterabilità che caratterizza l'area in esame, sostanzialmente adottando un Piano analogo a quello precedente.

Tale volontà, semmai, può invece ricavarsi proprio dal fatto che il Comune non abbia ritenuto di apportare alcuna modifica, in parte qua, allo strumento urbanistico, mantenendo un ambito di maggior tutela rispetto alla normativa paesaggistica.

Sotto questo profilo, infine, è irrilevante che il Piano paesistico in esame sia stato approvato con legge regionale poiché tale dato formale non altera le caratteristiche del rapporto di integrazione tra i diversi strumenti di pianificazione, quale in precedenza delineato.

7. In definitiva, per quanto appena argomentato, l'appello merita accoglimento, con la conseguente reiezione, in riforma della sentenza impugnata, del ricorso instaurativo del giudizio di primo grado.

La peculiarità della fattispecie, induce peraltro a compensare integralmente le spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, di cui in premessa, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso proposto in primo grado.

Spese del doppio grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

R. Garofoli

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