Consiglio di Stato
Sezione V
Sentenza 17 luglio 2019, n. 5022
Presidente: Severini - Estensore: Barreca
FATTO E DIRITTO
1. Con un primo ricorso proposto, ai sensi degli artt. 117 e seg. c.p.a., contro il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (d'ora innanzi anche M.I.T.), il Ministero dell'Economia e delle Finanze, la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento Programmazione e Coordinamento Politica Economica (DIPE), nonché nei confronti delle articolazioni del Dipartimento per le Infrastrutture, i Sistemi Informativi e Statistici - Direzione Generale per la Vigilanza sulle Concessionarie Autostradali del M.I.T., del Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (CIPE) e del Nucleo di Consulenza per l'Attuazione delle Linee Guida e per la Regolazione dei Servizi di Pubblica Utilità (NARS), la società Strada dei Parchi s.p.a., parte della Convenzione unica di concessione avente ad oggetto il completamento, la manutenzione e l'esercizio della rete autostradale a pedaggio delle Autostrade A24 e A25, stipulata con Anas s.p.a., ai sensi e per gli effetti dell'art. 2, comma 82 e ss., del d.l. 3 ottobre 2006, n. 262, convertito dalla l. 24 novembre 2006, n. 286, chiedeva:
- la dichiarazione di illegittimità del silenzio serbato sull'istanza di "Aggiornamento e revisione del Piano Economico Finanziario delle Concessioni Autostradali A24 ed A25", oggetto della Convezione unica stipulata il 18 novembre 2009;
- l'accertamento dell'obbligo di provvedere in relazione alla detta istanza mediante un provvedimento espresso;
- la condanna degli enti intimati al risarcimento dei danni subiti e subendi nelle more dell'adozione di tale provvedimento.
1.1. La sentenza n. 3537/2018, indicata in epigrafe, pubblicata il 29 marzo 2018 - dato atto che la società ricorrente aveva lamentato l'inerzia degli enti intimati, nonostante fossero spirati i termini previsti per pronunciarsi in ordine alle proposte avanzate dalla concessionaria, nel corso dell'attività istruttoria avviata in vista della scadenza del periodo regolatorio 2009-2013, ed in particolare in ordine alla proposta in data 23 novembre 2016 (o 24 novembre 2016, come indicata negli atti ministeriali, che riportano la data del protocollo di ricezione) - ha dichiarato improcedibile il ricorso avverso il silenzio per sopravvenuta carenza di interesse, attesa l'adozione, da parte del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, della nota n. 175 del 5 gennaio 2018; quanto alla domanda risarcitoria, ha disposto il mutamento del rito e ne ha rinviato la trattazione alla pubblica udienza.
1.2. La sentenza definitiva n. 1692/2019, indicata in epigrafe, pubblicata l'8 febbraio 2019, ha deciso sia sulla domanda risarcitoria sia sui motivi aggiunti proposti dalla società il 13 marzo 2018 per l'annullamento della nota n. 175 del 5 gennaio 2018, nella parte i cui il M.I.T. ha comunicato "che la proposta di aggiornamento del Piano economico finanziario presentata da codesta società in data 24 novembre 2016, riportante un programma d'investimenti pari ad 2.971 Meuro, non è accolta con conseguente formale conclusione del procedimento"; ha respinto sia l'una che gli altri, ritenendo insussistente la colpa dell'amministrazione ed escludendo la natura soprassessoria della nota del 5 gennaio 2018.
2. Per ottenere la riforma delle sentenze la società Strada dei Parchi s.p.a. ha proposto distinti atti di appello, iscritti ai numeri R.G. 5330/2018 e R.G. 2282/2019.
2.1. Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, il Ministero dell'Economia e delle Finanze e la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento programmazione e coordinamento politica economica si sono costituiti in tutti e due i giudizi con la difesa dell'Avvocatura Generale dello Stato, resistendo ai gravami.
2.2. Nel giudizio distinto al R.G. col n. 2282/2019 è intervenuto, nel presente grado, il Comune di Cerchio, onde sostenere la ragioni della società appellante.
2.3. Entrambi i ricorsi sono stati trattati in data 13 giugno 2019 e, sentite le parti, ne è stata disposta la riunione.
Dopo la discussione in pubblica udienza, è stata riservata la decisione.
3. I fatti riferiti dalla società sono ricostruiti nei seguenti termini dalla prima delle due sentenze appellate:
«[...] già con nota del 15.04.2013 la Società aveva richiesto un incontro con la competente Direzione Generale del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e, in data 11 ottobre 2013, provvedeva ad inviare la propria proposta di aggiornamento del PEF, pari ad euro 5,429 miliardi, chiedendo in aggiunta una revisione dello stesso Piano, al fine di realizzare gli ulteriori e necessari interventi di adeguamento sismico dei viadotti e degli impianti in galleria, ai sensi e per gli effetti dell'art. 1, comma 183, della L. 228/2012. Nella stessa sede erano inoltre indicate le previsioni di spesa necessarie ad intraprendere dei nuovi importanti investimenti. [...]
A fronte di tali sollecitazioni, il Ministero produceva, in data 17 gennaio 2014, un proprio riscontro documentale. Seguiva, quindi, un'istruttoria oltremodo complessa, caratterizzata, dal giugno 2014 al maggio 2016, da moltissime riunioni e scambi con il Ministero, nonché dall'invio, da parte della ricorrente, di "nove proposte modulate [...] sulla base delle diverse richieste di volta in volta formulate dal MIT, manifestando la massima disponibilità al solo fine di conseguire nell'interesse generale l'aggiornamento e la revisione del PEF".
Ancora, in data 26 settembre 2016, la società formulava "quattro ulteriori scenari alternativi, in cui fossero rappresentate tutte le possibili soluzioni avallate dallo stesso Ministero fino a quel momento"; il Ministero continuava ad asserire che nessuna di esse fosse realizzabile e/o sostenibile, né da un punto di vista tecnico, né a livello finanziario, richiedendo un'ulteriore proposta».
3.1. Va precisato che tale ultima richiesta era oggetto della nota prot. n. 18635 dell'8 novembre 2016 (su cui si tornerà), che era seguita, in data 24 novembre 2016, dalla trasmissione al Ministero da parte della società di una nuova ipotesi di Piano economico finanziario (d'ora innanzi anche P.E.F.), che recepiva, a detta della concessionaria, le indicazioni ricevute dal M.I.T. ("manifestando però forti perplessità, tra le altre, sia in ordine al valore del piano di investimenti, ritenuto sottostimato dall'Amministrazione, sia in ordine all'alto valore di subentro che avrebbe reso difficile la "bancabilità" del piano", come detto nel ricorso in appello) ed indicava il valore di investimenti pari ad euro 2.971,3 milioni, reputato dalla proponente più plausibile rispetto a quello proposto dal Ministero.
3.2. La ricorrente riporta che, perdurando il silenzio del M.I.T., trasmetteva, in data 27 gennaio 2017, un nuovo sollecito, che veniva riscontrato con nota del 15 marzo 2017, in cui si evidenziava la necessità di ottenere un preventivo e necessario assenso da parte della Commissione Europea, a fronte delle interlocuzioni già avviate con la medesima, e si aggiungeva, tra l'altro, che "nel corso della ... riunione del 27 febbraio u.s. era stata convenuta con codesta società la necessità di presentare una proposta aggiornata di Piano economico finanziario entro il 2 marzo u.s. che tenesse conto degli interventi antiscalinamento. Si sollecita l'inoltro del suddetto Piano economico-finanziario". Seguiva la nota della ricorrente del 28 marzo 2017, con la quale era trasmesso lo schema di interventi da aggiungersi al P.E.F.
3.3. Effettuato dalla società un accesso agli atti, con istanza ricevuta il 21 aprile 2017 ed evasa con nota ministeriale del 25 maggio 2017, è stato proposto il ricorso avverso il silenzio.
Nelle more del giudizio, e precisamente in data 5 gennaio 2018, è intervenuta la nota n. 175, di cui sopra, depositata agli atti processuali il 13 febbraio 2018 ed impugnata con motivi aggiunti depositati il 13 marzo 2018 (ed aventi ad oggetto anche la nota n. 5978 del DIPE del 13 dicembre 2017, l'esito della riunione istruttoria del NARS del 6 dicembre 2017 ivi richiamato e la nota del DIPE del 26 maggio 2017, parimenti depositati in giudizio il 13 febbraio 2018).
3.4. Si legge negli atti di appello che l'interlocuzione tra la società ed il M.I.T. è proseguita dopo la nota del 5 gennaio 2018, fino alle note del M.I.T. del 29 maggio 2018, prot. n. 11592, a carattere interlocutorio, e del 9 novembre 2018, prot. n. 19867, con la quale ultima il Ministero ha chiesto alla concessionaria un'ulteriore revisione dei parametri.
3.5. Giova aggiungere in punto di fatto che, per come riferito dall'Avvocatura generale dello Stato nell'interesse della amministrazioni appellate: il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, con nota del 26 maggio 2017, ha richiesto, ai sensi dell'art. 2, comma 4, d.P.R. n. 204 del 2006, il parere del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici; nell'informativa al CIPE del 22 dicembre 2017 il M.I.T. ha prospettato differenti soluzioni per la definizione dei rapporti con la società concessionaria; quindi, in data 9 gennaio 2018, alla presenza presso il M.I.T. della società e delle amministrazioni interessate, compresi i Presidenti delle Regioni Lazio e Abruzzo, si è convenuta, su suggerimento del CIPE dato nella seduta del 22 dicembre 2017, l'istituzione di un Tavolo di lavoro, che si è insediato il 15 gennaio 2018; sono seguite contrapposte soluzioni, prospettate, da un lato, dalle amministrazioni (fatte oggetto di informativa al CIPE nella seduta del 19 marzo 2018) e, dall'altro, dalla società concessionaria, la quale ha da ultimo delineato la soluzione formalizzata in data 13 giugno 2018; a questa, dopo ulteriore istruttoria, e l'acquisizione di pareri previsti per legge, hanno fatto seguito la nota del 9 novembre 2018 su menzionata ed altra riunione con la società il 16 novembre 2018, che - secondo quanto si legge nella memoria di replica dell'Avvocatura Generale dello Stato - "ha confermato la permanenza di un ampio divario tra le soluzioni individuate dalle Amministrazioni e quelle della società riscontrabile nella differenza di valore del tasso di congrua remunerazione del capitale investito", poiché la società avrebbe "manifestato la disponibilità al perfezionamento del contratto unicamente nel presupposto che, in aggiunta ai contributi pubblici pari a 2.000 euro/milioni e prescindendo dalla connotazione pubblicistica dell'intervento, sia riconosciuta anche una remunerazione sul capitale investito pari alle attuali condizioni di mercato".
La posizione della società dopo la riunione del 16 novembre risulta dalla nota prot. n. 20663 del 22 novembre 2018 (all. 22 del fascicolo dell'appellante nel secondo giudizio).
3.6. Data tale situazione di stallo del procedimento di aggiornamento e revisione del P.E.F., l'unico documento successivo di cui si dispone (oltre la nota del M.I.T. del 2 aprile 2019, che tuttavia non rileva direttamente nel contesto del procedimento in oggetto, attenendo all'anticipazione dei contributi pubblici stabiliti dalla l. 3 agosto 2017, n. 123) è costituito dalla nota prot. n. 5118 del 26 febbraio 2019 (prodotta come doc. 11, all. 9, depositato il 29 marzo 2019 dalla società), da cui si evince che la proposta di aggiornamento della società del 13 giugno 2018 è stata inoltrata, con altra documentazione, agli uffici competenti dell'Unione europea per un'interlocuzione informale in vista del futuro "parere preventivo dell'UE contemplato dall'art. 1 comma 183 della legge n. 228/2012".
4. Così ricostruiti i fatti rilevanti ai fini della decisione, prima di dire del contenuto della Convenzione unica e delle disposizioni di legge applicabili, va dato conto dei motivi di appello.
4.1. Le censure del primo motivo del primo ricorso in appello (Error in iudicando con riferimento alla declaratoria di improcedibilità del ricorso nella parte relativo all'accertamento del silenzio servato dall'Amministrazione) e quelle di cui ai punti I, II, III e IV del primo motivo del secondo ricorso (Error in iudicando con riferimento alla conclusione del procedimento di aggiornamento/revisione del piano economico finanziario) attengono alla portata della nota prot. n. 175 del 5 gennaio 2018, di risposta alla nota della società prot. n. 19946 del 24 novembre 2016, contenente la già detta proposta di aggiornamento e revisione del P.E.F.
4.2. Il provvedimento della Direzione generale per la vigilanza sulle concessioni autostradali - Dipartimento per le infrastrutture, i sistemi informativi e statistici del 5 gennaio 2018, dopo avere ricordato le disposizioni normative intervenute nelle more al fine di consentire l'esecuzione degli interventi urgenti ed improcrastinabili (art. 52-quinquies d.l. 24 aprile 2017, n. 50, convertito dalla l. 21 giugno 2017, n. 96 e successivo d.l. 20 giugno 2017, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla l. 3 agosto 2017, n. 123, nonché art. 1, comma 725, della l. 27 dicembre 2017, n. 205) ed avere richiamato l'iter istruttorio seguito alla nota della società del 24 novembre 2016 (in particolare l'esito della riunione istruttoria del 6 dicembre 2017 del NARS, comunicato dal DIPE il 13 dicembre 2017, e la successiva attivazione da parte del M.I.T. dell'informativa nella seduta del CIPE del 22 dicembre 2017), ha concluso nei seguenti testuali termini:
«In considerazione delle valutazioni istruttorie del NARS, delle circostanze intervenute afferenti gli interventi posti in essere e delle misure normative di agevolazione a favore di codesta società, si comunica che la proposta di aggiornamento del Piano economico finanziario presentata da codesta società in data 24 novembre 2016, riportante un programma di investimenti pari a 2.971 Meuro non è accolta con conseguente formale conclusione del procedimento.
Pertanto, a seguito dell'informativa al Cipe del 22 dicembre 2017, questo Ministero procederà, in tempi ristretti, a convocare codesta società per procedere alla valutazione, anche con il concerto del Ministero dell'Economia e delle finanze e del NARS, delle ipotesi alternative di aggiornamento e revisione del Piano economico finanziario, tenendo conto delle soluzioni prospettate in sede NARS».
4.3. La sentenza non definitiva n. 3537/2018 ha ritenuto il provvedimento idoneo a concludere il procedimento, pur se non satisfattivo dell'interesse fatto valere dalla società concessionaria.
4.3.1. La sentenza definitiva n. 1692/2019 ha ribadito la decisione, escludendo la natura soprassessoria della nota del 5 gennaio 2018, in considerazione sia del suo contenuto sia degli atti successivamente adottati (in particolare, perché, come detto in motivazione, è stata "avviata una nuova interlocuzione con la concessionaria, che il 13 aprile 2018 ha inviato una "nuova proposta" di PEF, in cui sono stati variati alcuni degli indicatori precedentemente riportati (segnatamente: il livello di contribuzione pubblica, la proroga della concessione, il tasso di remunerazione ed il valore di subentro)").
4.4. Col primo ricorso in appello la società sostiene che la nota del Ministero del 5 gennaio 2018 sia illogica e contraddittoria, in quanto, nello stesso provvedimento, da una parte si afferma la "conseguente formale conclusione del procedimento" e, subito dopo, si comunica che si procederà ad ulteriore istruttoria; quindi, l'appellante evidenzia che:
- il piano degli investimenti in discussione è sempre lo stesso e, per come si evincerebbe anche dalla nota, non vi sarebbe stata alcuna soluzione di continuità nell'istruttoria;
- la Convenzione unica del 2009 prevede due sole possibili ipotesi di conclusione del procedimento: il raggiungimento o il mancato raggiungimento dell'accordo, aprendosi la strada, in tale seconda eventualità, allo scioglimento della Convenzione secondo quanto previsto dall'art. 11 della medesima;
- un provvedimento in tanto è idoneo a concludere un procedimento in quanto sia definitivo (ovvero decisorio), essendo irrilevante la giurisprudenza richiamata nella sentenza non definitiva (cioè il precedente di cui a C.d.S., III, 27 agosto 2014, n. 4396);
- il procedimento, come dimostrato dagli atti prodotti in giudizio, è ancora in corso di istruttoria.
4.5. Col secondo ricorso in appello si torna a dire dell'illogicità e della contraddittorietà del tenore letterale della nota del 5 gennaio 2018 e della mancanza di soluzione di continuità nell'istruttoria, nonché della contrarietà di detta nota alla disciplina della procedura di aggiornamento e di revisione del P.E.F. prevista dalla Convenzione unica all'art. 11.
5. In coerenza con le censure concernenti la portata del provvedimento del 5 gennaio 2018, l'appellante - col primo ricorso in appello - ripropone i motivi di ricorso in primo grado (Violazione e falsa applicazione dell'art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell'U.E.; violazione dell'art. 97 Costituzione; violazione dei principi di correttezza e buon andamento della P.A.; violazione e falsa applicazione degli artt. 1 ss. della Legge 241/90 con riferimento particolare all'art. 2; violazione e falsa applicazione della Delibera CIPE n. 39/2007 e successive modificazioni, oltre che dell'art. 11 della Convenzione del 18 novembre 2009; eccesso di potere; irragionevolezza; ingiustizia manifesta), deducendo di vantare un interesse diretto, concreto ed attuale all'emanazione del provvedimento di aggiornamento e revisione del P.E.F., non ancora adottato dall'amministrazione concedente, in violazione dell'obbligo di provvedere nascente dalle norme di legge e dalle disposizioni della Convenzione richiamate in rubrica. Aggiunge che l'inerzia del Ministero non è in alcun modo giustificata, in particolare:
- né dalla necessità di ottenere un preventivo assenso da parte della Commissione europea, ai sensi dell'art. 1, comma 183, della l. n. 228 del 2012, in quanto la relativa procedura non risulta ancora attivata nei termini e modi di legge;
- né dalla necessità di ottenere il rilascio di parere preventivo da parte del CIPE, ai sensi dell'art. 43, comma 1, del d.l. n. 201 del 2011, convertito dalla l. n. 214 del 2011, poiché, in mancanza di tale parere (che lo si configuri come facoltativo ovvero come obbligatorio) dovrebbe trovare applicazione l'art. 16 della l. 241 del 1990, che consentirebbe al Ministero di procedere indipendentemente dal rilascio del parere.
5.1. A completamento dei motivi volti a sostenere la sussistenza attuale dell'obbligo di provvedere da parte del M.I.T., si pongono le censure sviluppate ai punti V e VI del primo motivo del secondo ricorso.
5.1.1. Al punto V si censura la sentenza definitiva nella parte in cui ha ritenuto di qualificare come nuova proposta quella avanzata dalla concessionaria ad aprile 2018.
5.1.2. Al punto VI si argomenta in merito al contenuto della nota del Ministero prot. n. 18635 dell'8 novembre 2016, affermandosi che - contrariamente a quanto ritenuto nella sentenza definitiva - essa avrebbe dettato precise indicazioni (in particolare quanto all'assenza di contributi pubblici, alla proroga di dieci anni della concessione, al riconoscimento di un valore residuo al termine della concessione, alla rideterminazione del tasso di rendimento - WACC - differenziato negli anni) alle quali la società si sarebbe attenuta nella proposta del 24 novembre 2016 (pur contestando, tra l'altro, il valore di subentro, ritenuto troppo alto, ed adottato solo per dare seguito alle indicazioni del M.I.T.), ma che sarebbero poi state ritrattate dal concessionario con la nota del 5 gennaio 2018.
6. I motivi, che vanno trattati congiuntamente per evidenti ragioni di connessione, sono fondati nei limiti e per le ragioni di cui appresso.
6.1. La concessione è disciplinata dalla Convezione unica sottoscritta il 18 novembre 2009 con ANAS (a cui è subentrato ex lege il M.I.T.), per la quale, tra l'altro:
- la scadenza è fissata al 31 dicembre 2030;
- l'intera durata è suddivisa in periodi regolatori per consentire l'aggiornamento del P.E.F. e l'eventuale adeguamento tariffario, entro il 30 giugno del primo esercizio del nuovo periodo regolatorio;
- l'art. 11 distingue tra aggiornamento del P.E.F., da effettuarsi ai sensi dei comma 11.2 e 11.4, e revisione del P.E.F., da effettuarsi ai sensi del comma 11.6, "su richiesta del concedente o del concessionario ove eventi straordinari ne abbiano determinato l'alterazione", comunque "in presenza di un nuovo programma di investimenti ovvero in presenza di eventi straordinari che determinino un'alterazione dell'equilibrio economico-finanziario del medesimo";
- le rispettive procedure sono disciplinate dal comma 11.9 per l'aggiornamento (da effettuarsi sei mesi prima del termine di ciascun periodo regolatorio, "verificando congiuntamente la permanenza e/o le variazioni verificatesi nel medesimo periodo regolatorio", in ordine agli elementi del piano; da concludersi due mesi prima di detta scadenza; da attestarsi "mediante apposito verbale sottoscritto tra le parti" che va approvato con decreto del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, di concerto col Ministro delle Finanze) e dal comma 11.10 per la revisione (da effettuarsi a seguito di proposta scritta della parte che intende attivarla e comunicazione per iscritto delle determinazioni dell'altra parte entro trenta giorni; con l'espressa previsione che "le parti dovranno trovare un accordo nei successivi 60 (sessanta) giorni");
- infine il comma 11.11 dispone che "in caso di mancato accordo in merito all'aggiornamento e/o alla revisione del Piano Economico Finanziario, ovvero in ordine alla sussistenza dei presupposti di detta revisione" trovano applicazione del disposizioni di cui all'art. 9-bis (intitolato Recesso, revoca e risoluzione della Convenzione e disciplinante tutte le ipotesi di cessazione anticipata del rapporto di Convenzione, anche indotte da inadempimento ovvero "da atti e/o fatti estranei alla volontà del Concedente, anche di natura straordinaria e imprevedibile, ivi inclusi mutamenti sostanziali del quadro legislativo o regolatorio"), nonché "le disposizioni di Legge in ordine all'estinzione del rapporto concessorio".
6.2. La disciplina dei procedimenti di aggiornamento e di revisione del P.E.F. su delineata è coerente con la natura convenzionale della disciplina del rapporto di concessione di lavori e servizi (ritenuta riconducibile agli accordi di cui all'art. 11 della l. 7 agosto 1990, n. 241), in ragione della quale è dato il giusto rilievo sia alla verifica congiunta delle variazioni degli elementi individuati nel Piano per l'aggiornamento sia all'accordo delle parti sui presupposti per la revisione.
Tuttavia, entrambi i procedimenti, di aggiornamento e di revisione, si concludono con l'esercizio di un'attività autoritativa da parte del concedente: questa è limitata al decreto ministeriale di approvazione, che ratifica l'accordo, ove sia raggiunto; in mancanza di accordo, la conclusione del procedimento necessita di un atto decisorio dell'autorità amministrativa concedente, che si traduca o nell'esercizio dei poteri di autotutela ovvero, eventualmente, nel ricorso agli ordinari rimedi contrattuali, nei termini peraltro esattamente descritti dall'art. 11.11 della Convenzione unica.
6.3. Le altre disposizioni di legge richiamate da tale articolo si rinvengono infatti nelle ulteriori fonti del rapporto di concessione, la cui disciplina non si esaurisce nelle previsioni convenzionali, ma comprende il Codice dei contratti di cui al d.lgs. n. 163 del 2006, artt. 142 e seg., applicabile ratione temporis (in forza delle disposizioni transitorie di cui all'art. 216, comma 1, e 217, lett. e), del d.lgs. n. 50 del 2016), e le norme e i principi del Codice civile.
7. Il procedimento oggetto del presente contenzioso è unico, essendosi atteggiato, secondo la terminologia adoperata negli atti procedimentali, come procedimento di aggiornamento/revisione del P.E.F., sicché, pur essendo stato attivato in prossimità della scadenza del periodo regolatorio, è iniziato con una proposta della società concessionaria non solo di aggiornamento ma anche di revisione del P.E.F., nonché di rinegoziazione delle condizioni della concessione.
7.1. Siffatta peculiarità procedurale si spiega (anche) per la sopravvenienza normativa di cui all'art. 1, comma 183, della l. 24 dicembre 2012, n. 228 (Legge di stabilità 2013), che ha previsto che: "In considerazione della classificazione delle autostrade A24 e A25 quali opere strategiche per le finalità di protezione civile per effetto del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 ottobre 2003 e successive modificazioni e della conseguente esigenza di procedere all'adeguamento delle stesse alla normativa vigente per l'adeguamento sismico e la messa in sicurezza dei viadotti sulla base dei contenuti delle OPCM 3274 del 2003 e n. 3316 del 2003 e successive modificazioni, per l'adeguamento degli impianti di sicurezza in galleria a norma del decreto legislativo 5 ottobre 2006, n. 264, e successive modificazioni per l'adeguamento alla normativa in materia di impatto ambientale e per lavori di manutenzione straordinaria delle dette autostrade, nonché per la realizzazione di tutte le opere necessarie in conseguenza del sisma del 2009, ove i maggiori oneri per gli investimenti per la realizzazione dei citati interventi siano di entità tale da non permettere il permanere e/o il raggiungimento delle condizioni di equilibrio del piano economico finanziario di concessione nel periodo di durata della concessione stessa, il Governo, fatta salva la preventiva verifica presso la Commissione europea della compatibilità comunitaria, rinegozia con la società concessionaria le condizioni della concessione anche al fine di evitare un incremento delle tariffe non sostenibile per l'utenza".
Giova precisare che la normativa sopravvenuta non detta alcuna disposizione procedurale atta a diversamente disciplinare il procedimento di rinegoziazione ivi previsto, se non per l'espressa salvezza della "preventiva verifica presso la Commissione europea della compatibilità comunitaria".
7.2. Poiché la rinegoziazione è subordinata all'impossibilità di mantenere o di raggiungere le "condizioni di equilibrio del piano economico finanziario di concessione nel periodo di durata della concessione stessa" è da ritenere che, in tale eventualità, il procedimento da seguire altro non sia che quello di revisione del P.E.F. contemplato dalla Convenzione (la quale revisione, per come previsto dall'art. 11.6, ben può comportare anche modifiche alle condizioni della Convenzione unica).
Quanto all'adempimento aggiuntivo della verifica di compatibilità comunitaria, appare corretto l'assunto della ricorrente secondo cui esso si colloca a valle del procedimento di revisione, da concludersi, intanto, con l'accordo tra concedente e concessionario, ai sensi dell'art. 11.10 della Convenzione, laddove l'aggettivo preventiva di cui alla disposizione di legge rileva ai fini del recepimento dell'accordo (che si presuppone già raggiunto tra le parti) nei provvedimenti o negli atti di modifica delle condizioni della concessione.
7.3. Con ciò non si vuole affatto significare che la citata disposizione e la verifica presso la Commissione europea siano ininfluenti nella vicenda procedimentale de qua. Piuttosto, si vuole sottolineare come non siano (e non siano stati) determinanti in punto di sussistenza dell'obbligo di provvedere da parte del M.I.T.
8. Delineato come sopra il quadro normativo e convenzionale di riferimento, ne consegue, in primo luogo, che la nota n. 175 del 5 gennaio 2018 non è qualificabile come atto conclusivo del procedimento di aggiornamento/revisione del P.E.F.
8.1. Il contenuto della nota è illogico nella parte in cui fa seguire alla constatazione del mancato accoglimento della proposta della società del 24 novembre 2016, per le criticità emerse nel corso dell'istruttoria, l'apodittica affermazione della "conseguente formale conclusione del procedimento" ed è contraddittorio nella parte successiva in cui dispone che si sarebbe proceduto alla valutazione di "ipotesi alternative di aggiornamento e revisione del Piano economico finanziario": la prima parte contrasta con la procedura prevista dalla Convenzione unica su esposta e la seconda, richiamando l'esito dell'attività istruttoria svolta e prevedendo lo svolgimento di quella futura, contraddice l'asserzione della chiusura del procedimento.
8.2. La portata meramente interlocutoria della nota del 5 gennaio 2018 è dovuta, per un verso, alla sua inidoneità a superare la situazione di stallo determinata dal mancato raggiungimento dell'accordo sui presupposti dell'aggiornamento e della revisione del P.E.F., come dimostrato dalle vicende successive; per altro verso, alla sua difformità dall'atto conclusivo del procedimento in caso di mancato accordo, che la Convenzione unica fa consistere, quale extrema ratio, in un provvedimento definitivo di cessazione anticipata del rapporto concessorio.
8.3. In sintesi, va ribadito che la determinazione che vale ad interrompere l'inerzia facendo venire meno l'interesse del ricorrente avverso il silenzio della pubblica amministrazione può essere soltanto quella che conclude il procedimento, con effetti definitivi e decisori, tali da superare lo stallo procedimentale e da porre con il provvedimento conclusivo la decisione amministrativa per il definitivo assetto degli interessi coinvolti (secondo una giurisprudenza che non è smentita dal precedente di cui a C.d.S., III, n. 4396/2014, impropriamente citato in senso contrario nella sentenza appellata).
All'evidenza, il provvedimento del 5 gennaio 2018 non ha prodotto effetti definitivi.
9. Le condotte delle amministrazioni interessate prima e dopo la nota impugnata, sopra dettagliatamente esposte, mostrano che il procedimento ha avuto un svolgimento unitario e che non si è ancora concluso.
9.1. Il mancato rispetto dei termini di cui alle citate disposizioni dell'art. 11 della Convenzione unica si giustificava inizialmente in ragione della necessità di ridimensionare l'originaria proposta della concessionaria dell'11 ottobre 2013 e le successive, fino alla proposta del 24 novembre 2016, prima della quale il ritardo era imputabile alla concessionaria, per avere presentato proposte risultate prive della necessaria sostenibilità economico-finanziaria.
9.2. Non è così successivamente, sebbene il comportamento del M.I.T., seguito a detta proposta, non appaia inficiato da inerzia, ma piuttosto connotato dall'allungamento dei tempi procedimentali, giustificato dal fine di pervenire ad un accordo sul P.E.F. compatibile - come scritto dalla difesa erariale - "con il quadro normativo e regolatorio vigente e con le esigenze della finanza pubblica".
In tale contesto normativo e regolatorio si collocano:
- la citata disposizione dell'art. 1, comma 183, della l. n. 228 del 2012, che, nella sua prima stesura è stata intesa come previsione di necessario e preventivo assenso da parte della Commissione europea, da ricercarsi mediante interlocuzioni preliminari informali su mere ipotesi di accordo (cfr. la nota ministeriale del 15 marzo 2017 e quella del 26 febbraio 2019);
- gli interventi legislativi imposti da ragioni di urgenza di messa in sicurezza dei tratti autostradali interessati - urgenza dovuta anche, ma non solo, al ritardo accumulato sia prima che dopo il novembre 2016 nella revisione del P.E.F. - di cui all'art. 52-quinquies d.l. 24 aprile 2017, n. 50, convertito con modificazioni dalla l. 21 giugno 2017, n. 96 (col quale la concessionaria ha beneficiato, ai fini dell'immediato avvio dei lavori di messa in sicurezza antisismica delle autostrade A24 e A25, della sospensione dell'obbligo di versare all'ANAS le rate del corrispettivo della concessione relative agli anni 2015 e 2016, ciascuna dell'importo di euro 55.860.000 comprendente gli interessi di dilazione, previa presentazione di un piano di convalida per interventi urgenti, inseriti in parte, come interventi c.d. antiscalinamento, nel d.m. n. 401 del 9 agosto 2017), nonché di cui all'art. 16-bis del d.l. 20 giugno 2017, n. 91, convertito dalla l. 3 agosto 2017 n. 123, che, con il dichiarato fine di "consentire l'immediata esecuzione degli interventi di ripristino e messa in sicurezza sulla tratta autostradale A24 e A25 che si rendono necessari in conseguenza degli eventi sismici del 2009, del 2016 e del 2017", ha autorizzato un contributo di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2021 al 2025 a favore di Strada dei Parchi (incrementato e rimodulato con interventi legislativi successivi, tra cui da ultimo col d.l. n. 109 del 2018, convertito con la l. 16 novembre 2018, n. 130), comunque da tenersi in conto nell'aggiornamento del P.E.F., ai sensi del comma 3 del citato art. 16-bis;
- la richiesta del parere al Consiglio superiore dei lavori pubblici, con nota del 26 maggio 2017 (quindi a ridosso degli interventi legislativi di cui si è appena detto e della risposta della società alla richiesta di adeguamento del P.E.F. con la nota del 28 marzo 2017);
- le determinazioni del CIPE di cui alle delibere n. 39 del 2007, n. 27 del 2013 e, da ultimo, n. 68 del 2017, riguardanti i criteri di aggiornamento dei Piani economico finanziari afferenti le concessioni autostradali;
- la richiesta di parere ai sensi dell'art. 43, comma 1, d.l. 6 dicembre 2011, n. 201 convertito dalla l. 22 dicembre 2011, n. 2014, per il quale "Gli aggiornamenti o le revisioni delle convenzioni autostradali vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, laddove comportino variazioni o modificazioni al piano degli investimenti ovvero ad aspetti di carattere regolatorio a tutela della finanza pubblica, sono sottoposti al parere del CIPE che, sentito il NARS, si pronuncia entro trenta giorni e, successivamente, approvati con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanarsi entro trenta giorni dalla avvenuta trasmissione dell'atto convenzionale ad opera dell'amministrazione concedente" (cui corrisponde l'attuale previsione dell'art. 165, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016, norma, come detto, non direttamente applicabile alla concessione de qua).
La combinazione di tali atti normativi, regolatori ed endo-procedimentali, intervenuti successivamente alla proposta del 24 novembre 2016 - pur a voler ritenere quest'ultima conforme alle indicazioni della nota ministeriale dell'8 novembre 2016 - ha comportato la necessità del suo aggiornamento, così come d'altronde emerso nella fase istruttoria che ha preceduto il provvedimento del 5 gennaio 2018.
Pertanto, se va ribadito che quest'ultimo non è atto conclusivo del procedimento, va pure escluso che lo stesso abbia segnato - come sostiene la ricorrente - un'ingiustificata inversione di rotta del M.I.T. che avrebbe ritrattato immotivatamente le indicazioni date con la nota dell'8 novembre 2016: piuttosto l'evoluzione degli eventi, del quadro normativo e del procedimento, con l'acquisizione di pareri obbligatori e l'interlocuzione prevista per legge con gli organi tecnici interministeriali, aveva reso quella proposta non più attuale.
9.3. Ciò che invece risulta ingiustificata è l'ulteriore dilazione dei tempi dell'attività istruttoria - mediante le reiterate successive richieste rivolte alla concessionaria, per ottenere da quest'ultima nuovi aggiornamenti e progressive simulazioni della combinazione dei diversi elementi economici del P.E.F. - che ha infine condotto alla situazione di stallo sopra constatata.
Orbene, pur essendo comprensibile la volontà delle amministrazioni di pervenire ad una soluzione condivisa di approvazione del nuovo P.E.F. che consenta su quella base la regolare prosecuzione del rapporto concessorio fino alla sua naturale scadenza, spetta alle amministrazioni coinvolte individuare con certezza, ed una volta per tutte, i punti di contrasto tra le parti, di modo che alla proposta della concessionaria seguano le determinazioni del concedente, alla stregua del procedimento di revisione delineato dall'art. 11.10 della Convenzione unica.
9.4. Pertanto, se, infine, su tali determinazioni non si genera il consenso dell'altra parte (anche mediante il raggiungimento di un accordo parziale, ove praticabile, con stralcio dal P.E.F. degli interventi più controversi), riprendono vigore i generali principi dell'azione amministrativa autoritativa, gravando comunque sull'autorità amministrativa concedente l'obbligo di provvedere (cfr. C.d.S., V, 29 maggio 2017, n. 2521): perché si tratta di cura necessaria di un interesse pubblico di preminente rilievo per la generalità, che non tollera omissioni o dilazioni.
In ultima analisi, sono affidate al M.I.T., di concerto con le altre amministrazioni interessate, in particolare con la Presidenza del Consiglio dei Ministri - DIPE, oltre che col M.E.F., le scelte definitive per il perseguimento dell'interesse generale.
Siffatto interesse, nel caso di specie, pur essendo mediato dall'interesse al perseguimento di soluzioni (preferibilmente concordate) tese a mantenere l'equilibrio economico-finanziario del rapporto concessorio, consiste nell'interesse all'effettiva fruizione da parte indistinta della collettività, senza soluzione di continuità, di un essenziale servizio di interesse economico generale; quindi, nell'interesse a che sia garantita la funzionalità dell'infrastruttura autostradale, in condizioni di corrispondente viabilità (come alla definizione di Autostrade dell'art. 2, comma 3, lett. A), del Codice della strada, d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285) e di necessaria, verificata e affidabile sicurezza per il pubblico, secondo piani di intervento compatibili con le esigenze della finanza pubblica e con i vincoli imposti da obblighi sovranazionali.
9.5. Dato ciò, va affermato l'obbligo del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti di adottare un provvedimento espresso che compiutamente concluda il procedimento di aggiornamento/revisione del P.E.F. entro il termine, che, tenuto conto del tempo trascorso e dell'attività istruttoria già svolta, va fissato nella data del 30 ottobre 2019.
10. Con la sentenza definitiva n. 1692/2019 è stata respinta la domanda risarcitoria avanzata col ricorso introduttivo per il ritardo nella definizione del procedimento.
Il mancato accoglimento della domanda è motivato "sia in ragione della genericità della sua formulazione per quanto riguarda l'esistenza di un danno ristorabile sia per l'assenza dell'elemento della colpa ascrivibile al concedente".
In ordine al primo elemento, si è osservato che numerosi interventi legislativi (vale a dire quelli già sopra richiamati ad altri fini) hanno consentito alla concessionaria di intraprendere lavori urgenti attraverso il ricorso alla contribuzione statale.
In ordine all'elemento soggettivo, si è considerata l'elevatissima complessità del procedimento "derivante dalla difficoltà di trovare un punto di equilibrio accettabile tra le richieste formulate dal concessionario e le esigenze di finanza pubblica sottese a un corretto esercizio del rapporto di concessione, nonché una soluzione compatibile con il rispetto del quadro normativo vigente", da cui l'esclusione della colpa dell'amministrazione per la mancata tempestiva approvazione del P.E.F.
È stata altresì respinta la domanda risarcitoria avanzata con i motivi aggiunti, riguardante i danni asseritamente provocati dalla nota del 5 gennaio 2018, ove ritenuta preclusiva della possibilità di pervenire all'aggiornamento del P.E.F. oramai scaduto.
10.1. L'appellante censura la decisione, sostenendo, quanto alla colpa dell'amministrazione, che la mancata conclusione del procedimento sarebbe dovuta alla condotta dilatoria del Ministero, che avrebbe "continuamente mutato le indicazioni dettate alla Concessionaria in ordine ai parametri economici del PEF", malgrado la società nelle successive proposte si sia sempre attenuta a tali indicazioni, e che non avrebbe mai formalmente attivato il procedimento perché la Commissione europea potesse esprimere il proprio parere sul nuovo piano.
Nel secondo motivo del ricorso, l'appellante osserva, quanto ai danni risarcibili, che i lavori di cui alle citate norme primarie hanno carattere emergenziale e lascerebbero impregiudicata la necessità di porre in essere tutti i lavori di messa in sicurezza definitiva delle autostrade, così come quella di realizzare gli interventi inerenti le gallerie di cui all'art. 1, comma 183, della l. n. 228 del 2012; quindi argomenta in merito all'esistenza di danni all'immagine (per la risonanza pubblica delle vicende gestorie delle autostrade A24 e A25) e di danni per l'impossibilità di accantonare le somme necessarie per la realizzazione delle opere di manutenzione e per le conseguenze sugli introiti da pedaggio.
10.2. Le censure non meritano accoglimento, per le ragioni già espresse nella sentenza definitiva circa la mancanza di colpa di capo alle amministrazioni coinvolte nel procedimento; ragioni, corroborate da quanto sopra esposto sulle vicende del procedimento che hanno dato luogo al provvedimento del 5 gennaio 2018 e che vi hanno fatto seguito.
A ciò si aggiunga che il caso di specie è connotato, oltre che dalla complessità del raggiungimento dell'equilibrio economico-finanziario tipica delle concessioni autostradali, da fattori di specificità delle autostrade A24 e A25 (opere strategiche per le finalità di protezione civile per effetto del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 ottobre 2003 e successive modificazioni) e dalla sopravvenienza, nel corso del rapporto di concessione, di eventi naturali straordinari che hanno reso altresì indifferibile l'intervento del legislatore, con conseguente complicazione del quadro normativo di riferimento e prima applicazione di norme connotate da peculiarità anche procedurali (come quella di cui al ridetto art. 1, comma 183, della l. n. 228 del 2012).
Ben si attaglia al caso in esame la giurisprudenza che riconosce l'errore scusabile, oltre che per la sussistenza di contrasti giudiziari, per l'incertezza del quadro normativo di riferimento o per la complessità della situazione di fatto (tra le tante, C.d.S., III, 15 maggio 2018, n. 1881; id., IV, 7 gennaio 2013, n. 23; id, V, 31 luglio 2012, n. 4337) e che configura la colpa dell'amministrazione solo se la regola di azione sia chiara, univoca e cogente, escludendola (a meno del palese spregio delle regole di correttezza e proporzionalità) laddove sia elevato il grado di discrezionalità esercitabile (cfr. C.d.S., IV, 31 marzo 2015, n. 1683), come è nella vicenda attinente alle sorti di una concessione autostradale, appartenente ad una tipologia di concessione fatta oggetto negli ultimi anni di significativi interventi normativi, non solo nazionali, ma anche euro unitari.
10.3. Esclusa perciò la sussistenza dell'elemento soggettivo dell'illecito, va precisato che gran parte di quelle che la ricorrente assume essere conseguenze pregiudizievoli del ritardo appaiono in realtà essere effetti, di natura provvisoria, della situazione di mancato aggiornamento del P.E.F., rimediabili all'esito del procedimento.
11. In conclusione, in parziale riforma delle sentenze appellate, vanno accolti i motivi di appello concernenti il ricorso avverso il silenzio, nei limiti e con gli effetti su enunciati, e vanno respinti i motivi concernenti il rigetto della domanda risarcitoria.
11.1. Sussistono giusti motivi di integrale compensazione tra tutte le parti delle spese di entrambi i gradi di giudizio, considerati gli eccezionali profili di complessità del procedimento in contestazione.
11.2. Le ragioni della decisione e la compensazione delle spese processuali rendono irrilevante la questione dell'ammissibilità dell'intervento ad adiuvandum del Comune di Cerchio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, li accoglie parzialmente e, per l'effetto, in parziale riforma delle sentenze appellate, dichiara l'obbligo di provvedere del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, secondo quanto specificato in motivazione, mediante l'adozione di un provvedimento espresso entro il 30 ottobre 2019; conferma il rigetto delle domande di risarcimento danni.
Compensa interamente tra le parti le spese dei due gradi di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.