Corte di giustizia dell'Unione Europea
Prima Sezione
Sentenza 29 luglio 2019

«Rinvio pregiudiziale - Cooperazione giudiziaria in materia penale - Direttiva 2012/29/UE - Norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato - Articoli 16 e 18 - Audizione della vittima da parte di un organo giurisdizionale penale di primo grado - Mutamento nella composizione del collegio giudicante - Rinnovazione dell'audizione della vittima su richiesta di una delle parti processuali - Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea - Articoli 47 e 48 - Diritto a un processo equo e diritti della difesa - Principio di immediatezza - Portata - Diritto della vittima alla protezione nel corso del procedimento penale».

Nella causa C-38/18, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell'articolo 267 TFUE, dal Tribunale di Bari (Italia), con ordinanza del 10 ottobre 2017, pervenuta in cancelleria il 19 gennaio 2018, nel procedimento penale a carico di Massimo Gambino, Shpetim Hyka, procedimento in cui le altre parti sono: Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari, Ernesto Lappostato, Banca Carige SpA - Cassa di Risparmio di Genova e Imperia.

[...]

1. La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull'interpretazione degli articoli 16 e 18 nonché dell'articolo 20, lettera b), della direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI (GU 2012, L 315, pag. 57).

2. Tale domanda è stata presentata nell'ambito di un procedimento penale a carico dei sigg. Massimo Gambino e Shpetim Hyka per i reati di riciclaggio e di truffa.

Contesto normativo

Diritto dell'Unione

3. A tenore dei considerando 11, 12, 20, 58 e 66 della direttiva 2012/29:

«(11) La presente direttiva stabilisce norme minime. Gli Stati membri possono ampliare i diritti da essa previsti al fine di assicurare un livello di protezione più elevato.

(12) I diritti previsti dalla presente direttiva fanno salvi i diritti dell'autore del reato. Il termine "autore del reato" si riferisce a una persona che è stata condannata per un reato. Tuttavia, ai fini della presente direttiva, esso si riferisce altresì a una persona indagata o imputata prima dell'eventuale dichiarazione di responsabilità o della condanna e fa salva la presunzione d'innocenza.

(...)

(20) Il ruolo delle vittime nel sistema giudiziario penale e la possibilità per le stesse di partecipare attivamente al procedimento penale variano tra gli Stati membri, a seconda del sistema nazionale, e dipendono da uno o più dei criteri seguenti: se il sistema nazionale prevede lo status giuridico di parte del procedimento penale; se la vittima è obbligata per legge o invitata a partecipare attivamente al procedimento penale, ad esempio in quanto testimone; se la vittima è legittimata a norma del diritto nazionale a partecipare attivamente al procedimento penale e ne ha fatto richiesta, qualora il sistema nazionale non preveda che le vittime abbiano lo status giuridico di una parte del procedimento penale. Gli Stati membri dovrebbero stabilire quale di questi criteri si applica per determinare la portata dei diritti previsti dalla presente direttiva, laddove vi sono riferimenti al ruolo della vittima nel pertinente sistema giudiziario penale.

(...)

(58) È opportuno che le vittime identificate come vulnerabili al rischio di vittimizzazione secondaria e ripetuta, di intimidazione e di ritorsioni possano godere di adeguate misure di protezione durante il procedimento penale. Il preciso carattere di queste misure dovrebbe essere determinato attraverso la valutazione individuale, tenendo conto dei desideri della vittima. La portata di queste misure dovrebbe essere determinata lasciando impregiudicati i diritti della difesa e nel rispetto della discrezionalità giudiziale. Le preoccupazioni e i timori delle vittime in relazione al procedimento dovrebbero essere fattori chiave nel determinare l'eventuale necessità di misure particolari.

(...)

(66) La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. In particolare, è volta a promuovere il diritto alla dignità, alla vita, all'integrità fisica e psichica, alla libertà e alla sicurezza, il rispetto della vita privata e della vita familiare, il diritto di proprietà, il principio di non-discriminazione, il principio della parità tra donne e uomini, i diritti dei minori, degli anziani e delle persone con disabilità e il diritto a un giudice imparziale».

4. L'articolo 1 di tale direttiva, intitolato «Obiettivi», al paragrafo 1 così dispone:

«Scopo della presente direttiva è garantire che le vittime di reato ricevano informazione, assistenza e protezione adeguate e possano partecipare ai procedimenti penali.

Gli Stati membri assicurano che le vittime siano riconosciute e trattate in maniera rispettosa, sensibile, personalizzata, professionale e non discriminatoria, in tutti i contatti con servizi di assistenza alle vittime o di giustizia riparativa o con un'autorità competente operante nell'ambito di un procedimento penale. I diritti previsti dalla presente direttiva si applicano alle vittime in maniera non discriminatoria, anche in relazione al loro status in materia di soggiorno».

5. L'articolo 10 della suddetta direttiva, rubricato «Diritto di essere sentiti», prevede quanto segue:

«1. Gli Stati membri garantiscono che la vittima possa essere sentita nel corso del procedimento penale e possa fornire elementi di prova. Quando la vittima da sentire è un minore, si tengono in debito conto la sua età e la sua maturità.

2. Le norme procedurali in base alle quali la vittima può essere sentita nel corso del procedimento penale e può fornire elementi di prova sono stabilite dal diritto nazionale».

6. L'articolo 16 della direttiva 2012/29/UE, intitolato «Diritto di ottenere una decisione in merito al risarcimento da parte dell'autore del reato nell'ambito del procedimento penale», così dispone:

«1. Gli Stati membri garantiscono alla vittima il diritto di ottenere una decisione in merito al risarcimento da parte dell'autore del reato nell'ambito del procedimento penale entro un ragionevole lasso di tempo, tranne qualora il diritto nazionale preveda che tale decisione sia adottata nell'ambito di un altro procedimento giudiziario.

2. Gli Stati membri promuovono misure per incoraggiare l'autore del reato a prestare adeguato risarcimento alla vittima».

7. L'articolo 18 della direttiva 2012/29, intitolato «Diritto alla protezione», è così formulato:

«Fatti salvi i diritti della difesa, gli Stati membri assicurano che sussistano misure per proteggere la vittima e i suoi familiari da vittimizzazione secondaria e ripetuta, intimidazione e ritorsioni, compreso il rischio di danni emotivi o psicologici, e per salvaguardare la dignità della vittima durante gli interrogatori o le testimonianze. Se necessario, tali misure includono anche procedure istituite ai sensi del diritto nazionale ai fini della protezione fisica della vittima e dei suoi familiari».

8. L'articolo 20 di tale direttiva, rubricato «Diritto delle vittime alla protezione durante le indagini penali», enuncia quanto segue:

«Fatti salvi i diritti della difesa e nel rispetto della discrezionalità giudiziale, gli Stati membri provvedono a che durante le indagini penali:

(...)

b) il numero delle audizioni della vittima sia limitato al minimo e le audizioni abbiano luogo solo se strettamente necessarie ai fini dell'indagine penale;

(...)».

9. L'articolo 22 di detta direttiva, intitolato «Valutazione individuale delle vittime per individuarne le specifiche esigenze di protezione», prevede quanto segue:

«1. Gli Stati membri provvedono affinché le vittime siano tempestivamente oggetto di una valutazione individuale, conformemente alle procedure nazionali, per individuare le specifiche esigenze di protezione e determinare se e in quale misura trarrebbero beneficio da misure speciali nel corso del procedimento penale, come previsto a norma degli articoli 23 e 24, essendo particolarmente esposte al rischio di vittimizzazione secondaria e ripetuta, di intimidazione e di ritorsioni.

2. La valutazione individuale tiene conto, in particolare, degli elementi seguenti:

a) le caratteristiche personali della vittima;

b) il tipo o la natura del reato; e

c) le circostanze del reato.

3. Nell'ambito della valutazione individuale è rivolta particolare attenzione alle vittime che hanno subito un notevole danno a motivo della gravità del reato, alle vittime di reati motivati da pregiudizio o discriminazione che potrebbero essere correlati in particolare alle loro caratteristiche personali, alle vittime che si trovano particolarmente esposte per la loro relazione e dipendenza nei confronti dell'autore del reato. In tal senso, sono oggetto di debita considerazione le vittime del terrorismo, della criminalità organizzata, della tratta di esseri umani, della violenza di genere, della violenza nelle relazioni strette, della violenza o dello sfruttamento sessuale o dei reati basati sull'odio e le vittime con disabilità.

4. Ai fini della presente direttiva si presume che i minori vittime di reato abbiano specifiche esigenze di protezione essendo particolarmente esposti al rischio di vittimizzazione secondaria e ripetuta, di intimidazione e di ritorsioni. Per determinare se e in quale misura debbano avvalersi delle misure speciali di cui agli articoli 23 e 24, i minori vittime di reato sono oggetto di una valutazione individuale come previsto nel paragrafo 1 del presente articolo.

5. La portata della valutazione individuale può essere adattata secondo la gravità del reato e il grado di danno apparente subito dalla vittima.

6. La valutazione individuale è effettuata con la stretta partecipazione della vittima e tiene conto dei suoi desideri, compresa la sua eventuale volontà di non avvalersi delle misure speciali secondo il disposto degli articoli 23 e 24.

7. Qualora gli elementi alla base della valutazione individuale siano mutati in modo sostanziale, gli Stati membri provvedono affinché questa sia aggiornata durante l'intero corso del procedimento penale».

10. L'articolo 23 della medesima direttiva, intitolato «Diritto alla protezione delle vittime con esigenze specifiche di protezione nel corso del procedimento penale», così dispone:

«1. Fatti salvi i diritti della difesa e nel rispetto della discrezionalità giudiziale, gli Stati membri provvedono a che le vittime con esigenze specifiche di protezione che si avvalgono delle misure speciali individuate sulla base di una valutazione individuale di cui all'articolo 22, paragrafo 1, possano avvalersi delle misure di cui ai paragrafi 2 e 3 del presente articolo. Una misura speciale prevista a seguito di una valutazione individuale può non essere adottata qualora esigenze operative o pratiche non lo rendano possibile o se vi è urgente bisogno di sentire la vittima e in caso contrario questa o un'altra persona potrebbero subire un danno o potrebbe essere pregiudicato lo svolgimento del procedimento.

2. Durante le indagini penali le vittime con esigenze specifiche di protezione individuate a norma dell'articolo 22, paragrafo 1, possono avvalersi delle misure speciali seguenti:

a) le audizioni della vittima si svolgono in locali appositi o adattati allo scopo;

b) le audizioni della vittima sono effettuate da o tramite operatori formati a tale scopo;

c) tutte le audizioni della vittima sono svolte dalle stesse persone, a meno che ciò sia contrario alla buona amministrazione della giustizia;

d) tutte le audizioni delle vittime di violenza sessuale, di violenza di genere o di violenza nelle relazioni strette, salvo il caso in cui siano svolte da un pubblico ministero o da un giudice, sono svolte da una persona dello stesso sesso della vittima, qualora la vittima lo desideri, a condizione che non risulti pregiudicato lo svolgimento del procedimento penale.

3. Durante il procedimento giudiziario le vittime con esigenze specifiche di protezione individuate a norma dell'articolo 22, paragrafo 1, possono avvalersi delle misure seguenti:

a) misure per evitare il contatto visivo fra le vittime e gli autori dei reati, anche durante le deposizioni, ricorrendo a mezzi adeguati fra cui l'uso delle tecnologie di comunicazione;

b) misure per consentire alla vittima di essere sentita in aula senza essere fisicamente presente, in particolare ricorrendo ad appropriate tecnologie di comunicazione;

c) misure per evitare domande non necessarie sulla vita privata della vittima senza rapporto con il reato; e

d) misure che permettano di svolgere l'udienza a porte chiuse».

Diritto italiano

11. L'articolo 511 del codice di procedura penale, rubricato «Letture consentite», dispone, ai commi 1 e 2, quanto segue:

«1. Il giudice, anche di ufficio, dispone che sia data lettura, integrale o parziale, degli atti contenuti nel fascicolo per il dibattimento.

2. La lettura di verbali di dichiarazioni è disposta solo dopo l'esame della persona che le ha rese, a meno che l'esame non abbia luogo».

12. L'articolo 525 del codice di procedura penale, rubricato «Immediatezza della deliberazione», prevede, ai commi 1 e 2, quanto segue:

«1. La sentenza è deliberata subito dopo la chiusura del dibattimento.

2. Alla deliberazione concorrono, a pena di nullità assoluta, gli stessi giudici che hanno partecipato al dibattimento. Se alla deliberazione devono concorrere i giudici supplenti in sostituzione dei titolari impediti, i provvedimenti già emessi conservano efficacia se non sono espressamente revocati».

Procedimento principale e questione pregiudiziale

13. Dalla decisione di rinvio risulta che i sigg. Gambino e Hyka sono imputati dinanzi al Tribunale di Bari (Italia) per i delitti di riciclaggio e di truffa, quali previsti dal codice penale italiano.

14. Da tale decisione emerge inoltre che, secondo la prospettazione accusatoria, le vittime della presunta truffa sarebbero i sigg. Ernesto Lappostato e Gianluca Menini. Il sig. Lappostato si è costituito parte civile chiedendo la condanna del sig. Gambino al risarcimento dei danni subiti a causa della sua condotta delittuosa.

15. In occasione di un'udienza tenutasi il 14 aprile 2015, i sigg. Lappostato e Menini sono stati sentiti quali testimoni da un collegio penale del Tribunale di Bari, composto da tre magistrati.

16. Il 21 febbraio 2017 si è svolta una nuova udienza dinanzi allo stesso collegio penale, in composizione modificata però a seguito dell'assegnazione ad altra sede di uno dei tre magistrati che avevano partecipato all'udienza del 14 aprile 2015.

17. Nel corso della suddetta udienza del 21 febbraio 2017, il difensore del sig. Gambino ha chiesto, sulla base degli articoli 511 e 525 del codice di procedura penale, la rinnovazione di tutte le audizioni dei testimoni effettuate fino a tale data, in particolare di quelle delle vittime della presunta truffa. Egli ha presentato nuovamente tale domanda in occasione di un'udienza svoltasi il 10 ottobre 2017.

18. Il giudice del rinvio rileva che l'articolo 525 del codice di procedura penale sancisce il principio dell'immediatezza, che consiste nel garantire non solo che la sentenza sia deliberata subito dopo la chiusura del dibattimento, ma anche che i giudici che emettono la sentenza siano gli stessi che hanno partecipato al dibattimento. La ratio di tale ultima prescrizione si ravviserebbe nell'esigenza che ad esprimere il giudizio sulla responsabilità penale dell'imputato siano gli stessi giudici che hanno assistito alla formazione delle prove.

19. Tale giudice indica di nutrire dubbi quanto alla conformità al diritto dell'Unione della normativa nazionale, come interpretata dalla Corte suprema di cassazione (Italia), secondo la quale, in caso di rinnovazione del dibattimento a causa del mutamento nella composizione di un collegio giudicante o della persona del giudice monocratico, la sentenza non può fondarsi sulla testimonianza ottenuta dal collegio giudicante iniziale, sulla base della sola lettura del verbale, senza ripetere l'audizione del testimone, laddove quest'ultima sia ancora possibile e sia stata richiesta da una delle parti.

20. In tali circostanze, qualora venga disposta la rinnovazione del dibattimento a seguito di un mutamento nella composizione del collegio giudicante e il giudice ammetta la prova testimoniale nuovamente richiesta, non sarebbe possibile procedere alla lettura dei verbali delle testimonianze già rese, ai sensi dell'articolo 511 del codice di procedura penale, se non in presenza del consenso di tutte le parti processuali.

21. Secondo il giudice del rinvio, un'interpretazione del genere aprirebbe la strada ad abusi da parte della difesa, in quanto quest'ultima può rifiutare che i giudici procedano alla lettura del verbale di una testimonianza già resa e, pertanto, imporre una nuova audizione della vittima.

22. L'articolo 511, comma 2, e l'articolo 525, comma 2, del codice di procedura penale, così come interpretati dalla giurisprudenza nazionale, non sarebbero quindi conformi alla direttiva 2012/29, che impone agli Stati membri di adottare una disciplina che assicuri protezione alle vittime di reato nel procedimento penale.

23. A tale proposito, il giudice del rinvio rileva che, con riferimento all'interpretazione della decisione quadro 2001/220/GAI del Consiglio, del 15 marzo 2001, relativa alla posizione della vittima nel procedimento penale (GU 2001, L 82, pag. 1), che è stata sostituita dalla direttiva 2012/29, la Corte, al punto 56 della sentenza del 16 giugno 2005, Pupino (C-105/03, EU:C:2005:386), ha dichiarato che la realizzazione degli obiettivi perseguiti da tale decisione quadro impone che un giudice nazionale abbia la possibilità, per le vittime particolarmente vulnerabili, di utilizzare una procedura speciale, come l'incidente probatorio diretto all'assunzione anticipata della prova, prevista nell'ordinamento di uno Stato membro, nonché le modalità particolari di deposizione pure previste, se tale procedura risponde in modo ottimale alla situazione di tali vittime e si impone al fine di impedire la perdita degli elementi di prova, di ridurre al minimo la ripetizione degli interrogatori e di impedire le conseguenze pregiudizievoli, per dette vittime, della loro deposizione in pubblica udienza.

24. Secondo il giudice del rinvio, la ripetizione dell'audizione della vittima appare in contrasto con i principi affermati in tale sentenza, posto che il diritto all'equo processo spettante all'imputato non verrebbe in alcun modo sacrificato dalla lettura dei verbali delle testimonianze rese in origine pubblicamente, nel rispetto del contraddittorio e dinanzi a un giudice imparziale.

25. In ogni caso, il bilanciamento tra il rispetto della dignità della vittima e il diritto all'equo processo dell'imputato dovrebbe essere conforme al principio di proporzionalità, previsto all'articolo 52 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (in prosieguo: la «Carta»). Allo stesso tempo, il diritto a un equo processo, sancito dall'articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), e dall'articolo 47 della Carta, non dovrebbe essere strumentalizzato per realizzare un abuso del diritto.

26. Infine, oltre ad imporre una sofferenza psicologica aggiuntiva alla vittima, la rinnovazione dell'audizione di quest'ultima comporterebbe un defatigante prolungamento del procedimento penale, in violazione del requisito della ragionevole durata del procedimento.

27. In tali circostanze, il Tribunale di Bari ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se gli art[icoli] 16, 18 e 20 lett[era] b) della direttiva [2012/29] debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a che la persona offesa debba essere sottoposta nuovamente all'audizione dinanzi al mutato giudicante quando una delle parti processuali ai sensi degli art[icoli] 511, comma 2, c.p.p. e 525, comma 2, c.p.p. (come costantemente interpretati dalla giurisprudenza di legittimità) neghi il consenso alla lettura dei verbali delle dichiarazioni già in precedenza rese dalla stessa persona offesa nel rispetto del contraddittorio ad un giudice diverso nello stesso processo».

Sulla ricevibilità della domanda di decisione pregiudiziale

28. Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l'articolo 16, l'articolo 18 e l'articolo 20, lettera b), della direttiva 2012/29 debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale ai sensi della quale, nel caso in cui la vittima di un reato sia stata sentita una prima volta dal collegio giudicante di un organo giurisdizionale penale di primo grado e la composizione di tale collegio sia successivamente mutata, detta vittima deve, in linea di principio, essere nuovamente sentita dal collegio di nuova composizione qualora una delle parti nel procedimento rifiuti che detto collegio si basi sul verbale della prima audizione di detta vittima.

29. Ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 1 primo comma, della direttiva 2012/29, scopo della medesima è «garantire che le vittime di reato ricevano informazione, assistenza e protezione adeguate e possano partecipare ai procedimenti penali».

30. Si deve anzitutto rilevare che, ai sensi dell'articolo 20, lettera b), di tale direttiva, fatti salvi i diritti della difesa e nel rispetto della discrezionalità giudiziale, gli Stati membri provvedono a che, durante le indagini penali, il numero delle audizioni della vittima sia limitato al minimo e le audizioni abbiano luogo solo se strettamente necessarie ai fini dell'«indagine penale».

31. A tale riguardo, come risulta dall'articolo 23, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2012/29, quest'ultima opera una distinzione tra la fase delle «indagini penali» e quella del «procedimento giudiziario».

32. Peraltro, la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce norme minime riguardanti i diritti, l'assistenza e la protezione delle vittime di reato [COM(2011) 275 definitivo], all'origine della direttiva 2012/29, prevedeva che gli Stati membri garantissero che il numero delle audizioni fosse limitato al minimo, e che le audizioni avessero luogo solo se strettamente necessarie ai fini del «procedimento penale».

33. I lavori preparatori della direttiva 2012/29 confermano quindi che, considerata la formulazione dell'articolo 20, lettera b), della medesima adottata dal legislatore dell'Unione europea, quest'ultimo ha scelto di restringere l'ambito di applicazione di tale disposizione alla sola fase delle indagini penali.

34. Orbene, come risulta dalla decisione di rinvio, l'eventuale rinnovazione dell'audizione della vittima nel procedimento principale interverrebbe nell'ambito della fase giudiziaria del procedimento penale, in quanto il sig. Gambino è stato rinviato dinanzi a nuovo collegio giudicante.

35. Ciò considerato, l'articolo 20, lettera b), della direttiva 2012/29 non si applica a una controversia come quella di cui al procedimento principale.

36. In ogni caso, enunciando che gli Stati membri provvedono a che il numero delle audizioni sia limitato al minimo, tale disposizione non richiede che la vittima di un reato sia sentita solamente una volta dall'organo giudicante.

37. Per quanto riguarda l'interpretazione degli articoli 16 e 18 della direttiva 2012/29, occorre rilevare che tale direttiva, secondo il considerando 12 della stessa, stabilisce che i diritti in essa previsti fanno salvi i diritti dell'autore del reato.

38. Ai sensi dell'articolo 47, secondo comma, della Carta, ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge, e ogni persona ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare. Peraltro, l'articolo 48, paragrafo 2, della Carta enuncia che il rispetto dei diritti della difesa è garantito ad ogni imputato.

39. Laddove la Carta contenga diritti corrispondenti a diritti garantiti dalla CEDU, l'articolo 52, paragrafo 3, della Carta è inteso ad assicurare la necessaria coerenza tra i diritti contenuti in quest'ultima e i corrispondenti diritti garantiti dalla CEDU, senza che ciò pregiudichi l'autonomia del diritto dell'Unione e della Corte di giustizia dell'Unione europea (v., in tal senso, sentenza del 20 marzo 2018, Menci, C-524/15, EU:C:2018:197, punto 23). Secondo le spiegazioni relative alla Carta dei diritti fondamentali (GU 2007, C 303, pag. 17), l'articolo 47, secondo comma, della Carta corrisponde all'articolo 6, paragrafo 1, della CEDU e l'articolo 48 della Carta corrisponde all'articolo 6, paragrafi 2 e 3, della CEDU. La Corte deve, pertanto, sincerarsi che l'interpretazione da essa fornita dell'articolo 47, secondo comma, e dell'articolo 48 della Carta assicuri un livello di protezione che non conculchi quello garantito all'articolo 6 della CEDU, come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo [v., per analogia, sentenza del 26 settembre 2018, Belastingdienst/Toeslagen (Effetto sospensivo dell'appello), C-175/17, EU:C:2018:776, punto 35 e giurisprudenza ivi citata].

40. Nello stesso senso, con riferimento alla decisione quadro 2001/220, che è stata sostituita dalla direttiva 2012/29, la Corte ha dichiarato che essa doveva essere interpretata in maniera tale che siano rispettati i diritti fondamentali, tra i quali occorre in particolare rilevare il diritto ad un processo equo, quale sancito all'articolo 6 della CEDU e interpretato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo (sentenze del 16 giugno 2005, Pupino, C-105/03, EU:C:2005:386, punto 59, e del 9 ottobre 2008, Katz, C-404/07, EU:C:2008:553, punto 48).

41. A tale riguardo, dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo emerge che i principi del processo equo impongono che, in determinati casi, gli interessi della difesa siano confrontati con quelli dei testimoni o delle vittime chiamati a deporre (Corte EDU, 26 marzo 1996, Doorson c. Paesi Bassi, CE:ECHR:1996:0326JUD002052492, § 70, e Corte EDU, 5 ottobre 2006, Marcello Viola c. Italia, CE:ECHR:2006:1005JUD004510604, § 51).

42. In tale contesto, coloro che hanno la responsabilità di decidere sulla colpevolezza o l'innocenza dell'imputato devono, in linea di principio, sentire di persona i testimoni e valutarne l'attendibilità. La valutazione dell'attendibilità di un testimone è un'attività complessa, che, normalmente, non può essere svolta mediante una semplice lettura del contenuto delle dichiarazioni di quest'ultimo, come riportate nei verbali delle audizioni (Corte EDU, 5 luglio 2011, Dan c. Moldavia, CE:ECHR:2011:0705JUD000899907, § 33, e Corte EDU, 29 giugno 2017, Lorefice c. Italia, CE:ECHR:2017:0629JUD006344613, § 43).

43. Così, uno degli elementi rilevanti di un processo penale equo è la possibilità per l'accusato di essere messo a confronto con i testimoni in presenza del giudice che da ultimo decide. Tale principio di immediatezza è un'importante garanzia del processo penale, in quanto le osservazioni fatte dal giudice quanto al comportamento e all'attendibilità di un testimone possono produrre gravi conseguenze per l'imputato. Pertanto, un mutamento nella composizione del collegio giudicante dopo l'audizione di un testimone importante deve, in linea di principio, comportare una nuova audizione di quest'ultimo (Corte EDU, 9 marzo 2004, Pitkänen c. Finlandia, CE:ECHR:2004:0309JUD003050896, § 58, e Corte EDU, 18 marzo 2014, Beraru c. Romania, CE:ECHR:2014:0318JUD004010704, § 64).

44. Tuttavia, il principio di immediatezza non può essere considerato ostativo a qualsiasi modifica nella composizione di un tribunale durante lo svolgimento di un processo. Problemi amministrativi o procedurali particolarmente evidenti possono sorgere e rendere impossibile la partecipazione continua di un giudice al processo. Possono essere adottate misure affinché i giudici che riprendono la causa ne comprendano effettivamente gli elementi e gli argomenti, ad esempio la trasmissione agli stessi dei verbali quando l'attendibilità del testimone in questione non è contestata, o l'organizzazione di nuove discussioni o di una nuova audizione di testimoni importanti dinanzi al tribunale di nuova composizione (Corte EDU, 2 dicembre 2014, Cutean c. Romania, CE:ECHR:2014:1202JUD005315012, § 61, e Corte EDU, 6 dicembre 2016, Škaro c. Croazia, CE:ECHR:2016:1206JUD000696213, § 24).

45. È alla luce di tali considerazioni che si deve rispondere alla questione con riferimento agli articoli 16 e 18 della direttiva 2012/29.

46. A tale riguardo, il giudice del rinvio ritiene che la rinnovazione dell'audizione della vittima in seguito al mutamento nella composizione del collegio giudicante sia in contrasto con l'articolo 16 di tale direttiva, il cui paragrafo 1 dispone che gli Stati membri garantiscono alla vittima il diritto di ottenere una decisione in merito al risarcimento da parte dell'autore del reato nell'ambito del procedimento penale entro un ragionevole lasso di tempo, tranne qualora il diritto nazionale preveda che tale decisione sia adottata nell'ambito di un altro procedimento giudiziario.

47. Il giudice del rinvio ritiene quindi che il risarcimento in tempo utile del danno subito dalla vittima, previsto da tale articolo 16, sia vanificato da una normativa nazionale che subordina al consenso di tutte le parti processuali la possibilità di non rinnovare l'audizione della vittima dinanzi ai giudici del collegio giudicante di nuova composizione. In particolare, tale giudice afferma che la normativa nazionale di cui al procedimento principale può consentire abusi da parte della difesa, poiché il suo rifiuto di prestare il consenso alla lettura delle testimonianze già rese dalla vittima comporta l'allungamento della durata del procedimento.

48. Tuttavia, occorre constatare che la rinnovazione dell'audizione della vittima in caso di mutamento nella composizione del collegio giudicante dinanzi al quale essa era stata inizialmente sentita non comporta, di per sé, l'impossibilità di pronunciarsi entro un termine ragionevole sul risarcimento di tale vittima.

49. Inoltre, come rilevato dall'avvocato generale al paragrafo 128 delle sue conclusioni, il diritto previsto dall'articolo 16 della direttiva 2012/29 a favore della vittima di un reato non può pregiudicare il godimento effettivo dei diritti processuali spettanti al soggetto imputato illustrati ai punti 42 e 43 della presente sentenza, tra i quali rientra il principio di immediatezza, laddove la composizione del collegio giudicante sia stata modificata - circostanza, questa, non imputabile a detto soggetto.

50. Il giudice del rinvio richiama altresì l'articolo 18 della direttiva 2012/29, a norma del quale, fatti salvi i diritti della difesa, gli Stati membri assicurano che sussistano misure per proteggere la vittima e i suoi familiari da vittimizzazione secondaria e ripetuta, intimidazione e ritorsioni, compreso il rischio di danni emotivi o psicologici, e per salvaguardare la dignità della vittima durante gli interrogatori o le testimonianze, misure che includono, se necessario, anche procedure istituite ai sensi del diritto nazionale ai fini della protezione fisica della vittima e dei suoi familiari.

51. Tuttavia, dal tenore letterale di tale articolo non risulta che il legislatore dell'Unione abbia previsto, tra le misure destinate a tutelare la vittima di un reato, la limitazione a una sola audizione di quest'ultima nel corso del procedimento giudiziario.

52. Peraltro, l'articolo 18 della direttiva 2012/29 conferisce alla vittima il diritto alla protezione, «[f]atti salvi i diritti della difesa». Nello stesso senso, il considerando 58 di tale direttiva enuncia che la portata delle adeguate misure di protezione durante il procedimento penale in favore delle vittime identificate come vulnerabili al rischio di vittimizzazione secondaria e ripetuta, di intimidazione e di ritorsioni dovrebbe essere determinata «lasciando impregiudicati i diritti della difesa e nel rispetto della discrezionalità giudiziale».

53. Come rilevato dall'avvocato generale al paragrafo 73 delle sue conclusioni, il legislatore dell'Unione ha quindi stabilito nella direttiva 2012/29, a vantaggio della vittima, taluni diritti il cui esercizio non può ledere il diritto a un processo equo né i diritti della difesa dell'imputato, sanciti rispettivamente dall'articolo 47, secondo comma, e dall'articolo 48, paragrafo 2, della Carta.

54. Di conseguenza, occorre rilevare che l'articolo 18 della direttiva 2012/29 non osta, in linea di principio, a che, in caso di mutamento nella composizione del collegio giudicante, la vittima di un reato sia nuovamente sentita da tale collegio su richiesta di una delle parti processuali.

55. Tuttavia, come rilevato dall'avvocato generale al paragrafo 116 delle sue conclusioni, dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo risulta che, per stabilire se sia possibile utilizzare come prova il verbale della testimonianza di una vittima, gli Stati membri devono esaminare se l'audizione della medesima possa essere determinante ai fini del giudizio sull'imputato e accertarsi, con garanzie procedurali sufficienti, che la produzione delle prove nel contesto del procedimento penale non pregiudichi l'equità di tale procedimento, ai sensi dell'articolo 47, secondo comma, della Carta, né i diritti della difesa, ai sensi dell'articolo 48, paragrafo 2, della stessa.

56. Spetta pertanto al giudice del rinvio esaminare se, nel procedimento principale, condizioni particolari come quelle menzionate al punto precedente possano condurre a non sentire nuovamente la vittima del reato di cui trattasi.

57. È necessario aggiungere che, nel caso in cui venga disposta un'audizione della vittima da parte del collegio giudicante nella sua nuova composizione, le autorità nazionali competenti devono procedere, conformemente all'articolo 22 della direttiva 2012/29, a una valutazione individuale di tale vittima per individuare le sue specifiche esigenze di protezione e, se del caso, farla beneficiare delle misure di protezione previste dagli articoli 23 e 24 di tale direttiva.

58. In tal senso, è compito del giudice del rinvio verificare che la vittima di cui trattasi nel procedimento principale non presenti esigenze specifiche in materia di protezione nel contesto del procedimento penale.

59. Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre rispondere alla questione posta dichiarando che gli articoli 16 e 18 della direttiva 2012/29 devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale ai sensi della quale, nel caso in cui la vittima di un reato sia stata sentita una prima volta dal collegio giudicante di un organo giurisdizionale penale di primo grado e la composizione di tale collegio sia successivamente mutata, detta vittima deve, in linea di principio, essere nuovamente sentita dal collegio di nuova composizione qualora una delle parti nel procedimento rifiuti che detto collegio si basi sul verbale della prima audizione di detta vittima.

Sulle spese

60. Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

P.Q.M.
la Corte (Prima Sezione) dichiara:

Gli articoli 16 e 18 della direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale ai sensi della quale, nel caso in cui la vittima di un reato sia stata sentita una prima volta dal collegio giudicante di un organo giurisdizionale penale di primo grado e la composizione di tale collegio sia successivamente mutata, detta vittima deve, in linea di principio, essere nuovamente sentita dal collegio di nuova composizione qualora una delle parti nel procedimento rifiuti che detto collegio si basi sul verbale della prima audizione di detta vittima.

R. Garofoli

Codice penale ragionato

Neldiritto, 2024

M. Marazza

Diritto sindacale contemporaneo

Giuffrè, 2024

P. Emanuele

Compendio di diritto parlamentare

Simone, 2024