Corte di cassazione
Sezione VI civile
Ordinanza 27 agosto 2019, n. 21750

Presidente: Scaldaferri - Relatore: Falabella

FATTI DI CAUSA

1. Decidendo sul gravame proposto da F.lli Zabalani s.n.c. avverso la sentenza di primo grado che aveva respinto le domande da essa proposte contro il Banco di Brescia s.p.a., ora Unione di Banche Italiane s.p.a., la Corte di appello di Brescia accertava la nullità di due ordini di investimento (afferenti interest rate swap) che erano stati impartiti sulla base di un contratto quadro mancante della sottoscrizione dell'intermediario. In conseguenza, la detta Corte disponeva il riaccredito all'appellante degli importi addebitati alla società in esecuzione delle due operazioni finanziarie.

2. Contro tale pronuncia ricorre per cassazione Unione di Banche Italiane facendo valere tre motivi. La società F.lli Zabalani, intimata, non ha svolto difese.

Il Collegio ha autorizzato la redazione del provvedimento in forma semplificata.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo è lamentata la violazione e falsa applicazione dell'art. 1326 c.c. e l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Rileva l'istante che il documento da essa prodotto rappresentava la formale accettazione della proposta negoziale precedente formulata dalla stessa banca e non il contratto recante la sottoscrizione del solo cliente.

Il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 23 t.u.f. (d.lgs. n. 58/1998), nonché degli artt. 1325, 1326, 1350 e 1418 c.c. Assume la ricorrente che l'eccezione della controparte circa la mancata sottoscrizione del documento contrattuale da parte della banca risultava essere priva di fondamento «siccome non pertinente all'esigenza che quella prescrizione formale è volta ad assicurare, finendo per trasformare un presidio posto a tutela dell'informata e consapevole partecipazione degli investitori in un formalistico strumento per conseguire risultati del tutto ultronei rispetto alle previsioni ed allo scopo della norma» di cui al cit. art. 23. Deduce, inoltre, che, ai fini della conclusione del contratto rilevavano comportamenti concludenti che potevano tener luogo della sottoscrizione, ferma restando la necessità di un testo negoziale scritto e che l'avvenuta e reiterata esecuzione del contratto rappresentava una condotta che manifestava la chiara volontà di esse di darvi esecuzione.

I due motivi si prestano a una trattazione congiunta e sono fondati nei termini che si vengono ad esporre.

Le Sezioni unite di questa Corte, in due recenti pronunce, occupandosi dei contratti di intermediazione finanziaria hanno affermato il principio per cui il requisito della forma scritta del contratto-quadro relativo ai servizi di investimento «è rispettato ove sia redatto il contratto per iscritto e ne venga consegnata una copia al cliente ed è sufficiente la sola sottoscrizione dell'investitore, non necessitando la sottoscrizione anche dell'intermediario, il cui consenso ben si può desumere alla stregua di comportamenti concludenti dallo stesso tenuti» (Cass., Sez. un., 23 gennaio 2018, n. 1653; Cass., Sez. un., 16 gennaio 2018, n. 898). È evidente, allora, che per negare il perfezionamento del negozio di cui qui si controverte non fosse sufficiente la presa d'atto della mancata sottoscrizione del documento contrattuale da parte dell'intermediario finanziario, essendo di contro necessario indagare se quest'ultimo avesse altrimenti univocamente espresso la propria volontà di concludere il negozio stesso.

2. Il terzo mezzo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c., nonché dell'art. 2697 c.c. La censura investe l'affermazione della Corte di appello per cui l'odierna ricorrente non aveva in alcun modo illustrato l'istanza di prova proposta, limitandosi a corredare la stessa con la riproposizione della capitolazione istruttoria.

Il motivo è inammissibile.

Per quanto la Corte di merito si sia pronunciata sul tema delle istanze istruttorie (rilevando come la controricorrente avesse mancato di impugnare la pronuncia di inammissibilità resa sul punto dal Tribunale, sottolineando come la correlativa istanza non figurasse tra le conclusioni rassegnate in primo grado, né tra quelle trascritte nell'atto di appello, e osservando, da ultimo, come la società Fratelli Zabaleni non avesse in alcun modo illustrato la richiesta istruttoria di cui trattasi), la ratio decidendi della pronuncia impugnata è incentrata su di un profilo della causa - quello attinente alla nullità del contratto documentato da una scrittura privata mancante della firma dell'intermediario finanziario - che è diverso da quello cui inerisce la prova testimoniale riprodotta a pagg. 12 s. del ricorso (la quale attiene, invece, al tema del contestato adempimento degli obblighi informativi). L'argomento svolto con riferimento all'inammissibilità della predetta istanza non è dunque passibile di impugnazione: sul punto va fatta applicazione del principio per cui è inammissibile, in sede di giudizio di legittimità, il motivo di ricorso che censuri un'argomentazione della sentenza impugnata non costituente una ratio decidendi della medesima (per tutte: Cass. 10 aprile 2018, n. 8755). La questione attinente all'esperibilità della prova suddetta in sede di gravame è naturalmente devoluta al giudice del rinvio.

3. In conclusione, vanno accolti per quanto di ragione i primi due motivi, mentre il terzo è da dichiararsi inammissibile.

P.Q.M.

La Corte accoglie i primi due motivi e dichiara inammissibile il terzo; cassa la sentenza impugnata con riferimento ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte di appello di Brescia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.