Corte di cassazione
Sezione VI civile
Ordinanza 27 settembre 2019, n. 24119

Presidente: Di Virgilio - Relatore: Sambito

FATTI DI CAUSA

Con ordinanza, depositata in data 29 dicembre 2017, il Giudice di Pace di Frosinone respingeva l'opposizione avverso il decreto di espulsione emesso dal Prefetto di Frosinone nei confronti di A. Eduart, cittadino albanese già titolare del permesso di soggiorno per lavoro autonomo poi scaduto e non ritualmente rinnovato. Esclusa la ricorrenza di condizioni di inespellibilità, il Giudice di Pace riteneva che il provvedimento espulsivo, consegnato all'odierno ricorrente e manchevole della attestazione di conformità all'originale, non fosse carente della necessaria formalità comunicatoria. Avverso la predetta ordinanza propone ricorso per cassazione lo straniero, con quattro motivi. La Prefettura di Frosinone non ha depositato difese.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo, con cui si denuncia la violazione degli artt. 2174 c.c. e 18 d.P.R. 445/2000, stante la nullità della copia fotostatica notificata del decreto di espulsione monca della necessaria attestazione di conformità al provvedimento espulsivo originale, è fondato ed ha portata assorbente rispetto alle altre censure formulate.

2. In punto di fatto, dal decreto impugnato emerge che la copia consegnata all'espellendo è priva della necessaria attestazione di conformità all'originale. È pacifico, poi, che nel ricorso dinanzi al Giudice di Pace di Frosinone sia stata censurata proprio tale carenza, affermando che all'odierno ricorrente fosse stato consegnato un foglio - in copia fotostatica - non recante la certificazione, apposta da pubblico ufficiale autorizzato in tal senso, della conformità di tal foglio all'originale.

3. In vero, è principio consolidato di questa Corte, in tema di requisiti di validità dell'atto espulsivo del Prefetto, che la certezza della esistenza nell'originale della sottoscrizione ben può essere soddisfatta dalla sussistenza, sulla copia consegnata, della certificazione di conformità ivi apposta dal funzionario di polizia addetto all'ufficio depositario dell'atto ed autorizzato alla autenticazione a norma dell'art. 14 della l. n. 15 del 1968 (Cass. n. 17960 del 2004; n. 13871 del 2001). È evidente, allora, che sussiste il radicale vizio di nullità della espulsione (per difetto della sua necessaria formalità comunicatoria) tutte le volte in cui all'espellendo venga comunicata una mera copia libera o informale dell'atto perché non recante l'attestazione di conformità all'originale. Ne consegue che il decreto impugnato va cassato, e, non essendo necessari accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, con l'annullamento del provvedimento di espulsione.

4. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, annulla il provvedimento di espulsione. Condanna il Prefetto al pagamento delle spese, che liquida in euro 800,00 di cui euro 100,00, per spese per il giudizio innanzi al Giudice di pace, ed in euro 2.200,00, di cui euro 100,00 per spese, per il presente giudizio, oltre accessori.