Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
Sezione II
Sentenza 1° ottobre 2019, n. 1026

Presidente: Ravasio - Estensore: Cattaneo

FATTO E DIRITTO

1. La sig.ra Silvana G. ha impugnato il provvedimento indicato in epigrafe - con cui il Comune di Rivoli ha respinto la richiesta volta ad ottenere l'irrogazione della sanzione prevista dall'art. 34, comma 2, d.P.R. n. 380/2001, di opere eseguite in parziale difformità dal permesso di costruire, oggetto dell'ordinanza di demolizione n. 458/2012 - articolando le seguenti doglianze:

I. violazione dell'art. 34, d.P.R. n. 380/2001 e degli artt. 3 e 10, l. n. 241/1990; eccesso di potere per carenza e perplessità della motivazione; eccesso di potere per insufficienza di istruttoria e insussistenza dei presupposti dell'azione;

II. violazione dei principi di correttezza, buon andamento e legittimo affidamento; violazione degli artt. 2.8 e 2.10 delle nta del prg; violazione dell'art. 3, l. n. 241/1990, eccesso di potere per carenza e perplessità della motivazione, difetto di istruttoria e carenza dei presupposti dell'azione; eccesso di potere per contraddittorietà del comportamento;

III. violazione dei principi di imparzialità e buon andamento; eccesso di potere per irragionevolezza e contraddittorietà;

IV. violazione dell'art. 10-bis, l. n. 241/1990.

2. Si è costituito in giudizio il Comune di Rivoli, chiedendo il rigetto nel merito del ricorso.

3. Si sono altresì costituiti in giudizio i sig.ri Vito Rocco Battista e Maria Terzo, confinanti della sig.ra G., deducendo, oltre all'infondatezza nel merito del ricorso, la sua parziale irricevibilità o inammissibilità.

4. All'udienza del 18 settembre 2019 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

5. Con il primo motivo viene dedotto il vizio perplessità della motivazione in quanto la ragione di diniego, legata al fatto che l'istanza riguarda una porzione soltanto dell'opera abusiva realizzata, sarebbe assorbita dall'ulteriore ragione di diniego legata al fatto che la demolizione non incide su parti strutturali.

6. La censura è infondata.

L'amministrazione ha addotto, a fondamento del diniego, due differenti ragioni e cioè:

- l'istanza riguarda una porzione soltanto dell'opera abusiva realizzata (la porzione, che si eleva di 66 cm rispetto all'originario piano campagna, di un'autorimessa che è stata coperta da un riporto di terreno, con conseguente realizzazione, in violazione della distanza dal confine, di una nuova costruzione artificialmente interrata) e andrebbe estesa all'altezza di 66 cm, sino alla distanza di 5 metri dal confine per tutta la lunghezza a confine dell'interrato;

- la fiscalizzazione della sola parte domandata non incide su parti strutturali.

La circostanza che la seconda ragione sarebbe stata, da sola, sufficiente a giustificare il rigetto dell'istanza, non va in alcun modo a rendere perplessa una motivazione basata su due ragioni che sono distinte e autonome, senza che, oltretutto, possa affermarsi - come fa la ricorrente - che il motivo dedotto per primo sia stato formulato in via subordinata.

7. La prima ragione di diniego, legata al fatto che l'istanza ha ad oggetto una porzione soltanto dell'opera abusiva, viene contestata sostenendo che:

- l'opera in questione non sarebbe stata affatto realizzata in parziale difformità dal permesso di costruire;

- l'art. 2.10 delle nta del prg ammetterebbe modificazioni del piano di campagna;

- la porzione oggetto della richiesta di fiscalizzazione sarebbe stata definita a seguito di indicazioni ricevute dall'ufficio tecnico comunale.

7.1. Le censure sono prive di fondamento.

7.2. Le doglianze con cui viene contestato il carattere abusivo dell'opera e la sua conformità alle previsioni urbanistiche, come correttamente eccepito dalle parti resistenti, sono inammissibili.

La ricorrente ha prestato acquiescenza all'ordinanza n. 458/2012 con cui è stato dichiarato il carattere abusivo dell'intera parte della autorimessa realizzata in sopraelevazione al piano di campagna preesistente, e in prossimità del confine, in quanto realizzata in difformità dal permesso di costruire, ed il contrasto della stessa con la previsione di cui all'art. 2.10 delle nta.

Il provvedimento demolitorio non è stato, difatti, oggetto di impugnazione.

Inoltre la sig.ra G. ha presentato un'istanza che è volta non a fare accertare la conformità dell'opera alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente (prevista dall'art. 36, d.P.R. n. 380/2001), ma ad ottenere il pagamento di una sanzione pecuniaria per l'impossibilità di provvedere alla demolizione senza pregiudizio per le parti conformi, ex art. 34, d.P.R. n. 380/2001, che ha essa stessa come presupposto il riconoscimento dell'abusività dell'opera, per difformità dal permesso di costruire.

Non può poi condividersi quanto affermato dalla ricorrente circa il fatto che l'amministrazione avrebbe ritenuto implicitamente superato tale atto sanzionatorio, in quanto mai portato ad esecuzione.

Secondo consolidata giurisprudenza il provvedimento implicito "è configurabile unicamente allorquando l'amministrazione pur non adottando formalmente un provvedimento, ne determina univocamente i contenuti sostanziali attraverso un comportamento conseguente ovvero determinandosi in una direzione, anche con riferimento a fasi istruttorie coerentemente svolte, a cui non può essere ricondotto altro volere che quello equivalente al contenuto del provvedimento formale corrispondente" (C.d.S., sez. VI, 4 febbraio 2019, n. 858; sez. V, 6 agosto 2018, n. 4818; sez. VI, 27 aprile 2015, n. 2112; 7 febbraio 2011, n. 813).

In tale prospettiva, presupposto perché possa ravvisarsi un provvedimento implicito è l'emergere senza equivoco d'un "collegamento biunivoco tra l'atto adottato o la condotta tenuta e la determinazione che da questi si pretende di ricavare, onde quest'ultima sia l'unica conseguenza possibile della presupposta manifestazione di volontà" (C.d.S., sez. V, 24 gennaio 2019, n. 589).

Nel caso di specie non sussistono i presupposti perché possa configurarsi un provvedimento implicito di autotutela; al contrario, l'amministrazione comunale - che si è pronunciata su un'istanza di fiscalizzazione che richiama espressamente l'ordinanza di demolizione n. 458/2012 - non ha mai modificato, né con atti né con comportamenti - ma ha semmai ribadito - la valutazione espressa circa il carattere abusivo dell'intera soprelevazione del piano di campagna in prossimità del confine, per parziale difformità dal permesso di costruire, e il suo contrasto con l'art. 2.10 delle nta.

7.3. Quand'anche fosse veritiera, la circostanza affermata nel ricorso secondo cui la sig.ra G. si sarebbe attenuta alle indicazioni fornite dall'ufficio tecnico comunale circa la presentazione di un'istanza parziale, essa non inficerebbe comunque la legittimità del provvedimento impugnato, in considerazione della natura vincolata del potere esercitato e della legittimità - per le ragioni sopra affermate - delle contestazione della parzialità del conteggio effettuato dalla istante, conteggio che pacificamente non ha oggetto l'intero manufatto abusivo contestato con l'ordinanza di demolizione n. 458/2012.

8. Le censure volte a contestare la seconda ragione di diniego e ad affermare la sussistenza del presupposto della impossibilità di procedere alla demolizione senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, come pure quella rivolta avverso la parte del provvedimento avente ad oggetto la misurazione dell'altezza del muro di confine sono inammissibili per carenza di interesse.

Si deve, invero, fare applicazione del principio, più volte enunciato dalla giurisprudenza, secondo il quale, quando siano posti a sostegno di un provvedimento amministrativo più motivi, ciascuno autonomamente idoneo a darne giustificazione, è sufficiente che sia verificata la legittimità di uno di essi, per escludere che l'atto possa essere annullato in sede giurisdizionale.

Nella specie, come si è visto, l'istanza di fiscalizzazione presentata dalla ricorrente è stata respinta già per il fatto che la fiscalizzazione proposta non riguarda l'intera opera abusiva, e tanto con determinazione che, per i motivi dianzi indicati, deve ritenersi legittima.

9. È infine infondata anche l'ultima censura dedotta, di violazione art. 10-bis, l. n. 241/1990.

La giurisprudenza è, invero, concorde nel ritenere che l'art. 10-bis, l. n. 241 del 1990 non imponga la puntuale, analitica confutazione delle osservazioni presentate dalla parte privata a seguito della ricezione della comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza, essendo sufficiente ai fini della giustificazione del provvedimento adottato la motivazione complessivamente resa a sostegno dell'atto stesso (T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 7 maggio 2010, n. 3072, T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 23 dicembre 2009, n. 13300; T.A.R. Liguria Genova, sez. II, 11 aprile 2008, n. 543).

10. Per le ragioni esposte il ricorso è infondato e va, pertanto, respinto.

11. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che liquida in complessivi euro 3.000,00 (tremila/00) - di cui 1.500,00 (millecinquecento/00) a favore dell'amministrazione comunale e 1.500,00 (millecinquecento/00) a favore dei controinteressati - oltre oneri di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.