Consiglio di Stato
Sezione V
Sentenza 6 novembre 2019, n. 7564

Presidente: Severini - Estensore: Quadri

FATTO

Il 7 giugno 2013 Europa Edile s.r.l. ha formulato istanza di rilascio dell'autorizzazione per il subentro nella concessione dell'area comunale sita in Roma, via Ostiense, km. 21.500, originariamente rilasciata in favore di Edilizia MAF s.r.l. (dichiarata fallita nell'ottobre del 2013) con atto dell'11 luglio 2002, specificando che "la presente istanza viene formulata ai sensi e per gli effetti dell'art. 20 della l. n. 241/90".

Non avendo ricevuto riscontro da parte di Roma Capitale in ordine a detta richiesta, la società ha ritenuto di aver conseguito la titolarità dell'area. Conseguentemente, ha domandato all'Amministrazione un nuovo atto di concessione e con la definizione dei termini e delle modalità di versamento dei canoni, comunicando l'avvenuta corresponsione di alcuni; inoltre, ha informato Romeo Gestioni s.p.a. dell'intervenuta concessione dell'area a suo favore, al fine di modificare i dati dell'intestataria del terreno in vista dei futuri pagamenti.

Con provvedimento n. 10050 del 29 aprile 2014 Roma Capitale ha comunicato ad Europa Edile l'avvio del procedimento amministrativo per la riacquisizione forzosa del bene, invitandola alla consegna bonaria dell'area e negando l'avvenuto rilascio della concessione implicita dell'area comunale in ragione dell'inapplicabilità del citato art. 20 della l. n. 241 del 1990.

Ritenendo illegittime le determinazioni assunte dall'Amministrazione, la società le ha impugnate dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio che, con sentenza n. 1096 del 2018, ha respinto il ricorso.

Europa Edile ha appellato la suddetta sentenza, affidando l'appello ai seguenti motivi di diritto:

I) violazione dell'art. 20 della l. n. 241 del 1990 per erronea valutazione degli elementi di fatto;

II) violazione dell'art. 20 della l. n. 241 del 1990 per erronea applicazione dell'art. 12 della Direttiva n. 2006/7123/CE in materia di servizi al mercato interno (c.d. Bolkestein) e dell'art. 49 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea (TFUE), nonché per difetto dei presupposti di fatto;

III) violazione degli artt. 21-quinquies e 21-nonies della l. n. 241 del 1990;

IV) violazione degli artt. 2-bis, 7 e ss. e 10-bis della l. n. 241 del 1990; contraddittoria motivazione.

Si è costituita in giudizio per resistere all'appello Roma Capitale.

Successivamente le parti hanno prodotto memorie a sostegno delle rispettive conclusioni.

All'udienza pubblica del 10 ottobre 2019 l'appello è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Giunge in decisione l'appello proposto da Europa Edile s.r.l. contro la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio n. 1096 del 2018, che ha respinto il ricorso dalla stessa proposto per l'accertamento e la declaratoria del silenzio-assenso formatosi sull'istanza presentata il 7 giugno 2013, e per l'annullamento del provvedimento del 29 aprile 2014 di Roma Capitale che invitava la società a riconsegnare l'area sita in Roma, via Ostiense, per occupazione abusiva.

La concessionaria originaria era, infatti, fallita ed Europa Edile, nel 2013, dopo aver comunicato al Comune il subentro nella concessione, senza ricevere risposta avrebbe iniziato il pagamento dei canoni ed avrebbe anche effettuato opere di recinzione e di bonifica dell'area, sostenendo le relative spese.

L'appellante Europa Edile s.r.l. si duole dell'erroneità della sentenza per non avere accolto la censura relativa all'assunta applicabilità dell'istituto del silenzio-assenso di cui all'art. 20 della l. n. 241 del 1990 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi) che farebbe riferimento alla generale categoria del provvedimento amministrativo, non rientrando la fattispecie in questione fra le deroghe previste al comma 4 del medesimo articolo e dovendosi, dunque, ritenere come rilasciato il provvedimento concessorio richiesto.

La censura non è fondata, in considerazione della inapplicabilità della disciplina del silenzio-assenso ex art. 20 della l. n. 241 del 1990 alle ipotesi di concessione di beni pubblici, come da costante orientamento della giurisprudenza amministrativa (cfr., fra le tante, C.d.S., Sez. V, 9 maggio 2017, n. 2109, per cui: "Nel caso di istanze volte ad ottenere concessioni per l'occupazione di suolo pubblico, non trova applicazione l'istituto del silenzio-assenso di cui all'art. 20 l. 7 agosto 1990, n. 241"). Invero, il procedimento concessorio presuppone l'esercizio di una potestà discrezionale anzitutto sull'an, che esclude in radice l'applicabilità del regime del silenzio-assenso, come bene affermato dalla sentenza appellata.

Il subentro nella concessione originaria richiede, invero, un atto di assenso formale a conclusione di un procedimento in cui ha luogo la valutazione della conformità dell'attività del privato richiedente con il pubblico interesse in relazione all'utilizzazione della cosa che sarebbe oggetto di concessione. Non rileva, dunque, la sua appartenenza al patrimonio disponibile o indisponibile del Comune. Nemmeno hanno qui rilievo le censure dell'appellante di violazione della normativa europea in tema di procedure di evidenza pubblica.

Non rileva neppure il profilo di censura di violazione del preteso affidamento del concessionario uscente, in quanto la concessione era stata originariamente rilasciata alla società Edilizia MAF s.r.l., dunque a un altro soggetto, ed è scaduta il 31 dicembre 2006.

Ne consegue che, non avendo l'Amministrazione rilasciato provvedimenti concessori per silentium, non può ritenersi che il provvedimento impugnato, di richiesta di liberazione dell'area, costituisca manifestazione di autotutela decisoria: sono pertanto inconferenti le censure di violazione degli artt. 21-quinquies e 21-nonies della l. n. 241 del 1990. Si tratta semmai di una manifestazione di autotutela esecutiva inerente la polizia demaniale, il cui regime esula dalle dette disposizioni.

Riguardo, infine, all'assunta violazione delle garanzie procedimentali, va considerato che il tema assorbente, nella situazione giuridica data, non è il diniego di concessione ma la constatazione dell'occupazione abusiva di un'area comunale, alla quale l'Amministrazione doveva anzitutto, per suo compito istituzionale, porre rimedio. È infatti dovere prioritario della pubblica amministrazione che sia titolare di beni pubblici senz'altro contrastare con i suoi appositi poteri - appunto di "polizia demaniale" - e con gli altri mezzi previsti dall'ordinamento ogni loro usurpazione o sottrazione senza titolo da parte di terzi.

Pertanto sono condivisibili gli assunti della sentenza, per la quale non hanno rilievo i pretesi vizi procedimentali circa il domandato subentro nel rapporto concessorio, dedotti nel terzo motivo di ricorso (violazione dell'art. 10-bis l. n. 241 del 1990 per omessa comunicazione del preavviso di rigetto).

Ogni ulteriore intervento dell'Amministrazione - come bene ha rilevato l'appellata sentenza - accedeva a questa dominante e attuale cura dell'interesse pubblico, in particolare quando si riferiva all'interlocuzione tra privati richiamando l'effettiva condizione giuridica del bene (nota di Europa Edile s.r.l. - che si pretendeva titolare del terreno ai sensi dell'art. 20, comma 1, della l. n. 241 del 1990 - a Romeo Gestioni s.p.a.).

Alla luce delle suesposte considerazioni l'appello va respinto.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna Europa Edile s.r.l. alla rifusione delle spese di giudizio nei confronti di Roma Capitale, che si liquidano in euro 4.000, oltre ad oneri di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.