Corte di cassazione
Sezione VI civile
Ordinanza 15 ottobre 2019, n. 26072

Presidente: Frasca - Relatore: Porreca

Considerato che

il Tribunale di Perugia, con ordinanza n. 9009 del 2018, ha sollevato officiosamente regolamento di competenza perché risolva un conflitto negativo nato da un'ordinanza del Tribunale di Roma, n. 3841 del 2017, in un processo per responsabilità civile di magistrati promosso nel 2014, a norma della l. n. 117 del 1988, da Luigi L. nei confronti di giudici del Consiglio di Stato e del T.A.R. Campania, sezione distaccata di Salerno;

il Tribunale di Roma ha declinato la propria competenza in favore dell'ufficio umbro ritenendo necessaria la trattazione unitaria delle domande a cumulo soggettivo passivo, stante l'unicità del fatto, e dovendosi radicare la competenza a norma dell'art. 11 c.p.p., dando preminenza al luogo di sede dell'ufficio che aveva definito il giudizio, ovvero il Consiglio di Stato;

il Tribunale di Perugia, in sede di c.d. filtro di ammissibilità della domanda secondo la disciplina ratione temporis applicabile, ha invocato la pronuncia di questa Corte a Sezioni unite, 7 giugno 2019, n. 14842, e dunque, ferma l'unitarietà della trattazione, ha osservato che, venendo coinvolti organi giudiziari di vertice e di prime cure, la competenza, per il combinato disposto dell'art. 4, comma 1, della l. n. 117 del 1988, e dell'art. 11 c.p.p., doveva individuarsi nel Tribunale di Napoli, alla cui cognizione appartenevano i fatti commessi da giudici addetti a un ufficio giudiziario compreso nel distretto della Corte di appello di Salerno, quali appunto erano i consiglieri del T.A.R. Campania, sezione distaccata di Salerno;

l'Avvocatura dello Stato ha depositato atto di costituzione con mera riserva di partecipazione alla discussione;

il Pubblico Ministero ha formulato conclusioni scritte;

Rilevato che

il regolamento di competenza è inammissibile poiché sollevato tardivamente;

infatti:

- il Tribunale di Perugia ha proposto il regolamento dopo che il giudice istruttore cui era stata assegnata la causa dal Presidente dell'ufficio aveva rimesso la stessa al collegio, senza alcun altro rilievo, per la fase preliminare di filtro, risultando applicabile la disciplina della l. n. 117 del 1998, art. 5, comma 2, anteriormente alle modifiche apportate dalla l. 27 febbraio 2015, n. 18;

- alla successiva udienza la causa risulta essere stata rinviata per mancata comparizione delle parti;

- alla seguente udienza risulta esservi stato un rinvio in funzione della pronuncia delle Sezioni unite attesa proprio con riguardo al tema da decidere e già ricordata in parte narrativa;

questa Corte ha chiarito che il giudice indicato come competente da quello originariamente adito, e innanzi al quale la causa sia stata riassunta, può richiedere d'ufficio il regolamento di competenza non oltre la prima udienza di trattazione, salvo che debba svolgere attività processuali, come ad esempio assumere sommarie informazioni, strettamente funzionali alla valutazione riguardanti la prospettabilità del conflitto di competenza, nel qual caso la richiesta del regolamento deve seguire senza soluzione di continuità le dette attività processuali (Cass., 2 agosto 2018, n. 20445);

d'altra parte, l'applicabilità del limite temporale evincibile dall'art. 38 c.p.c., quale principio generale, anche ai procedimenti camerali, costituisce nomofilachia pacifica (Cass., 24 novembre 1999, n. 13055, Cass., 22 maggio 2003, n. 8115, Cass., 2 aprile 2012, n. 5257, Cass., 7 gennaio 2014, n. 107);

nella fattispecie, il rinvio disposto dal Collegio per attendere le indicazioni nomofilattiche di questa Corte, deve ritenersi attività svolta senza dilazioni e processualmente finalizzata alla valutazione inerente all'opportunità di proporre lo stesso regolamento;

ma il precedente rinvio del giudice istruttore di rimessione al Collegio, senza rilievo della questione oggetto del regolamento di competenza poi sollevato d'ufficio dall'organo collegiale cui era sicuramente riservata la decisione sullo stesso, deve ritenersi ostativo;

conferma se ne trova nell'art. 187, terzo comma, c.p.c., secondo cui il giudice istruttore può rimettere al Collegio la decisione della competenza o disporre che sia decisa unitamente al merito: da questa previsione è necessario evincere che egli, quale componente del Collegio cui è riservata la relativa decisione, tiene la previa e «prima» udienza di trattazione, ex art. 5, comma 2, della l. n. 117 del 1988, in cui dev'essere pertanto operato il rilievo a norma dell'art. 38 c.p.c.;

altrimenti il potere del giudice, diversamente da quello della parte, risulterebbe disancorato dalla scelta legislativa enucleabile dall'art. 38 c.p.c.;

in senso analogo risulta anche un precedente delle Sezioni unite sia pure inerente al regolamento preventivo di giurisdizione, secondo cui nel rito disciplinato dagli artt. 151 e seguenti del r.d. n. 1775 del 1933 dinanzi al Tribunale superiore delle acque pubbliche, al quale la causa sia stata rimessa dopo la declaratoria di difetto di giurisdizione da parte di altro giudice, la questione di giurisdizione non può essere ulteriormente sottoposta d'ufficio alle Sezioni unite della Corte di cassazione, ai sensi dell'art. 59, comma 3, della l. n. 69 del 2009, se non viene sollevata dal giudice delegato all'istruzione alla prima udienza tenuta davanti a lui, ferma la competenza del collegio, cui la questione sia stata rimessa dal detto giudice, siccome privo di poteri decisori ma non di poteri di rilievo delle questioni ufficiose, a provvedere sul punto all'esito dell'udienza di discussione (Cass., Sez. un., 8 maggio 2017, n. 11143);

può essere formulato quindi il seguente principio di diritto: "Nel procedimento camerale di cui all'art. 5 della l. n. 117 del 1988, ratione temporis applicabile, il giudice istruttore, nel rimettere al Collegio la decisione sull'ammissibilità della domanda di cui all'art. 2 della l. n. 117 del 1988, in sede di prima udienza di trattazione, deve rilevare, a norma dell'art. 38 c.p.c., la questione di competenza all'esito della quale l'organo collegiale, cui è riservata la decisione in parola, può sollevare il regolamento d'ufficio a norma dell'art. 45 c.p.c. In mancanza del suddetto tempestivo rilievo, il regolamento stesso dev'essere dichiarato inammissibile perché tardivo";

ciò posto, questo Collegio ritiene opportuno pronunciare, a norma dell'art. 363 c.p.c., il principio di diritto nell'interesse della legge afferente alla concreta fattispecie;

le Sezioni unite invocate dal Tribunale di Perugia sono state pronunciate in fattispecie differente ma contigua e hanno affermato il principio per cui nei giudizi di responsabilità civile promossi contro lo Stato, in base alla l. n. 117 del 1988, quando più giudici, di merito e di legittimità, cooperino a fatti dolosi o colposi anche diversi nell'ambito della stessa vicenda giudiziaria, la causa è necessariamente unitaria e la competenza per territorio deve essere attribuita per tutti secondo il criterio di cui all'art. 11 c.p.p., richiamato dall'art. 4, comma 1, della suddetta legge; qualora, invece, tali giudizi abbiano ad oggetto solo i comportamenti, atti o provvedimenti dei magistrati della Corte di cassazione, quale ufficio a competenza nazionale, non si applica lo spostamento di competenza previsto dal menzionato art. 11 c.p.p. e, pertanto, la competenza per territorio è attribuita ai sensi dell'art. 25 c.p.c. secondo la regola del forum commissi delicti, sicché spetta in ogni caso al Tribunale di Roma, quale foro del luogo in cui è sorta l'obbligazione;

dall'arresto, per quanto qui rileva, si possono dunque trarre i seguenti principi:

- la trattazione concernente la medesima vicenda giudiziaria dev'essere proprio perciò unitaria;

- quando sono coinvolti organi giudiziari di vertice, con competenza nazionale e quindi slegata da un'area circoscritta a livello locale, non opera lo spostamento dell'art. 11 c.p.p., previsto dall'art. 4, comma 1, della l. n. 117 del 1988, e si applica invece l'art. 25 c.p.c.;

- quando sono coinvolti organi giudiziari con competenza nazionale ed organi con competenza territoriale invece locale, si applicherà l'art. 4, comma 1, della l. n. 117 del 1988, con riferimento, pertanto, agli uffici dei secondi;

ne deriva che, in fattispecie quale quella in scrutinio, sarà competente il Tribunale di Roma, come prospettato dal pubblico ministero, e non quello di Napoli;

deve darsi atto che questa Corte ha diversamente affermato che con riguardo allo spostamento di competenza in parola, non ha rilievo l'ambito territoriale di competenza dell'ufficio giudiziario ma la sua sede (Cass., 7 maggio 2012, n. 6887, proprio con riguardo a un caso concernente il T.A.R. Campania, sezione distaccata di Salerno, in applicazione del medesimo spostamento di competenza allora previsto dalla l. n. 89 del 2001);

ritiene il Collegio, però, che non possa essere trascurata la ratio della norma, che è quella di spostare la competenza rispetto al distretto in cui il magistrato esercita le sue funzioni, così da tutelare anche l'immagine di terzietà e imparzialità dell'esercizio della funzione giurisdizionale;

a ciò consegue che non può non darsi rilievo al fatto che il giudice della sezione distaccata resta appartenente all'ufficio giudiziario che rimane a sua volta organo unitario con sede, nel caso, a Napoli, senza che possa rilevare in senso ostativo la mera lettera legislativa riferita, per effetto del richiamo in combinato disposto, al «distretto», solo formalmente non applicabile alla realtà territoriale dei magistrati amministrativi (Cass., Sez. un., 16 marzo 2010, n. 6307);

si trova conferma di ciò nell'art. 47 c.p.a., che chiarisce come il rapporto tra sezione distaccata e T.A.R. con sede nel capoluogo, non dà luogo a questione di competenza;

possono essere formulati, quindi, i seguenti principi di diritto: "Nei giudizi di responsabilità civile promossi contro lo Stato, in base alla l. n. 117 del 1988, quando più giudici, dei Tribunali Amministrativi Regionali e del Consiglio di Stato, cooperino a fatti dolosi o colposi anche diversi nell'ambito della stessa vicenda giudiziaria, la causa è necessariamente unitaria e la competenza per territorio deve essere attribuita per tutti secondo il criterio di cui all'art. 11 c.p.p., richiamato dall'art. 4, comma 1, della suddetta legge; qualora, invece, tali giudizi abbiano ad oggetto solo i comportamenti, atti o provvedimenti dei magistrati del Consiglio di Stato, quale ufficio a competenza nazionale, non si applica lo spostamento di competenza previsto dal menzionato art. 11 c.p.p. e, pertanto, la competenza per territorio è attribuita ai sensi dell'art. 25 c.p.c. secondo la regola del forum commissi delicti, sicché spetta in ogni caso al Tribunale di Roma, quale foro del luogo in cui è sorta l'obbligazione. A tale ultimo fine i giudici di sezione distaccata del T.A.R. devono ritenersi appartenenti all'unitario ufficio della sede centrale, poiché il rapporto con la sezione distaccata non dà luogo a questione di competenza";

non deve disporsi sulle spese stante il rilievo d'ufficio del regolamento e il mero atto di "costituzione" della difesa erariale;

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il regolamento.

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