Consiglio di Stato
Sezione VI
Sentenza 18 novembre 2019, n. 7874

Presidente: De Felice - Estensore: Toschei

FATTO E DIRITTO

1. Con il ricorso per l'esecuzione del giudicato qui in esame le società Montanino e Gema chiedono l'ottemperanza della sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, 29 gennaio 2013, n. 525, con la quale la Sezione, in accoglimento dell'appello proposto dalla società Montanino ed in riforma della sentenza di primo grado (del Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, Sezione I, n. 1024/2007), ha annullato i provvedimenti impugnati in primo grado, vale a dire:

a) l'atto 19 agosto 2002, prot. 36925, con il quale il Comune di Santa Maria Ligure ha respinto l'istanza presentata in data 18 giugno 2002 dalla società Montanino, in qualità di proprietaria del complesso "La Cervara" in Portofino, per il rilascio di una concessione di area demaniale marittima;

b) l'atto comunale 31 dicembre 2002, prot. n. 57132, con il quale veniva confermato il rigetto della richiesta di concessione di area demaniale marittima presentata in data 18 giugno 2002.

2. I fatti che hanno dato luogo al contenzioso qui in esame possono essere sinteticamente riassunti come segue, in ragione di quanto emerge dalla documentazione prodotta in giudizio e soprattutto dall'esame della sentenza del Consiglio di Stato della quale qui si chiede la corretta e completa esecuzione.

La Montanino s.r.l. aveva presentato al Comune di Santa Margherita Ligure, in data 18 giugno 2002, in qualità di proprietaria del complesso "La Cervara" in Portofino, una istanza per il rilascio della concessione di un'area demaniale marittima, a suo tempo rilasciata alla American Bar Capo Nord di Pescio Guido & C. s.a.s., nell'approssimarsi della scadenza della stessa.

Il Comune rispondeva negativamente, con atto 19 agosto 2002, prot. 36925, precisando testualmente che "(...) l'istanza in parola non risulta procedibile in quanto, in virtù del disposto dell'art. 01, comma 2, del d.l. 5 ottobre 1993, n. 400, come sostituito dall'art. 10, comma 1, della l. n. 88 del 2001, le concessioni demaniali marittime in essere, alla scadenza si rinnovano automaticamente per altri sei anni e così successivamente ad ogni scadenza, fatto salvo il secondo comma dell'art. 42, cod. nav.".

Seguiva a tale provvedimento una ulteriore attività istruttoria volta al riesame della predetta decisione che, tuttavia, si concludeva con l'adozione di un nuovo provvedimento comunale, 31 dicembre 2002, prot. n. 57132, con il quale veniva confermato il rigetto della richiesta di concessione di area demaniale marittima presentata in data 18 giugno 2002.

Impugnati dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Liguria i due atti di cui sopra, il Tribunale amministrativo (con sentenza n. 1024/2007) dichiarava "l'inammissibilità del gravame per carenza di interesse alla decisione, non avendo parte ricorrente impugnato i titoli concessori rilasciati" alla società controinteressata, affermando anche che "l'eventuale accoglimento del gravame proposto avverso i dinieghi opposti all'istanza della ricorrente non avrebbe alcun concreto effetto utile per la Montanino, rimanendo pienamente efficaci i titoli concessori", rilasciati alla s.a.s. American Bar Capo Nord e non impugnati.

A questo punto la società Montanino proponeva appello dinanzi al Consiglio di Stato che, con la sentenza della Sezione n. 525/2013, ha affermato che:

A) la sentenza di primo grado era da considerarsi "errata" (punto 07 della sentenza);

B) infatti "la Montanino s.r.l. non doveva impugnare la concessione n. 217/1999 rilasciata all'American Bar Capo Nord s.a.s., essendosi limitata a sostenere l'impossibilità di una sua proroga automatica per altri sei anni per effetto della normativa di cui si è detto e quindi la sua scadenza al 31 dicembre 2002 (termine originariamente previsto)" (sempre punto 07 della sentenza);

C) con riferimento invece alla concessione n. 67/2003, successivamente rilasciata all'American Bar Capo Nord s.a.s. e depositata dal Comune agli atti del giudizio di primo grado, "la stessa, oltre a potere ancora essere impugnata quando il primo giudice ha deciso, è stata effettivamente impugnata dalla Montanino s.r.l. con un nuovo ricorso";

D) fermo quanto sopra "I provvedimenti impugnati in primo grado (19 agosto 2002, prot. 36925 e 31 dicembre 2002, prot. n. 57132) sono stati adottati sulla base del citato comma 2 dell'art. 01 d.l. n. 400 del 1993, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 494 del 1993, come sostituito dall'art. 10 della L. n. 88 del 2001", norma successivamente abrogata dall'art. 11, comma 1, l. 15 dicembre 2011, n. 217;

E) tenuto conto quindi che la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa ai servizi nel mercato interno, 12 dicembre 2006, n. 2006/123/CE e, segnatamente, del comma 2 dell'art. 12 nella parte in cui esclude il rinnovo automatico della concessione; nonché con i principi del Trattato - direttamente applicabili negli ordinamenti giuridici degli Stati membri e di cui la direttiva è mera attuazione - in tema di concorrenza e di libertà di stabilimento, i meccanismi normativi che introducono ipotesi di proroga automatica delle concessioni demaniali marittime violano l'art. 117, comma 1, della Cost.;

F) in conseguenza di ciò si "impone l'obbligo di disapplicazione della norma per il periodo in cui è stata in vigore e durante il quale sono stati adottati i provvedimenti impugnati in primo grado, i quali vanno di conseguenza annullati venendo meno il presupposto normativo su cui si fondavano. L'amministrazione, infatti, non poteva considerare automaticamente prorogata la concessione di cui trattasi, dovendo procedere sulla base di un procedimento di evidenza pubblica" (così al punto 11 della sentenza).

3. Una volta pubblicata la sentenza di questa Sezione n. 525/2013, la società Montanino, atteso che il Comune di Santa Margherita Ligure non procedeva alla indizione della selezione per l'affidamento della concessione demaniale marittima, quale procedura indicata dal Consiglio di Stato (nella ridetta decisione) al fine del corretto rilascio delle concessioni demaniali marittime, in esito alle più recenti indicazioni provenienti "(...) dalla Corte Costituzionale con le sentenze nn. 213/2011, 340/2010, 233/2010 e 180/2010. Secondo cui le normative che prevedono proroghe automatiche in tema di concessioni demaniali marittime violano l'art. 117, comma 1, della Cost., per contrasto con i vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario in tema di diritto di stabilimento e di tutela della concorrenza (...)" (così, testualmente, al punto 10 della sentenza della quale qui si chiede l'esecuzione), in data 10 maggio 2016 presentava istanza al competente ufficio del Comune di Santa Margherita Ligure diffidando l'ente locale ad indire la selezione pubblica entro sei mesi e quindi, decorso inutilmente tale termine, la medesima società (con atto del 31 gennaio 2017) intimava al predetto ente di procedere alla corretta ottemperanza della sentenza 525/2013 entro il termine di quarantacinque giorni.

A questo punto il competente ufficio del Comune di Santa Margherita Ligure comunicava alla società Montanino, con atto del 13 marzo 2017, prot. n. 8437, la impossibilità: "(...) di procedere all'assegnazione in concessione, tramite gara, di un'area demaniale marittima già oggetto di concessione demaniale in corso di efficacia (...)".

4. In altri termini il Comune, ritenendo ancora valido ed efficace il provvedimento concessorio originario, mai annullato dal Consiglio di Stato e peraltro doppiato da due successivi provvedimenti concessori sulla medesima area di proroga e conferma, impugnati dalla società Montanino (dei quali uno era citato anche nella sentenza 525/2013) con distinti giudizi non ancora definiti, affermava che non fosse possibile procedere ad una nuova assegnazione in concessione dell'area demaniale già concessa alla società concessionaria (e controinteressata durante il giudizio promosso dalla società Montanino e conclusosi con la sentenza di questa Sezione n. 525/2013).

In particolare il competente ufficio del Comune (Area 4-Territorio ambiente, Servizio urbanistica-procedimenti concertativi-demanio marittimo) riferiva alla odierna ricorrente la propria impossibilità ad eseguire la sentenza n. 525/2013 atteso che l'impedimento è dovuto:

a) all'intervenuto rilascio delle concessioni demaniali marittime n. 67/2003 (in favore della società American Bar Capo Nord di Tavella Giuseppe & C. s.a.s.) e n. 23/2009 (in favore della società American Bar Capo Nord di Santomauro Fabio & C. s.a.s.) relative alla medesima area demaniale già concessa nel 1999 alla società Capo Nord s.r.l., che non sono mai state annullate dalla sentenza 525/2013, atti non espressamente impugnati nel contenzioso definito con la predetta sentenza, essendo stati oggetto di distinti e successivi giudizi amministrativi ancora pendenti;

b) alla vigenza di norme legislative nazionali che hanno disposto la proroga fino al 31 dicembre 2020 dell'efficacia delle concessioni di demanio marittimo in essere alla loro entrata in vigore (tra le quali, quindi, anche la concessione n. 23/2009).

5. La società Montanino quindi, premettendo che, nel frattempo, è intervenuto atto di scissione stipulato da Montanino s.r.l. in data 16 febbraio 2017 per atto pubblico rogato dal Notaio Valerio Tacchini di Milano (Rep. n. 141904) per effetto del quale è stata costituita la nuova Società Gema s.r.l. con unico socio e che in seguito quest'ultima è stata trasformata - in forza di deliberazione assunta dall'Assemblea dei soci in data 26 settembre 2017 - in Gema Società semplice, alla quale la Montanino s.r.l. ha assegnato il compendio patrimoniale la cui proprietà era contemplata nel progetto di valorizzazione dell'area di demanio marittimo di cui è causa, ha chiesto a questo Consiglio di Stato (insieme con la Gema Società semplice) l'ottemperanza della sentenza n. 525/2013, previo accertamento della nullità dell'atto comunale del 13 marzo 2017, prot. n. 8437, da ritenersi elusivo e/o violativo di giudicato.

6. Nel silenzio processuale della società intestataria della concessione, pure evocata in giudizio, si è costituito il Comune di Santa Margherita Ligure sostenendo l'infondatezza del ricorso per ottemperanza siccome proposto dalle società ricorrenti, in quanto:

a) con il ricorso proposto dalla società Montanino che ha dato luogo al contenzioso definito con la sentenza della Sesta sezione del Consiglio di Stato n. 525/2013 essa non ha mai impugnato la concessione risalente al 1999 e rilasciata in favore dell'allora società American Bar (oggi Capo Nord s.r.l.), limitandosi in detto contenzioso ad impugnare dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Liguria il diniego di rilascio di concessione demaniale marittima opposto nei confronti della medesima Montanino dai competenti uffici comunali con note dapprima del giugno 2002 e poi del dicembre 2003, affidando l'impugnazione delle concessioni demaniali marittime rilasciate nel corso del tempo (anche in epoca successiva al contenzioso definito con la sentenza che qui si pretende venga ottemperata) a giudizi distinti e diversi da quello che qui rileva;

b) in pendenza del giudizio d'appello è stata introdotta legislativamente la proroga sino al 31 dicembre 2020 delle concessioni demaniali marittime, per effetto della l. 221/2012, di conversione del d.l. 179/2012 (art. 34-duodecies), di conseguenza il Comune di Santa Margherita Ligure ha comunicato alla società Capo Nord s.r.l., in data 6 novembre 2015, la proroga ope legis del titolo n. 23/2009 e del suppletivo n. 21/2012;

c) da quanto sopra emerge con tutta evidenza che alle diffide rivolte al Comune dalla società Montanino in data 10 maggio 2016 e 31 gennaio 2017, con le quali si invitava il predetto comune ad indire la selezione pubblica per la scelta del concessionario con riferimento all'area demaniale oggetto delle concessioni sopra richiamate, l'ente locale non poteva che ricordare quanto sopra illustrato e significare l'impossibilità di procedere nel senso voluto dalla società perché le concessioni in essere non sono mai state annullate e la loro validità ed efficacia è rafforzata dalla previsione della proroga ex lege.

Da qui la richiesta di reiezione del ricorso in ottemperanza proposto dalle società oggi ricorrenti.

7. Per effetto dei documenti richiamati e depositati in giudizio dal Comune di Santa Margherita Ligure, le società ricorrenti proponevano un primo ricorso recante motivi aggiunti chiedendo che fosse accertata e dichiarata la nullità dell'atto del Comune di Santa Margherita Ligure 6 novembre 2015, prot. n. 36895 di proroga in favore della società Capo Nord s.r.l., ex lege fino al 31 dicembre 2020, dell'efficacia della concessione demaniale marittima n. 23/2009 e della licenza suppletiva 17 aprile 2012, n. 21, conosciuto dalle ricorrenti in data 22 ottobre 2018.

Successivamente il Comune di Santa Margherita Ligure comunicava alla società Gema, con atto 27 febbraio 2019, prot. n. 7545, la proroga ex lege fino al 31 dicembre 2033, in applicazione dell'art. 1, comma 682, l. 145/2018, dell'efficacia della concessione demaniale marittima n. 23/2009 rilasciata a Capo Nord s.r.l., riconoscendo la perdurante legittimazione di quest'ultima all'esercizio dello ius aedificandi sull'area demaniale oggetto di concessione, di talché anche nei confronti di tale atto era proposto ricorso (recante secondi motivi aggiunti) al fine di vedere accertata la nullità dello stesso. Con detto secondo ricorso recante motivi aggiunti veniva chiesto anche l'accertamento e la dichiarazione di nullità della nota 7 marzo 2019, prot. n. 8542, con la quale implicitamente il Comune di Santa Margherita Ligure confermava la efficacia della concessione demaniale già rilasciata e prorogata ex lege.

8. Oltre a quanto sopra riferito le società ricorrenti, nei ricorsi recanti motivi aggiunti dei quali si è detto, ricordavano che non poteva soccorrere in aiuto giuridico a considerare fondata la tesi comunale la circostanza che la Regione Liguria, con l'art. 7, comma 5, l.r. 1/2002, come modificato dall'art. 1 l.r. 67/2009, aveva previsto la rinnovazione automatica delle concessioni demaniali marittime in essere fino al 31 dicembre 2015, in quanto proprio detta disposizione legislativa aveva precisato che allo scadere di detto termine, si sarebbe proceduto in conformità delle disposizioni nazionali vigenti, con la conseguenza che accanto all'obbligo di disapplicare la normativa nazionale (di proroga automatica delle concessioni demaniali marittime in essere) contrastante con quella eurounitaria (che pretende il rilascio della concessione solo all'esito di una apposita selezione tra gli aspiranti concessionari), per come anche di recente chiarito dalla sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea 14 luglio 2016, C-458/14, il Comune di Santa Margherita Ligure aveva l'obbligo di applicare la normativa regionale che imponeva dopo il 31 dicembre 2015 di avviare le procedure selettive per rilasciare le concessioni fino a quel momento prorogate ex lege.

Peraltro, proprio in ragione dei principi raccolti nella sentenza della Corte di giustizia UE del 2016 sopra citata, anche i successivi interventi normativi nazionali, compendiatisi nella previsione di cui all'art. 1, comma 682, l. 145/2018, debbono ritenersi non impeditivi, per un verso, alla doverosa disapplicazione della disposizioni legislative nazionali che prevedono la proroga automatica delle concessioni demaniali marittime in essere e, per altro verso, alla puntale ottemperanza della sentenza n. 525/2013 del Consiglio di Stato.

8. Le parti costituite hanno poi presentato memorie anche di replica con le quali hanno confermato le loro opposte posizioni.

9. Va premesso, in punto di diritto, quanto segue.

Prima ancora della nota sentenza della Corte di giustizia del 14 luglio 2016 (in cause riunite C-458/14, Promoimpresa s.r.l. e C-67/15, Mario Melis e altri), la giurisprudenza aveva già largamente aderito all'interpretazione dell'art. 37 cod. nav. che privilegia l'esperimento della selezione pubblica nel rilascio delle concessioni demaniali marittime, derivante dall'esigenza di applicare le norme conformemente ai principi comunitari in materia di libera circolazione dei servizi, di par condicio, di imparzialità e di trasparenza, derivanti dalla direttiva 123/2016, essendo pacifico che tali principi si applicano anche a materie diverse dagli appalti, in quanto riconducibili ad attività, suscettibile di apprezzamento in termini economici.

In tal senso si è del resto espresso, già da tempo risalente, il Consiglio di Stato che ha ritenuto applicabili i detti principi "anche alle concessioni di beni pubblici, fungendo da parametro di interpretazione e limitazione del diritto di insistenza di cui all'art. 37 del codice della navigazione", sottolineandosi che "la sottoposizione ai principi di evidenza trova il suo presupposto sufficiente nella circostanza che con la concessione di area demaniale marittima si fornisce un'occasione di guadagno a soggetti operanti sul mercato, tale da imporre una procedura competitiva ispirata ai ricordati principi di trasparenza e non discriminazione" (cfr. C.d.S., Sez. VI, 25 gennaio 2005, n. 168 e, nello stesso senso, in epoca più recente C.d.S., Sez. VI, 31 gennaio 2017, n. 394), segnalando l'esigenza di una effettiva ed adeguata pubblicità per aprire il confronto concorrenziale su un ampio ventaglio di offerte (cfr., in epoca ancora antecedente ed in via generale, C.d.S., Sez. VI, 15 febbraio 2002, n. 934).

In argomento la Commissione Europea aveva affermato che "la circostanza che le direttive comunitarie in materia di appalti siano attuative dell'art. 81 del Trattato porta in sostanza a ritenere che queste norme siano puramente applicative, con riferimento a determinati appalti di principi generali che essendo sanciti in modo universale dal Trattato, sono ovviamente valevoli anche per contratti e fattispecie diverse da quelle concretamente contemplate" (così nella Comunicazione 29 aprile 2000 nonché la pressoché coeva sentenza della Corte di giustizia UE 7 dicembre 2000, in causa C-324/98).

Per quanto si è già ricordato, da ultimo detti principi sono stati riaffermati dalla Corte di giustizia UE, nella sentenza Sez. V, 14 luglio 2016, in cause riunite C-458/14 e C-67/15, ad avviso della quale "L'articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, deve essere interpretato nel senso che osta a una misura nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che prevede la proroga automatica delle autorizzazioni demaniali marittime e lacuali in essere per attività turistico-ricreative, in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati".

10. Da tale sentenza, si desume che la proroga ex lege delle concessioni demaniali aventi natura turistico-ricreativa non può essere generalizzata, dovendo la normativa nazionale ispirarsi alle regole della Unione europea sulla indizione delle gare.

La Corte di giustizia, più specificamente, chiamata a pronunciarsi sulla portata dell'art. 12 della direttiva 2006/123/CE (c.d. Bolkestein) del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (direttiva servizi), ha affermato, in primo luogo, che le concessioni demaniali marittime a uso turistico-ricreativo rientrano in linea di principio nel campo di applicazione della suindicata direttiva, restando rimessa al giudice nazionale la valutazione circa la natura "scarsa" o meno della risorsa naturale attribuita in concessione, con conseguente illegittimità di un regime di proroga ex lege delle concessioni aventi ad oggetto risorse naturali scarse, regime ritenuto equivalente al rinnovo automatico delle concessioni in essere, espressamente vietato dall'art. 12 della direttiva.

In secondo luogo, la Corte di giustizia ha affermato che, per le concessioni alle quali la direttiva non può trovare applicazione, l'art. 49 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) osta a una normativa nazionale, come quella italiana oggetto dei rinvii pregiudiziali, che consente una proroga automatica delle concessioni demaniali pubbliche in essere per attività turistico ricreative, nei limiti in cui tali concessioni presentino un interesse transfrontaliero certo.

Come è stato chiarito anche dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato (C.d.S., Sez. V, 11 giugno 2018, n. 3600; Sez. VI, 10 luglio 2017, n. 3377 e 13 aprile 2017, n. 1763):

- l'art. 1, comma 18, d.l. 30 dicembre 2009, n. 194 (convertito, con modificazioni, dalla l. 26 febbraio 2010, n. 25) - come modificato dall'art. 34-duodecies, comma 1, d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 (convertito, con modificazioni, dalla l. 17 dicembre 2012, n. 221), e, a decorrere dal 1° gennaio 2013, dall'art. 1, comma 547, l. 24 dicembre 2012, n. 228 -, statuiva come segue: "Ferma restando la disciplina relativa all'attribuzione di beni a regioni ed enti locali in base alla legge 5 maggio 2009, n. 42, nonché alle rispettive norme di attuazione, nelle more del procedimento di revisione del quadro normativo in materia di rilascio delle concessioni di beni demaniali marittimi, lacuali e fluviali con finalità turistico-ricreative e sportive, nonché quelli destinati a porti turistici, approdi e punti di ormeggio dedicati alla nautica da diporto, da realizzarsi, quanto ai criteri e alle modalità di affidamento di tali concessioni, sulla base di intesa in sede di Conferenza Stato-regioni ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, che è conclusa nel rispetto dei principi di concorrenza, di libertà di stabilimento, di garanzia dell'esercizio, dello sviluppo, della valorizzazione delle attività imprenditoriali e di tutela degli investimenti, nonché in funzione del superamento del diritto di insistenza di cui all'articolo 37, secondo comma, secondo periodo, del codice della navigazione, il termine di durata delle concessioni in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto e in scadenza entro il 31 dicembre 2015 è prorogato fino al 31 dicembre 2020, fatte salve le disposizioni di cui all'articolo 03, comma 4-bis, del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494. All'articolo 37, secondo comma, del codice della navigazione, il secondo periodo è soppresso";

- pertanto, in seguito alla soppressione, in ragione delle disposizioni legislative sopra richiamate, dell'istituto del "diritto di insistenza", ossia del diritto di preferenza dei concessionari uscenti, l'amministrazione che intenda procedere a una nuova concessione del bene demaniale marittimo con finalità turistico-ricreativa, in aderenza ai principi eurounitari della libera di circolazione dei servizi, della par condicio, dell'imparzialità e della trasparenza, ai sensi del novellato art. 37 cod. nav., è tenuta ad indire una procedura selettiva e a dare prevalenza alla proposta di gestione privata del bene che offra maggiori garanzie di proficua utilizzazione della concessione e risponda a un più rilevante interesse pubblico, anche sotto il profilo economico;

- a fronte dell'intervenuta cessazione del rapporto concessorio, come sopra già evidenziato, il titolare del titolo concessorio in questione può vantare un mero interesse di fatto a che l'amministrazione proceda ad una nuova concessione in suo favore e non già una situazione qualificata in qualità di concessionario uscente, con conseguente inconfigurabilità di alcun obbligo di proroga ex lege o motivazionale dell'amministrazione;

- ne deriva che l'operatività delle proroghe disposte dal legislatore nazionale non può che essere esclusa in ossequio alla pronuncia del 2016 del giudice eurounitario, comportante la disapplicazione dell'art. 1, comma 18, d.l. n. 194/2009 e dell'art. 34-duodecies, d.l. 179/2012, di talché la proroga legale delle concessioni demaniali in assenza di gara non può avere cittadinanza nel nostro ordinamento, come del resto la giurisprudenza nazionale ha in più occasioni già riconosciuto (cfr., per tutte e tra le più recenti, C.d.S., Sez. V, 27 febbraio 2019, n. 1368).

11. Del resto, più volte il Consiglio di Stato ha sancito in via generale l'illegittimità di una normativa sulle proroghe ex lege della scadenza di concessioni demaniali, perché equivalenti a un rinnovo automatico di per sé ostativo a una procedura selettiva. Inoltre, già decisioni precedenti della CGUE avevano affermato l'illegittimità di leggi regionali contemplanti, a talune condizioni, la proroga automatica delle concessioni del demanio marittimo al già titolare, evidenziando che proroga e rinnovo automatico, determinando una disparità di trattamento tra operatori economici mediante preclusioni o ostacoli alla gestione dei beni demaniali oggetto di concessione, violano in generale i principi del diritto comunitario su libertà di stabilimento e tutela della concorrenza.

In conclusione, alla luce del prevalente indirizzo giurisprudenziale, non è in alcun modo riscontrabile una proroga automatica ex lege di una concessione demaniale marittima.

Ciò significa che anche la più recente proroga legislativa automatica delle concessioni demaniali in essere fino al 2033, provocata dall'articolo unico, comma 683, l. 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021) che così testualmente recita: "Al fine di garantire la tutela e la custodia delle coste italiane affidate in concessione, quali risorse turistiche fondamentali del Paese, e tutelare l'occupazione e il reddito delle imprese in grave crisi per i danni subiti dai cambiamenti climatici e dai conseguenti eventi calamitosi straordinari, le concessioni di cui al comma 682, vigenti alla data di entrata in vigore del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25, nonché quelle rilasciate successivamente a tale data a seguito di una procedura amministrativa attivata anteriormente al 31 dicembre 2009 e per le quali il rilascio è avvenuto nel rispetto dell'articolo 18 del decreto del Presidente della Repubblica 15 febbraio 1952, n. 328, o il rinnovo è avvenuto nel rispetto dell'articolo 02 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, hanno una durata, con decorrenza dalla data di entrata in vigore della presente legge, di anni quindici. Al termine del predetto periodo, le disposizioni adottate con il decreto di cui al comma 677 rappresentano lo strumento per individuare le migliori procedure da adottare per ogni singola gestione del bene demaniale" - è coinvolta, con le conseguenze del caso, nel ragionamento giuridico sopra esposto e ciò, non solo perché detta disposizione rievoca norme nazionali già dichiarate in contrasto con l'ordinamento eurounitario dalla corte di giustizia nel 2016 (determinando una giuridicamente improbabile reviviscenza delle stesse) ma, a maggior ragione, dopo il recente intervento della Corte di giustizia UE che, nella sentenza 30 gennaio 2018, causa C-360/15 Visser, ha esteso addirittura la platea dei soggetti coinvolti dalla opportunità di pretendere l'assegnazione della concessione demaniale solo all'esito dello svolgimento di una procedura selettiva.

12. Il Collegio, per completezza d'esame, ritiene di dovere dare conto della circostanza che la più volte citata sentenza della Corte di giustizia UE, sebbene abbia dichiarato che le disposizioni nazionali che consentono la proroga generalizzata ed automatica delle concessioni demaniali fino al 31 dicembre 2020 contrastano con l'ordinamento comunitario (si tratta del già menzionato art. 1, comma 18, d.l. 194/2009, nella versione risultante dalle modifiche apportate dall'art. 34-duodecies d.l. 179/2012, articolo introdotto in sede di conversione con l. 221/2012), ha nel contempo però precisato che una proroga di una concessione demaniale è giustificata laddove sia finalizzata a tutelare la buona fede del concessionario, ovverosia qualora questi abbia ottenuto una determinata concessione in un periodo in cui "non era ancora stato dichiarato che i contratti aventi un interesse transfrontaliero certo avrebbero potuto essere soggetti a obblighi di trasparenza".

La tutela della buona fede del concessionario, quindi, va relazionata alla data di adozione della direttiva 2006/123/CE (cosiddetta Bolkestein), cosicché nell'ipotesi di concessione demaniale marittima rilasciata in data antecedente, secondo la Corte di giustizia, la cessazione anticipata della concessione "deve essere preceduta da un periodo transitorio che permetta alle parti del contratto di sciogliere i rispettivi rapporti contrattuali a condizioni accettabili, in particolare, dal punto di vista economico".

Orbene, nel caso di specie la concessione iniziale è stata rilasciata nel 1999 prima che fosse scaduto il termine di recepimento della direttiva Bolkestein (28 dicembre 2009) e prima che lo Stato italiano la attuasse tramite il d.lgs. n. 59 del 26 marzo 2010, con conseguente conformità al diritto dell'Unione europea dell'applicazione alla concessione oggetto di causa della (sola) proroga prevista dall'art. 1, comma 18, d.l. 194 del 2009, tuttavia pare evidente che le successive proroghe non possano essere assistite dal principio (sopra espresso) della "buona fede" del concessionario, essendosi consumata la possibilità di aderire alla posizione "mitigativa" già a far data dal secondo rinnovo.

13. Sotto altro versante (come già ha chiarito la Sezione nella sentenza 6 giugno 2018, n. 3412) va affermato che il rinnovo automatico della concessione demaniale marittima, provocato dalle norme di legge succedutesi nel tempo e precedentemente ricordate, non integra un provvedimento amministrativo a formazione tacita né, come è avvenuto nel caso qui in esame, abilita l'ente ad adottare un provvedimento amministrativo a portata costitutiva.

Si è condivisibilmente affermato nella sentenza della Sezione precedentemente richiamata che "Invero, in un ordinamento ispirato al principio di legalità, non può essere qualificato come provvedimento, ancorché tacito, un mero contegno di fatto non riconoscibile come espressione del potere amministrativo. Poiché per l'art. 2 della legge n. 241/90 l'amministrazione ha l'obbligo di concludere il procedimento con un provvedimento espresso, si deve ritenere che i provvedimenti taciti e i "silenzi significativi" siano configurabili solo nei casi espressamente previsti dalla legge (con impossibilità di applicazione analogica delle relative disposizioni). Nello specifico, le disposizioni legislative innanzi citate, con le quali si prevede un rinnovo automatico delle concessioni balneari (o una proroga ex lege delle stesse), non possono essere considerate come fonti legali di un ipotizzato provvedimento amministrativo tacito, ma si sono limitate ad incidere, ex lege, sugli effetti giuridici di provvedimenti amministrativi già emanati, senza la necessità che l'amministrazione eserciti alcun potere e senza alcuna possibilità, pertanto, di configurare la sussistenza di un provvedimento tacito di rinnovo o di proroga che, se emesso, ha natura meramente ricognitiva delle conseguenze previste dalla legge (conseguenze che si producono, qualora siano compatibili col diritto europeo)".

Ora però occorre qualificare la patologia degli atti successivamente adottati dal Comune di Santa Margherita Ligure, rispetto alla proroga della concessione nel 2009, in adempimento delle disposizioni di proroga ex lege intervenute nel tempo e successive, anche, alla pubblicazione della sentenza che è qui oggetto di ottemperanza ed evidentemente in contrasto con le norme eurounitarie di settore, per quanto si è sopra detto.

Potrebbe infatti affermarsi che, dovendosi disapplicare le disposizioni di proroga automatica delle concessioni demaniali marittime in essere per contrasto alla normativa eurounitaria, le disposizioni in questione non attribuiscono neppure il potere alle amministrazioni di rinnovare le concessioni demaniali marittime, con la conseguenza che gli atti di proroga sono esclusivamente ricognitivi ed illustrativi della previsione normativa nazionale, ma sostanzialmente e giuridicamente inidonei a determinare la proroga della concessione.

Conseguentemente il Comune di Santa Margherita Ligure avrebbe adottato provvedimenti, in adempimento delle norme succedutesi nel tempo che hanno previsto la proroga automatica delle concessioni, che debbono considerarsi tamquam non essent - e quindi nulli - per essere stati adottati in assenza di potere ai sensi dell'art. 21-septies l. 7 agosto 1990, n. 2418 (ipotesi che non è stata esclusa in giurisprudenza, cfr. C.d.S., Sez. VI, 31 marzo 2011, n. 1983).

14. È noto il contrasto, soprattutto dottrinale, tra coloro che ritengono affetto da nullità il provvedimento amministrativo contrastante con il diritto eurounitario e coloro che ritengono un siffatto atto illegittimo e quindi impugnabile doverosamente entro il termine decadenziale dinanzi al giudice amministrativo, con la conseguenza che, dunque, in assenza di impugnazione e di annullamento da parte del giudice amministrativo, il provvedimento amministrativo adottato in applicazione di una norma di legge nazionale contrastante con il diritto eurounitario mantiene la sua naturale validità ed efficacia.

A tal proposito va ancora rammentato che la non applicazione della disposizione interna contrastante con l'ordinamento comunitario costituisce un potere-dovere, per il giudice, che opera anche d'ufficio (cfr., tra le tante, C.d.S., Sez. V, 28 febbraio 2018, n. 1219 e, prima ancora, Corte cass., 18 novembre 1995, n. 11934), al fine di assicurare la piena applicazione delle norme comunitarie, aventi un rango preminente rispetto a quelle dei singoli Stati membri. Infatti la pronuncia pregiudiziale della Corte di giustizia crea l'obbligo del giudice nazionale di uniformarsi ad essa e l'eventuale violazione di tale obbligo vizierebbe la sentenza secondo la disciplina dell'ordinamento interno e, al contempo, darebbe luogo a una procedura di infrazione nei confronti dello stato di cui quel giudice è organo (cfr., da ultimo, C.d.S., Sez. VI, 3 maggio 2019, n. 2890).

Tale dovere sussiste indipendentemente dal fattore temporale e quindi dalla mera circostanza che la norma interna confliggente sia precedente o successiva a quella comunitaria (cfr. Corte giust. 9 marzo 1978, causa 106/77).

Allo stesso modo, le statuizioni della Corte di giustizia, le quali chiariscono il significato e la portata di una norma del diritto dell'Unione, possono e devono essere applicate anche a casi diversi rispetto a quelli oggetto del rinvio, aventi le stesse caratteristiche di quello che ha dato origine alla decisione della Corte (cfr. Corte cost., ord. 23 giugno 1999, n. 255 e 23 aprile 1985, n. 113; Cass., Sez. I, 28 marzo 1997, n. 2787).

Occorre poi rammentare, in particolare con riferimento al caso qui in esame, che è ormai principio consolidato in giurisprudenza quello secondo il quale la disapplicazione (rectius, non applicazione) della norma nazionale confliggente con il diritto eurounitario, a maggior ragione se tale contrasto è stato accertato dalla Corte di giustizia UE, costituisca un obbligo per lo Stato membro in tutte le sue articolazioni e, quindi, anche per l'apparato amministrativo e per i suoi funzionari, qualora sia chiamato ad applicare la norma interna contrastante con il diritto eurounitario (cfr., pressoché in termini, C.d.S., Sez. VI, 23 maggio 2006, n. 3072, ma a partire da Corte costituzionale 21 aprile 1989, n. 232, e in sede europea da Corte di giustizia della Comunità europea, 22 giugno 1989, C-103/88 Fratelli Costanzo, nonché Corte di giustizia dell'Unione europea 24 maggio 2012, C-97/11 Amia).

Qualora, pertanto, emerga contrasto tra la norma primaria nazionale o regionale e i principi del diritto eurounitario, è fatto obbligo al dirigente che adotta il provvedimento sulla base della norma nazionale (o regionale) di non applicarla (in contrasto con la norma eurounitaria di riferimento), salvo valutare la possibilità di trarre dall'ordinamento sovranazionale una disposizione con efficacia diretta idonea a porre la disciplina della fattispecie concreta (cfr. C.d.S., Sez. V, 5 marzo 2018, n. 1342).

15. Fermo tutto quanto si è fin qui illustrato il Collegio deve farsi carico di rammentare che la tesi prevalente in giurisprudenza, allo stato e condivisa dal Collegio, tende ad affermare che il provvedimento amministrativo adottato dall'amministrazione in applicazione di una norma nazionale contrastante con il diritto eurounitario non va considerato nullo, ai sensi dell'art. 21-septies l. 241/1990 per difetto assoluto di attribuzione di potere in capo all'amministrazione procedente, sebbene alla medesima amministrazione, per quanto si è sopra riferito, è fatto carico dell'obbligo di non applicare la norma nazionale contrastante con il diritto eurounitario, in particolar modo quando tale contrasto sia stato sancito in una sentenza della Corte di giustizia UE.

Per effetto di tale prevalente orientamento, quindi, la violazione del diritto eurounitario implica solo un vizio di illegittimità non diverso da quello che discende dal contrasto dell'atto amministrativo con il diritto interno, sussistendo di conseguenza l'onere di impugnare il provvedimento contrastante con il diritto europeo dinanzi al giudice amministrativo entro il termine di decadenza, pena l'inoppugnabilità del provvedimento medesimo (cfr., tra le tante, C.d.S., Sez. III, 8 settembre 2014, n. 4538).

Tale puntualizzazione assume maggiore rilievo proprio nel caso di specie.

Infatti, nella presente sede, si è al cospetto del ricorso per l'ottemperanza della sentenza della Sezione n. 525/2013 nella quale appare evidente che il Collegio abbia fatto propria la tesi della doverosa impugnabilità degli atti di concessione sebbene adottati sulla scorta di una norma nazionale contrastante con il diritto comunitario.

Al punto 07 della sentenza della quale qui si chiede la corretta esecuzione si legge testualmente che "Quanto alla concessione n. 67/2003, successivamente rilasciata all'American Bar Capo Nord s.a.s. e depositata dal Comune agli atti del giudizio di primo grado, la stessa, oltre a potere ancora essere impugnata quando il primo giudice ha deciso, è stata effettivamente impugnata dalla Montanino s.r.l. con un nuovo ricorso".

Non avendo la sentenza 525/2013 inciso sugli atti di concessione, essendosi limitata ad annullare i due atti attraverso i quali il Comune di Santa Margherita Ligure aveva respinto le richieste della società Montanino volte a sollecitare il predetto comune a bandire una selezione per l'affidamento della concessione demaniale nell'area di interesse, ciò vuol dire che il giudicato del quale si chiede qui l'ottemperanza non ha coinvolto gli atti concessori nel tempo rilasciati dal ridetto comune, che invece sono stati fatti oggetto di autonomi ricorsi giurisdizionali. Ne consegue che non rientra nell'alveo del potere di questo giudice dell'ottemperanza incidere sugli atti concessori rilasciati dal Comune di Santa Margherita Ligure, fuoriuscendo gli stessi - a maggior ragione quelli adottati successivamente alla pubblicazione dell'ottemperanda sentenza - dall'ambito del giudizio di esecuzione.

Diversamente opinando, posto che la legittimità o meno degli atti concessori in questione (i successivi titoli demaniali rilasciati a Capo Nord s.r.l. n. 67/2003 e n. 23/2009) è rimessa alla definizione dei contenziosi in essere (rispetto ai quali nel corso di questo giudizio si è avuta notizia della definizione in primo grado del contenzioso proposto a suo tempo dalla società Montanino per l'annullamento della concessione demaniale marittima 20 giugno 2003, n. 67, rilasciata alla società allora denominata American bar Capo nord di Tavella Giuseppe & C. s.a.s., con sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, Sez. I, 22 maggio 2019, n. 471 che ha dichiarato improcedibile il ricorso "perché l'atto impugnato (c.d.m. n. 67/2003) è scaduto fin dal 31 dicembre 2009, quando è stato sostituito dalla nuova concessione n. 23/2009 che risulta comunque oggetto di ricorso da parte della ricorrente"), il giudice dell'esecuzione finirebbe per dare rilievo, nel decidere sulla richiesta di ottemperanza della sentenza del Consiglio di Stato n. 525/2013, a fatti ed elementi (la legittimità delle concessioni demaniali marittime nel tempo rilasciate) che non sono riconducibili al perimetro del giudicato formatosi sulla sentenza da ottemperare.

16. Da quanto sopra derivano le seguenti conseguenze.

In primo luogo gli atti con i quali è stata prorogata nel tempo la concessione demaniale marittima in questione non possono considerarsi nulli per violazione o elusione di giudicato, non rientrando gli stessi nel perimetro del giudicato medesimo, per la semplice ragione che la sentenza n. 525/2013, in ragione dell'esegesi lessicale delle parole in essa contenute, non ha mai annullato alcuna concessione demaniale marittima (neppure la originaria), essendosi (per come già riferito) limitata ad annullare due atti comunali con i quali si manifestava l'avviso contrario alla necessità di indire una selezione pubblica per l'affidamento della concessione.

In secondo luogo neppure possono considerarsi nulle (per contrasto con le norme eurounitarie, come vorrebbero le odierne società ricorrenti) le note comunali 27 febbraio 2019 e 7 marzo 2019 con le quali il Comune di Santa Margherita Ligure ha dato conto dell'ultimo intervento normativo di proroga automatica delle concessioni demaniali marittime fino al 2033. Con riferimento a tali note appare evidente l'incapacità delle stesse a poter essere giuridicamente considerate quali atti posti in violazione o comunque in elusione del giudicato formatosi sulla sentenza 525/2013, dal momento che, trattandosi di atti confermativi (e non meramente confermativi, contenendo elementi nuovi, quale ad esempio il richiamo alla ultima disposizione di legge volta ad introdurre un ulteriore periodo di efficacia delle concessioni in essere fino al 2033) delle proroghe della originaria concessione, essi debbono preliminarmente essere gravati con l'ordinaria azione di annullamento nella competente sede di primo grado e non (come le società qui ricorrenti in esecuzione hanno ritenuto di effettuare) attraverso un ricorso recante motivi aggiunti introdotto nel corso di un giudizio di ottemperanza dinanzi al Consiglio di Stato, avviato per la corretta esecuzione di una sentenza di tale Consesso.

In tali casi, questo giudice d'appello non può fare ricorso alla conversione degli stessi nel rito ordinario di cui all'art. 32, comma 2, periodo secondo, c.p.a., in quanto così facendo si salterebbe un grado di giudizio violerebbe il principio del doppio grado di giudizio e del corretto contraddittorio (cfr. C.d.S., Sez. IV, 25 giugno 2014, n. 3217).

Ne deriva che i ricorsi proposti e recanti motivi aggiunti sono da dichiararsi inammissibili.

Il ricorso introduttivo per l'esecuzione del giudicato formatosi sulla sentenza 525/2013 va respinto in quanto dalla stessa non scaturisce recta via il travolgimento degli atti concessori, a maggior ragione anche quelli adottati in epoca successiva rispetto alla pubblicazione della suindicata sentenza, né si rinviene l'adozione da parte del Comune di Santa Margherita Ligure di atti, adottati successivamente alla pubblicazione della ridetta sentenza, che possono considerarsi violativi e/o elusivi del giudicato formatosi medio tempore.

In conclusione vale la pena infine di ricordare che, a fronte del mancato annullamento di provvedimenti di rilascio di concessione demaniale marittima da parte della sentenza n. 525/2013, questo giudice dell'ottemperanza non può legittimamente disporre, in sede di esecuzione, un obbligo a carico del Comune di Santa Margherita Ligure comportante l'esercizio di un potere amministrativo che si compendi (come vorrebbero le società ricorrenti) nel bandire una selezione volta ad assegnare la concessione sull'area in questione attraverso una procedura competitiva, ostandovi l'attuale vigenza ed efficacia di una concessione rilasciata (in disparte se legittimamente o meno) in favore di un terzo soggetto (l'odierna società concessionaria).

17. In ragione delle suesposte osservazioni il ricorso principale va respinto ed i ricorsi recanti motivi aggiunti vanno dichiarati inammissibili.

Stante la peculiarità e la novità delle questioni che hanno caratterizzato il presente contenzioso, stima il Collegio che sussistano i presupposti, come indicati nell'art. 92 c.p.c., richiamato espressamente dall'art. 26, comma 1, c.p.a., per potersi compensare le spese del giudizio tra tutte le parti controvertenti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso in esecuzione di giudicato (n. R.g. 4296/2018), come in epigrafe proposto, lo respinge, dichiarando altresì inammissibili i ricorsi recanti motivi aggiunti in esso proposti.

Spese di giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

R. Garofoli

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