Corte di cassazione
Sezione VI penale
Sentenza 29 ottobre 2019, n. 46139
Presidente: Petruzzellis - Estensore: Aprile
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con provvedimento del 29 maggio 2019 il Giudice dell'udienza preliminare presso il Tribunale di Milano disponeva la restituzione all'ufficio del Pubblico Ministero del fascicolo trasmesso con una richiesta di rinvio a giudizio di Soufiane F. in relazione al reato di cui all'art. 73, comma 4, d.P.R. n. 309 del 1990.
Rilevava il G.u.p. come l'incarto dovesse essere restituito al rappresentante della pubblica accusa in quanto privo della fascicolazione prevista dall'art. 3 del d.m. n. 334 del 1989, contenente il Regolamento per l'esecuzione del codice di procedura penale, a norma del quale "gli atti e le produzioni sono inseriti nel fascicolo in ordine cronologico a cura della cancelleria o segreteria, che provvede alla numerazione delle singole pagine": posto che, nel caso di specie, il fascicolo a carico del F. recava un indice formato a mezzo di un sistema di gestione documentale ministeriale, il TIAP, senza, però che le pagine interne recassero alcuna numerazione.
2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso il Procuratore della repubblica presso il Tribunale di Milano il quale ha dedotto, con due distinti motivi, la violazione di legge per avere il G.u.p. adottato un provvedimento abnorme in quanto non previsto da alcuna disposizione in merito alle modalità di decisione su una richiesta di rinvio a giudizio, e, comunque, in quanto determinante una ingiustificata stasi del procedimento; nonché il vizio di motivazione, per contraddittorietà e manifesta illogicità, per avere lo stesso Giudice giustificato la propria decisione sostenendo erroneamente che quell'applicativo informatico ministeriale non fosse stato ancora "dispiegato ufficialmente" e che quelle modalità di fascicolazione impedivano di verificare la completezza dell'incarto, pure costringendo il giudicante "a sfogliare ogni volta l'intero fascicolo" per cercare la documentazione utile.
3. Ritiene la Corte che il primo motivo del ricorso sia fondato (con effetti assorbenti dell'esame del secondo motivo).
Va escluso che la mancata osservanza delle prescrizioni dettate dall'art. 3 reg. esec. c.p.p. sia sanzionata da nullità o inutilizzabilità, non essendo tali sanzioni processuali previste da quella disposizione (in questo senso Sez. 3, n. 17195 del 25 marzo 2010, Qiu, Rv. 246986).
La correttezza di tale soluzione trova conferma in una significativa pronuncia della Consulta che, nel dichiarare la infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 416 c.p.p., sollevata in riferimento agli artt. 24, comma 2, e 111, comma 3, Cost., nella parte in cui non prevede la sanzione di nullità per i casi in cui il fascicolo trasmesso al giudice con la richiesta di rinvio a giudizio sia predisposto senza l'osservanza delle prescrizioni relative alla formazione dei fascicoli, di cui agli artt. 130 disp. att. c.p.p. e 3 d.m. 30 settembre 1989, n. 334, ha evidenziato che l'intervento additivo richiesto dal giudice rimettente, mediante l'introduzione di una nuova causa di nullità, avrebbe avuto l'effetto di determinare una eccessiva rigidità delle conseguenze derivanti da un'irregolare formazione del fascicolo, evenienza alla quale può porsi rimedio attraverso l'intervento del giudice che può sollecitare il Pubblico Ministero a riordinare il fascicolo nel rispetto delle norme relative alla sua formazione, rinviando, se del caso, anche l'udienza, con segnalazione della disfunzione al capo dell'ufficio ai sensi dell'art. 124, comma 2, c.p.p.; mentre la regressione del procedimento che conseguirebbe alla declaratoria di nullità potrebbe risultare contraria agli stessi legittimi interessi delle parti e in contrasto con il principio della ragionevole durata del processo fissato dall'art. 111, comma 2, Cost. (Corte cost., sent. n. 142 del 2009; conf. Corte cost., sent. n. 16 del 1994, in relazione al potere del giudice di garantire l'effettività del contraddittorio).
In base a tali considerazioni, anche ai fini della verifica della ammissibilità dell'odierno ricorso, va detto che il provvedimento oggetto di gravame è tecnicamente qualificabile come atto abnorme.
Costituisce espressione di un consolidato orientamento di questa Corte il principio secondo il quale è affetto da abnormità non solo il provvedimento che, per la singolarità e stranezza del contenuto, risulti avulso dall'intero ordinamento processuale, ma anche quello che, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste, al di là di ogni ragionevole limite. L'abnormità dell'atto processuale, dunque, può riguardare tanto il profilo strutturale, allorché l'atto, per la sua singolarità, si ponga al di fuori del sistema organico della legge processuale, quanto il profilo funzionale, quando esso, pur non estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e l'impossibilità di proseguirlo (in questo senso, in generale, Sez. un., n. 26/2000 del 24 novembre 1999, Magnani, Rv. 215094; Sez. un., n. 17/1998 del 10 dicembre 1997, Di Battista, Rv. 209603; conf., in seguito, Sez. un., n. 25957 del 26 marzo 2009, Toni, Rv. 243599).
In applicazione di tali regulae iuris, dalle quali questo Collegio non ha ragione di discostarsi, va rilevato che il provvedimento adottato dal G.u.p. del Tribunale di Milano nel caso in esame è di certo inquadrabile nella prima delle indicate categorie processuali.
Di certo esso è qualificabile come provvedimento che, per la sua singolarità e stranezza, è avulso dall'intero ordinamento processuale o sia ad esso estraneo sotto il profilo strutturale, in quanto il Giudice avrebbe potuto - come in effetti risulta essere stato fatto, almeno in prima battuta - sollecitare il Pubblico Ministero a riordinare quel fascicolo con la numerazione di ogni suo singolo foglio, ma, in assenza di una risposta ritenuta "adeguata", giammai avrebbe potuto adottare un provvedimento di restituzione al rappresentante della pubblica accusa della richiesta di rinvio a giudizio e dell'intero fascicolo, in quanto decisione non prevista tra quelle formalmente adottabili dal Giudice dell'udienza preliminare, dunque espressione dell'esercizio di un potere non espressamente previsto dal sistema processuale.
Seguendo le condivisibili indicazioni esposte dalla Corte costituzionale nella innanzi considerata sentenza, va detto che il Giudice dell'udienza preliminare non si sarebbe potuto esimere dal fissare l'udienza, mentre, nel contempo, avrebbe potuto tornare a sollecitare, nelle forme più opportune, se del caso con un rinvio della trattazione del processo ad altra udienza, la soluzione del problema, di natura amministrativa, relativo alle modalità di redazione dell'indice degli atti da parte della segreteria dell'ufficio del Pubblico Ministero.
Tanto comporta l'annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato con restituzione degli atti all'Ufficio G.i.p. del Tribunale di Milano per quanto di ulteriore competenza.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Milano, Ufficio G.i.p.
Depositata il 13 novembre 2019.